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13 luglio 2011 3 13 /07 /luglio /2011 03:08

LETTERE AGLI UOMINI DI PAPA CELESTINO VI : LETTERA AI PRETI

(Da: G. Papini, Lettere agli uomini del Papa Celestino VI, Firenze, Vallecchi 1946  

21-6-06

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Miei fratelli, miei figlioli,

 

                a voi, sacerdoti di Cristo, rivolgo, prima che a tutti, la mia parola. Accorata parola di monito, di sdegno, d'incitamento ma soprattutto di affetto. Se talvolta vi parrà dura pensate che addolora me prima di voi, più di voi. Non crediate ch'io ignori la vostra vita, il sacrificio, il dramma, il calvario della vostra vita. Anch'io, come sapete, ebbi in gioventù cura d'anime e non ho scordato le tentazioni, le afflizioni, le derelizioni che accompagnano,       scontano e gravano la grandezza e la gioia del nostro  ministero. Per noi, più' che per i comuni cristiani, è terribilmente vero il gemito di Gesù : « Lo spirito è pronto ma fiacca è la carne». Ciascun di noi è un Corpo di argilla molle conficcato sopra una croce di ferro arroventato. Chi stupirà se tenta di sconficcarsi per cercare un giaciglio men disumano? Il sacerdote è l'intermediario fra l'uomo e Dio, tra l'uomo che sfugge e Dio che insegue, tra l'uomo renitente e Dio onnipotente, tra l'uomo che si fa indietro, abbiosciato nella sua debolezza, e Dio che tutto vuole da lui in nome del Suo ostinato e smisurato amore.

                A noi fu chiesto più che a tutti gli altri nati di donna. Siam fatti di sangue e di visceri ma dovremmo esser simili agli angeli. Viviamo in prossimità del limo e del brago e dovremmo rimaner sempre mondi. Siamo radicati giù nelle bassure della terra e la nostra conversazione dovrebb' esser tutta nel cielo.

                V'è, tra voi, chi riesce a salvare il senso puro della vocazione e sa vivere, ombra trepida e lucida, nell'immensa ombra fulgente di Dio. Ma son pochi, e anche a loro non son risparmiati i tormenti della «notte oscura» dell'anima, della siccità spirituale che talvolta resiste anche alla preghiera.

                Ma v'è, purtroppo, chi vive tra la rassegnazione colpevole del torpore e i risvegli non sempre seguiti dal lavacro d'una seconda nascita. So le tristezze delle veglie solitarie, mal consolate dalle nostalgie; le insidie della mente inquieta, i languori dei sensi; le istigazioni del demonio meridiano, le    insofferenze della gioventù, le indulgenze della vecchiezza, gl'inviti del peccato che assedia la fantasia, le lusinghe deI comodo viver comune, le miserie della decadenza e del1'indigenza, le rivolte dell' orgoglio non      carezzato ma non sempre domato, il subdolo invigliacchimento che nasce dall'abitudine.

                Tutto conosco e tutto comprendo ma non tutto so perdonare. La vostra responsabilità è troppo grande, fratelli, ed io son responsabile di voi tutti dinanzi a Dio. Perdonare a tutti sarebbe offesa a coloro che vi furono dati in consegna. Il pastore pigro fa le pecore fameliche, il pastore dormente fa le pecore fuggiasche, il pastore Corrotto fa le pecore marce, il pastore infedele fa le pecore matte. Non della vostra anima soltanto dovete render conto a Dio e a me bensì di migliaia di anime. La vostra tonsura non sarà macchiata soltanto di cenere ma di lagrime di sangue, di pianto e di sangue non versato da voi ma che molti versarono per colpa della vostra indolenza e negligenza.

                Io sono Sconsolato e ambasciato a causa di voi, di tanta parte di voi. Questo lamento ho tenuto finora chiuso in me, per non contristarvi, per non dare alimento alla malizia dei vostri nemici. Ma non posso più    rattenerlo :  violenza di carità lo strappa al mio cuore convulso. Troppo spesso la giusta difesa dei chierici contro la muta bavosa dei nostri nemici è divenuta alibi dei meno degni. La confessione del vero è la più valida risposta alle esagerazioni dell'accusa. Le pietre con le quali picchieremo i nostri petti son tolte di mano ai lapidatori.

                Perdonatemi, fratelli, se vi sembrerò, in qualche momento, crudele. Ma la carità ch'io sento per le moltitudini abbandonate e malsaziate è infinitamente più forte della pietà che provo per voi. Voi prometteste quel che gli altri non hanno promesso, vi furon concessi doni, poteri, carismi, che gli altri non ebbero. Più si deve chiedere a chi più ha promesso e più ha ricevuto.

                Cristo vi chiamò il « sale della terra ». Perché, dunque, la terra è ancora così insipida, così sciocca, insipida sino all'insipienza, sciocca sino alla follìa ? Se le sciagure presenti degli uomini son dovute all'abbandono del Cristianesimo, al non cristianesimo dei cristiani, alla non conversione dei cristiani, chi dovrà assumere più di voi il maggior carico della colpa?

                E non posso a meno di chiedervi: credete veramente in Dio ? Conoscete davvero Cristo ? Avete adempito a tutto il dover vostro? Avete sempre ricordato e compiuto quel che Cristo vuole da voi, quel che voi giuraste con la Vostra bocca e il vostro spirito nel giorno dell'ordinazione ?

                Son domande che mi fanno groppo alla gola, che cadono sulla carta inzuppate dalle mie lagrime. Son singulti più che domande ma il Signore avrebbe diritto di rivolgerle a me se mi rifiutassi di rivolgerle a voi. Son domande che posson sembrarvi ferocemente ingiuriose ma che sono, purtruppo, suggerite dalla vita di molti tra voi.

                In qual modo, dite, credete in Dio, nel Dio vivo che vi donò la vita, che versò tutto il sangue delle sue vene, tutto il sudore delle sue membra, tutto il pianto dei suoi occhi, tutta la luce delle sue parole per rinnovare e trasfigurare in tutti la vita ?

                Voi credete, sì, in Dio, credete di credere in Dio, parlate ogni giorno in nome di Dio. Ma di qual Dio si tratta? È forse una nozione della mente, un concetto astratto, una entità gelidamente intellettuale, accettata per comodità pratica, per abitudine di linguaggio, per tradizione di maestri, per obbedienza e convenienza piuttosto che per fede verace e tenace, per fede incendiante e resuscitante ? Se la vostra fede si rinfocasse ogni giorno, quando tenete in mano il corpo medesimo della

                Vittima divina, non sareste tanto spesso così distratti, così indifferenti, così spenti, così assenti. Siate fuoco e tutti verranno a scaldarsi il cuore vicino a voi. Siate ebbri e tutti canteranno con voi il canto della libertà anche nelle fiamme della fornace. Ma le vostre mani non bruciano, le vostre parole non ardono, i vostri occhi non sfavillano, i vostri visi son bigi e smorti, spesso, come quelli degli inquilini dei sotterranei.

                Pensate un momento al vostro inaudito privilegio. Tutti i cristiani posson mangiare la carne di Cristo ma voi soli bevete, ogni mattina, il Suo sangue, il Suo sangue limpido e fervido che ha ricomprato anche voi con una delle sue gocce. Il sangue, come la Scrittura dice, come dovete sapere, è l'anima; il sangue è vino trasformato in bevanda di salvezza e di ebbrezza. Perché dunque siete così calmi, così pacati, così ragionevoli, così ghiacci? Perché nessuno ripete a voi le parole che gli ebrei dissero dei primi discepoli di Cristo 1) ?

                Non sapete voi che soltanto la pazzia, la pazzia della croce, può ricondurre gli uomini alla saggezza? Non sapete dunque che soltanto l'incandescenza dello entusiasmo può rendere il calore ai tiepidi e far camminare i paralitici?

                Troppi di voi sembrano semplici impiegati della Chiesa  -uscieri, bidelli, scrivani e contabili-  invece che apostoli insonni, impazienti, imperiosi. Troppi di voi sono assonnati e meccanici amministratori di sacramenti invece che    testimoni, confessori, modelli irraggianti della verità che traboccò dalle labbra del Riscattatore. Dovreste esser alberi vivi nel vento delle alture, rifugi degli uccelli dell'aria, liberali di foglie, di fiori, di frutti e d'ombre e invece non siete, il più delle volte, che pali sbucciati e piallati, talora ben verniciati, ma che non affondano più le radici nell'humus dell'umanità, che non danno più gemme né grappoli: pali bassi, pali morti, che servono tutt'al più a costruire stecconate e barriere, a portar cartelli di proibizioni e di regolamenti.

                Molti di voi hanno molto: dottrina, mitezza, probità, illibati costumi, il dovuto ossequio dell'autorità, desiderio di bene. Ma vi manca quel che più conta e feconda: la generosità valorosa del cuore, la prepotenza irresistibile dell'amore. Cristo vi disse d'esser semplici come colombe e astuti come serpenti ma voi siete, purtroppo, colombi che indugiano volentieri nel tepore del nido, serpenti che si assopiscono volentieri nell'aria chiusa delle buche.

                Non siete sempre gelidi ma neppure abbastanza caldi per riscaldare gli assiderati, Avete un terror grandissimo della grandezza, una paura pazza della pazzia. il vostro capo è un archivio di frasi imparate a memoria. Il vostro cuore è talvolta mezzo di sasso e mezzo di stoppa. i vostri orecchi son più intenti al sussurrio della terra che alle voci del cielo. E non dico nulla del vostro amore agli agi, del vostro timor della morte.

                 Ricordate la cerimonia della vostra ordinazione? A un certo momento vi siete distesi giù sul pavimento, bocconi, carponi come serpenti che strisciano sul loro ventre, per ricordarvi che sol  chi si umilia sarà innalzato. Un altro giorno giù nella fossa, sarete un'altra volta distesi, ma supini, come gli annegati.Ora, però che siete in vita, dovete stare in piedi, alti e saldi come colonne, colonne di fuoco per guidare i popoli nelle tenebre dei deserti.

                 Non dico né voglio dire che mancate ai vostri doveri. Voi celebrate la Messa, spiegate l'Evangelo, battezzate i bambini, benedite gli sposi, confortate gli infermi, accompagnate i morti. ma per un vero sacerdote di Cristo, per un Alter Christus, il dovere supremo è al di là dei doveri usuali e obbligati. Quelli son l'ordinaria amministrazione dei tempi di pace ma il vero cristiano sa che non vi son mai, per lui, tempi di pace. Siamo vocati al combattimento perenne: non combattere, per noi, è lo stesso che morire a noi stessi. Ogni generazione nasce bambina e barbara: è necessario iniziarla e portarla a Cristo prima che sparisca .

               Voi siete i primogeniti della luce e il vostro ufficio è di splendere, di splendere ogni giorno e per tutti. Non basta, per voi, esser buoni cancellieri e segretari della tradizione, esser dei galantuomini rispettati e rispettabili. Il Cristianesimo di Cristo, come la poesia, non tollera i mediocri.

                Non della vostra corruzione mi dolgo ma della vostra mediocrità. La vita vostra, oggi, è assai più pura che in altri secoli. Non si potrebbe più scrivere su di voi, come fece San Pier Damiani, un liber Gomorrhianus. Son presso che spariti, tra voi, gli usurai, i concubinari, i sodomiti, i simoniaci, gli eresiachi. Ricordo anzi di avere incontrato, nel mio lungo cammino, giovani sacerdoti ne' quali la volontà di servir Cristo traspariva in un pallor di amore come fiamma viva dietro l'alabastro di una lampada. Ricordo di aver conosciuto vecchi sacerdoti, venerandi per lume di carità più che per

                il candore della canizie, che si consumavano in Dio come la candela anonima del povero si strugge, brillando, dinanzi al Santissimo.

                Ma ho pur visto preti più appassionati di banche e di cacce che del loro ministero, più desiderosi di una buona cucina che di buona fama, più smanianti di far politica o masserizia che di vegliare alla salute del gregge, più esperti nel ciaramellare che nell' edificare. Molti, più che a sacerdoti di Cristo, somigliavano a ben pasciuti fattori, a signorotti di campagna, a solerti procuratori di faccende mondane, a occlusi borghesi capitati per caso nel ramo degli affari spirituali.

                Ma tra voi ci sono anche i dottori, i dotti, i dottissimi, gli arcidottissimi, quelli che sanno scrivere il sonetto per il Vescovo, il discorsetto per la prima comunione, il manualino degli esercizi spirituali, la monografia sui fasti della diocesi, il trattato «scientifico» zeppo di «sani» principi, pregno di dottrina   «soda». Alcuni di voi sanno fare prediche più fiorite di un giardino di presbiterio; omelie più ricche d'unzione d'un frantoio, sermoni più assiduamente armoniosi d'un harmonium. Dispensate dal pergamo, talvolta, orazioni così sapienti di suadenti concenti che i vostri medesimi orecchi ascoltano i vostri labbri con diletto ineffabile ma visibile.

                Ma di rado le vostre parole erompono dal cuore per saettar dritte a toccare e sconvolgere i cuori. Putiscono di lucerna più che odorare di sole. E oggi, per torcere e torchiare le anime, si richiede franchezza di carità e di semplicità piuttosto che intarsiature e apparature di accattata eloquenza.

                Vi sono tra voi ottimi diplomati e laureati di tutti gli atenei, professori degni di tutte le cattedre, anche di ornitologia, di conchigliologia, di filologia, di rabdomanzia e non soltanto di etica e di dogmatica. Ammiro la vostra scienza ma in verità vi dico che oggi c'è bisogno, prima di tutto, di rifacitori, modellatori e plasmatori di coscienze, c'è necessità di santi più che di studianti. La più terribile carestia, oggi, è la carestia dei santi. Da gran tempo il mondo soffre della penuria dei santi. Ci vorrebbe, per salvare quel che ancora si può salvare, un esercito di santi. Li aspetto da voi, perché più di tutti siete vicini, per obbligo di stato, alle sorgenti e alle cateratte della santità.

                Non basta essere, come siete, i lavandai delle povere anime che ancora si inginocchiano ai confessionali. La maggior parte dei sudici non vengono a lavarsi alle vostre piscine, non vengono a rifocillarsi col pane che voi soli potete porgere.

                Vi siete mai chiesti perché tante anime ardenti, tante intelligenze animose, tanti nomini capaci di fede e di sacrificio non vengano a voi e non entrino nelle vostre chiese ? Vi siete mai domandati perché le folle che vi ascoltano son fatte di donne e di bambini assai più che di giovani fiorenti e di uomini fatti?

                Molte son le cause di questo abbandono e non tutte sono in voi.

                Ma non pensate forse che la vostra gelidità allontana gli spiriti ardenti, che la vostra pochezza di cuore respinge gli animi generosi, che la vostra compassata mediocrità repugna agli animi assetati di sublime, che l' angustia della vostra mente troppo cautelosa scoraggia gli animi liberi ?

                Voi date sovente il sospetto di credere che la religione è solo affar vostro, che il Cristianesimo è vostro monopolio, che la Chiesa il vostro riservato dominio. Non sarà certo un Papa a negare la superiore dignità del sacerdozio e i diritti imprescrittibili della gerarchia ma dovreste pur ricordare che la Chiesa è il corpo mistico di Cristo e che a questo corpo appartengono tutti i fedeli, non soltanto i tonsurati. Tutti hanno bisogno, per salvarsi, di nascere per la seconda volta in Cristo. E Cristo, come sapete, discese per tutti, s 'immolò per tutti gli uomini. Dovreste chiamare più che ora non fate, quei laici che potrebbero collaborare all'opera vostra, non in quello che a voi solo spetta; ma nell'opera di conversione e di redenzione, E dovreste cercare più ansiosamente i lontani, i ritrosi, i ribellanti, gli espatriati, i senza fede, i senza Cristo, i senza Dio, e far loro sentire, con l'irruenza irresistibile del vostro amore, la bellezza, la grandezza, la certezza della nostra fede. Ricordate le parole del nostro Maestro: compelle intrare. Non avete abbastanza appetito di anime. Vi contentate di tenere al riparo i vostri magri armenti ma non soffrite abbastanza per le pecore smarrite, non inseguite abbastanza le torme sperdute e perdute, che son vostre come le altre, che vi appartengono, che appartengono per diritto divino di vita e di morte al nostro Dio. Non le aspettate intorno ai vostri altari, cercatele là dove vivono -anche se vivessero nelle fortezze e nei letamai- e conducetele via, come si riafferra un figlio rapito, distenebrate gli occhi incispati, dissuggellate i cuori rattratti. Forse, tra i nemici di oggi, trovereste più potenti ausiliari di domani,

             Tralasciate per qualche tempo le innumerevoli devozioni che le plebi ancor mezze pagane prediligono e che voi tollerate con troppa condiscendenza e anzi stimolate e coltivate.

              Nessuno, più di me, venera la Vergine Madre, la serva regia del Re dei Re, che è al disopra di tutte le donne. Ma non fate sì che ai profani maligni possa sembrare che il Cattolicismo, sia pure nella più comune devozione del popolo, sia un culto della Madonna più che della Trinità. Poco ricordate il Padre, meno ancora lo Spirito Santo. Se non ci fosse il Pater e il Credo il Creatore del cielo e della terra, il Consolatore che battezzò col fuoco gli Apostoli, sarebbero assai men ricordati da voi che Maria e i Santi.

                Le immagini, le reliquie, le statue di carta pesta e i fiori di carta velina son materia visibile e consumabile, e non devono avere il sopravvento sullo spirito. Rivestitevi, prima di tutto, di Cristo; invocate più spesso il soccorso della Terza Persona, che illumina e vivifica. Non vi affidate soltanto alla parola, non lasciatevi impaniare dalla lettera, non curatevi soltanto delle forme esteriori del culto. Siate a tutti esempio di umiltà, di povertà, di carità; scendete tra il popolo, piangete con i piangenti, spartite il vostro pane con gli affamati, accostatevi agli erranti, accettate con letizia gli insulti, gli oltraggi, i vituperi. Sarà questa la vostra più vittoriosa apologetica, questa la più efficace preghiera, questa la più travolgente oratoria, superiore alla sacra eloquenza , quant'è superiore il miracolo del santo al sillogismo d'un magistro. E se per raggiunger questa pienezza di apostolato effettuale e spirituale doveste fare a meno di qualche novena, di qualche triduo, di qualche processione, di qualche festa, sagra o pellegrinaggio, poco male: fin da ora, in nome della potestà che mi viene da Dio, vi perdono e vi assolvo.

                Voi sapete quel che significa il vostro nome. I presbiti, cioè quelli che  dovrebbero guardar lontano, mirare ai fastigi e alle vette, verso le altezze e     l'infinito. Perché, invece, vi contentate di scrutare le minuzie vicine come i miseri miopi ?

                Ricordatevi, se potete, della vostra divinità iperumana, della chiamata ad esser collaboratori, ambasciatori, alleati di Dio fra gli uomini. Ricordatevi che a voi toccherà, come annunziò Paolo Apostolo, di giudicare anche gli angeli. La salute dell'uman genere è nelle vostre mani. Se il Cristianesimo è medicina unica voi siete e dovete essere, i medici e i ministri del grande infermo.

                Che nessuno di voi soffra la vertigine nella salita al candido monte dell'universale Trasfigurazione. Non crediate d'essere soltanto i ripetitori del catechismo e i dispensatori dei  sacramenti. Siete assai di più, indicibilmente di più. Non sapete ancora che siete i supplementi necessari dell'umana  redenzione? Non vi spaventi l'inaudito impegno che il Signore vi impose. C'è bisogno di voi per ricondurre la felicità dove l'anime muoiono ancor prima dei corpi. Tutto il mondo sembra oggi positus in maligno: a voi spetta la rivoluzione del riscatto.

              Portate, col nero dell'abito, il lutto. Non già il lutto della morte di Cristo, ch' è risorto dal sepolcro e trionfante in cielo, ma il lutto di tutti gli uccisi, di tutti i morti senza speranza, di tutte le sciagure che ha provocato la disobbedienza a Cristo.

              Vi scongiuro in nome del Dio vivo, fratelli e figlioli miei, che amo più di me stesso, vi scongiuro in nome del Fiat del primo giorno, in nome del Sitio della croce, in nome delle fiamme della Pentecoste, in nome del mio vecchio cuore squarciato dal cordoglio. Abbiate la volontà di essere più che uomini. Abbiate il coraggio di esser pazzi, di quella pazzia che è saggezza agli occhi dello Altissimo. Non temete la morte,  ma soltanto l'inutilità della vita e la piccolezza dell'anima. Siate, in nome del fuoco dello Spirito Santo, meno frigidi, meno mediocri, meno accidiosi, meno pietrificati. Crocifiggetevi con le vostre mani sul legno scabro della umanità se volete risorgere e far risorgere. Solamente salvando i vostri fratelli, tutti i fratelli, anche quelli che voglion la vostra morte, potrete salvare il mondo purulento, il Cristianesimo assediato, la Chiesa decimata - e voi stessi. 

 

1: [Alii autem irridentes dicebant : Quia musto pleni sunt isti : Acr. Apost. II, 13]. N.d.T.

 

FINE

Giovanni Papini (Firenze, 9 gennaio 1881Firenze, 8 luglio 1956) è stato uno scrittore italiano.

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  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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