Il racconto di Natale di Giacomo Poretti: cosa si impara facendo il presepe
FRANCESCO E LA RIABILITAZIONE DI PADRE GINO BURRESI
Il Santuario di N. S. di Fatima a San Vittorino
Detto sinceramente, non capisco come mai Papa Francesco indugi tanto a riabilitare Padre Gino Burresi post mortem.
Quale altro segno vuole dal Cielo per restituirgli la dignità sacerdotale?
La scelta delle parole espresse nella preghiera di Giò del 2 aprile 2011 rivolta alla Chiesa matrigna mi induce a pensare che Padre Gino Burresi fosse l'alter ego di Gesù Cristo, che ha calcato la nostra terra per ben 86 anni.
Oltre a tutti gli oltraggi subiti, a partire dal 1988, data in cui fu cacciato dal Santuario di San Vittorino, da lui fondato, a seguito delle accuse di abusi sessuali e di abusi nella direzione spirituale, mossegli dai suoi ex seminaristi, egli ha dovuto anche patire per lungo tempo a causa di una malattia, per morire in seguito a questa, lontano dalla Chiesa che lo ha definitivamente condannato nel 2005 attraverso un decreto del Cardinale Levada e fatto proprio da Papa Benedetto XVI.
Vale a dire che Papa Benedetto XVI ha confermato la condanna, pur non avendola scritta di proprio pugno. Questo vuol dire "confermare in forma specifica" nel gergo giuridico del tribunale vaticano.
Si sta avvicinando la settimana santa e così come Gesù fu trascinato in tribunale e condannato, così anche a Padre Gino Burresi è stato fatto lo stesso.
Io da tanto tempo sono paladino della libertà di Padre Gino Burresi, cercata anche attraverso ben due petizioni.
La gente ha paura di firmarle, le manca il coraggio, teme rappresaglie da parte del Vaticano e così ha contribuito a che Padre Gino Burresi spirasse senza intravedere spiragli di luce. Ecco perché Giò dice di aspettare l'alba ma di vedere tramonto.
Se Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI vogliono ancora temporeggiare, aspettiamoci altri segnali dal Cielo.
Vi saluto.
Riccardo Sante Maria Fontana
Gerardo Pulli - Svegliami ad Aprile (versione HD ... - YouTube
MENSA EUCARISTICA E CORONAVIRUS
A causa del coronavirus e per evitare assembramenti nelle chiese, tutte le messe pubbliche sono sospese e i fedeli, oltre a non poter partecipare alle funzioni, non possono nemmeno gustare neanche un briciolo di Ostia consacrata.
Ci sono stati dei santi nella storia della Chiesa che vivevano solo della Comunione eucaristica.
Ora come avrebbero potuto sopravvivere senza accostarsi al banchetto del Signore?
Sarei tentato di dire che allora le messe sono inutili e che dell'Eucaristia ne potremmo forse anche fare a meno.
Cosa mi avrebbe detto Padre Gino Burresi in una circostanza come questa, se potesse parlarmi e non fosse recluso?
Sì perché recluso lo è ancora, non essendo stato ancora riabilitato da Papa Francesco.
Si affretti la Chiesa a riabilitare Gesù, anziché tenerlo prigioniero, e il virus verrà sconfitto, così come il peccato è stato sconfitto attraverso la Passione e la Morte di Nostro Signore Gesù Cristo.
Ed ecco le parole di Padre Gino Burresi rivolte proprio a un miscredente come me, tratte dal libricino Fratel Gino ci parla di....
" Eucarestia mistero di fede
Quando da oriente a occidente squillerà la tromba dell'angelo, e noi riprenderemo la nostra veste di creature purificate, la ritroveremo (l'Eucaristia) tessuta di luce dal riverbero del Santissimo e adorna di tutte le lacrime e i ricami di spine della vita terrena.
Chi vive nella cianfrusaglia, finisce per credere tutto cianfrusaglia: anche le ostie del calice, anche il Sangue del Cristo versato per noi. Sono i discendenti del Superbo quelli che sanno tutto e contestano tutto. I soli sapienti. Abitatori lontani, molto lontani dall'umile suono del " sì " di Maria, usi a sbattere la porta del loro " no " in faccia a qualunque argomento.
Vorremmo dir loro: " Parlate di meno e amate di più. Siate veri. Non cianfrusaglie di chiacchiere. La verità è lo specchio della luce"."
Un grazie a Padre Gino Burresi che con le sue riflessioni ci sta vicino in questa situazione di emergenza, dove sembra che persino Dio ci abbia abbandonati.
Riccardo Sante Maria Fontana
PREGHIERA A PADRE GINO BURRESI CONTRO IL CORONAVIRUS
Padre Gino Burresi
Caro Padre Gino,
negli anni del tuo isolamento, dopo le accuse che ti furono fatte dai Tuoi ex - seminaristi di San Vittorino, io Ti sono stato spiritualmente vicino, come sotto la Croce di Gesù, perché io credo che Tu, Padre Gino, attraverso le stimmate e i miracoli, portavi i segni di Nostro Signore sul Tuo corpo.
Ma soprattutto nella Tua seguente preghiera alla Chiesa di Papa Benedetto XVI era ed è tuttora Gesù che attraverso di Te parlava e parla alla Sua Chiesa.
Chi può in effetti affermare di amare, desiderare e capire la Chiesa se non Gesù, che l'ha istituita!
Caro Padre Gino, così come Ti sono stato vicino in quei momenti così tristi e dolorosi per Te, ora sono io a pregarTi di intercedere presso Dio Padre, affinché l'Umanità tutta, colpita dal Coronavirus, possa essere presto liberata da questo male.
Tuo Riccardo Sante Maria Fontana
Preghiera di Giò alla Chiesa, partita dal cuore stesso di Gesù:
TANTI AUGURI MINA
MINA, LA REGINA DEL CIELO MUSICALE ITALIANO,
INTERCEDITRICE CONTRO IL CORONAVIRUS.
https://necrologi.corriere.it/defunti/gino-burresi-
Necrologi
09 giugno 2018
A nome di tutti coloro che hanno ricevuto tanto bene, sia grazie ai suoi consigli, sia grazie al suo esempio di uomo di Dio, sia grazie alla sua grande carità, siamo vicini con la nostra preghiera a tutta la Famiglia del Cuore Immacolato di Maria per la triste perdita avvenuta un mese fa del loro padre fondatore
Gino Burresi
Antonio, Maria e Luigi.
Venezia, 9 giugno 2018
https://www.avvenire.it/agora/pagine/presepe
Natale. Giacomo Poretti: cosa s'impara facendo il presepe
Il racconto di Natale di Giacomo Poretti: cosa si impara facendo il presepe
Il mio papà ha sempre fatto il presepe, il primo che ricordo quando avevo cinque anni. l primo che ricordo quando avevo cinque anni. Si cominciava il giorno dell’Immacolata Concezione, l’8 di dicembre, e si finiva una settimana dopo. Sette giorni, proprio come il tempo impiegato da Dio per creare la terra. Appena il papà arrivava con lo scatolone dalla cantina, la mamma cominciava a urlare dicendo che per prima cosa bisognava ricoprire di carta di giornale il mobile dove si sarebbe fatto il presepe. Non si poteva sbagliare: avevamo un solo mobile in sala, quello che conteneva i bicchieri piccoli da liquore e due bottiglie di superalcolici da servire solo in occasioni eccezionali tipo cresime o battesimi, una di Fernet Branca e l’altra di Vecchia Romagna etichetta nera. Messo in salvo il mobile, il papà cominciava la sua opera d’arte: le prime cose che realizzava erano le montagne, le quali magicamente comparivano dopo aver avvolto con la carta apposita verde e marrone le scatole delle scarpe o il dizionario; le dune del deserto il papà le faceva con la sabbia del gatto, il laghetto con il vetro dello specchio da barba; poi c’è stato l’anno che hanno inventato il domopak e finalmente siamo riusciti a fare anche le cascate: io non avrei mai smesso di lavorare quella carta di alluminio, infatti un anno avevamo la parete tutta ricoperta di domopak e il prete, quando è venuto a benedire, ha chiesto cos’era: io ho risposto «le cascate del Niagara ». Verso le 11 di sera, dopo aver costruito il ponte sul laghetto, esausti, si andava a dormire. Il mattino successivo il papà cercava le sue scarpe per andare al lavoro e poi si accorgeva che le aveva avvolte dentro la montagna del presepe, allora amaramente si rendeva conto gli toccava andare in giro fino all’Epifania con i sandali aperti dell’estate. Forse è per quel motivo che al mio papà durante le feste natalizie veniva spesso il raffreddore.
Comunque, il secondo giorno si andava a staccare il muschio che cresceva sulla corteccia dell’albero del vicino (all’epoca esistevano ancora gli alberi e il muschio non lo vendevano in cartoleria), e lo si stendeva attorno al paesello arroccato sulla montagna; il mio papà tendeva a costruire il paesello con quello che aveva, inevitabilmente il risultato era un insieme di epoche e stili diversi: una baita, un castelletto, una villetta a schiera, un grattacielo fatto con il Lego.
Il terzo giorno era quello dedicato agli animali, mettevamo galline, tacchini e pecorelle e al massimo uno o due cammelli: dipendeva dalla disponibilità che aveva la cartolaia da cui ci servivamo. Il giovedì era il giorno in cui si disponevano le statuine dei pastori, le donne con la brocca in testa, il cammelliere che dormiva sotto la palma, quello che con le mani cercava la stella cometa nel cielo, il tagliaboschi con la scure mentre tagliava i tronchi, un pompiere dei Playmobil, qualche cowboy e indiano, la contadina che teneva in mano una tunichetta da regalare al nascituro, gli zampognari e un clone di Guerre stellari. Una folla eterogenea e variegata, che dava la sensazione di non essere a Betlemme, in Palestina, dove era accaduto quel fatto storico, ma in un luogo strano, un paese, un mondo, che sembrava contenere tutti mondi. Forse ogni presepe, compreso quello del mio papà, vuole dire proprio questo, che quel fatto avrebbe potuto accadere in ogni angolo della terra, che quel bimbo nato nel posto più sfigato del Medio Oriente avrebbe potuto nascere ovunque: a Betlemme, a Norimberga, o nell’Alto Milanese dove abitavamo noi, a Sydney, Pechino, Mosca e perfino tra gli eschimesi. Il presepe ha senso solo se ci sono gli attori principali, il resto è relativo, la scenografia può variare, l’ambientazione pure. E il mio papà questa cosa la sapeva da sempre, non c’era bisogno di fare il liceo artistico. Chiunque si accinge a fare un presepe, questa cosa la sa.
E poi arrivava il venerdì che era dedicato a fare il cielo. Dovete sapere che noi usavamo la carta lucida blu scuro con le stelle dorate che incollavamo al muro con lo scotch, il quale non stava mai attaccato, ma questo era un dettaglio insignificante che faceva molto irritare solo il mio papà. Il sabato era il giorno più emozionante, era quello destinato alla capanna e alle statuine più importanti. Il capo cantiere, il papà, e la mamma le svolgevano dalla carta di giornale dove erano state avvolte per tutto l’anno: il bue, l’asino, san Giuseppe con la barba e la faccia triste. Io chiedevo chi fosse e la mamma, omettendo imbarazzanti spiegazioni, rispondeva: «Il papà di Gesù bambino». Poi mi mostrava la statuina della Madonna e mi diceva: «E questa è la sua mamma!». La mia, di mamma, invece avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro, poi si guardava negli occhi con il papà e decideva che non era ancora il caso di avventurarsi nella storia della verginità di Maria, l’avrebbe fatto fra due o tre presepi. Nell’ultimo pacchetto di carta c’era Gesù bambino che aveva indosso solo un panno che gli lasciava le braccia e le gambe nude; io avrei voluto sistemarlo subito nella mangiatoia, ma mamma e papà tentavano di spiegarmi che nasceva tra venti giorni, a Natale; io replicavo che «se era già lì non aveva bisogno di nascere». Alla fine si arrivava ad un compromesso e la statuina di Gesù bambino sarebbe rimasta al caldo nel cassetto delle calze fino al giorno di Natale. Siccome quello che c’era da dire in quel momento era delicato e importante, prendeva la parola il papà: «Gesù bambino… è il figlio di Dio!». «Figlio di Dio? Papi, ma sei fuori? Ma non era san Giuseppe il suo papà?».
Mi ha sempre intenerito e interrogato la figura di san Giuseppe, ho passato un sacco di tempo a domandarmi perché nessuno andava da lui a offrirgli un bicchiere di spumante dato che era appena diventato papà. E poi questo bimbo, di chi era figlio per davvero? Il mistero cominciava ad aleggiare sopra il presepe, quando i miei genitori dicevano: «Ah, poi ci sono anche loro». «Loro chi?». La mamma estraeva dalla carta gli ultimi tre personaggi. «Questi sono i Re Magi – spiegava il papà – ma non vanno messi adesso perché arrivano il giorno dell’Epifania». E io replicavo: «Ma all’Epifania non arriva la Befana? ». Lì partiva una lunga, articolata e confusa spiegazione teologica da parte dei miei genitori, che non ha mai chiarito definitivamente ad un bambino di cinque anni chi riempiva la calza di dolci e frutta secca la mattina del 6 di gennaio, se la Befana, i Re Magi o la nonna. Finalmente quel mattino si mettevano le ultime statuine sul presepe: erano le più eleganti nel portamento, vestite bene, avevano proprio l’aria di signori importanti. Come allora, quando ero bimbo, non ho mai smesso di chiedermi da dove venissero, che mestiere facessero, se è vero che erano astronomi, scienziati per modo di dire, persone colte, forse addirittura regnanti essi stessi. E che cosa li aveva spinti a muoversi dalle loro lussuose abitazioni – chi gliel’aveva fatto fare di intraprendere dei viaggi così lunghi? – perché a giudicare dall’aspetto provenivano da tre nazioni diverse, anche per il colore della loro pelle; e poi, si conoscevano? Strano, sono anche raffigurati di tre età differenti. Si saranno trovati per strada o si erano dati appuntamento? Che so, uno parte da Norimberga, un altro parte da Bagdad, il terzo, quello nero, non può che venire dal Senegal... Cosa avranno detto? «Ci incontriamo ad Aleppo»? Mah!
Nella mia idea si son trovati lì, nei pressi della capanna, e hanno incominciato a parlarsi: «Mah… mi sentivo inquieto, di notte non dormivo… faccio faccio ma mi sembra sempre che manchi qualche cosa…». «Io invece ero inquieto anche di giorno, mi chiedevo perché facevo quello che facevo… ». «Io invece non so di preciso perché sono in cammino, so soltanto che non riesco a staccare gli occhi dal cielo… ». Saranno stati anche più di tre, cento, forse migliaia, una specie di Woodstock di inquieti, che non sapevano nemmeno loro cosa erano lì a fare, cosa stavano aspettando, lì in un posto più sfigato dello slum di Mumbai, più desolante dei sobborghi di Los Angeles, più tetro delle banlieue parigine di notte, tutti quanti, quelle migliaia di persone, a confessarsi reciprocamente che sentivano una mancanza dentro al cuore, una malinconia senza posa, una nostalgia di una casa che non avevano ancora abitato. E allora quei tre siamo tutti noi, che vaghiamo per le giornate in attesa che il nostro cuore si plachi in una luce. Ma poi perché quei tre vanno a trovare, meglio a omaggiare un bimbo che è venuto al mondo in una catapecchia? Metti anche che si siano mossi da tre punti diversi del pianeta perché dovevano andare ad inchinarsi ad un magnate, un professorone, a prostrarsi di fronte ad un capo di Stato come loro: una volta arrivati lì si sarebbero accorti dell’equivoco. E invece si fermano lì, addirittura portano dei regali preziosissimi come l’oro, perché è il dono riservato ai Re e Gesù è il Re dei Re; l’incenso, come testimonianza di adorazione alla sua divinità, perché Gesù è Dio; la mirra, usata nel culto dei morti, perché Gesù è uomo e come uomo mortale.
Chissà cosa avranno provato Gaspare, Melchiorre e Baldassarre nel vedere quella mamma che mostrava loro il suo bimbo? E si saranno accorti che in quel momento il nitore della luce che scaturiva proprio nel mezzo della scena, la luce accecante della mamma, figlia di suo figlio, e del corpo del bimbo, scoloriva tutto il resto? Avranno percepito che la semplice luce della coppia mamma e figlio si impone su tutti i colori sgargianti e alteri degli abiti e delle pietre preziose? Quella è una luce per tutti, percepibile anche dai daltonici. Sì, penso che se ne siano accorti, infatti come interpretare quel gesto di donazione se non come un gesto di spoliazione di tutto quello che di importante pensiamo di aver fatto, costruito e pensato fino a quel momento? Se ne sono accorti, i Magi, perché sui loro volti si legge il rapimento operato da quella semplice eterna luce che sgorga dal centro della scena, e tutto intorno le case e i palazzi possono crollare, i cavalieri possono armarsi, ma loro finalmente hanno trovato la risposta alle loro inquietudini.
Il 7 gennaio, nel tardo pomeriggio, quando tornavo dall’asilo, il presepe non c’era già più, tutto era stato inscatolato per l’anno prossimo, il mobile ritornava ad essere agibile e il mio papà finalmente guariva dal raffreddore: aveva potuto rimettersi le scarpe.
Susan Boyle -
Have Yourself a
Merry Little
Christmas
(Official ...
PRIMA E DOPO LA SUA MORTE
Si attendono Vostre testimonianze firmate con nome e cognome da pubblicare su questo blog.
Grazie
Riccardo Fontana
PADRE GINO BURRESI: UNA NOVENA A PADRE LANTERI
NOVENA AL VENERABILE PADRE PIO BRUNO LANTERI PER LA RIABILITAZIONE DI PADRE GINO BURRESI
Padre Gino Burresi, ex Oblato di Maria Vergine, si affida alle vostre preghiere, nella novena a Padre Lanteri, affinché Papa Benedetto XVI gli mostri la sua misericordia e voglia affrettare la sua riabilitazione. Padre Gino vuole di nuovo servire la sua amata Chiesa.
Voglia il Santo Padre fargli ancora pascere le sue pecore ed i suoi agnelli, prima che P. Gino lasci questa terra, revocando il Decreto di condanna del 27 maggio 2005, come segno di misericordia, per la rinascita alla vita di P. Gino.
Riccardo
1° Giorno
Venerabile Lanteri Pio Bruno,
bello come te non ve n'è veruno,
il tuo è un volto molto buono.
In mezzo al mio frastuono
risuonano nei tuoi occhi
i dolci, soavi e lenti rintocchi
dell'avemaria,
sei l'anima più pura che ci sia.
Aiuta Padre Gino Burresi
a portare con gioia i suoi grevi pesi,
ma affretta la sua liberazione,
implorerò da Dio la tua beatificazione.
Te lo chiedo davanti al Tabernacolo,
intercedi per questo grande miracolo,
la revoca del decreto di condanna,
O Venerabile Lanteri, fa' scendere su Gino la divina manna.
Tuo per sempre Riccardo
Ave Maria.....
2° Giorno
O Venerabile Padre Pio Bruno Lanteri,
leggendo la tua biografia
ho saputo dei tuoi infantili dispiaceri.
Dal tuo cammin non ti disvia
la morte della tua mamma,
pur essendo per te un vero dramma.
In tuo padre ti rifugi,
consacrarti a Maria
non indugi.
Conosci Padre Burresi Gino,
un tempo ti fu molto vicino,
la vita te lo ha allontanato,
la Vergine Maria te l'ha riportato.
Fu lui che mi ha appassionato
per la tua persona.
Per lui non c'è più festa,
sulla sua testa
tuona
il verdetto :
condannato.
Pio Bruno, Padre Beato, muovi a compassione
Papa Benedetto
ed intercedi per la piena riammissione
di Gino nella Chiesa.
Perdona la mia audace pretesa,
con questa mia affettuosa irruzione
Dio affretti la tua beatificazione,
quando, grazie alla tua intercessione,
gli verrà revocato l'esilio in colonia penale
e concessa la cittadinanza ecclesiale.
Tuo innamorato Riccardo
Ave Maria........
3° Giorno
Caro Padre Lanteri,
si avvicina la sera,
scende il buio sugli umani, arcani misteri.
Non trovo le parole per la mia preghiera,
vedo già il tramonto,
non mi consolo.
Per non restare solo
questa notte andrò, in sogno,
al desiato incontro
coi tuoi Oblati,
in cui cerco degli alleati,
a cui esprimere il mio bisogno
far riabilitare Gino Burresi,
loro ex - confratello,
mi basta un saio ed uno scalpello
per scalfire la tesi
del giudice supremo,
fare ricorso con un rimedio estremo,
per liberarlo,
eliminando il tarlo.
Padre Lanteri
teologo dottore,
cercami fra di loro il mio scultore,
con la sua perorazione in favore dell'accusato,
ti meriterai il titolo di Beato.
Vi amo e vi sono unito a costo di qualunque sacrificio,
pur di darne a Burresi Gino il beneficio.
Riccardo
Ave Maria...
4° Giorno
Caro Padre Lanteri,
schiavo della Vergine Maria,
tu che conosci i suoi poteri,
carica l'artiglieria,
bombarda nei cuori persecutori
di Padre Gino Burresi,
trasforma i loro languori
in tanti fervori accesi.
Nel mese dedicato a Maria,
la tua padrona ed innamorata,
spara in aria
una cannonata
a salve di neve,
per segnare la fine della parasceve,
ed intona il canto del "Salve Regina"
invocandogli materna misericordia Benedettina.
Pio Bruno, Padre Venerabile,
prenditi cura della sua condizione miserabile.
Io ti ringrazio.
Di pregarti non sarò mai sazio.
Sarai sempre per questo ricordato.
La Chiesa ti proclami presto Beato.
Riccardo
Ave Maria.....
5° Giorno
Caro Padre Lanteri,
coi tuoi insegnamenti
limpidi e veritieri
spalanca le menti
di coloro che hanno accusato
Padre Gino Burresi,
fa' che nel condannato
vedano uno degli esseri indifesi
della terra,
e non gli facciano più la guerra.
Invoca un armistizio,
per porre fine al suo supplizio.
Donagli un po' di pace,
toglilo dalla brace.
Scatena
nei tuoi Oblati
ed affiliati
l'amore alla novena
per Gino Burresi,
trasforma i loro malanimi
in animi magnanimi
con la pratica dell'ascesi.
O Padre Venerabile
resterà un giorno memorabile
quello della sua liberazione,
preludio della tua beatificazione.
Riccardo
Ave Maria...
6° Giorno
Caro Padre Lanteri,
di te saremo molto fieri,
se tu inveri
le nostre speranze,
che le accuse
contro Padre Burresi Gino
siano solo maldicenze,
confuse
dal tuo lanternino.
Eppur aneliamo alla verità,
ora diciamo basta alle falsità.
Dissipaci le tenebre,
dileguaci la funebre
malinconia,
infondi su Padre Burresi Gino la sinfonia
della verità.
Finché
dentro di sé
sarà ancora
da nemici circondato,
mai accetteresti il titolo di beato,
ché ti preme più la carità
che non la vanità.
Per questo ti amiamo
e proclamiamo
le tue virtù eroiche,
che rimarranno storiche,
se da te sarà salvato
dalla gogna
del fuoco fatuo
un uomo che del suo
e del nostro vero
e sincero
fuoco della Verità
più abbisogna.
Riccardo
Ave Maria....
7° Giorno
Venerabile Padre Lanteri,
nostro amato Fondatore,
anche tu speri
con Nostro Signore
che mai più nessuno copra di vituperi
il nostro ex - confratello Padre Gino Burresi ?
Noi ci eravamo arresi.
Gli sforzi finora intrapresi
sono risultati vani.
Adesso attendiamo allora di conoscere i tuoi piani.
Donaci il tuo ausilio!
Padre Burresi Gino
è inginocchiato là, in un angolino
della Toscana, bella come un girasole,
lui non è più la viola odorata
sui giardini e sulle aiuole.
Ma la Vergine Immacolata
molto si duole
di vederlo patire
e vuole impietosire
Papa Benedetto
per questo suo figlio,
da sei anni interdetto,
tornato puro come un giglio.
Padre Lanteri, Venerabile,
con il tuo discorso mirabile,
intercedi per la sua riabilitazione,
tanto più gioiosa sarà la tua Beatificazione.
I tuoi Oblati di Maria Vergine & Riccardo
Ave Maria......
8° Giorno
Caro Padre Lanteri,
per giorni interi
non ho pensato che a te e a Padre Burresi Gino,
tenendo sempre acceso con la fede
e la costanza
il lumicino
della speranza,
che ancor non cede,
ma tu soccorrila con la carità
dell'unità,
ché io sono un po' maldestro,
mentre tu ne sei un fulgido maestro.
Con la fiamma del tuo amore
rafforza il flebile tepore
di questa novena,
perché sol così potrà sciogliersi la catena,
a cui è vincolato Padre Gino,
il condannato
e tu, il suo Beato
paladino,
lo guiderai, per Maria, al cenacolo pentecostale.
Ti sarà ascritto come miracolo ecclesiale.
Riccardo
Ave Maria...
9° Giorno
Caro Padre Lanteri,
tu adorni
i miei giorni
trascorsi in tua compagnia.
Mi vuoi libero dall'egemonia
del peccato e dai suoi effetti deleteri.
Oggi termina la novena
e per me è una grande pena
non averti più sì vicino,
ché tu sei l'ardente mio scaldino.
Siimi sempre sorridente,
perché anch'io sia confidente
in attesa del tuo ausilio,
per por fine al lungo esilio
imposto a Padre Gino Burresi.
Desidererei tanto vi fossero dei punti
non ben compresi
dall'Ex Sant'Uffizio,
riguardo al suo giudizio
sulla base delle accuse,
e se fossero state un po' confuse ?
L'arte avvocatizia
sarebbe per Padre Gino, d'ora in poi, un po' più propizia.
Sento come se mi si stringa
il cuore,
e vorrei un'arringa
dal Cielo
in suo favore,
che sciogliesse il gelo
intorno al suo dolore.
E che, completamente assolto
e non più considerato un criminale feroce,
scendesse dal crinale della croce
verso il dolce pendio,
avvolto
dal puro manto di Dio.
Padre Lanteri,
mio tesoro,
spero nel riavvio
del tuo processo di Beatificazione
ma t'imploro,
intercedi con un divin artifizio
per la revisione
da parte dell'Ex Sant'Uffizio
del processo di sospensione
di Padre Gino,
forzando la barriera
della sentenza
che non ammette appello,
col tuo saio e lo scalpello
e con la potenza
della preghiera,
il tuo efficace grimaldello.
Riccardo
Ave Maria...
PADRE GINO BURRESI: LA VOCE DI FRANCA
franca 07/10/2018 12:50
PADRE GINO BURRESI: LA VOCE DI RITA
Rita 08/24/2018 18:03