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31 dicembre 2013 2 31 /12 /dicembre /2013 19:22

 

 

 

 

Dedicato a Fabio, figlio di Orazio Merlino

con gli auguri di un sereno  anno 2014

ricco di emozioni

  nel ricordo del suo caro papà.

 

Riccardo Fontana

 

 

 

 

 

 

C'era una volta un giardino strano con un grande albero di ferro al centro.

Al suolo erano piantate rose di alluminio, ciclamini di latta e gerani di rame rosso. Ma il giardino era triste perché gli insetti e gli animali della foresta lo evitavano.

Nessuno ci voleva andare.

Nel giardino non c'era alcun profumo.

Si sentiva solo odore di trementina e di alcol denaturato.

Ma un vecchio merlo di acciaio brunito, col becco a forma di vite, spesso veniva a forare la corteccia in ferro dell'albero, incurante degli stridii di dolore e delle scintille emessi dalla pianta metallica.

 

 

Tratto da “ Oltre L'Altrove” di Orazio Merlino

La Caravella Editrice

 

 

 Emozione - Povia - YouTube

 

 
 
www.youtube.com/watch?v=YRC2C9GUAKU
 
Apr 15, 2010 - Uploaded by HakunaMatataXS
 

 

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31 dicembre 2013 2 31 /12 /dicembre /2013 05:14

 

   

 

 

http://www.raccontioltre.it/7642/la-sfera-dei-sentimenti/

 


La Sfera dei Sentimenti

 

di Simone Rossetto

 

Mi trovavo in vacanza, qualche anno fa, in una baia del Mar Rosso nel mese di giugno.
Ero di ritorno dalla prima delle due o tre uscite di snorkeling quotidiane, avevo appena esplorato una grossa formazione corallina che sorgeva isolata da un fondo di sabbia bianca e che conferiva all’acqua un vivissimo color turchese.
La sommità della formazione raggiungeva quasi la superficie mentre il fondo sabbioso si trovava a circa quattro metri di profondità.
Questa graziosa architettura vivente, quasi arboriforme, offriva dimora e cibo a varie specie di pesci tropicali.
Tra questi avevo notato un bell’esemplare di pesce scorpione, tipico predatore dei mari tropicali, affine ai nostri scorfani ma con i raggi delle pinne notevolmente allungati, come a formare delle specie di piume, colorate con bande trasversali di marrone chiaro e scuro.
Questi raggi terminano con dei pungiglioni molto velenosi, che offrono al pesce un’ottima difesa dai predatori più grossi.
La natura tranquilla e sedentaria del pesce lo rende avvicinabile senza problemi.
La sua tecnica di caccia, infatti, consiste nel fare degli agguati fulminei alle prede che gli passano accanto; per questo motivo rimane immobile, a ridosso del fondo o di formazioni coralline, nell’attesa che qualche incauto pesciolino entri nel suo limitato raggio d’azione.
Costituisce un serio pericolo, invece, se inavvertitamente calpestato senza sandali o scarpette protettive, oppure se, non vedendolo, gli si va addosso.
Arrivato al pontile, notai mio figlio maggiore, all’epoca aveva sette anni, e gli raccontai del piacevole avvistamento.
Affascinato dall’aspetto visto nelle fotografie, dal fatto che fosse velenoso e perché gli ricordava il suo segno zodiacale, volle che lo accompagnassi a vedere il suo primo pesce scorpione.
Indossata la sua piccola muta, maschera e pinne, mi seguì agevolmente fino alla formazione che si trovava a circa cinquecento metri dal pontile. Ero meravigliato nel vederlo nuotare così agilmente.
L’azzurro ci avvolgeva come il silenzio, rotto solo dal nostro respiro e da quel misterioso ticchettìo metallico irregolare che si sente quando le orecchie sono immerse nell’acqua.
Giunti in prossimità della formazione di coralli, mi prese la mano destra e si fece abbracciare tenendola sul suo petto.
Voleva sentirsi al sicuro, era trepidante ed impaurito per l’imminente incontro.
Raggiunto il pesce, che nel frattempo si era spostato in una zona d’ombra, rendendosi ancor più difficilmente individuabile, iniziai ad indicarglielo insistentemente.
Vedevo il suo sguardo vagare attorno al punto da me indicato e pensavo che mi sarebbe stato difficile capire se e quando, mio figlio, l’avrebbe individuato, dato che non potevamo parlare.
Mi sbagliavo di grosso.
Improvvisamente, sulla mia mano destra, che una coincidenza generosa aveva fatto posare proprio al centro del suo petto, giunsero attraverso la muta, tanti piccoli sussulti, via via più intensi e più frequenti.
Erano così percettibili, così chiari!
Colto di sorpresa, impiegai qualche secondo per capire che si trattava del suo cuore che galoppava sempre più forte.
Appena me ne resi conto, l’istinto mi fece ritrarre la mano, quasi imbarazzato, con la sensazione di essere entrato abusivamente nella sua sfera dei sentimenti.
Così mio figlio quel giorno ha visto il suo primo pesce scorpione.
Io invece ho imparato che le emozioni si possono toccare.

 

 
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ww.youtube.com/watch?v=2DpVYbcvU6o

r11, 2008 - Uploaded by marinellaforever

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30 dicembre 2013 1 30 /12 /dicembre /2013 06:39

 

 

Cari lettori, stanotte ho sognato che l'unghia di un mio dito era tagliata a metà.

Cioè solo mezza unghia oblunga copriva mezzo dito. L'altra metà dell'unghia e del dito non c'erano più.

Ho trovato nel web per voi un articolo sulle unghie del filosofo francese Gilles Deleuze.

Riccardo

 

 

 

http://rientrodellimmortalita.wordpress.com/2012/02/23/le-unghie-di-deleuze-racconto-di-edoardo-acotto/

 

 

 

Le unghie di Deleuze – racconto di Edoardo Acotto

 

di paolalovisolo

 

Gilles Deleuze era un gran filosofo francese che non si tagliava mai le unghie, infatti le aveva lunghe e arrotolate verso il dentro: aveva come dei riccioli d’unghia davanti a ciascun dito. Questa cosa non doveva essere comodissima, suonare il piano per esempio gli sarebbe stato impossibile, o masturbarsi faticoso. Ma lui aveva scelto così e tutti i filosofi colleghi lo criticavano, per esempio il più grande filosofo vivente Jacques Derrida mi ha detto che criticava Deleuze per le sue unghie.

Deleuze si opponeva a tutte le istituzioni, era un ribelle. Le unghie lunghe secondo me erano per lui innanzitutto un fatto di opposizione all’istituito. Mi rendo conto che come ribellione pare piccola, ma per un pensatore hanno importanza e senso anche le cosette. E comunque non bisogna fare come se le istituzioni fossero una cosa innocente, perché quando si tocca il proprio corpo per presentarlo, quando ci si veste e ci si acconcia, ci stiamo già confrontando col Sistema.

Talvolta ho le unghie un po’ troppo lunghe, e me ne accorgo con vergogna, corro subito a tagliarle o così vorrei fare. Ma passano sempre due o tre giorni prima che riesca a farlo per davvero, perché non siamo completamente padroni a casa nostra.

Avendo i polmoni ormai irrimediabilmente malati, Gilles Deleuze si è defenestrato dalla sua casa parigina il 9 ottobre 1995. Me lo ricordo bene perché ero a Strasburgo e lo stesso giorno hanno sparato a Rabin l’istraeliano. Non so se Deleuze ha fatto in tempo a sapere di Rabin, o viceversa, ma tendo a credere che non sia possibile.

Il giorno che Deleuze si è suicidato e Rabin è stato ucciso ho pensato così: se il buddismo dicesse il vero, dopo la morte l’anima si reincarna in altri corpi, allora perché non nel mio? Ho iniziato a convincermi che poiché sentivo uno strano formicolio alla mente ed ero eccitato, questo voleva dire qualcosa, era un segno della metempsicosi: era Gilles Deleuze che mi aveva scelto e veniva a reincarnarsi da me, almeno un pezzetto.

Avrei potuto immaginarmi che magari anche l’anima dell’israeliano Rabin si fosse teletrasportata fino a me, ma dell’anima di Rabin non me ne importava nulla.

Come per Deleuze, anche quando ho visto mio padre steso morto sul lettino della cella frigorifera ho pensato che io ero divenuto il custode del suo spirito, la sua scatola materiale, ma soltanto perché ero fuori di senno. Inoltre, se nel caso di Deleuze pensavo di essere il soggetto di una reincarnazione parziale, cioè: un frammento dell’anima di Deleuze era entrata in me, nel caso dell’anima di mio padre ritenevo che si trattasse dell’anima intera, come un’eredità di padre in figlio.

Quest’anno insegno filosofia e storia al liceo, e una delle cose più belle che ho ripassato, e che mi ero scordato, è che per gli stoici, ma anche per gli epicurei e Tertulliano, l’anima è corpo.

La filosofia di Gilles Deleuze si basa sul concetto di divenire e su quello di evento. Per lui non ci sono cose stabili, la realtà fluisce perennemente, come per Eraclito, però non è tutto conflittuale e casuale, ma ogni cosa che accade ha una sua intensità dinamica e interiore, e questo ne fa una monade razionale-affettiva. In effetti per Deleuze è come se le cose fossero vive, e io tra le cose.

Ecco quello che credevo di avere imparato da Deleuze: bisogna sganciare la paura, guardare forte l’Essere, quel mare sociale, e lasciare alle spalle i preconcetti. pensa, impara a sapere veramente, ascolta l’Essere che ti parla per bocca della storia delle forme, cristallizzate in proiezioni sul grande Sistema-Terra, abbatti il Capitalismo, fagli schizzare la merda fuori dal cranio, spezzagli le ossa, non ripetere interpreta, non limitarti a interpretare trasforma, cambia tutto agisci su te stesso manipola il capitalismo universale inventa nuovi stili di pensiero crea la rivoluzione per i fratelli proletari planetari critica le istituzioni contesta i professori rinuncia a trenta e lode insulta il funzionario fatti cacciare dal Collegio sputtanati la testa leggi un sacco di libri rinuncia a capire quel che leggi scrivi il tuo libro lascialo perdere smetti di leggere.

Ogni rivoluzione è una riforma ogni riforma è una rivoluzione l’uomo alberga in sé quel che si chiama donna la donna è anche uomo la filosofia è cacca silenziosa e cieca l’uno è nulla il Due è Tutto.

FINE

 

 
 
www.youtube.com/watch?v=1mprhAldDZM
Sep 24, 2013 - Uploaded by andreawlf46
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30 dicembre 2013 1 30 /12 /dicembre /2013 05:59

 

 

 

 

Monday 30 december 2013 1 30 /12 /Dic /2013 06:00

L'IDENTITA' S'IMPARA DA PICCOLI

 

 

 

 

http://www.poesie.reportonline.it/racconti-di-gianni-rodari/racconto-di-gianni-rodari-chi-sono-io.html

 

 

 

 Racconto di Gianni Rodari
Chi sono io?

 

 

mamma e bambino

 

Una mattina un bambino chiese alla mamma:
Mamma, chi sono io?
Come chi sei? - chiese stupita la mamma. - Sei mio figlio.
E per i nonni?
Per i nonni sei il nipote.
E per Carlina?
Sei suo fratello. !
E per Luca?
Per Luca sei suo cugino.
"Che bellezza!" pensò tra sé il bambino. "Non è ancora mezzogIorno e sono un sacco di persone: sono figlio, nipote, fratello e cugino!
Poi scese in cortile e incontrò Luigi che gli gridò:
Ciao, amico! Giochi con me?
Il bambino sorrise:
Che bello! Ora sono anche amico e pure compagno, perché Luigi è il mio vicino di banco a scuola!

 

 

 
 
 
Dec 12, 2012 - Uploaded by edelitalia
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29 dicembre 2013 7 29 /12 /dicembre /2013 22:22

 

 

 

Stanotte ho sognato una lavatrice. L'avevano riempita già quasi fino all'orlo. Ma io volevo aggiungere i miei jeans e una maglietta. Non entravano ma poi con l'aggiunta di un po' d'acqua siamo riusciti a chiudere l'oblò e a metterla in moto.

Ho trovato nel web il seguente racconto, avente come oggetto appunto la lavatrice. 

Ve lo ripropongo augurandovi la buona notte.

 

Riccardo

 

 

http://scuolapoeticagenovese.blogspot.it/2012/05/la-lavatrice-racconto.html#!/2012/05/la-lavatrice-racconto.html

 

 

 

 

Nello sfascio del mio matrimonio, 
quando pareva che tutto dovesse sfuggirmi, 
mi abbandonò anche Lei. 
Da sempre era stata una delle mie più care amiche. 
Gentile, servizievole, pronta a regalarmi tempo prezioso che potevo dedicare alla scrittura, alla lettura, alle passeggiate e alle chiacchierate, 
Lei era per me una delle cose migliori della vita, e mi faceva pensare a quanti inutili monumenti a gente dimenticata “impestino” le nostre vie e le nostre piazze, 
mentre nessuno ha mai dedicato un monumento 
a tutti coloro che hanno contribuito a realizzare una delle migliori amiche che una donna possa desiderare: 
Lei, la LAVATRICE.
Come in genere accade, anche la mia era bianca bianca, 
e la sua carica dall’alto la rendeva 
chiusa, timida, pudica, schiva, 
e non un’increspatura movimentava la sua liscia 
superficie porcellanata. 
E Lei, pudica e sognatrice, non mostrava nulla di sé, 
né acqua né sapone né biancheria né niente, 
e viveva di una sua segreta vita che solo a volte si esprimeva in una vibrazione che suonava aliena e lontana, 
colma di mistero.
E venne il giorno… 
All’improvviso, l’acqua saponata cominciò a spandersi nella cucina, minacciando le suppellettili 
e l’equilibrio delle persone, 
e colava tranquilla come fosse lavoro suo, 
e io guardavo sconsolata e inconsolabile e impotente 
quello sfacelo. 
Pulii il pavimento, lavai a mano l’ultimo “carico” del 
mio povero, bianco tesoro, 
e chiamai il tecnico, sia pure con la morte nel cuore, 
nel quale giacevano le tre croci delle inutili “chiamate” per la mia precedente amica: 
80.000 £, 80000 £, 80.000 £,… 
Questa volta, il tecnico fu singolarmente cortese, nell’emettere la sua sentenza di morte ( 80 € ):
 non c’era nulla da fare. 
Il guaio fu che io, nella particolare contingenza in cui mi trovavo, non potevo permettermi una nuova lavatrice, 
e di mia madre non volevo approfittare. 
Lavai a mano tutto il lavabile e usai per le lenzuola l’accorgimento della nonna: 
acqua saponata calda e grande conca al sole. 
Dopo qualche mese non ne potevo più, 
anche perché le giornate di sole andavano rarefacendosi, e la mia schiena gridava a gran voce chiedendo vendetta. 
Telefonai così a quel signore che ho stupidamente 
sopportato per anni accanto a me, 
feci una scenata assurda e minacciai di reiterarla tutti i giorni, in quella che era diventata la sua casa, o qualcosa di simile…
Ho scelto un’amica diversa dalle precedenti. 
Questa volta ho voluto poter avidamente guardare i panni 
che girano nell’oblò rotondo, 
che sbattono contro le pareti, 
e poi escono puliti senza che io debba più intervenire, 
e sono pronti per essere stesi.
In questa Lavatrice dalla carica laterale 
c’è più acciaio cromato che nell’altra, 
e quel suo affascinante oblò, 
con la sua atmosfera da “Star Trek”, 
me la rende ancora più cara.
 
 
 
www.youtube.com/watch?v=odT9JfA-ayA
 
May 11, 2010 - Uploaded by MrEra93
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29 dicembre 2013 7 29 /12 /dicembre /2013 15:37

 

 

 

 

http://al3ph.iobloggo.com/369/il-ritratto-del-cuore


 

Il ritratto del cuore.

 

di Al3ph

 

Sin da piccolo amava disegnare paesaggi e col tempo la sua tecnica era diventata così raffinata da renderlo subito riconoscibile. Solo paesaggi, non gli piaceva dipingere ritratti, non lo faceva dai tempi dell'accademia. Poi un mattino, mentre era nel suo studio, gli apparve nella mente un volto, come per incanto. Il volto di una donna che non aveva mai conosciuto, e sentì subito dentro di sé l'urgenza di raffigurare quell'immagine sulla tela. Dipinse quel volto con la stessa tecnica che usava per dipingere i paesaggi ed il risultato fu un'opera di straordinaria bellezza. I suoi clienti abituali arrivarono ad offrirgli qualche decina di migliaia di euro, ma lui sentiva che non poteva staccarsi da quell'opera. Soprattutto avvertiva un forte desiderio di conoscere una donna come quella del quadro. E con sua grande meraviglia questo accadde: all'inaugurazione di una mostra fotografica di un suo amico vide questa donna così simile al suo ritratto, si avvicinò e cominciarono a parlare, lei si chiamava Veronica. Si dettero appuntamento per il giorno dopo e cominciarono a frequentarsi. Un giorno la portò al suo studio dicendo che c'era una sorpresa per lei, infatti lei rimase senza parole quando vide il suo ritratto così somigliante. "Come hai fatto?", gli disse, "senza che io posassi e senza nemmeno una mia fotografia." Se poi avesse saputo che l'aveva fatto senza nemmeno conoscerla le sarebbe sicuramente venuto un colpo. La storia con Veronica non durò molto, entrambi non erano veramente innamorati e si lasciarono senza nessun dramma. Passò un mese e quasi non pensava più a quella strana coincidenza ma, mentre stava leggendo un libro, come per magia nella sua mente apparve il volto di una donna sconosciuta, perfetto in tutti i dettagli. Non perse tempo, andò nel suo studio e dipinse quell'immagine esattamente come la vedeva nella sua fantasia. Poi ebbe un po' paura, temeva di incontrare davvero una donna simile, a quel punto non avrebbe potuto più pensare ad una coincidenza. Infatti, la sera dopo, ad una festa incontrò una donna uguale al dipinto. Questa volta cercò di evitarla, ma fu lei ad avvicinarsi, a dire che lo conosceva di fama, e ad invitarlo a casa sua. Era una bella donna e lui sapeva che non aveva senso resistere. Sperò solo che questa volta la cosa potesse durare più a lungo, ma dopo aver fatto l'amore lei gli disse che era sposata e a giorni avrebbe raggiunto il marito in Germania, dove si era trasferito per dirigere un'azienda . 

Lui non disse nulla, quasi se lo aspettava. Era come se lo avesse sempre saputo che quegli incontri preannunciati dai dipinti non potessero durare. Aveva anche capito che quelle visioni non potevano essere coincidenze. Infatti, il mese dopo dipinse una donna dai tratti orientali e qualche giorno dopo la incontrò davvero. Si frequentarono per qualche settimana e poi più nulla. E questo accadde altre otto volte: otto dipinti di volti di donne che poi puntualmente incontrava realmente. Erano donne belle, che a lui piacevano, ma non tanto da innamorarsene. Era una specie di maledizione: poteva conoscere e fare l'amore con donne bellissime e solo per perdere interesse in loro poco tempo dopo. Per qualche playboy da strapazzo poteva sembrare una fortuna, purtroppo a lui sembrava una cosa triste, poiché non riusciva più ad innamorarsi, neanche di donne che non dipingeva. Il suo cuore aveva perso l'emozione di battere forte per qualcuna.

Poi col tempo queste immagini cominciarono a non apparire più, e lui tornò a dipingere paesaggi come sempre aveva fatto. Ma un mattino, mentre era alla finestra a guardare il sole che spuntava tra le montagne, la sua mente immaginò il volto di una donna bellissima, la più bella che avesse mai visto o sognato. Dopo qualche minuto era già davanti alla tela a raffigurare quell'immagine che nella sua mente era nitida come una persona reale. Questa volta attese con ancora più impazienza l'incontro. Sperò che avvenisse al più presto possibile, invece passarono i giorni e della donna del quadro nulla. Non faceva che pensare a quel volto. Lui che non era più in grado di innamorarsi ora aveva perso la testa per un'immagine. Passarono i mesi, e cominciò a capire che questa volta era differente, forse non l'avrebbe mai incontrata. Non aveva più voglia di vedere nessuno, cercava di evitare le donne, gli amici, le feste. Rimaneva in casa da solo a leggere, a pensare, a guardare i quadri che aveva nel suo studio e soprattutto ad esaminare quel volto bellissimo. Ed una sera, guardando quei tratti sui quali si era soffermato mille volte, finalmente capì. Quel volto misterioso, che con la sua inesistenza aveva trafitto il suo cuore, altro non era che l'insieme dei lineamenti più belli dei volti delle donne che aveva raffigurato nei ritratti precedenti.

 

 
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ww.youtube.com/watch?v=ZGdP_SjZZd4
 Apr 19, 2008 - Uploaded by roberto staltari
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29 dicembre 2013 7 29 /12 /dicembre /2013 05:50

 

 

 

Sunday 29 december 2013 7 29 /12 /Dic /2013 05:27

 

 

 

http://www.rebirthing-roma.it/articoli-e-approfodimenti/22-il-buon-samaritano-e-il-businessman

 

 

 

 

Il buon samaritano e il businessman

 

Scritto da Stefano Elio D'Anna

 

Lezioni di Economia dal Vangelo

 

Alle parabole non si pongono domande, né da loro si possono chiedere risposte. Il loro fine è di ingannarci. La loro apparente semplicità, elude le nostre difese e permette ad un soffio di verità, a una goccia pura di infinito, di penetrare attraverso la dura scorza dei nostri pregiudizi e delle idee prese a prestito. Pregiudizi e idee dei nostri genitori e tutori, e maestri vari di sventura, diventate convinzioni e mai più messe in discussione. Il naufragio della mente è il trionfo della parabola.

La storia del buon samaritano (Luca 10:25) che dà soccorso a uno sconosciuto incappato nei briganti, e lo cura con olio e vino che sta portando al mercato, è una perla letteraria, dalla luce e dalla forma perfetta. Come tutti i capolavori ha una bellezza evidente a chiunque, ma questo semplice racconto è in realtà una macchina prodigiosa fatta per attraversare gli oceani del tempo e nasconde una profondità vertiginosa la cui intelligenza è riservata a pochi tra i pochi. Da venti secoli generazioni di dotti, asceti, studiosi, credenti ed esegeti continuano a leggerla eppure il suo rivoluzionario messaggio, capace di ribaltare e capovolgere la nostra visione del mondo, resta ancora pressoché sconosciuto.

Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per la medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita giunto in quel luogo lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versando olio e vino; poi caricatolo sopra il suo giumento lo portò a una locanda e si prese cura di lui…. (Luca 10:25)

Se il Vangelo è il libro più letto, più tradotto al mondo, la spiegazione va ricercata ben oltre il fatto di essere il testo sacro del cristianesimo, e ben oltre i contenuti delle sue parabole, spesso banali, quando non addirittura infantili, tanto sono semplici. Il fatto è che quando lo apriamo, dovunque lo apriamo, apparentemente siamo noi a leggerlo, in realtà è il Vangelo a leggere noi. La sue parabole descrivono il nostro mondo interno, passano ai raggi X le nostre emozioni, i nostri processi mentali, fotografati nell’eternità dell’istante, mentre viaggiano nelle foreste dei neuroni, tra le pareti cave del nostro cranio, alla velocità del pensiero.
Della storia del buon samaritano tenteremo quindi una lettura a rovescio, con la disposizione di avere tra le mani un mezzo per studiarci e aiutarci a capire chi siamo. Il protagonista di questa storia non incontra un uomo derubato, un estraneo trovato ferito e abbandonato sulla strada. Il samaritano, a differenza del sacerdote e del levita che passano oltre, senza fermarsi, è consapevole di incontrare se stesso, di vedere le proprie ferite. Quelle che si ferma a lenire, a curare, sono in realtà le sue ferite interne.

Il buon samaritano non cura le ferite dell’altro perché è buono o caritatevole, ma perché è consapevole di curare attraverso lui le proprie ferite. Se lo facesse per bontà potrebbe ben essere un “santo stupido” le cui azioni possono dare un sollievo momentaneo a qualcuno ma lasciano il mondo esattamente nelle condizioni disastrose di sempre.
Non a caso il “buon samaritano” è simboleggiato da un commerciante, un uomo abituato a capire dov’é il suo profitto. Lo sappiamo dal fatto che trasporta olio e vino da vendere al mercato. E’ quindi un businessman l’uomo che penetra il segreto della carità paolina. L’intellettuale, rappresentato dallo scriba, vede l’uomo abbandonato sul ciglio della strada e passa oltre senza neppure fermarsi. L’uomo spirituale, il religioso, rappresentato dal levita, vede il bisognoso e passa dall’altro lato della strada senza neppure sfiorarlo. Essi sono le figure simboliche dell’umanità ordinaria, ma anche la metafora della parte più retriva di noi, quella che crede che gli altri e le loro ferite siano esterne e non abbiano niente a che fare con noi.
E se pure si fermassero a soccorrere materialmente gli altri, la loro azione mancherebbe della condizione fondamentale, di quello stato di intelligenza, di quell’animus potentemente echeggiante nelle parole di Paolo e che egli chiama carità. “E se anche donassi tutte le mie sostanze ai poveri e dessi il mio corpo per essere bruciato ma non avessi la carità, niente mi giova”.
Solo il samaritano riconosce che il dare agli altri è il più straordinario mezzo per dare a se stesso, per integrarsi. E’ questo egoismo luminoso, la consapevolezza che dare significa dare a se stessi, che santifica il suo aiuto e lo rende prezioso e guaritore per sé e per gli altri.

Quella del buon samaritano è la parabola del ricordo di sé... Rappresenta un momento dell’anima, quando un barlume di consapevolezza ci fa realizzare che qualunque incontro è un faccia a faccia con noi stessi, che quell’essere incappato nei briganti siamo noi, che le sue piaghe sono le paure, i dolori, i fallimenti, ancora nascosti nelle pieghe del nostro essere... sono i sensi di colpa e il magma di emozioni negative di cui non siamo consapevoli e che tuttavia controllano la nostra esistenza. Ma se quel malcapitato è chiamato “il prossimo”, allora… allora… La scoperta ci lascia col fiato sospeso, in preda a una vertigine del pensiero… Il tuo prossimo sei tu. L’altro, gli altri non esistono. Il sacerdote, il Levita non sono viandanti senza compassione ma nostri organi, funzioni interne che mostrano la loro inadeguatezza. La saggezza, la conoscenza, e perfino la religiosità dell’uomo comune non gli permettono di raggiungere questa profondità, questa sincerità con se stesso.
In tutti questi anni abbiamo incontrato gli altri senza alcuna consapevolezza di incontrare le nostre malattie, le nostre cadute, le nostre morti, senza mai realizzare che gli altri siamo noi... Gli altri sono le nostre paure, I nostri dubbi, i nostri sensi di colpa. In futuro, un’umanità guarita avrà scuole capaci di insegnare ai giovani che non c’è più grande avventura che incontrare gli altri e riconoscerli come proiezione della propria psicologia, la materializzazione dei nostri stati d’essere…

Quando incontrate gli altri siate gratitudine… in special modo quando incontrate i violenti, perché incontrandoli avete l’opportunità di risolvere la vostra violenza… quando incontrate i poveri perché riconoscendo in essi la vostra povertà potrete eliminarla dal vostro essere… quando incontrate gli ammalati perché attraverso essi potreste guarire da ogni malattia… in special modo quando incontrate i mortali per l’opportunità di riconoscere la nostra vera natura divina… immortale...
(da “La Scuola degli Dei” di Stefano E. D’Anna - edizioni ESE)

 

 

May 19, 2013 - Uploaded by mario orto
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28 dicembre 2013 6 28 /12 /dicembre /2013 20:12
 
 
 
 
Saturday 28 december 2013 6 28 /12 /Dic /2013 18:44

Amar Mahal Hotel: view from room

 

Thursday 16 may 2013 4 16 /05 /Mag /2013 21:40

Commenti

Non serve fare cose eclatanti , ma più semplicemente serve pregare affinchè fratel Gino ritrovi la serenità di sempre, ovviamente il blog deve e sempre dovrà accettare i post di Gi(n)ò che serenamente saprà contribuire benevolmente dispensando speranze ai cuori affranti da umani dolori.
Commento n°3 inviato da ilbuonsamaritano oggi alle 14h43

 

Caro Buon Samaritano, Tu oggi hai riempito il mio cuore di gioia ed io non so come dimostrartelo, così da lontano....

Nel corso del tempo, dopo aver ricevuto i post di Gi(n)ò, ho meditato anch'io sul significato del suo messaggio, che sicuramente non fa solo riferimento alla vicenda personale di Padre Gino Burresi, ma vuole assurgere a una richiesta di misericordia e di maternità rivolta alla Chiesa, affinché questa si curi delle persone che si sono smarrite o sono cadute e attendono che la Madre Chiesa tenda loro una mano per rialzarle.

Dalle Tue parole posso dedurre che dispensare speranza ai cuori affranti da umani dolori rientri nell'esercizio del ministero sacerdotale, per cui Gi(n)ò ricopre la veste sia di consolatore che di vittima sacrificale per espiare le sue e le nostre umane colpe, consapevole del suo proprio errore.

Questo è il Gesù che mi piacerebbe riscoprisse la Chiesa, un Gesù realmente peccatore, che chiede al Padre attraverso la Chiesa il perdono per avere peccato.

Ma la Chiesa meretrice ( parole di Sant'Ambrogio ) si scandalizza del peccato sessuale di Padre Gino Burresi ed invece di perdonarlo, ( non è la stessa cosa di insabbiare ), condanna un peccato che essa stessa continua a commettere.

Se ha peccato Padre Gino, considerato un santo sacerdote, quanto grande sarà il peccato di tanti sacerdoti comuni, ai quali la gente si affida ?

Padre Gino Burresi ha affidato il suo testamento spirituale ai miei blog ed io non tradirò mai la sua fiducia. Lo addolorerà forse sapere che la preghiera non è più mia compagna di viaggio e che il sacrificio eucaristico lo vivo ora nella mia persona e non più partecipando alla Messa.

Nonostante ciò gli spalanco le porte dei miei blog, dove potrà sempre esercitare il ministero sacerdotale, nell'attesa che Papa Francesco lo riabiliti presto, facendolo finalmente uscire all'aria aperta e alla luce del sole. 

 

 

Riccardo Fontana

 

 
 
 
Jun 26, 2009 - Uploaded by Ania Cecilia
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27 dicembre 2013 5 27 /12 /dicembre /2013 20:05
 
 
Saturday 18 june 2011 6 18 /06 /Giu /2011 06:17

"Sono dentro, 
donna o uomo che vive li 
nel seno di questa chiesa. 
Da me amata, 
desiderata e capita... 
Sono dentro.

Non mi sono staccato da te o chiesa anche se ho perso la dimensione di me stesso a tal punto che non so se sono un essere umano: uomo o donna. Ti sono ancora fedele chiesa che ti amo, ti desidero e ti capisco (e ti capisco hanno un significato sublime che mal si concilia con velati sentimenti di rancore, o forse di sola amarezza) 
Mi manca aria, 
Aspetto l'alba,

Vedo tramonto.

Mi manca l’aria e aspetto di rinascere, mi accorgo che mi avvio alla fine di questo dolore. 
La chiesa dei cardinali 
madri per gioielli, 
matrigne per l'amore. 
Ho inciampato 
e la chiesa non mi sta 
raccogliendo.

Questa chiesa in cui dominano i cardinali dimostra di essere sensibile al danaro, al potere politico ed economico e poco sensibile all’amore e alla carità. Sono caduto e non vengo aiutato a rialzarmi. 
Solitudine a me dona, 
a lei che avevo chiesto 
Maternità.

Questa chiesa a me sta dando solitudine e abbandono, a me che avevo bisogno e chiesto di essere aiutato. 
E l'anima mia, 
Povera, 
Riconosce lo sbaglio 
di aver scelto il dentro e, 
Vorrei uscire 
ma dentro dovrò stare, 
per la madre 
che non accetta, 
Il bene del vero 
che ho scoperto 
per l'anima mia.

Ma la mia povera anima riconosce lo sbaglio che ho fatto nell’accettare passivamente questa situazione. Vorrei tanto uscire da questa situazione ma, purtroppo, ci devo restare a causa delle decisioni che prende questa chiesa che non riesce a capire il vero bene a cui è chiamata e che io ho scoperto. 
 
Chiesa, 
Antica e poco nuova, 
Barca in alto mare, 
Getta le reti 
Su chi ti chiede maternità.

Chiesa tu sei antica e trovi difficoltà a seguire i tempi. Adesso sei sbattuta dalle onde come una barca in mezzo al mare. Sei ancora in tempo, sollevami e raccogli quei frutti a cui sei stata chiamata. 
Madre o matrigna, 
per me oggi 
barca in alto mare 
che teme solo di 
Affondare!

Amata chiesa sei  una madre o una matrigna? Per me sei solo una barca sbattuta dalle onde e senza un timone che ha paura di affondare 
Matrigna. "

Per me sei una matrigna . Potrebbe essere intesa come una semplice riflessione :

“fino a quando sarai matrigna? "

 

 
 
 
 
Mar 28, 2008 - Uploaded by susi08susi
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27 dicembre 2013 5 27 /12 /dicembre /2013 13:10

 

  

  

 http://ombreflessuose.wordpress.com/tag/monello/

 

 

 

 

 

 

Sorpresi a tubare sui fili del cuore

 

 

 

Come vorrei essere amato da

te sfuggente monello d’aria

che spifferi sul mondo il tuo

fiato. Lo spingi piano, più forte,

audace, caldo, pungente, furioso

sciroccoso… come mille pensieri

d’amore  sorpresi a tubare sui

fili del cuore.

  

Mistral

 

 
 
 
Jan 21, 2012 - Uploaded by amorosinicampani
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  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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