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26 gennaio 2011 3 26 /01 /gennaio /2011 18:58

Teologia della Liberazione: un’altra fede è possibile

di Cesare Del Frate [23 apr 2010]

Teologia liberazione 1Guardare il mondo con gli occhi dei poveri, e così praticare la fede. Che non è fede in Gesù, ma di Gesù, cioè opera quotidiana d’amore per il prossimo e, di conseguenza, lotta all’ingiustizia. Questo è il messaggio centrale della teologia della liberazione, un modo di vivere la religione senza l’ossessione per il dogma, ma con la passione per la storia; come sostiene il frate domenicano e teologo Frei Betto:

Il messaggio centrale di Gesù è non tanto quello di avere fede quanto quello di mettere in pratica l’amore liberatorio.

Questo movimento, nato negli anni ’60 in Brasile, si è velocemente diffuso in tutta l’America latina e non solo, divenendo tanto un punto di riferimento per la volontà di riscatto delle classi popolari quanto una spina nel fianco delle gerarchie ecclesiastiche, sovente additate come rifugi per privilegiati distanti dal popolo. Come tutti i movimenti, la teologia della liberazione è una realtà fluida e poco strutturata, ma ben radicata nelle comunità di base, una miriade di gruppi religiosi spontanei che insieme interpretano la Bibbia e lavorano per il sociale. Il cardine è sempre la vicinanza ai poveri: con toni che mischiano marxismo e misticismo, si leva la voce di una Chiesa che vuole essere compagna e partecipe, fedele al messaggio di Cristo che visse dalla parte degli ultimi e degli emarginati; nelle parole di Frei Betto:
Per molta gente aprire la Bibbia è come aprire una finestra su interessanti fatti del passato. Nelle comunità ecclesiali di base, invece, la gente povera, quando apre la Bibbia, è come se guardasse se stessa in uno specchio, lo fa per riuscire a capirsi meglio, qui e ora.

La liberazione viene intesa come evento spirituale e sociale: bisogna rompere le catene della povertà, e per farlo si deve risalire all’ancoraggio di tali catene nel peccato. Come gli eletti da Dio sconfissero la schiavitù sotto il Faraone per partire verso la terra promessa, così i poveri devono lottare per la propria libertà e per la giustizia, trovando al proprio fianco la Chiesa. I toni sono chiaramente rivoluzionari ma, a differenza che nel marxismo, la violenza è ripudiata e la sperequazione viene fatta discendere non dalla lotta di classe ma da mali etici, quali l’avidità e la superbia:
Il mondo dei poveri ci insegna che la liberazione arriverà quando questi nostri fratelli poveri non staranno più dalla parte di chi riceve le elemosine dal governo e dalle chiese, ma saranno essi stessi protagonisti della loro lotta per la liberazione (Vescovo Óscar Romero).

I preti e i missionari della liberazione lavorano nelle strade, nelle favelas e nei campi delle nuove schiavitù: la loro retorica esalta le Teologia liberazione 2meraviglie dell’America latina e le sue enormi risorse spirituali, mentre lancia l’anatema contro lo sfruttamento del lavoro, la corruzione e l’arroganza dei potenti. Non a caso sono vicini al movimento per un’altra globalizzazione e a quello dei contadini senza terra, con i quali condividono l’humus del fermento sociale sudamericano.

Insomma, per queste comunità cristiane di base la fede è passione per il proprio tempo, impegno sociale e politico, lotta indefessa contro le ingiustizie. L’amore a cui invita Cristo è per il prossimo, e solo tramite il prossimo si può amare anche Dio. In questa interpretazione radicale della fede e dell’incarnazione divina, l’approccio dogmatico e catechistico tipico del Vaticano lascia il posto alla pastorale, alla vita in comunità e alla sete di giustizia: un approccio profondamente immanente alla religione e alla vocazione del credente.

Paradigmatica la storia di Óscar Romero (1917-1980), arcivescovo di San Salvador che si batté contro le violenze della dittatura salvadoregna. Nel 1980 la guerra civile aveva provocato più di 75.000 morti e un milione e mezzo di rifugiati. Il regime al potere, sostenuto dagli Usa, fu giudicato “colpevole di genocidio” dalla commissione sulla verità dei fatti dall’ONU. Romero, idolo della popolazione per le sue lotte a favore dei diseredati e contro l’autocrazia, venne assassinato il 24 marzo di quell’anno mentre celebrava l’eucarestia. “Se mi uccideranno risorgerò nel popolo salvadoregno”: e così fu; ancora oggi Romero è celebrato come un santo in tutta l’America Latina. E sempre attuale rimane la sua definizione della Chiesa:
Essendo nel mondo e perciò per il mondo (una cosa sola con la storia del mondo), la Chiesa svela il lato oscuro del mondo, il suo abisso di male, ciò che fa fallire gli esseri umani, li degrada, ciò che li disumanizza.

La teologia della liberazione è quindi ricerca di una vita piena in questo mondo. Frei Betto nota a riguardo come Gesù nei Vangeli risponda infastidito a chi gli chiede come entrare in Paradiso, come se la domanda mal interpretasse il senso della fede.
La prima domanda che spesso viene posta a Gesù è: “Signore, che devo fare per guadagnare la vita eterna?”. Ecco, questa domanda non esce mai dalla bocca di un povero. Esce sempre da coloro che si sono assicurati la vita terrena e che quindi pensano ad assicurarsi anche l’al di là. È la domanda tipica dell’uomo ricco, che vuol sapere come poter comprare anche il paradiso. E tutte le volte che Gesù ascolta questa domanda si sente a disagio, irritato. E ha anche reagito in modo un po’ aggressivo quando un ricco, nel porgli la domanda, lo adula apostrofandolo: “Buon maestro”. “Io non sono il maestro, il buon maestro è Dio”, gli risponde Gesù.
La seconda domanda che si incontra è invece: “Signore, come devo fare per avere una vita in questa vita?”. Ecco, questa viene solamente dalla bocca dei poveri. “Le mie mani sono inerti, hanno bisogno di lavorare. Sono cieco, ho bisogno di vedere. Sono paralitico, voglio camminare. Mio fratello è morto, vorrei vivesse. Mia figlia è malata, vorrei che guarisse”. I poveri chiedono a Gesù vita in questa vita. E a loro Gesù risponde sempre con misericordia e compassione. Perché lui stesso ha detto “io sono venuto qui perché tutti abbiano vita, e una vita piena”.

 

 

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commenti

U
<br /> Che lo si voglia o no, tutti noi siamo coinvolti in ciò che accade nel mondo. Qualunque sia il nostro status, tutti possiamo vedere che un gran numero di persone ha uno standard di vita che supera<br /> ogni proporzione. Come se la povertà non esistesse affatto. Tuttavia, il fatto che la maggioranza degli abitanti di questo pianeta vive in povertà e che milioni soffrano di fame, è nostra<br /> responsabilità. Forse è sufficiente prestare attenzione alle vere cause di questo squilibrio, ed essere consapevoli della grande necessità di intraprendere azioni atte a incoraggire a distribuire<br /> meglio la ricchezza tra le persone. "Ogni consapevolezza individuale, di per sé , può diventare un incentivo per gli altri a seguire il buon esempio e in questo modo, contribuire ad una visione<br /> collettiva in grado di cambiare il mondo intero." (Alex Mero)<br /> <br /> <br />
Rispondi
N
<br /> <br /> Umberto,  grazie del tuo commento. 36 teologi di tutto il mondo,  fra cui Zarri Adriana e Juan Josè Tamayo, scrissero nel 2006 a  Papa Benedetto, invitandolo a non affrettarsi<br /> a beatificare Karol Wojtyla e addussero le loro ragioni, una delle quali era proprio la condanna da parte della Chiesa della teologia della liberazione e l'allontanamento dei  teologi,<br /> che non erano perfettamente ligi alla linea della Chiesa e che stavano dalla parte dei poveri.  Chi condannò la teologia della liberazione ed allontanò detti teologi verrà proclamato beato<br /> il primo maggio 2011, Papa Giovanni Paolo II,  che durante il suo pontificato, assieme al cardinal Ratzinger , quale prefetto dell'ex Sant'Uffizio, avrebbero insabbiato<br /> centinaia  di casi di abusi sessuali da parte del clero di tutto il mondo, come se non avessero mai letto il Vangelo di San Marco (9, 37-42).  E' come se Papa Benedetto, attraverso<br /> questa beatificazione, incoraggiasse le persone,  che agiscono allo stesso modo, a proseguire su quella strada, perché il loro premio sarà  comunque quello di essere beati. Sicuramente<br /> lo saranno, ma non in cielo, bensì sulla terra, continuando a  beffarsi  degli altri. Se i poveri saranno un giorno liberati, non sarà certo ad opera dell'attuale  chiesa, che<br /> si sta molto allontanando dagli insegnamenti di Gesù. A meno che Papa Benedetto  non sia benedetto di nome e di fatto e non faccia una bella inversione di marcia. Io una bella lettera<br /> gliel'ho mandata   nelsegnodizarri  al Vaticano e attendo ancora una risposta. Se tu senti in giro  la gente, vox populi, vox Dei, corre   la voce che la<br /> beatificazione di Karol Wojtyla sia soprattutto una decisione politica  ed  anche coloro che hanno avversato Papa Benedetto, ormai lo lasciano fare come vuole, senza sollevare più<br /> obiezioni, perché in fondo lo considerano ormai soltanto come  capo di uno dei tanti Stati, le cui decisioni sono sovrane. Quindi a loro poco interessa se con la sua linea di condotta si<br /> sostituisce a Dio nelle sue deliberazioni e rischia di offendere Gesù, di cui dovrebbe essere invece  il fedele vicario. Io, invece, siccome vorrei volergli bene, desidererei non<br /> procedesse a questa beatificazione, anche se ne perderebbe in denaro ed in potenza, ma ne guadagnerebbe in benedizioni divine. Il Papa  Beedetto aspettasse un altro pò, risolvesse prima,<br /> come gli ho consigliato io,  senza ipocrisie il caso di Padre Luigi(Gino) Burresi. E dopo si vedrà, se Karol Wojtyla meriterà la beatificazione oppure no. Se uno è destinato a diventar<br /> beato, non gli costa niente fare un altro miracolo. Non credo che sia come Paganini, che non ripete.<br /> <br /> <br /> Riccardo<br /> <br /> <br />  <br /> <br /> <br /> <br />

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  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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