Mal di voce
Nucci A. Rota
Aracne editrice S.r.l.
Cap 11 | Il locale nel quartiere Ticinese di Milano |
Dopo qualche giorno dalla cena, Alina chiamò Vittoria per dirle che Raf nel fine settimana si esibiva con la sua band in un locale vicino a casa loro e la invitava alla serata, perché Raf aveva già parlato di lei ai ragazzi e tutti volevano conoscerla.
Vittoria accettò ma si sentì esattamente come quel giorno che la nonna le disse dell’audizione in conservatorio.
Non sapendo cosa aggiungere al telefono chiese se poteva dirlo anche a Blanche ed Alina rispose che ci aveva già pensato lei.
Si trovarono tutte e due sotto la casa di Alina e insieme raggiunsero il luogo dove suonava la band di Raf.
Il locale era sui Navigli e da fuori aveva l’apparenza di un piccolo pub, ma dentro, oltre ad un grande banco con un vecchio piano di zinco, aveva uno spazio molto ampio per i tavoli ed un discreto palco.
Raf che in quel momento era al banco del bar, le vide entrare e con la solita irruenza le accolse con:
«ecco le mie tre principesse,. la principessina a chi l’hai lasciata»?
«Ho chiesto a mia sorella di tenerla per questa sera». rispose Alina
«Bene, venite tu e Vittoria che vi presento i componenti della mia band, Alina conosce già tutti».
Mentre Alina sceglieva il tavolo in posizione strategica rispetto al palco, Raf iniziò le presentazioni dicendo:
«queste sono Blanche e Vittoria due amiche di Alina. Vittoria in particolare è una cantautrice e mi piacerebbe che voi sentiste come lavora sulle parole e sulla musica».
Vittoria si stupì molto per le parole di Raf, quando disse come lavora, lei non aveva mai considerato un lavoro comporre le sue canzoni, per lei era puro piacere, per non parlare di quando cantava che in alcuni momenti si sentiva completamente in estasi.
Spesso quando parlava sentiva una scarsa disponibilità da parte degli altri nei suoi confronti, forse per il suo modo di parlare incerto e balbettante, quando cantava sentiva di perforare l’armatura dell’indifferenza altrui. In più per lei cantare significava redimere le parole dalla loro mediocrità. Come poteva tutto questo essere considerato un lavoro! Per lei era puro godimento.
«Alle percussioni c’è Paolo, qui c’è Claudio al sax, al piano Nicola, alla chitarra Bruno ed alla tromba, sai già chi sono. Siamo o no uno splendido quintetto»?
Quando Vittoria diede la mano a Bruno sentì una piccola scossa elettrica, forse perché aveva lo stesso nome del suo cane che un paio di anni prima se ne era andato lasciando un grandissimo vuoto, soprattutto nella sua vita.
Vittoria notò che i componenti della band non sembravano tanto giovani, forse solo Bruno poteva avere l’età circa di Raf, gli altri tre erano sulla quarantina e questo le procurava una certa soggezione. Raf poi disse al pubblico che il quintetto avrebbe iniziato lo spettacolo e durante l’intervallo Vittoria avrebbe cantato un paio di sue canzoni.
Vittoria conosceva bene tutte le sfumature del suo stato d’animo in quel momento. L’ansia ma proprio quella che assume l’aspetto concreto di una gabbia, un sentimento di paura misto a vergogna, poi i vari sintomi fisici respiro irregolare, tachicardia, pressione sul torace, ma poi nello stesso tempo disse a se stessa “ ma non devo parlare, qui devo solo cantare” e questo sembrò rilassarla un pochino.
Non riuscì tanto a sentire la band prima dell’intervallo, le sembrò comunque che fossero particolarmente affiatati ed avevano l’aria di divertirsi molto, anche se per loro le serate nel locale era lavoro retribuito. Vittoria pensò che dal modo con cui Alina guardava Raf suonare si capiva che era molto innamorata di lui, per Blanche non era certo la musica che preferiva, ma le piaceva comunque la situazione, così lontana dall’asettico perbenismo che di solito la circondava.
Arrivò l’intervallo e Raf si sentì in dovere di presentare al pubblico Vittoria e disse semplicemente:
«ora sentirete una musica completamente diversa dal jazz a cui vi abbiamo abituati noi, ma posso assicurarvi che è una musica che nasce dall’anima di Vittoria e ci procurerà molte emozioni».
A Vittoria piacque questa presentazione, prese la chitarra ed iniziò a cantare un paio di brani uno tra i primi che compose e l’altro invece più recente.
Dopo l’esperienza nel coro di voci bianche Vittoria preferì sempre cantare accompagnandosi con la chitarra, sapeva che la balbuzie comporta una certa rigidità gestuale, per cui non sapeva per esempio muovere bene le braccia e le mani, anche se le dicevano di avere mani bellissime. (comunicazione non verbale del balbuziente altrettanto difficoltosa!)
Quando cantava senza chitarra sentiva che erano i suoi occhi color camomilla a parlare e non di certo le sue mani. A volte si ricordava di tutto ciò che le era stato detto al corso riabilitativo a tale riguardo, e allora osava qualche timido gesto con le mani mentre cantava, ma tutto ciò le costava troppa energia aggiuntiva e preferì lasciare che fossero solo la sua voce ed i suoi occhi a comunicare.
Alla fine dei due brani Vittoria si sentiva talmente a suo agio che chiese a Raf se poteva cantare una canzone senza la chitarra. Raf ovviamente fu felice di questo e si mise ad applaudirla per incoraggiarla seguito dal resto del pubblico.
L’ultimo brano aveva un testo bellissimo ed il titolo era mal di voce e prima ancora che finisse Vittoria raccolse molte applausi.
Fu così per parecchie sere, anche se Vittoria andava al locale solo due volte alla settimana ma a volte il pubblico le chiedeva il bis.
Il locale aveva una clientela piuttosto stabile, gli avventori non erano giovanissimi ma neanche tanto in là con gli anni, il loro look era piuttosto casual; A Vittoria sembrava di conoscerli ormai quasi tutti. Forse l’unico, il cui aspetto si notava perché non era affatto casual, era di un signore sulla quarantina in giacca e cravatta che l’ascoltava cantare con un certo interesse.
Un giorno, mentre Vittoria stava entrando nel locale venne fermata proprio da lui che le disse:
«signorina ho bisogno di parlarle»
L’aspetto del signore, perché tale sembrava, in giacca, camicia azzurra, cravatta ed impermeabile chiaro sul braccio, non era quello delle persone che mediamente frequentavano il locale. Questo sulle prime la inquietò, anche se si ricordava di averlo già visto, quando sentì la sua voce non ebbe alcun timore, era una voce molto seducente ma con un piglio manageriale. Il gesto poi di toccare la sottile montatura degli occhiali e sistemarla sul naso mentre parlava, le ricordò Alfredo, l’assistente del maestro di coro e questo le diede fiducia.
«Lei non mi conosce, ma io conosco lei perché sono parecchie volte che vengo in questo locale soprattutto per sentirla cantare. Sono Matteo Rigoni, piacere. Di lavoro faccio il produttore discografico»,
mentre diceva tutto ciò allungò un biglietto da visita a Vittoria.
Vittoria si sentiva come da piccola quando le mettevano le mani sui capelli e si aspettavano una risposta. Ma gli allungò la mano ed uscì un:
piacere sono Vittoria».
« Volevo chiederle se può interessarle venire da me per provare ad incidere un disco e direi che mal di voce può essere la prima canzone, che ne pensa»?
« Scusi dimenticavo di dirle che venire da me significa venire in sala d’incisione della mia casa discografica».
Vittoria voleva in quel momento fare salti alti, più alti possibili, girarsi verso i passanti per mostrare i pollici della vittoria, dare un urlo, baciare il signore con la camicia azzurra e l’impermeabile sul braccio, fargli un inchino o buttargli le braccia al collo, quel che era certo è che in quel momento non le veniva in mente niente da dire.
Lui la guardava, spingendo sempre gli occhiali le disse:
«signorina Vittoria tutto ok? Che ne pensa»?
«Penso che nei prossimi giorni non mi sarà possibile»,
certo che una risposta più idiota non poteva trovarla, ma lui questa volta sorridendo le disse
«vorrà dire che faremo la fine della prossima settimana, che ne pensa»»?
Vittoria questa volta rispose di sì e che la proposta le piaceva molto.
«Vedrà Mal di voce la faremo conoscere non solo in Italia».
www.youtube.com/watch?v=xTvT_TuwIck
31/ago/2008 - Caricato da brubus61