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15 dicembre 2014 1 15 /12 /dicembre /2014 21:19

 

 

 

 

http://www.letteraturahorror.it/25-un-natale-da-horror-i-racconti/55-l-albero-di-natale-federico-mattioni.html

 

 

 

2014 12 05 1556 004 10 tatuaggi di Natale davvero inquietanti

 

 

 

L'Albero di Natale - Federico Mattioni

 

 

Mamma e papà ci avevano messo mezza giornata per addobbare tutto l’albero di Natale. Quella sera, accanto alla tv, e davanti al tavolo imbandito di cibo, risplendeva neanche fosse sotto le stelle. Come ogni sera, l’albero, una volta spente le luci, s’illuminava ad arte. Un tripudio di colori luccicanti illuminava tutto il salone, generando dei giochi di luce che si riflettevano sul soffitto e in ambo i lati delle bianche pareti. Come ogni sera, e quella fu particolarmente fredda, la mamma lavò i piatti prima di andare a letto. Papà russava nel suo letto, e si svegliava ogni cinque minuti. Mi ero fissato di fronte allo spettacolo di quelle luci e mi venne voglia di chiudere gli occhi, per osservarlo meglio. Aprivo e chiudevo gli occhi alternativamente, e feci questo esercizio per diversi minuti. Poi mi addormentai sul divano. Era un divano soffice e spazioso che favoriva notevolmente il sonno. Ma qualcosa di strano mi risvegliò. Quando riaprii gli occhi vidi l’albero di Natale in un’altra posizione. Qualcuno doveva averlo spostato ma i miei genitori stavano dormendo. Mi addormentai di nuovo, senza alcuna voglia di tornare al solito letto, e quando riaprii gli occhi, vidi che l’albero era vicino al mio divano. A quel punto sobbalzai e girando attorno all’albero, cercai di trovare indizi. Ma non ce n’era alcuno. A quel punto tornai nel mio letto e in un battibaleno si fece giorno.
La mattina dopo notai che l’albero era tornato al proprio posto. Era tutto in ordine. Ma non raccontai nulla alla mia mamma, nel corso del tragitto in macchina che faccio sempre con lei per farmi portare a scuola, come ogni mattina. Le ore di lezione trascorsero velocemente e fortunatamente nessuno m’interrogò, e lo fu più che altro perché non avevo finito i compiti a casa. Avrei recuperato il pomeriggio successivo, avrei trovato il tempo per farlo e mi sarei tolto un peso non indifferente. Ma dal momento in cui tornai a casa, quell’albero di Natale continuava a distrarmi. Dovevo recuperare trigonometria, ma accennai appena uno scarabocchio sul mio quaderno. Lo chiusi dopo appena dieci minuti e mi avvicinai di nuovo all’albero. I suoi rami avevano ora una forma diversa, erano ripiegati verso l’interno, e le sue palle sembravano più piccole. Ne tastai due o tre e pesavano di più, una in particolare sembrava una pallina da golf. Tenni tutto per me, senza raccontare niente a nessuno, e la sera stessa, quando mamma e papà tornarono a dormire subito dopo la cena, mi recai di nuovo nel salone per assistere al nuovo spettacolo. Le luci illuminavano davvero tutto e sembravano essere ancora di più, ma l’albero restò immobile per almeno un’ora. Poi una palla esplose e andò via la corrente di colpo. Avevo quasi preso sonno sul solito divano, ma lo schioppo della palla mi ridestò. Era tutto buio e avanzai a tastoni ai piedi del divano, poiché volevo tornare al letto. Ma un fruscio mi fece scattare sul divano, tant’è che non mossi più un dito. Qualcosa nel salone si muoveva, si stava spostando, e lo faceva verso di me. Non c’era ombra di dubbio, si trattava dell’albero di Natale! Era vivo! Aveva un’anima! A quel punto gridai con tutto il fiato che avevo in gola e fu solo in quel momento che mamma e papà si alzarono allarmati dal loro letto. Mi vennero incontro e accesero la luce. Era tornata la corrente. L’albero era al suo posto. E a quel punto dovetti inventare una scusa per far fronte all’impossibile.
Trascorsi una notte insonne. Iniziò a diventare un’abitudine ma decisi di non dormire più in salone. L’indomani avrei bruciato l’albero, pianificando una scusa da dire ai miei genitori, per non dover finire in punizione. Avevo tredici anni e iniziavo a sentirmi un ometto. Sarebbe stato un banale incidente. Pianificai il tutto ma l’albero scomparve dalla nostra vista. La mia mamma, arrabbiata, mi accusò ugualmente, dicendo che solo io potevo farlo sparire, e finii lo stesso in punizione. Avrei dovuto fare i compiti per i prossimi sette giorni senza mai uscire dalla mia camera, se non per recarmi in bagno e ovviamente a scuola. I pasti me li avrebbe portati all’interno. Ma è lì, in quella stanza apparentemente al sicuro, che avvenne la cosa più terrificante.
Era sera. Avevo finito i compiti e mangiavo la minestra. Sorseggiavo il brodo caldo, guardandomi attorno. Improvvisamente udii di nuovo quell’inquietante fruscio, lo stesso identico strofinio che sentii in quella notte. Non riuscivo a comprenderne l’origine, la provenienza, e così mi serrai nel letto, invocando ad alta voce il nome di mia madre. Nessuno rispondeva. Il terrore s’impadronì di me e del mio spirito. Giunsi con le lenzuola fino agli occhi, poi strinsi il cuscino accerchiandolo alla mia testa, per tapparmi le orecchie. Fu allora che la porta si aprì e fece il suo ingresso nella mia stanza l’albero di Natale. Due lunghi rami sporgevano all’infuori e sulle punte vi erano attaccate due grandi palline. Giravano su loro stesse illuminandosi a tratti. Caddi come sotto uno strano stato d’ipnosi e mi lasciai imbambolare da quella estatica visione contagiosa. Un nano, con indosso il vestito di Babbo Natale, spuntò da sotto l’albero e mi lasciò sul letto un pacco regalo. Lo presi tra le mani per scartarlo e fu in quel momento che intuii quella che era l’intenzione dell’albero stregato. Era quella di farmi suo. Allargò così i suoi rami, lasciando volteggiare le sue palline al centro. Feci appena in tempo ad aprire il pacco dove trovai una cartolina con su scritto: “Babbo Natale esiste e ne avrai la prova!”. Feci appena in tempo perché una pallina, caduta a terra, rotolò fino al mio letto. Si aprì da sola, come un uovo di Pasqua. All’interno c’erano due coppie di bulbi oculari che mi guardavano minacciosamente. Avevano lo stesso colore degli occhi dei miei genitori. Cacciai un urlo pazzesco, non prima di finire avvolto nelle malevole spire del nostro albero di Natale.  
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  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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