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29 aprile 2011 5 29 /04 /aprile /2011 11:37
Adriana, fede ribelle d’una donna «ruvida»
di Marco Roncalli
in “Avvenire” del 19 novembre 2010
Chissà se adesso che per lei comincia la vita futura, il gufo continuerà ad annunciare il giorno, se
ritroverà le rose del suo giardino o gli amati gatti, come tanto sperava chiedendo a Dio di non farle
scherzi. È arrivato ieri – per lei, vera credente un po’ ribelle e a tratti molto border line – il giorno
del 'passaggio terribile' come definiva la morte.
A novantun anni se n’è andata la notte scorsa Adriana Zarri (i funerali si terranno domani nella
chiesa di Crotte alle 9,30). Teologa 'progressista' affascinata dalla Trinità (e pronta ad individuare
nella mancanza della dimensione trinitaria «un dato tragico della cultura cattolica»), ma pure
scrittrice multiforme (libri di vario genere, saggi, articoli, vergati spesso da una penna tanto felice
quanto impietosa). Una donna che con i suoi occhi grigi scrutava il mondo reale, lasciando che
contaminasse tutta la sua teologia, e raccontando tutto quanto pensava (anche – a suo dire – per
rendere credibile la Chiesa...). Così se, in passato, più volte si era spinta a criticare il manicheismo
di don Milani o le indicazioni nate dal collateralismo fra Chiesa e Democrazia cristiana, più
recentemente aveva bersagliato le scelte degli ultimi papi (con pesanti riserve su coloro che
chiamava i 'restauratori' Giovanni Paolo II o Benedetto XVI) o i vescovi che definiva «ciechi, muti,
afoni» (con pesanti affondi in relazione allo sfacelo morale del Paese). Per non parlare degli attacchi
a parecchi movimenti accusati di fondamentalismo (i neocatecumenali, Comunione e liberazione,
l’Opus Dei,..), e senza dimenticare le precedenti divergenze dalla dottrina cattolica, quanto a
divorzio, aborto, celibato del clero. Insomma: una fede, la sua, per così dire, parecchio libera, non
disposta ad accettare confini e paletti. E tuttavia anche una fede, fatta di ascolto e disponibilità,
concentrata non sui crocifissi di legno appesi alle pareti, ma su quelli di carne itineranti per le nostre
strade. Nutrita dalla linfa della preghiera e del silenzio così importanti in una donna che da oltre
trent’anni aveva fatto la scelta eremitica. Andando a vivere successivamente in solitarie cascine
piemontesi. Un modo per non smettere di contestare, scegliendo forse la contestazione più vera:
capace di minare ogni dinamica di utilitarismo. Una solitudine, la sua, anelata da tempo, e tuttavia
concepita non come reclusione o spazio di isolamento, aperta agli amici (guai a chiamarli discepoli)
con i quali continuare a parlare di fede e ricerca di senso.
Così, dopo aver trascorso periodi prima ad Albiano, poi a Molinasso, era finita a Crotte, a pochi
chilometri da Strambino, dove aveva trasformato un granaio nella sua cella-studio, sotto la quale
quotidianamente, attraverso un ascensore raggiungeva la sua chiesetta. Uno stile di vita austero.
Monastico, potremmo dire. Levata all’alba, colazione, lodi, campagna, liturgia, pranzo, riposo,
lavoro, corrispondenza, articoli, cena, ricreazione, lavoro notturno. Sino a quando si era dovuta
adeguare al letto.
Nata nel 1919 a San Lazzaro di Savena, vicino a Bologna, presto impegnatasi negli studi teologici e
in un confronto personale con il cristianesimo, con esperienze in un Istituto secolare e nell’Azione
cattolica. Giovanissima comincia a collaborare con testate cattoliche, dall’OsservatoreRomano a
Studium,dal Regnoa Concilium, fino a Roccae Servitium . Fu attiva anche nell’Associazione
teologica italiana.
Poi ha scritto su giornali comePol iti ca o Sette giorni (già giudicati come 'cattocomunisti'), finendo
la sua carriera sempre più nel segno della laicità, con una rubrica domenicale sulManif esto, non
senza essersi fatta conoscere sul piccolo schermo nel programma di Michele SantoroS am a rca n d a
(atto di umiltà o contraddizione?).
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29 aprile 2011 5 29 /04 /aprile /2011 10:54
Si  avvicina  il  giorno  della  beatificazione  di  Papa  Wojtyla  e  la  teologa    Adriana  Zarri  mi  ha  pregato  di  essere  comunque  presente  in  questi  giorni  sul  blog   "nelsegnodizarri"  come  voce  di  dissenso  su  questa  scelta  fatta  da  Papa  Ratzinger.
Ho  trovato  questo  articolo  su  internet  e  lo  pubblico  volentieri  con  tanto  affetto  e  tanta  stima  per  lei.
Come  vedete,  attraverso  un  gancio  si può  continuare  a  comunicare  anche  dall'aldilà  in  tempo  reale  ed   in  modo  realistico  e  fattivo.
Adriana  mi  ha  detto  che  io  per  lei,  oltre  ad  essere  un  amico,  sono  il  suo  Carramba  boy.
 
Riccardo
 
"Dialoghi e battibecchi con un'amica indomita
di Gianni Gennari
in “Avvenire” del 19 novembre 2010
Adriana Zarri, 91 anni, alla porta del Paradiso: sono sicuro che la trova aperta, nonostante ogni
opinione in contrario. Donna, teologa, scrittrice, giornalista, monaca eremita, sempre attiva in cerca
di Cristo e di cose nuove anche quaggiù. Conoscenza personale antica, e ultimamente molto
dialettica. Primo incontro a Roma subito dopo il Concilio, nei tempi del 'rinnovamento' e della
promessa 'nuova primavera' annunciata. Poteva già dire la sua: è stata, insieme con Vilma Gozzini,
la prima donna laureata teologa e accolta nelle Associazioni teologiche fino allora solo maschili e
'clericali', dove la sua presenza agitava sempre ogni incontro: con lei impossibile restare
indifferenti. Quel primo incontro nel plurisecolare e illustre Pontificio Seminario Romano per gli
Studi Giuridici di Sant’Apollinare, dove erano stati alunni anche Eugenio Pacelli, Angelo Giuseppe
Roncalli e Giovanni Battista Montini: invitata dal Rettore, che forse ne ebbe poi qualche ingiusto
rimprovero, parlò a giovani preti studenti, tra cui futuri vescovi e qualche cardinale, delle sue attese
di donna e teologa. Poi la rividi talora con il cardinale Pellegrino e con un gruppo di sue alunne più
vicine, tra cui le future docenti Maria Grazia Mara ed Elena Cavalcanti: sempre in prima linea. Ha
scritto molto Adriana, per decenni, oltre ai libri, e fino agli ultimi giorni non solo su 'Rocca', storica
rivista della Pro Civitate Christiana di Assisi, ma anche sul 'Manifesto', ove talora il suo pensiero è
parso piegarsi a termini e pensieri azzardati, anche inaccettabili. Talora ne abbiamo anche litigato
forte. Vivacità, indomita capacità di critica senza confini, salvo quelli delle proprie opinioni e
indisciplina come connaturale che la portava a non essere mai del tutto d’accordo con alcuno,
specialmente se illustre, tesa a spingere avanti il cammino della ricerca non solo sua, ma di tutti,
specialmente nel dialogo con i lontani, che vedeva sempre – anche quando così non era – allontanati
dalla chiusura di certo mondo cattolico. Ripensando a tutto, personalmente la definirei
«indisciplinata, ma fedele». Esigente al massimo verso la sua Chiesa, amata, servita e insieme
contestata per amore non sempre manifesto e spesso incompreso perché espresso in modi anche
contraddittori e rischiosi. Capace di mettersi in rotta pubblica con l’autorità ecclesiale in momenti
che dal punto di vista culturale e politico – e sono stati forti – potevano apparire decisivi, nei quali
ella intravedeva in anticipo il rischio della perdita di ascolto per troppi fratelli… Così in occasione
dei referendum del 1974 e anche del 1981 fu contro l’abrogazione delle due leggi vigenti da anni
per decisione parlamentare, ma senza mai negare il giudizio dottrinale sulla realtà del divorzio e
dell’aborto procurato. Insisteva su educazione e preparazione al matrimonio e alla responsabilità
verso la vita in qualunque stato… Non fu compresa, spesso, e fu anche utilizzata da chi non aveva
per nulla a cuore Chiesa e dottrina di fede… Alcuni suoi scritti sul 'Manifesto' risultavano straniti,
tra la ricerca dell’originalità e la provocazione voluta. Negli ultimi anni con me fu anche molto
dura: accusava i 'Lupus' su 'Avvenire' come tradimento di antiche scelte sofferte e condivise. Mi
difesi come potevo, senza riuscire a farmi capire… Qualcuno la dirà 'eretica'? A pensarci su, anche
con il massimo rigore, non condivido. Indisciplinata sì, e talora nell’opinabile anarchica, mai
infedele. Così almeno per Malpelo. A Dio, dunque, amica Adriana! "
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28 aprile 2011 4 28 /04 /aprile /2011 21:21

Caro  Gian, 

spero   di  trovarti  sereno.  Con  un  amico  come  me  non  rimarrai  mai  solo  e  non  ti  annoierai  mai.

Adesso  devo  suonarti  infatti  una  dolente  nota.

Perché   oggi  Adriana  Zarri  mi  ha  detto  che   vuole  tirare  le  orecchie   a  Padre   Gino  Burresi.  in  quanto   avendole   io  letto  il  suo  scritto   "Il  sacerdozio  alle  donne ?",   è  venuta  a  conoscenza  della  sua  categorica  opposizione     a  concedere   il   brevetto  di  sacerdotessa  alle  donne.

Ha  detto  Adriana  Zarri  che  se  al  posto  del  lagnoso  Cardinal  Levada  ci  fosse  una  bella  e   amena  biondina  come  Prefetto  della  Congregazione  per  la  Dottrina  della  Fede  e  una  bella  e  spigliata  brunetta  al  posto  del  legnoso  Ratzinger  come  Papa,  Padre  Gino  ora  non  verserebbe  in  questa  condizione  deprimente.

Secondo  Adriana  la  Chiesa  va  svecchiata, togliendole   la  patina  di  vecchiume  che  la  ricopre,  a  cominciare  dai  Cardinali  troppo  conservatori,  o  come  li  chiama  Adriana  " i  porporati  rancidi,  ossidatisi  nel  tempo " che  anchilosano  la  Chiesa,   non  facendole  fare   più  neanche  un  passo  in  avanti,  nemmeno  con  le  stampelle  delle  beatificazioni,  che  sono  anzi    controproducenti,  perché  cronicizzano  le   artriti  infettive.

Secondo  Adriana,  il  freddo  Papa  Ratzinger  sta  reumatizzando  la  Chiesa,  che  invece  dovrebbe  rivivere  un  ritorno  di  fiamma  del  romanticismo  religioso,  con  a  capo  della  Chiesa   un  eroe  sognatore  o  un'eroina  sognatrice  veramente   appassionati  e  non  pezzi  di  legno  calcolatori,  spregiudicati,  subdoli   e   opportunisti.

Adriana  spera  che  nel  frattempo  Padre  Gino  Burresi  abbia  riconsiderato  la  sua  posizione, perché  sono  passati  quasi  trent'anni  dalla  data  di  pubblicazione  del  suo  scritto  e  ne  è  passata  di  acqua  sotto  i  ponti.

Adriana  Zarri   dice  che  è  arrivata  l'ora  di  gettare  in  futuro  un  ponte  verso  la  donna,  riguardo  alla  sua  funzione   in  seno  alla  Chiesa,  abbattendo  i  muri  della  misoginia,  innalzati  dal  retrogrado  Papa  Joseph  Ratzinger,  che  Dio  ce  ne  liberi  presto,  per  fare  finalmente  volare  la  Sua  chiesa,  come  un  aquilone,  che  si  libra  nell'aria  dei  nostri  sogni  di  libertà  che  è  amore.

Ric 

Gianluca Grignani - Romantico Rock Show
5 min - 10 apr 2010
Caricato da giuli110

youtube.com
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28 aprile 2011 4 28 /04 /aprile /2011 19:45

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TRATTO  DA :   COSE  DI  SCIENZA

 

I TERREMOTI

  

    La parola “terremoto” evoca in molti immagini di rovine, di morte e di sofferenze ma si tratta di sensazioni, per così dire, emotive che riducono il fenomeno al suo aspetto violento nei confronti dell’uomo indifeso. Il terremoto in realtà produce danni di ben più ampie proporzioni, e conseguenze molto più preoccupanti di quello che comunemente la gente pensa: esso non minaccia solo la vita dell’uomo e l’integrità delle sue opere e dell’ambiente in cui vive, ma interessa anche l’economia e l’organizzazione sociale di una intera comunità. Il terremoto inoltre, come una qualsiasi calamità naturale, incide sull’equilibrio mentale delle persone coinvolte nella tragedia, creando in esse un disagio psichico che può condurre alla superstizione e a credenze e rituali magici che, in tempi per fortuna lontani, richiedevano ogni sorta di penitenze e sacrifici umani anche cruenti. Ciò deriva dal fatto che l’uomo, in modo istintivo, ripone la massima fiducia nella solidità della terra su cui poggia i piedi, salvo poi dovere constatare di persona che la terraferma non è poi così ferma come egli aveva sempre creduto.

    Per secoli gli scienziati hanno cercato di fare uscire questo fenomeno dal dominio degli indovini e degli astrologi per includerlo nell’ordine naturale delle cose, ma la spiegazione scientifica del terremoto è una conquista recente che si è potuta realizzare grazie all'uso di strumenti con cui i geologi sono riusciti a misurare i lenti movimenti cui è soggetta la crosta terrestre. Le scoperte sono state sconcertanti: gli oceani si aprono e si chiudono, i continenti vanno alla deriva separandosi da una parte e scontrandosi dall’altra in titaniche collisioni.

    Nell’antichità il minimo movimento tellurico era considerato foriero di disastri maggiori, quasi un preavviso che ben più dolorose calamità stavano per abbattersi sulla Terra. Il segno infausto veniva esaminato ed interpretato dagli indovini e dai sacerdoti i quali stabilivano penitenze e sacrifici per scongiurare futuri cataclismi non solo di natura geologica ma anche di ordine politico, sociale e militare. Quei popoli primitivi cercavano anche di dare una interpretazione “logica” al fenomeno basata su criteri astronomici legati all’origine della Terra e del Cosmo intero. I miti e le leggende parlano di animali mostruosi, simili a quelli a noi familiari, che vivono sottoterra. La mitologia indù ad esempio immaginava otto possenti elefanti a fare da pilastri alla Terra; quando uno di loro scuoteva la testa (come in effetti fanno questi pachidermi quando sono stanchi) causava il terremoto. Altri animali venivano deputati a portare la Terra sul dorso: fra questi vi erano la tartaruga acquatica e un enorme pesce-gatto che viveva nel fango sotterraneo dove ogni tanto si agitava producendo un sussulto della Terra sovrastante. E fra tanti non poteva mancare anche un mito di natura erotica legato ad un focoso gigante sotterraneo che, quando si accoppiava,generava un terremoto.

    Col passare del tempo, in molte mitologie si venne affermando il concetto di divinità con complicati attributi e motivazioni umane. I membri di un’antica tribù peruviana pensavano che quando il loro dio visitava la Terra per contare gli uomini presenti, i suoi passi facevano tremare il suolo; per abbreviarne il compito la gente usciva di corsa dalle case gridando: “Sono qui, sono qui!” introducendo nella mitologia il buon senso di abbandonare le fragili abitazioni in caso di terremoto. Le divinità attraverso interventi di questo tipo mostravano la loro attenzione e il loro interesse per la vicende terrene.

    Con l’avvento del Cristianesimo le cose non cambiarono, anzi peggiorarono rafforzando l’alone di mistero e di magia che accompagnava il fenomeno. Le cronache parlano di terremoti che seguirono al martirio di santi durante le persecuzioni dei cristiani e si legge in scritti medioevali che la morte e resurrezione di Gesù Cristo furono accompagnate da due violenti terremoti. Nei Vangeli la stessa fine del mondo è preannunciata da profezie apocalittiche collegate a sconvolgimenti tellurici.

    Anche in epoca moderna, nonostante la sua spiegazione a livello scientifico, il cataclisma sismico è rimasto circondato dal mistero e alcune realtà culturali ancora oggi vedono in esso la collera della divinità stanca dei peccati degli uomini. Il terremoto che colpì Lisbona il mattino del 1° novembre 1755 scosse la Cristianità non meno di quanto fece sobbalzare il suolo del Portogallo. I pii abitanti della capitale si trovavano in quel momento in chiesa a celebrare il giorno di Ognissanti e la chiesa crollò loro addosso. Coloro che si salvarono fuggirono sulla spiaggia giusto in tempo per essere travolti da enormi ondate provenienti dall’Atlantico. Questo disastroso terremoto, accompagnato dal maremoto e concluso da un enorme incendio che mandò in cenere meravigliosi tesori, magazzini ricolmi di preziosi abiti di seta, mobili di pregio e dipinti di artisti famosi, trovò infine d’accordo il potere politico e quello religioso nell’istituire un “auto da fè” (atto di fede) che consisteva nel macabro rituale, da parte dell’Inquisizione, di ardere a fuoco lento alcuni eretici.

  

1. CHE COS’È UN TERREMOTO

     Per quanto terribile possa apparire il tremito della Terra a chi ne faccia esperienza diretta esso in realtà è un evento naturale diffuso quanto il vento e la pioggia. I terremoti non sono infatti fenomeni così rari come si crede: quelli che si verificano ogni anno in tutta la Terra sono più di un milione (in media tremila al giorno). Per contro, la maggior parte di essi è quasi impercettibile e passerebbe inosservata se non ci fossero strumenti molto sensibili in grado di rilevarne l’esistenza. Ogni anno però si verificano anche alcuni terremoti di notevole intensità i cui effetti tuttavia non sono sempre ugualmente catastrofici. Le conseguenze per l’uomo infatti dipendono oltre che dall’intensità del sisma anche dalla natura del sottosuolo, dalla densità della popolazione della zona colpita e dal tipo delle costruzioni in cui la gente abita. Ad esempio il terremoto di Messina del 1908 causò più di 100.000 vittime mentre quello di S. Francisco di due anni prima, nonostante fosse stato dieci volte più violento, fece solo 1000 morti.

    Il terremoto (dal latino tèrrae mòtus = “movimento della terra”) o sisma (dal greco seismós = “scossa”) è una vibrazione brusca e violenta di parti più o meno estese della crosta terrestre la quale trae origine da una zona del sottosuolo in cui si era andata nel tempo accumulando dell’energia. Questa zona, che per comodità di calcolo viene considerata un punto, è chiamata ipocentro (o fuoco) mentre il punto della superficie terrestre posto sulla verticale di essa viene detto epicentro. I terremoti possono originarsi a pochi kilometri di profondità ma anche a profondità notevoli, fino ad oltre 700 kilometri sotto la superficie terrestre. A parità di energia liberata, l’ampiezza dell’area in cui il terremoto si manifesta è tanto meno estesa quanto più è superficiale l’ipocentro. Con il crescere della profondità dell’ipocentro gli spostamenti del terreno in superficie si fanno sempre più lievi ma nello stesso tempo si estende l’area in cui gli effetti del sisma si fanno sentire; da ciò si deduce che i terremoti più violenti generalmente sono quelli con ipocentro poco profondo.

    Lo studio sistematico della sismicità della Terra ha mostrato che la distribuzione dei terremoti non è casuale ma gli stessi risultano allineati secondo fasce ben definite geograficamente e ben caratterizzate dal punto di vista geologico. Ciò era già stato notato verso la metà del Settecento dal naturalista francese Georges Louis Leclerc de Buffon il quale esprimeva questo convincimento con una frase rimasta famosa: “là où il a tremblé, il tremblera”, cioè i terremoti tendono a prodursi sempre nei medesimi luoghi.

    Le regioni a più alto rischio sismico sono fondamentalmente due: il bordo dell’Oceano Pacifico (il cosiddetto “anello di fuoco” perché in quella zona si realizza anche un’intensissima attività vulcanica) che comprende da un lato Cile, Perù, Equador, Columbia, America Centrale, Messico, California e Alaska e dall’altro Russia, Giappone, Filippine, Nuova Guinea e Nuova Zelanda dove si verifica l’80% dei terremoti e la fascia mediterranea (all’interno della quale è inserita anche la nostra penisola) che si protende in Asia fino a congiungersi con quella del Pacifico attraverso le Indie Orientali: qui si verifica il 15% dei terremoti. Il rimanente 5%, distribuito nel resto della Terra, è concentrato soltanto in ristrette aree, con prevalenza sulle creste delle dorsali medio-oceaniche, mentre praticamente non si manifestano terremoti nel corpo dei continenti e nei fondi oceanici che sono considerate le zone più stabili della Terra.

    Diverse possono essere le cause che generano il terremoto (ad esempio eruzioni vulcaniche, collassi di caverne o impatti con meteoriti) ma le più frequenti sono gli spostamenti reciproci delle zolle che costituiscono la crosta terrestre. Come tutti possono osservare, la crosta terrestre è contorta in grandi pieghe ed è attraversata da faglie (cioè da spaccature del terreno) più o meno profonde. Queste strutture non si creano dall’oggi al domani, ma sono il risultato di piccoli movimenti delle zolle (o placche) in cui è suddivisa la crosta terrestre. La pianura friulana, ad esempio, negli ultimi sessanta milioni di anni si è avvicinata a quella austriaca di quasi 200 kilometri per la spinta (che continua tuttora) della zolla africana contro quella europea.

    Nella maggior parte dei casi, i terremoti si generano quando due placche litosferiche slittano lungo la superficie di separazione (detta piano di faglia) in direzioni opposte. Normalmente l’attrito impedisce che le zolle si muovano lungo la linea di contatto ma questa resistenza comporta un notevole accumulo di tensione nei blocchi rocciosi che lentamente si deformano. Quando, lungo il margine delle placche a contatto, le pressioni che si vengono a creare superano la resistenza dovuta all’attrito, si verifica un improvviso e brusco movimento reciproco. Un esempio di questo meccanismo di azione si ha in California dove la gigantesca zolla del Pacifico, spinta dal magma che fuoriesce dalla dorsale medio-oceanica, entra in contatto con la zolla del Nord-America lungo la famosa e temutissima faglia di San Andreas: quando l’attrito che si genera fra questi due enormi blocchi di crosta terrestre raggiunge il limite di resistenza, l’energia lentamente accumulata si scarica tutta insieme generando un terremoto.

    Terremoti si possono generare anche per effetto di moti compressivi che si concludono con la frattura della roccia che ha superato il limite di elasticità. Più o meno allo stesso modo si comporta una bacchetta di legno se viene piegata lentamente ad arco tenendola per le estremità: dopo aver sopportato a lungo la deformazione improvvisamente essa si spezza e i due tronconi vibrano per un po’ nelle nostre mani. Dopo che l’equilibrio tra i blocchi di roccia si è rotto, la forma e la posizione reciproca degli stessi non è più quella di prima. Questa spiegazione delle cause che determinano il terremoto va sotto il nome di “teoria del rimbalzo elastico”.

    A volte, invece che scontrarsi con sollevamento della crosta e conseguente nascita di possenti catene montuose (come è avvenuto ad esempio per le Alpi e l’Himalaia) una placca si infila sotto un’altra: il fenomeno si chiama subduzione e rappresenta la causa principale dei fenomeni sismici che tormentano l’arcipelago nipponico mettendo in pericolo costante e mortale una delle zone a più alta concentrazione demografica del mondo.

  

2. CAUSE E RIMEDI DEI FENOMENI TELLURICI

     La collera del dio offeso o altre ingenue storie mitologiche furono acriticamente accettate per millenni dai nostri antenati come cause fondamentali dei terremoti. Non tutti i popoli antichi si lasciarono però suggestionare da miti e leggende: i primi a cercare nella natura le cause dei terremoti furono gli astronomi babilonesi in quanto credevano che ci fosse una relazione tra l’allineamento del Sole e delle stelle e l’incidenza dei sismi sulla Terra. Anche nella Grecia classica fu trattato a lungo il fenomeno sismico con l'intento di attribuirgli una spiegazione razionale. I filosofi greci, le cui osservazioni e interpretazioni furono ritenute valide fino a tempi molto recenti, individuavano nei quattro elementi la causa prima dei terremoti. Talete ad esempio immaginava che la Terra galleggiasse sull’acqua e quindi i terremoti non erano altro che il riflesso del moto ondoso. Per altri la causa dei terremoti era da ricercarsi nell’aria, nel fuoco interno al pianeta o nella secchezza della terra.

    Aristotele chiuse definitivamente la controversia sull’origine dei terremoti affermando che gli improvvisi movimenti della Terra erano provocati da esalazioni secche racchiuse al suo interno che cercavano con violenza una via d’uscita. L’autorità del grande maestro di Stagira era tale che le sue affermazioni rimasero indiscusse per secoli.

    Solo in anni molto recenti, grazie agli studi geologici conseguenti a misurazioni molto precise, si è chiarita l’origine dei terremoti ma già verso la metà del Settecento, in seguito al terremoto di Lisbona, si tentò di dare una giustificazione scientifica all’origine di questo fenomeno. Si scontrarono a quel tempo due orientamenti antitetici: quello dei “fuochisti” e quello degli “elettricisti”. Per i primi i terremoti erano determinati da fuochi di origine vulcanica, per i secondi invece erano prodotti da scariche elettriche. Fra i sostenitori di questa seconda ipotesi vi era Benjamin Franklin che, dopo aver provato l’esistenza dell’elettricità nei temporali, aveva inventato il parafulmine. Questa scoperta aveva irritato gli uomini di chiesa i quali ritenevano che in questo modo Dio non sarebbe stato più libero di far cadere i fulmini dove meglio credeva. Il terremoto era quindi il segno della disapprovazione divina attirata dalla selva di parafulmini sistemati sui tetti delle case.

    Per quanto riguarda la previsione dei terremoti, molti dei segni premonitori indicati dagli antichi erano riferibili alla superstizione e ad antiche credenze popolari che oggi trovano spiegazione scientifica coerente. L’acqua dei fiumi e delle sorgenti che si tramutava in sangue, ad esempio, non era altro che un fenomeno di naturale arrossamento delle acque dovuto all’eccezionale intorbidamento delle falde acquifere. Gli antichi erano anche a conoscenza del fatto che gli animali percepiscono anticipatamente l’avvicinarsi del terremoto e reagiscono tenendo un comportamento anomalo. La scienza ufficiale non ha mai voluto tenere conto dell’insolito atteggiamento degli animali prima di forti movimenti tellurici, ma ultimamente in Cina e in Giappone questa osservazione è stata inserita nel novero degli eventi precursori dei sismi con risultati confortanti. Si ritiene che con l’approssimarsi di una forte scossa sismica, la crosta terrestre liberi un gran numero di particelle elettriche che in alcune persone creano soltanto una sgradevole sensazione accompagnata da emicrania, nausea e irritabilità, mentre negli animali, in cui la sensibilità è più sviluppata che nell’uomo, la percezione è molto dolorosa.

    Per quanto attiene invece ai rimedi escogitati dai nostri antenati per scongiurare la drammatica pericolosità degli eventi sismici, essi derivavano principalmente dalle osservazioni e dalla esperienza pratica del fenomeno. Nell’antichità, i sistemi di difesa erano sistemati su due piani: quello religioso e quello strettamente pratico. Plinio, con buona dose di ironia, suggeriva, in caso di terremoto, che il migliore rimedio era quello “della fuga, quando vi è tempo”.

    Nelle pratiche religiose dell'antichità, per scongiurare il pericolo dei terremoti, certe tribù primitive praticavano sacrifici umani seguiti, successivamente, anche dai Romani e da molte altre popolazioni europee fino agli inizi dell’era cristiana.

    Con l’avvento del Cristianesimo i riti propiziatori cambiarono anche se, come abbiamo visto, restò forte la tentazione di ricorrere a pratiche violente in casi estremi e molto gravi. Normalmente il terremoto veniva esorcizzato con la preghiera, il digiuno, l’elemosina e qualche altra rinuncia personale. Il fenomeno restava tuttavia all’interno di quella cultura non come un evento naturale ma come una potenza terribile scatenata da Dio per punire gli uomini dei loro peccati e non importa se fra tanti peccatori veniva colpita anche qualche vittima innocente. Il clero per scongiurare il terremoto raccomandava di cantare le Litanie del Santi ripetendo più volte l’invocazione: ”A flagello terraemotus libera nos Domine” a cui seguiva un’ulteriore richiesta qualora le distruzioni avessero innescato epidemie, carestie e guerre; in tal caso l’invocazione sacra doveva continuare con la recita: “A peste, fame et bello libera nos Domine”.

    I sistemi pratici di difesa dal terremoto adottati nel passato erano molto simili a quelli che ancora oggi vengono suggeriti. Fra questi vi era quello di ripararsi sotto gli architravi dei muri portanti delle abitazioni, in prossimità degli spigoli o sotto un robusto tavolo; a ciò oggi dovremmo aggiungere la raccomandazione di tenere a portata di mano una torcia elettrica e il telefonino cellulare. Passata la fase parossistica, è buona norma chiudere i rubinetti del gas e dell’acqua e staccare l’interruttore generale della corrente elettrica quindi non accendere fiammiferi o apparecchi a fiamma libera: se a causa della scossa si fossero verificate perdite di gas, il gesto potrebbe provocare un’esplosione. Nel caso in cui, durante il sisma, ci si trovasse all’esterno si consiglia di evitare di fermarsi in prossimità di edifici o di linee elettriche.

    La difesa più sicura dai terremoti consiste tuttavia nella prevenzione che si realizza con la costruzione di edifici antisismici. Anche nel passato furono erette alcune costruzioni di questo tipo cioè case basse con fondamenta profonde scavate in terreni compatti ed omogenei e non in corrispondenza di faglie o di terreni di tipo diverso a diretto contatto, in cui le onde sismiche, procedendo con velocità e ampiezza diverse, provocano la rottura e di conseguenza il crollo dell’edificio. Charles Richter, il padre della sismologia moderna, affermava che “non sono i terremoti che causano il maggior numero di morti, ma le costruzioni degli uomini” e quindi raccomandava di sostituire o di rinforzare le case prive di sicurezza soprattutto se ubicate in zone ad alto rischio sismico. Bisogna però riconoscere che il suggerimento del geofisico statunitense non è di facile applicazione, in particolare per quello che riguarda i centri storici.

    Alcuni sistemi di difesa del passato erano particolarmente singolari e traevano origine dalle teorie sismiche al momento più accreditate. Dopo il terremoto che devastò la Calabria nel 1783 si suggerì ad esempio di impiantare nel terreno dei lunghi pali di ferro che terminassero all’esterno con una serie di punte: essi avrebbero avuto lo scopo di scaricare direttamente nell’atmosfera l’energia elettrica sovrabbondante contenuta in seno alla Terra (una specie di parafulmini al contrario).

  

3. LA PREVISIONE DEI TERREMOTI

    Si possono prevedere i terremoti? Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo intenderci sul significato del verbo “prevedere”. Abbiamo visto che in un anno si verifica mediamente un milione di scosse e che vi sono zone in cui la sismicità è più intensa e frequente che in altre, quindi affermare ad esempio che entro un anno in Giappone vi sarà una forte scossa non è affatto azzardato; in realtà in quel Paese nell'arco di un anno si potranno verificare non una, ma almeno una ventina di scosse di una certa intensità.

    Se però per “prevedere” si volesse intendere la precisione del tempo, dell’intensità e del luogo in cui si verificherà il sisma, ciò è assolutamente impossibile (o quasi). Per chiarire il concetto facciamo un’analogia con le previsioni del tempo. Dire ad esempio che qui in Italia in autunno pioverà, è una previsione che chiunque può fare anche senza essere un esperto meteorologo: se però si volesse dare un senso a questa previsione, bisognerebbe specificare quando, per quanti giorni, in quale zona del Paese e con quale intensità cadrà la pioggia e ciò, come tutti sanno, è impossibile. La riprova della difficoltà di fare una previsione tanto precisa si è avuta di recente (agosto 2003) con un nubifragio di eccezionale intensità che ha prodotto danni enormi nel Friuli nord orientale.

    Si racconta che in seguito ad alcune scosse sismiche che all’inizio del 1700 interessarono Roma, il papa facesse installare in Vaticano un apparecchio che, nelle intenzioni del suo inventore, avrebbe dovuto prevedere con qualche minuto di anticipo l’arrivo di un terremoto. Di ciò approfittarono alcuni lestofanti i quali sparsero la voce che entro poco tempo in città si sarebbe scatenato un altro terremoto. La gente, angosciata dalle scosse già patite in precedenza, abbandonò in tutta fretta le abitazioni che i ladri poterono visitare e ripulire dei beni più preziosi in esse custoditi. La cosa buffa è che ci volle tutta l’energia delle autorità civili e religiose per convincere le persone che si era trattato di una burla e che quindi potevano rientrare tranquillamente nelle loro case.

    Cronache anche molto antiche riferiscono di pretese previsioni di terremoti da parte di esperti, attraverso l’analisi di fenomeni naturali che oggi vengono ritenuti poco significativi: molto probabilmente non si trattò di previsioni vere e proprie, ma solo di coincidenze fortuite. Di recente però la previsione sistematica e razionale dei terremoti è uscita dalla sfera della magia e della approssimazione per entrare in quella della sperimentazione scientifica ottenendo anche qualche discreto successo.

    Chiarito che l’analisi di alcuni fenomeni fisici come il ripetersi regolare dei sismi in una determinata località, l’allineamento dei pianeti o il comportamento strano di alcuni animali non poteva essere utilizzata per prevedere lo scatenarsi di un sisma, si pervenne al convincimento che fosse indispensabile raccogliere sul territorio dati fisici continuativi e molto precisi per centrare l’obiettivo. L’occasione per l’avvio di un lavoro meticoloso e scientificamente corretto venne fornita da due violenti terremoti che si abbatterono, in un breve lasso di tempo, a pochi kilometri di distanza l’uno dall’altro alla fine degli anni ’40 del secolo scorso nella regione meridionale dell’ex Unione Sovietica. Fu allora varato un piano di ricerca molto particolareggiato che richiedeva misure di gravità e di conducibilità elettrica delle rocce, rilevazione di onde sismiche di minima intensità e spostamenti anche insignificanti del terreno. Tutti questi dati vennero raccolti per molti anni di seguito e trasferiti ad un centro studi che aveva il compito di catalogarli e analizzarli.

    I risultati di questa operazione furono resi noti in occasione di un congresso internazionale che si tenne a Mosca agli inizi degli anni ’70. Il congresso ebbe il merito di diffondere un certo ottimismo fra i partecipanti tanto che da quel momento gli studi e le ricerche di quel tipo continuarono anche in altri Paesi. In particolare gli Americani non solo approfondirono le indagini sul campo ma le trasferirono in laboratorio dove le rocce vennero sottoposte a forti compressioni. Si notò, in seguito a questi esperimenti, che prima che si verificasse la frattura definitiva, la roccia si dilatava per il formarsi di piccole crepe al suo interno. Questa dilatazione generava un aumento della conducibilità elettrica e un rallentamento delle onde ad alta frequenza. Gli stessi fenomeni vennero riscontrati sul territorio.

    Si formò quindi fra i fisici il convincimento che l’apertura di piccole fratture all’interno delle rocce avrebbe provocato l’infiltrazione di aria ed acqua con conseguente variazione di alcuni parametri fisici. L’aumento di volume delle rocce causato dalla fessurazione spiegava anche il sollevamento e l’inclinazione del terreno osservati prima del verificarsi di alcuni sismi.

    Si era anche notato, all’approssimarsi del terremoto, un aumento nell’aria di radon (un gas radioattivo prodotto dalla disintegrazione spontanea di alcuni metalli) la cui quantità evidentemente aumentava in seguito alla fessurazione che consentiva una più ampia fuga di questo elemento dalla roccia. Piccoli e semplici apparecchi posti ad un metro di profondità sono in grado di rilevare la presenza di radon contribuendo così ulteriormente alla previsione ravvicinata del sisma.

  

4. SUCCESSI, DELUSIONI E SPERANZE

    La disponibilità di nuove tecniche di rilevamento e l’acquisizione di una teoria globale del fenomeno sismico consentirono agli Americani di azzardare una previsione precisa. In effetti furono previsti, con congruo anticipo e precisione, due terremoti nella zona della faglia di San Andreas che puntualmente si verificarono nel luogo e nel giorno indicato, e con l’intensità dichiarata. Il successo degli scienziati americani fu tuttavia di gran lunga superato dai fisici cinesi qualche anno più tardi.

    I Cinesi nel marzo del 1966 avevano subito due terremoti successivi che avevano creato danni incalcolabili in una regione molto popolosa posta a pochi kilometri a sud ovest di Pechino tanto che il presidente Chou En-lai, sconvolto per le sofferenze e per i danni subiti dalla sua gente, decise di organizzare un’intensa campagna per la previsione dei terremoti nelle regioni più a rischio del Paese. Venne istituito un gran numero di centri di rilevazione dati e mobilitato un esercito di osservatori fatto di contadini, studenti, operai, operatori delle radio locali, oltre che di tecnici esperti sismologhi. Vennero inoltre inclusi fra i segni premonitori alcuni fenomeni di cui gli osservatori occidentali non avevano tenuto conto. Si annotarono fra l’altro l’intorbidamento delle acque dei pozzi e dei canali di irrigazione, gli odori insoliti di acque di sorgente e il comportamento anormale di alcuni animali domestici poco prima del verificarsi di un evento sismico anche di piccola entità.

    L’Ufficio Sismologico Nazionale di Pechino nell’inverno del 1975 invitò con ogni mezzo (radio, altoparlanti, sirene) gli abitanti della zona circostante il grande porto industriale di Yingkow nella Cina settentrionale ad abbandonare in tutta fretta le abitazioni perché di lì a poco si sarebbe verificato un terremoto di forte intensità. In realtà l’evento era stato previsto da tempo e le autorità avevano preparato la popolazione con una campagna di educazione pubblica molto capillare. La previsione si dimostrò esatta e salvò migliaia di vite umane: se le persone fossero state sorprese dal sisma all’interno delle loro abitazioni (quasi tutte rase al suolo) ci sarebbe stata una strage.

    L’anno seguente in una regione posta a pochi kilometri di distanza furono osservati alcuni possibili segni premonitori ma, nonostante la stretta sorveglianza e l’esperienza acquisita in precedenza, non si riuscì a dare l’allarme con tempestività. Il terremoto si verificò all’improvviso devastando un’ampia regione densamente abitata e provocando un numero di vittime che le autorità cinesi tentarono di tenere nascosto ma che presumibilmente fu di oltre 650.000 unità. L’insuccesso ridimensionò bruscamente la speranza di avere finalmente individuato e interpretato correttamente gli indizi che annunciano le scosse. Questo non fu l’unico fallimento di una previsione deterministica dei sismi ma gli scienziati di tutto il mondo non si lasciarono avvilire dalle numerose delusioni e le ricerche in quella direzione continuarono e continuano tuttora.

    L’ambizione massima dei sismologhi oggi sarebbe quella di esercitare un controllo diretto sulla natura. La possibilità di impedire i terremoti, grazie ad interventi tecnologici su larga scala, si è offerta per caso una quarantina d’anni fa. Si era notato già da lungo tempo che, quando venivano riempiti d’acqua gli invasi sbarrati da grandi dighe, si verificava una serie di scosse sismiche che in precedenza non avevano mai interessato la zona. Per molti anni gli esperti non riuscirono a comprendere il meccanismo nascosto dietro questo fenomeno fino a quando, agli inizi degli anni ’60, giunse notizia che l’iniezione di acque di scarico in pozzi profondi scavati in prossimità di una faglia attiva presso Denver nello stato del Colorado (USA) aveva provocato una serie di piccole scosse che terminavano quando si sospendeva il pompaggio dei liquidi all’interno del pozzo. Si pensò quindi che, quando il liquido veniva immesso sotto pressione, esso filtrava nelle fessure del terreno lubrificando per così dire le faglie e permettendo alle rocce di scivolare le une sulle altre.

    Per verificare questa ipotesi, venne versata acqua in pozzi petroliferi abbandonati variando volume e pressione e registrando i risultati con una serie di sismografi posizionati nelle vicinanze. Si ebbe quindi la conferma che quando si iniettava in profondità acqua sotto pressione, l’attività sismica aumentava per fermarsi del tutto quando si sospendeva l’erogazione del liquido. In questo modo i terremoti potevano essere “accesi” o “spenti” a piacimento. Estendere una tale operazione in corrispondenza di faglie attive potrebbe tuttavia avere conseguenze imprevedibili e inoltre i fisici fanno notare che l’energia liberata da tante piccole scosse è ben lontana da quella generata da un’unica grande scossa.

    Nonostante qualche successo, bisogna tuttavia riconoscere che la previsione e il controllo dei terremoti hanno dato finora risultati deludenti e contraddittori: si sono registrati casi in cui alcuni segni ritenuti premonitori non hanno dato seguito ad alcun terremoto mentre altre volte si è verificato un evento sismico di forte intensità senza che lo stesso sia stato preceduto da alcun segno premonitore. La difesa dai terremoti, per il momento, rimane quindi la prevenzione attraverso l’applicazione di norme antisismiche da osservare scrupolosamente e la creazione fra la popolazione di una vera cultura del terremoto intesa come capacità di convivere con questa manifestazione della natura senza drammi e catastrofismi.

    Sotto questo aspetto il Giappone è diventato il maggiore esperto mondiale. Ogni anno l’arcipelago nipponico è colpito da un migliaio di scosse percettibili, alcune delle quali di media o forte intensità, ma i danni ai manufatti e alle persone sono minimi (un terremoto come quello che nel 1976 in Friuli fece mille morti e lasciò 32.000 persone senza tetto, in Giappone non avrebbe fatto vittime e poche sarebbero state anche le case danneggiate).

    Il nostro Paese è a rischio sismico ma non così elevato come molti pensano. Vi sono Stati come il Giappone e la California che corrono, da questo punto di vista, molti più pericoli di noi Italiani e la Cina, quanto a numero di vittime, detiene il record assoluto (un terremoto del 1556 sembra abbia procurato più di 800.000 morti). 

    I terremoti non minacciano solo le abitazioni e di conseguenza le persone che le occupano ma anche la rete dei trasporti, delle comunicazioni e dei servizi pubblici. Danni a queste strutture possono causare disordine provocando di conseguenza un incremento del numero delle vittime. La rottura delle condutture dell’acqua ad esempio impedisce la lotta contro il fuoco e l’interruzione delle linee telefoniche può rendere più difficoltose le operazioni di soccorso. Per questo motivo in Giappone si è provveduto a sistemare le condutture di utilità pubblica sottoterra dove gli effetti distruttivi delle scosse sono più attenuati; nello stesso tempo le strade strette e contorte delle città sono state sostituite da larghi viali tali da non venire ostruiti da macerie in caso di terremoto violento e contemporaneamente svolgere la funzione di frangifiamme in caso di incendi. 

    Una corretta educazione al fenomeno sismico dovrebbe finalizzare i propri sforzi nel convincere la gente che il terremoto è un evento naturale come tanti altri che si ripetono in modo più o meno regolare ma dal quale è anche possibile difendersi. Naturalmente in questa opera di prevenzione la scuola dovrebbe giocare un ruolo fondamentale. A partire dalle elementari, ai bambini si dovrebbe spiegare cosa sono i terremoti, perché si verificano e cosa si deve fare nel caso in cui si dovesse verificare l’evento. La scuola, in accordo con la Protezione civile, dovrebbe anche promuovere periodiche esercitazioni d’emergenza e di evacuazione al fine di verificare sul campo il grado di preparazione raggiunto. Naturalmente anche gli organi di informazione dovrebbero fare la loro parte e partecipare attivamente ad una campagna di educazione di massa; spesso invece all’indomani di un evento sismico i giornali e le televisioni fanno a gara nel distorcere e nel gonfiare l’evento, esibendo immagini di disperazione ed enfatizzando inutili casi singoli di eroismo, spesso finiti male. 

     Per quanto riguarda la previsione e la prevenzione, i sismologhi di tutto il mondo si dicono ottimisti. Essi sono convinti che non è lontano il giorno in cui la popolazione sarà avvertita per tempo dell’imminenza di un terremoto e potrà portarsi all’aperto in luoghi sicuri donde, passata la scossa, potrà fare ritorno nelle proprie case (che nella maggior parte delle situazioni non avranno subito danni) e lì attendere in tutta tranquillità le consuete scosse di assestamento.

fine


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28 aprile 2011 4 28 /04 /aprile /2011 13:19

No  Martini ?  No  party.

No  beatificazione  di  Papa  Wojtyla ?  No  terremoto. 

Adriana  Zarri,  che  ha  sottoscritto  insieme  ad  altri  teologi  l'appello  alla  chiarezza  del  6  dicembre  2006  riguardo  alla  beatificazione  del  1°  maggio,  è  convinta  che  la  beatificazione  di  Wojtyla  rappresenti  già  di  per  sè  un  terremoto,  a  causa  del  diffuso   dissenso,   espresso  su  molti  fronti  cattolici    nei  confronti  di  questo  avvenimento,  con   le  consuete  scosse  di  assestamento   in  prossimità  temporale  rispetto  all'evento.

 

Riccardo 

 

Domani 21 04 09 + testo (canzone per il ...
7 min - 7 mag 2009
Caricato da GiorgioOrrvuot

youtube.com

 

 

Catastrofe.it

 

 

Il ricercatore aquilano studioso dei terremoti Giampaolo Giuliani nel suo nuovo libro ''La forza della memoria'', oltre a durissimi attacchi alla Commissione grandi Rischi, ad Enzo Boschi, alla Protezione Civile, dedica ampio spazio a Raffaele Bendandi, lo studioso di terremoti, morto nel 1979 e che avrebbe previsto numerosi terremoti, con tanto di previo deposito presso un notaio della previsione messa nero su bianco. O con la prova di comunicazioni ufficiali spesso inascoltate.

Una teoria previsionale la sua fondata sull'attrazione gravitazionale in particolare l'allienamento dei pianeti che causerebbe la deformazione della crosta terrestre e dunque lo strofinamento delle faglie.

A Bendandi è dedicato un intero capitolo del libro, avendo avuto Giuliani la possibilità di studiare una parte del carteggio di Bendandi e i suoi grafici originali, salvati dalle fiamme

E c'è come noto una sua previsione che desta crescente allarme: quella relativa ad un evento sismico significativo nel territorio laziale in data 11 maggio 2011.

 


Giampaolo Giuliani, ritiene affidabile la teoria e la capacità previsionale di Bendandi, e dunque consiglia di non sottovalutare la previsione relativa all'imminente terremoto in Lazio. Nel libro Giuliani scrive che il limite della teoria di Bendandi era nella mancata determinazione dell'epicentro, con margini di errore anche di svariati chilometri. Ma sul ''quando'' Bendandi era di un'incredibile precisione. Bendandi, ricorda Giuliani, aveva previsto il terremoto del 1915 della Marsica, il terremoto del 1924 nelle Marche quello del Friuli del 1976, quello recentissimo ad Haiti. Previsioni tutte documentabili. Altre previsioni però si dimostrarono errate. Ma su questo tema torneremo in un un prossimo articolo di approfondimento.

Comunque garantisce Giuliani e non bisogna sottovalutare il rischio. E annuncia: ''Nei prossimi mesi anche noi intensificheremo l'attenzione sul territorio laziale in quanto i nostri rilevatori sono in grado di monitorare anche a quelle distanze il rilascio di radon per poter avvisare con 6- 12 ore di anticipo sulla possibilità di eventi sismici.''. Denunce per procurato allarme permettendo.

 

 

fonte : Abruzzo 24h

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28 aprile 2011 4 28 /04 /aprile /2011 09:36

  

 

 

English

Ecumenical Appeal for 1 May 2011:

“Commemorate the ’canonization’ of the Martyr Oscar Romero by

the poor people of this earth”

Dear Sisters and Brothers throughout the world,

In this appeal we are asking you to commemorate on 1 May 2011 the ’canonization’ of the

Martyr Oscar Romero by the poor of Latin America and by the friends of Jesus in the whole

world. This appeal should encourage us on the way of the Gospel, and at the same time be

heard as a call for an about-turn in the churches of the wealthy.

Very quickly after his appointment as Archbishop of San Salvador, the conservative pastor

Oscar Arnulfo Romero was confronted in 1977 with the bloody persecution of Christians. The

tears by the coffins of murdered catechists, altar servers and priests turned him into a

courageous Bishop on the side of the little people, the oppressed and the persecuted. From

that time on he had the regime in his country, the Security Adviser of the President of the US

and powerful Cardinals of the Roman Curia against him.

In the spring of 1979, Bishop Romero found neither an open ear nor support from Pope John

Paul II in his plight. Deeply disappointed, he said:

“I believe I will never again come to Rome.

The Pope does not understand me.”

John Paul II had taken no notice at all of the photograph

of a native priest who had recently been murdered, nor of other documents showing the

persecution of Christians by the rich people’s henchmen, but instead merely urged harmony

with the Salvadorian government.

Fully aware of his own danger, San Romero de América raised his voice against injustice,

excommunicated politicians of the regime, and reminded the resistance of the non-violence of

Jesus of Nazareth. After one of the countless murders of Christians he preached:

“Let

vengeance be far from us, let us pray with Jesus: Father, forgive them, for they know not what

they do.”

Since every human being is a child and living image of God, worship was for San Oscar

Romero indivisibly bound up with the fearless defence of human dignity. His words to the

contract killers and henchmen of the junta were unambiguous:

“He who tortures is also a

murderer … No one may raise their hand against another person, for every human being is

an image of God.”

One day before his own murder on 24 March 1980 he called on the

soldiers publicly to refuse to obey their orders:

“In the name of God and in the name of this

tortured people I beg you, I command you: Stop the oppression!”

The bullet of a contract

killer hit him during the celebration of the Eucharist at the altar.

The people’s own ’canonization’ of San Oscar Romero is no act of presumption. We know

that only God can look into the heart of a man or woman, and that it is only possible in a

fragmentary way to learn to see anew with God’s eyes. But through this “beatification”

without any expensive process by the Church authorities the Holy Spirit, which blows where

it will, sends a message of good news: “The example of our brother San Oscar Romero shows

us how beautiful and how brave we humans can become, when we begin to listen to the

message of Jesus.”

[translation: Robert Dimmick, Reading - England (Anglican & Area Minister for Berkshire,

Third Order of the Society of St Francis)]

 

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28 aprile 2011 4 28 /04 /aprile /2011 09:25

  

 

Ökumenischer Aufruf zum 1. Mai 2011:

„Gedenkt der Heiligsprechung des Märtyrers San Oscar Romero

durch die Armen dieser Erde“

Liebe Schwestern und Brüder in der Ökumene,

mit diesem Aufruf bitten wir Euch, am 1. Mai 2011 der Heiligsprechung des Märtyrers San

Oscar Romero durch die Armen Lateinamerikas und durch Freundinnen und Freunde Jesu auf

dem ganzen Erdkreis zu gedenken. Dieses Gedenken soll uns Ermutigung auf dem Weg des

Evangeliums sein und zugleich als Umkehrruf in den Kirchen der Reichen gehört werden.

Sehr bald nach seiner Ernennung zum Erzbischof von San Salvador wurde der konservative

Seelsorger Oscar Arnulfo Romero 1977 mit der blutigen Christenverfolgung in El Salvador

konfrontiert. Die Tränen an den Särgen von ermordeten Katechetinnen, Messdienern und

Priestern ließen ihn zum unerschrockenen Bischof an der Seite der Kleinen, Geschundenen

und Verfolgten werden. Seit dieser Zeit hatte er das Regime seines Landes, den

Sicherheitsberater des US-Präsidenten und mächtige Kardinäle der römischen Kurie gegen

sich.

Im Frühjahr 1979 fand Bischof Romero bei Papst Johannes Paul II. weder Gehör noch

Unterstützung in seinen Bedrängnissen. Mit tiefer Enttäuschung sagte er:

„Ich glaube, ich

werde nicht noch einmal nach Rom kommen. Der Papst versteht mich nicht.“

Johannes Paul

II. hatte das Foto eines kurz zuvor ermordeten indigenen Priesters sowie andere Dokumente

zur Christenverfolgung durch die Handlanger der Reichen gar nicht beachtet und stattdessen

nur zur Harmonie mit der salvadorianischen Regierung ermahnt.

Im Wissen um die eigene Gefährdung hat San Romero de América seine Stimme gegen das

Unrecht erhoben, Politiker des Regimes exkommuniziert und den Widerstand an die

Gewaltlosigkeit Jesu von Nazareth erinnert. Nach einem der zahllosen Morde an Christen

predigte er:

„Fern sei uns Rache, lasst uns beten mit Jesus: Vater vergib ihnen, denn sie

wissen nicht was sie tun.“

Da jeder Mensch ein Kind und lebendiges Gleichnis Gottes ist, war für San Oscar Romero

Gottesdienst untrennbar verknüpft mit der unerschrockenen Verteidigung der menschlichen

Würde. An die Auftragsmörder und Handlanger der Junta richtete er die Worte:

„Ein Mörder

ist auch der, der foltert ... Niemand darf Hand anlegen an einen anderen Menschen, denn der

Mensch ist Ebenbild Gottes.“

Einen Tag vor seiner eigenen Ermordung am 24. März 1980

forderte er die Soldaten öffentlich zur Befehlsverweigerung auf:

„Im Namen Gottes und im

Namen dieses gepeinigten Volkes bitte ich Euch, befehle ich Euch: Hört auf mit der

Unterdrückung!“

Die Kugel eines Auftragsmörders traf ihn während der Feier der

Danksagung am Altar.

Die von unten erfolgte Heiligsprechung von San Oscar Romero ist keine Anmaßung. Wir

wissen, dass nur Gott in das Herz eines Menschen schauen kann und es uns nur

bruchstückhaft möglich ist, mit Gottes Augen neu sehen zu lernen. Doch diese „Beatifikation“

ohne ein teures Verfahren von Kirchenbehörden verbreitet eine frohe Kunde unter dem

Wehen des Gottesgeistes: „Das Beispiel unseres Bruders San Oscar Romero zeigt uns, wie

schön und mutig wir Menschen werden können, wenn wir beginnen, der Botschaft Jesu

zuzuhören.“

Gruppen & Initiativen (bis 27.4.2011)

Christliche Initiative Romero e.V. – CIR

 

www.ci-romero.de

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28 aprile 2011 4 28 /04 /aprile /2011 09:12

eilho da Terra e da Água

Apelo ecumênico para o dia 1º de maio de 2011

25 abr

 “Lembrem-se da Santificação do mártir Santo Oscar Romero através do pobres deste mundo“

Queridas Irmãs e queridos irmãos do ecumenismo!                                    

Com este apelo pedimos a todos e todas a se lembrarem no dia 1º de maio de 2011 da santificação do mártir Santo Oscar Romero através dos pobres da América Latina e dos amigos e amigas de Jesus no mundo todo. Essa memória servirá para o nosso encorajamento no caminho do Evangelho e, ao mesmo tempo, deverá ser ouvido como apelo de conversão nas Igrejas dos ricos.

Logo após sua nomeação como arcebispo de El Salvador em 1977, o padre conservador Oscar Arnulfo Romero foi confrontado com a perseguição sangrenta dos cristãos no seu país. As lágrimas derramadas no sepultamento de catequistas, coroinhas e padres assassinados fizeram com que ele se tornasse um bispo destemido ao lado dos pequenos, maltratados e perseguidos. Desde então, o regime de seu país, o Secretário de Segurança do presidente dos EUA e poderosos cardiais da Cúria Romana se posicionaram contra ele.

No início do ano de 1979 Dom Romero não foi ouvido pelo papa João Paulo II e nem recebeu apoio em suas angústias. Descepcionado ele disse: „Acredito que não retornarei outra vez à Roma. O papa não me entende.“ João Paulo II não tinha apreciado nem a fotografia de um padre indígena recém- assassinado, como também outros documentos a respeito da perseguição dos cristãos pelos capatazes dos ricos; ao inves disso, o papa apelou a cultivar relações harmoniosas com o governo salvadorenho.

Ciente de seu próprio risco de vida, Santo Romero da América levantou sua voz contra a injustiça, excomungou políticos do regime e lembrou ao moviemnto de resistência a não- violência de Jesus de Nazaré. Depois de uma das inúmeras mortes cometidas contra os cristãos ele pregou dizendo: „Longe de nós os sentimentos da vingança, vamos rezar com Jesus: Pai, perdoe-lhes por que não sabem o que estão fazendo.“

Sendo que cada pessoa humana é filho/a e semelhança viva de Deus, para Santo Oscar Romero o culto divino era inseparavelmente ligado à defesa incondicional da dignidade humana. Aos comandantes e capatazes da junta militar dirigiu as seguintes palavras: „Um assassino é também aquele que tortura… Ninguém deve por a mão contra um outro ser humano, pois o homem é semelhança de Deus.“ Um dia antes de ser assassinado, dia 24 de março de 198, apelou publicamente aos soldados a desobedecerem à ordem de matar: „Em nome de Deus e em nome do povo sofrido peço a vocês, ordeno a vocês: Parem com a opressão!“ O tiro do pistoleiro o atingiu durante a celebração da Eucaristia.

A santificação de Santo Oscar Romero, promovida pelas bases do povo, não é um gesto arrogante. Sabemos que só Deus pode olhar o coração de uma pessoa humana e aprender a olhar com os olhos de Deus é possivel somente de forma parcial. Porém, essa santificação sem um processo caro nas instâncias eclesiásticas anuncia uma boa notícia sob o sopro do Espírito de Deus: “O exemplo do nosso irmao Santo Oscar Romero nos revela como as pessoas podem se tornar belas e corajosas quando começam a ouvir o Evangelho de Jesus“.

 [tradução: fr. Johannes Gierse ofm, Brasil]

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28 aprile 2011 4 28 /04 /aprile /2011 09:06

    

PORTUGESE

Apelo ecuménico para o dia 1º de maio de 2011:

„Celebremos a Canonização do mártir São Oscar Romero

feita pelos pobres deste mundo“

Queridas irmãs e queridos irmãos em espírito ecuménico!

Apelamos a todos e todas a celebrarem no dia 1º de maio de 2011 a canonização do mártir

Santo Oscar Romero, já feita pelos pobres da América Latina e pelos amigos e amigas de

Jesus de todo o mundo. Este apelo servirá para nos encorajar a seguir o caminho do

Evangelho e, ao mesmo tempo, deverá ser ouvido como apelo de conversão às Igrejas dos

ricos.

Logo após a sua nomeação como arcebispo de El Salvador em 1977, o padre conservador

Oscar Arnulfo Romero foi confrontado com a perseguição sangrenta movida aos cristãos do

seu país. As suas lágrimas derramadas no enterro de catequistas, acólitos e padres

assassinados fizeram com que ele se tornasse um bispo destemido, colocado ao lado dos

pequenos, maltratados e perseguidos. Desde então, o regime de seu país, o Secretário de

Segurança do Presidente dos EUA e poderosos cardeais da Cúria Romana se posicionaram

contra ele.

No início do ano de 1979, Dom Romero não foi ouvido pelo papa João Paulo II, nem recebeu

apoio nas suas angústias. Decepcionado ele disse:

„Acredito que não voltarei de novo a

Roma. O papa não me entende.“

João Paulo II não havia prestado nenhuma atenção à

fotografia de um padre indígena recém-assassinado, nem a outros documentos a respeito da

perseguição dos cristãos pelos capatazes dos ricos; em vez disso, o papa apelou à harmonia

nas relações com o governo salvadorenho.

Ciente de seu próprio risco de vida, São Romero da América levantou a sua voz contra a

injustiça, excomungou políticos do regime e lembrou ao movimento de resistência a nãoviolência

de Jesus de Nazaré. Depois de uma das inúmeras mortes cometidas contra os

cristãos, ele pregou dizendo:

„Longe de nós os sentimentos da vingança, vamos rezar com

Jesus: Pai, perdoa-lhes por que não sabem o que fazem.“

Sendo que cada pessoa humana é filho/a e semelhança viva de Deus, para São Oscar Romero

o culto divino estava inseparavelmente ligado à defesa incondicional da dignidade humana.

Aos comandantes e capatazes da junta militar dirigiu as seguintes palavras:

„Um assassino é

também aquele que tortura... Ninguém deve levantar a mão contra um outro ser humano, pois

o homem é semelhança de Deus.“

Um dia antes de ser assassinado, dia 24 de março de 1980,

apelou publicamente aos soldados a desobedecerem à ordem de matar:

„Em nome de Deus e

em nome do povo sofrido peço a vocês, ordeno a vocês: Parem com a opressão!“

Um tiro de

um mercenário havia de atingi-lo durante a celebração da Eucaristia.

A canonização de São Oscar Romero promovida pelo povo de base não é um gesto arrogante.

Sabemos que só Deus pode ver o coração de uma pessoa humana e aprender a olhar com os

olhos de Deus só é possível de forma parcial. Porém, com esta „canonização“ sem um

processo caro nas instâncias eclesiásticas, o Espírito de Deus anuncia uma boa notícia: „O

exemplo do nosso irmão São Oscar Romero nos revela como as pessoas podem tornar-se

belas e corajosas quando começam a ouvir o Evangelho de Jesus.“

[tradução: fr. Johannes Gierse ofm, Brasil e Pedro Freitas, Portugal] – 20.4.2011

 

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28 aprile 2011 4 28 /04 /aprile /2011 08:57

                                                                     Roma, 28 aprile 2011                                

               NOI SIAMO CHIESA

   Via N. Benino 3   00122 Roma

    Via Soperga 36 20127 Milano

Tel. 3331309765 --+39-022664753

           E-mail vi.bel@iol.it                                                                           Comunicato Stampa

Internet: www.noisiamochiesa.org

 

 

 

 

 

Appello ecumenico OSCAR ROMERO Santo il 1 maggio 2011.doc
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Il primo maggio preghiamo Mons. Romero dichiarato martire e santo

di tutte le Americhe per volontà del popolo di Dio

 

Care sorelle e cari fratelli che siete attivi nell’ecumenismo,

vi invio questo Appello invitandovi a celebrare la santificazione del martire san Oscar Romero il prossimo primo maggio. Essa è stata decisa dai popoli poveri dell’America latina e dai seguaci di Gesù nel mondo intero. Questa celebrazione deve incoraggiarci a capire più a fondo lo spirito del Vangelo; nello stesso tempo le chiese dei paesi del primo mondo sono spinte a riconsiderare il loro modo di pensare e di agire.

 

Voi sapete che Oscar Arnulfo Romero, che era un conservatore, è stato nominato arcivescovo di San Salvador nel 1977. E’ in quel periodo che la persecuzione sanguinosa dei cristiani si scatenò nel Salvador e Romero dovette reagire in un certo modo. Le bare dei catechisti ammazzati, dei chierichetti e dei preti, e le lacrime versate sopra di essi, lo sconvolsero profondamente. Così, Oscar Romero si dimostrò sempre più, nella sua azione pastorale, un vescovo intrepido e intervenne in favore degli ultimi e di quelli che venivano torturati e perseguitati. Da quel momento si mise contro il regime politico del suo paese, contro il consigliere per la sicurezza del Presidente degli Stati Uniti e i potenti cardinali della curia romana.

 

Nella primavera del 1979, il vescovo Romero non riuscì a farsi ascoltare dal papa Giovanni Paolo II, che non riusciva a capire il suo impegno e che rifiutava di sostenere le sue attività. Romero espresse la sua grande delusione dicendo: “Non penso di tornare a Roma una seconda volta… Il Papa non mi capisce”. Giovanni Paolo II non si mostrò interessato né alla foto di un prete indiano che era stato ucciso da poco, né ai documenti che dimostravano la persecuzione dei cristiani da parte delle milizie delle classi dominanti. Invece il papa gli consigliò di trovare un accordo col governo del Salvador.

 

San Romero d’America sapeva bene di essere in grande pericolo. Ma nessuno lo fermava nel denunciare le ingiustizie, nello scomunicare gli uomini politici del regime e di seguire Gesù di Nazareth, il cui insegnamento è quello di resistere alla violenza ma con metodi non violenti. Egli non chiudeva gli occhi davanti agli assassinii innumerevoli commessi per eliminare i cristiani. Un giorno-durante un’omelia- Romero disse: “La vendetta è una scelta che noi rifiutiamo completamente. Preghiamo come Gesù: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

 

Ogni essere umano è considerato figlio di Dio, e nello stesso momento egli è a lui simile. E’ per questa ragione che San Oscar Romero non esitò a difendere la dignità di ogni uomo con un coraggio fermissimo. Ai sicari a pagamento e ai soldati semplici reclutati dalla giunta militare  egli indirizzò queste parole: “Colui che tortura un altro è un assassino…… Nessuno ha il diritto di aggredire un altro uomo, perché l’uomo è l’immagine di Dio”. Un giorno prima del suo assassinio, egli pubblicamente invitò i soldati a rifiutarsi di obbedire agli ordini: “In nome di Dio e in nome di questo popolo sofferente io vi imploro, io vi do questo ordine : Smettete di opprimere gli uomini!” Un fucilata di un sicario lo colpì mentre celebrava la messa. Egli cadde davanti all’altare.

 

La beatificazione di San Oscar Romero fatta dal popolo non è un atto arrogante. Sappiamo bene che è solo Dio che legge nel cuore dell’uomo, tanto che noi possiamo capire solo raramente le cose con i suoi occhi. Ma questa “beatificazione”, senza grandi spese da parte delle autorità ecclesiastiche per procedure costose, invia a tutti una buona notizia che vuole essere lo specchio dello Spirito di Dio: la vita del nostro fratello San Oscar Romero ci indica come avere coraggio come lui, se ci impegnamo a seguire il Vangelo di Gesù.

 

Roma, 28 aprile 2011                                                                           [traduzione di Vittorio Bellavite]

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  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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