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12 febbraio 2011 6 12 /02 /febbraio /2011 19:45
LA TERAPIA DI GRUPPO

TERAPIA DI GRUPPO

A cura della Dott.ssa Katia Carlini, Presidente dell’Associazione Psicologia in Movimento

Se in un primo momento la psicoterapia di gruppo è nata con l’intento di andare incontro alle esigenze economiche dei pazienti, in un tempo successivo si è osservato come il gruppo presenti delle peculiari caratteristiche che favoriscono lo sviluppo di relazioni, la nascita di legami identificativi, la creazione di una cultura comune e potenti meccanismi trasformativi. Più volte è stato sottolineato come il gruppo non è la semplice somma degli individui che lo compongono. Il gruppo è, infatti, contemporaneamente e paradossalmente, sia un intero o un contenitore, sia un fatto o un’esperienza. Ne consegue che i gruppi possiedono capacità curative che vanno ben oltre il superamento del senso di alienazione, dell’isolamento sociale e della possibilità di condividere il proprio disagio con altre persone.

Modelli di terapia di gruppo
In prima istanza è importante operare una prima distinzione tra gli interventi gruppali di tipo supportivo e gli interventi gruppali di tipo espressivo.
Rientrano nella prima categoria approcci volti all’accrescimento dell’autostima, delle abilità di problem solving, della gestione dello stress. Nella maggior parte dei casi in questi interventi, aventi in comune obiettivi informativi-educativi, i fruitori condividono una situazione problematica. I membri del gruppo, sono sollecitati dal leader, in un clima di accettazione, a esprimere liberamente le difficoltà, le paure, e le conseguenze connesse alla tematica. Esempi di gruppi supportivi sono: gruppi di arte-terapia, gruppi di gestione dello stress, gruppi di gestione dell’ansia e/o degli attacchi di panico, gruppi per il controllo della rabbia, gruppi per malati terminali, training di assertività, trainig di problem-solving, ecc. In tutti questi casi gli obiettivi che attraverso la psicoterapia di gruppo si vogliono raggiungere sono il sollievo dai sintomi e l’acquisizione di competenze. In sostanza, il successo di questo tipo di gruppi viene spesso valutato con la scomparsa o il miglioramento di una sintomatologia consistente, grazie all’apprendimento di nuove strategie fino a quel momento sconosciute. In genere i pazienti più adatti a partecipare a questo tipo di gruppo sono quelli che hanno difficoltà ad esprimere verbalmente le proprie emozioni e sentimenti, che interiorizzano i sentimenti in modo autodistruttivo e che hanno uno scarso senso dell’identità.
I gruppi con carattere espressivo-interpretativo sono uno valido strumento volto al cambiamento e alla crescita personale. Essi dunque operano principalmente nell’area intrapsichica che, a cascata, porta delle trasformazioni anche a livello interpersonale, sintomatico e di acquisizione di nuove competenze. Tra questa tipologia di gruppi, ricordiamo l’analisi gruppo, il modello Tavistock, la gruppoanalisi e i gruppi umanistici-esistenziali. Grazie ai feedback del terapeuta e degli altri partecipanti, ogni membro comincia a prendere maggiore consapevolezza di sé e delle proprie dinamiche ed, eventualmente, a cambiare ciò che merita di essere cambiato. Di fatto il personale e genuino modo di essere molto presto si presenterà nel gruppo, tanto che ogni individuo ripropone nel gruppo le stesse dinamiche interpersonali che caratterizzano la sua vita relazionale. Nel corso del gruppo il paziente apprende a considerare sia i commenti positivi che le critiche negative come feedback costruttivi al fine di assumere un comportamento più cooperativo.

Principali funzioni dei gruppi
A prescindere dall’orientamento di base del gruppo terapeutico, alcune funzioni sono presenti in ciascuna terapia di gruppo. Secondo Yalom, i fattori terapeutici generali validi per tutti gli approcci gruppali sono:
- universalità: il paziente trae beneficio dal rendersi conto che tutti i suoi sintomi possano essere condivisi;
- acquisizione di nuove informazioni: la pluralità che caratterizza il gruppo è fonte, inevitabilmente, di notizie e chiarimenti sui problemi condivisi;
- instillazione di speranza: il farsi coraggio vicendevolmente mobilità l’ottimismo tra i partecipanti e la sensazione di potercela fare;
- cambiamento del copione familiare: il gruppo consente la messa in scena, attraverso un delicato gioco di transfert e controtransfert, di vecchi drammi familiari, che con la presenza esperta del terapeuta possono essere rivisitati e cambiati al fine di raggiungere migliori livelli di benessere;
- altruismo: i partecipanti al gruppo sperimentano l’importante vissuto di essere non solo bisognosi ma anche competenti e in grado di soddisfare richieste altrui, attraverso le loro indicazioni o suggerimenti;
- sviluppo di tecniche di socializzazione: il gruppo svolge una fondamentale funzione di specchio. I partecipanti attraverso feedback e risposte aiutano e sono aiutati nell’acquisizione di una più accurata autopercezione. La nuova consapevolezza è alla base per un successivo cambiamento di interazione sociale;
- comportamento imitativo: ogni paziente ha la possibilità di osservare e prendere a modello gli aspetti positivi del comportamento degli altri partecipanti e del terapeuta;
- apprendimento interpersonale: ogni partecipante, per migliorare la propria patologia, deve attraversare diversi stadi. In primo luogo è indispensabile rendersi conto delle proprie modalità di interazione sociale e delle conseguenze che esse hanno sugli altri e su se stesso, quindi, deve modificare tali modalità, attraverso la sperimentazione, nel gruppo, di nuovi comportamenti e infine deve verificare se essi risultano effettivamente più adeguati e rispettosi per tutti;
- coesione di gruppo: i partecipanti sperimentano la sensazione che qualcosa di importante sta per avvenire all’interno di un contesto protetto e accogliente. La coesione di gruppo altro non è che la percezione dell’esistenza di un setting o un contenitore le cui “pareti” sono formate dai vari membri e dalla loro voglia di far parte del gruppo;
- catarsi: il contesto gruppale sviluppa la potenzialità liberatoria attraverso l’immedesimazione nell’altro e nelle sue problematiche;
- fattori esistenziali: non costituiscono di per se un fattore di cambiamento ma una consapevolezza necessaria affinché gli eventi avversi della vita possano essere vissuti con meno drammaticità. Essi comprendono la responsabilità, la solitudine, il senso dell’esistenza, la morte.

Qui di seguito viene presentato un modello di terapia di gruppo così come è applicato dall’ASPIC.
Le sedute di gruppo consistono in incontri periodici, di circa 15 persone, il cui scopo principale è l’espressione di sentimenti e vissuti in un ambiente protetto ed il raggiungimento della consapevolezza delle proprie dinamiche interne ed interpersonali. Si tratta di un gruppo di evoluzione e sviluppo personale dove ciascuno dei partecipanti ha la possibilità di effettuare un lavoro individuale in cui è assistito da un agevolatore e può utilizzare una o più componenti del gruppo in qualità di personaggi e/o figure della sua esistenza e/o della sua immaginazione. Alla base del buon funzionamento del gruppo vi sono delle regole, che consentono ad ognuno di rispettare la libertà degli altri:

  • La riservatezza e confidenzialità: non si deve parlare al di fuori di quanto accade nel gruppo. La discrezione darà la libertà necessaria per esprimersi liberamente;
  • L’astinenza da relazioni sessuali tra i componenti del gruppo: relazioni speciali esterne inibiscono a vicenda i partecipanti coinvolti;
  • Il non fumare: consente di utilizzare creativamente le motivazioni e le tensioni che portano all’atto sterile e dannoso del fumare;
  • Il tempo a disposizione fisso: fa si che ognuno utilizzi il gruppo lasciando spazio agli altri;
  • Esprimersi invece di dialogare: durante tutte le fasi dell’incontro di gruppo non è consentito dialogare con la persona che in quel momento ha la parola, anche quando si viene direttamente interpellati da essa.
  • Il basta davvero: è una formula convenzionale che, pronunziata da chi sta compiendo un’esplorazione in profondità, gli permette di interrompere il suo lavoro, richiamando il gruppo a sospendere e fermare del tutto ed immediatamente l’interazione in corso;
  • L’esclusione di osservatori occasionali: permette al gruppo, libero di interferenze esterne, di raggiungere progressivamente coesione, solidarietà, complicità ed intimità.

Ma la regola aurea di ogni gruppo di sviluppo, come nella vita, è che “Ciascuno riceve nella misura in cui dà”. Le assenze dal gruppo sono quindi sempre una rinuncia ad un’opportunità di lavoro per sé, ma anche un’irresponsabile sottrazione di energie e di confronti emotivi per gli altri partecipanti.
La seduta di gruppo ha una sua struttura e attraversa delle fasi che corrispondono alle fasi di precontatto (inizio), contatto (durante) e postcontatto (fine). Nella fase iniziale i membri del gruppo sono invitati a partecipare brevemente a turno del loro vissuto iniziale: sentimenti, aspettative e a prenotarsi eventualmente per un’esplorazione. Inizia quindi la fase del vero e proprio lavoro in gruppo. Chi si è prenotato per prima inizia a parlare. Durante questa esperienza individuale egli utilizza il gruppo per sé con l’aiuto dell’agevolatore. Infatti, uno o più membri del gruppo possono essere chiamati a partecipare al lavoro in qualità di personaggi e/o figure dell’esistenza e/o dell’immaginazione di chi sta lavorando. Essi, astenendosi dall’intervento, favoriscono l’esplorazione del partecipante. Al termine del lavoro l’agevolatore chiede a chi ha effettuato l’esplorazione se vuole ricevere un feedback da qualcuno. I membri del gruppo, chiamati a dare un feedback, esprimono le percezioni, i vissuti, gli immaginari, i sentimenti generati in loro dall’esperienza di esplorazione individuale a cui hanno assistito o partecipato. In questo modo la persona che ha lavorato rielabora la sua esplorazione, arricchendola e amplificandola attraverso l’altro. La nuova consapevolezza evidenzia come il soggetto produce ciò che lamenta e come mutare creativamente le future interazioni.

  •  

    Per ulteriori approfondimenti

    • Yalom, Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo, Boringhieri, 1997
    • Anzieu, Il gruppo e l’inconscio, Borla, 1986
    • Bion, Experiences in Groups, Basics Books, 1961
    • Carli, Paniccia e Lancia, Il gruppo in psicologia clinica, La Nuova Italia Scientifica, 1988
    • Correale, Neri, Contorni, Fattori terapeutici nei gruppi e nelle istituzioni, Borla, 1995
    • Neri, Esperienza di sé nel gruppo, Borla, 2000
    • Giusti, Cardini, Gruppi pluralistici, Sovera 1994

    TERAPIA DI GRUPPO

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12 febbraio 2011 6 12 /02 /febbraio /2011 17:17

Non  diamo  tutta  la  colpa  ai  giovani. Cominciamo  a  dare  la colpa  a  certa  gente  che  non  fa  nulla  per  formare  i  giovani  come  si  deve.

Li  volete  senza  Dio,  no ? E  con  quale  risultato ? Ecco  i  frutti.

Cristo  dice: " Se  l'albero è  buono  i  frutti  sono  buoni,  ma  se  l'albero  è  cattivo,  anche  i  frutti  saranno  cattivi" (Lc 3, 9 ).

Dai  frutti  si  conosce  l'albero.

Ci  lamentiamo  della  società.  Ma  la  società  siamo  noi,  tutti  noi. Agli  alberi,  agli  uccelli,  al  sole,  alla  luna,  alle  stelle,  ci  pensa  il  Padre  eterno.

Alla  società  bisogna  pensarci  noi.

Prima  siamo  noi  che  dobbiamo  mettere  a  posto  il  nostro  interno,  poi  diventerà  buono  anche  l'esterno.

Se  l'uomo  diventa  buono,  anche  la  società  sarà  più  buona.  E  per  mettere  a  posto  noi  stessi,  cominciamo  col  togliere  ciò  che  non  va,  e  farci  entrare  quello  che  va,  cioè  Dio.

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12 febbraio 2011 6 12 /02 /febbraio /2011 15:07

Io  credo  proprio  che  Adriana  Zarri  sia  stata  una  teologa  donna  dalle  mille  risorse  e  che  soprattutto  abbia  avuto  una  enorme  capacità di  comprendere  e  compensare  le  mancanze  della  sua  sinistra  e  dei  cristiani  di sinistra.. Una  donna  capace  veramente di perdonare  e  di  porsi  in  effetti in  un atteggiamento di  disponibilità e  di ascolto,  a  prescindere  da  quello  che  raccoglieva  dopo  aver  seminato.

Sicuramente  questa  sua  capacità  la traeva  anche  dalle  sue  modalità  di  vita  all'eremo, nel  silenzio  e  nella  meditazione. E  soprattutto deve essere  stata  una  donna  dalla  grande  pazienza.

Io  vorrei  le  cose  subito  e  non  perdono  l'insincerità  delle  persone  e le  strumentalizzazioni.

Sapete  perché,  secondo  me  la  Zarri veniva  e  viene  ancora  chiamata  la  teologa  senza  paramenti?

Perché  ognuno  dei  suoi  simpatizzanti, a  seconda  del  bisogno,  se  ne  prendeva  un  pezzo  di  quelli  che  erano  stati  i  suoi  paramenti  ed alla  fine  si  è  trovata  a  restare  sola,  con  la  sua  fede  nuda  nell'Orto  degli  Ulivi del  suo  eremo,  dove  forse  solo i  suoi  amici  di  Ivrea  l'hanno  accompagnata  fino  alla  fine, come si dice  in  qualche  articolo sui  giornali.

E  gli  altri  dove  sono, sono  forse  fuggiti  come  gli  apostoli?

Sono  rimasto  molto  deluso  da  una  esperienza  di amicizia  epistolare, per me molto importante,  nata  all'improvviso,  così  per  caso,     fra  me  ed una  amica  di  vecchia  data  di  Adriana Zarri,  credo  ancora  impegnata nella  politica,  amicizia  che  così  come  è  nata  fulmineamente,  è  morta  parimenti  in  modo  fulmineo.

Non  conosco  i  motivi  che  hanno  indotto  questa  persona  ad  abbandonarmi  in  modo  così  poco  educato  ed  insincero, dopo  avermi  incoraggiato  entusiasticamente, riscontrando delle  affinità  elettive  fra  me  ed  Adriana Zarri.

Ecco  perché  poi  non  si  ha  più  fiducia  nella  politica  e  nel  modo  delle  persone di  fare politica,  così  come  non  si  ha  più  fiducia  nelle  gerarchie  ecclesiastiche,  quando  queste  fanno  troppo  l'occhiolino  ai  potenti  della  terra.

Vi ricordate  il  Papa  Pio  VII che  fu  imprigionato  da  Napoleone,  per  essersi  rifiutato  di  diventare  il  suo  Cappellano  d'onore?

Si  dovrebbe  prendere  esempio  da  Pio  VII  anche  nell'epoca  che  stiamo  vivendo  adesso  in  questo  marasma  della polica,  della  società  e  in questo  disorientamento  della  fede  del  popolo  cristiano. Non  è  che  tutto  si  può  rimettere a  posto    ed  aprire  la  porta  del  cielo  solo  con  una  beatificazione!

Ma  per  tornare  all'amicizia   epistolare   bruscamente  interrotta,  adducendo  pietose  scuse,  c'èra  il  rischio  che  per la mia grande delusione,  mi  facessero  naufragare   questo  blog  nelsegnodizarri  e  la  stessa  mia  amicizia  spirituale  con  Adriana  Zarri  per  via  di  questo  incidente di  percorso.

Ho deciso di non  accettare  questa  provocazione  e  vado  avanti  come  prima,  perché  chi  non  mi  vuole  non  mi  merita.

Ho  già  detto  che  questo  è  il  blog  delle  persone  semplici e  sincere ,  ma  non  disdegno  i  colti,  a  patto  che  con  me  non  facciano  il  doppio  gioco.  Continuassero  a  farlo  nella  loro  attività  politica,  perché  lì  ne  ottengono  dei  vantaggi. In  uno  dei  miei  primi  articoli  ho  toccato  questi  argomenti, durante la manifestazione studentesca,  come  ad  esempio  nel "Voto di fiducia" e  nell'"Appello al  Presidente della  Repubblica".  Devo  aver  colpito  nel  segno  con  questi  articoli,  mettendo  il  dito  nella  piaga  della  nostra  povera  Italia, che si vende per una poltrona o per un divano.

Ne  ho  abbastanza  dei  tanti  Machiavelli  vaganti  con  il  loro "il fine giustifica i mezzi".

Questo è il bolg delle  persone , siano essi uomini o donne,  intere;

dei  mezzi,  nè  carne  nè  pesce,  non  so  che  farmene!

E dato che  voglio  sperare  che  Adriana  Zarri la  pensasse  come  me, rifaccio  pace  con  lei  e  proseguo  imperterrito  per  la  mia  strada,  sempre  nel segno di Zarri, alla  faccia  degli  invidiosi e di chi vuole mettere  zizzania  fra  noi.

 

Riccardo  Fontana

 

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12 febbraio 2011 6 12 /02 /febbraio /2011 07:08

 

Dalle proprie esperienze personali si dovrebbero sempre tratte insegnamenti per la vita.

Qui fa ora al caso mio,, cioè alla desiderata riabilitazione da parte della Chiesa ufficiale di Padre Gino Burresi, l'esperienza da me vissuta, quando dovetti frequentare la psicoterapia di gruppo, onde riuscire a gestire ed a convivere con i problemi, che spesso vengono da molto lontano, dalla nostra infanzia ed anche prima. Vorrei dire, solo per inciso, che Dio è il più bravo psichiatra, psicanalista e psicologo, che esista nell'universo e forse, solo per questo, potrei dare ragione alla Zarri, quando questa afferma di non credere all'inferno, perché sarebbe come sminuire la bontà e la misericordia di Dio. Se Dio è lo psicologo perfetto, Egli saprà dare una spiegazione alle azioni umane, anche a quelle più malvagie, recuperando sempre la persona, perché vittima di qualche recondito trauma.

Avendo io conosciuto prima Fratel Gino, poi Padre Gino (ordinato sacerdote nel 1983 ), quando egli apparteneva alla Congregazione, fondata da Padre Pio Brunone Lanteri, degli Oblati di Maria Vergine, inizio proprio da lì, per recuperare il rapporto esistente fra Gino e detta congregazione.

Penso che il famoso trauma, tema tanto caro, quanto oscuro della psicanalisi, si sia prodotto proprio fra le mura domestiche di questa congregazione. Ognuno di noi, supposto abbia avuto un trauma infantile, se lo tiene ben stretto e se lo culla amorevolmente e, quando accetta di frequentare una psicoterapia, lo fa forse unicamente per materializzare questo trauma, e solo a fatica se ne separa, perché dopo essersi congedato da esso, la sua mancanza ti fa diventare una persona normale.

Assieme al trauma coltivi l'idea dell'onnipotenza, che è alla base della maggior parte dei disturbi psichici. Poter essere tutto e tutti, questo ti farebbe vivere. Poi, gli anni passano, ma non ti trovi null'altro fra le mani se non il tuo trauma, che hai allattato e cresciuto nel grembo sterile di azioni veramente umane.

Secondo me il trauma non era tanto quello di Padre Gino, quanto quello di chi lo circondava, siano essi fedeli, ex-seminaristi, seguaci, discepoli, confratelli e suore, anch'esse oblati ed oblate.

Un trauma così profondo, da trasferire in Padre Gino l'onnipotenza che ciascuno di noi voleva cullare e crescere nel proprio grembo. Fratel e successivamente Padre Gino si considerava l'uomo più peccatore del mondo e ciò lo si può leggere nei suoi scritti. Lui era contro il fanatismo, che lo circondava e forse proprio per questo è stato travolto. Non rispondeva alle aspettative di onnipotenza, riposte nel cuore di chi lo frequentava ed allora solo l'accusa ingiusta nei suoi confronti poteva assurgere a vendetta per essere stati abbandonati da un'idea di onnipotenza, ben lungi da Padre Gino. Gli accusatori si sarebbero pertanto caricati loro di questa idea di onnipotenza, pronunciando maldicenze alle sue spalle, quasi per provocarne una reazione.

“Se è Dio, scenda da quella croce”.

Padre Gino Burresi ancora ci sta su quella croce, ormai da ventun anni e si lascia ogni volta flagellare e ricrocifiggere, non tanto per un senso di masochismo, quanto per offrire il suo sacrificio alla Madonna ed a Gesù, fino a quando loro piacerà.

Sono certo che il petto di Padre Gino batta, pulsi e palpiti ancora d'amore per la sua ex-congregazione, il cui fondatore ebbe parimenti molto da soffrire e fu anche esiliato a causa della politica imperiale, durante la rivoluzione francese, nello stesso periodo in cui Papa Pio VII fu il prigioniero di Savona, avversato da Napoleone.

Napoleone fece imprigionare Papa Pio VII, poiché questi si era rifiutato di essere il Cappellano d'onore del despota e dovette salire un doloroso calvario fino alla prigionia di Savona.

Dal suo esilio, il Lanteri cercò in tutti i modi di aiutare il Papa, che era la sua passione, così come fu ed è ancora la passione di Padre Gino.

Confrontiamo fra loro gli entusiasmi esternati dal Lanteri e da Gino Burresi nei confronti del Santo Padre:

 

 

  • Padre Lanteri: indicava nel Papa “il sole, la ruota maestra del cristianesimo, il segno sicuro della cattolicità della fede”.

     

  • Padre Gino Burresi : “La Madonna si è presa cura del Papa. Sapete perché? Perché in mezzo a questo disorientamento, se non vogliamo andare nel buio più profondo, dobbiamo capire che il Papa è la guida sicura”.

 

Voglia il Santo Padre Benedetto XVI soddisfare e rispondere alle aspettative del Lanteri e del Burresi, non tanto in virtù del dogma dell'infallibilità, quando in virtù di azioni e decisioni coraggiose, prese a vantaggio della Chiesa universale, facendosi aiutare e consigliare da quelli che sono i suoi più veri amici, perché stanno soffrendo in silenzio con lui e per lui,  come fu il Padre Lanteri ai tempi di Pio  VII, che difese il Papa dalle calunnie, con cui  questi  fu colpito e come è adesso Padre Luigi (Gino) Burresi,  che  soffre  in silenzio  da  moltissimo tempo,  per il quale  oso chiedere al Papa Benedetto XVI un aiuto, per liberare finalmente il Burresi dalla lunga prigionia, "restituendo" così il favore, che il fondatore degli Oblati di Maria Vergine, Padre Lanteri rese al su amato Papa  prigioniero.  

 

Riccardo Fontana

 

 

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11 febbraio 2011 5 11 /02 /febbraio /2011 18:18

Padre  Gino  Burresi  appartenne  fino  al  1992  alla  Congregazione  degli  Oblati  di  Maria  Vergine,   fondata  da  Pio  Brunone  Lanteri.  Poi,  per  le  note  tristi  vicende,  uscì  dalla  Congregazione  e  si  mise  in  proprio,  come  dicono  le   malelingue,  fondando  la  Congregazione  dei  Servi  del  Cuore Immacolato  di  Maria.

Padre  Gino,  col  suo  esempio, mi  fece  innamorare  di  questa  congregazione  ed  avrei  lasciato  tutto  ciò  che  possedevo,  lavoro,  casa,  pur  di  seguirlo come  gli  apostoli  seguirono  Gesù,  incondizionatamente.

Non  fu  così,  ma  se  un  giorno  il  Signore  concederà  anche  agli  uomini  sposati  di  essere  ordinati  sacerdoti,  mi  presenterò,  con  il  consenso  di  mia  moglie,  per  un  colloquio  di  discernimento  vocazionale.

Continua  ad  ardere  nel  mio  cuore  il  fuoco  che  mi  divora  di  amore  per  Cristo  e  mi  farei  da Lui  condurre  ovunque,  pur  di  evangelizzare,  anche  sacrificando  la  vita.

Poter  celebrare  il  sacrificio  eucaristico,  e  soprattutto  la  predicazione  della parola  dopo  la  lettura  del  vangelo.

Quanto  vorrei  essere  ogni  volta  sull'altare  a  fare  il  suggeritore  a  tanti  sacerdoti,  che  fanno  delle  prediche  fredde,  scialbe.  Con  una  predica  si  può  convertire  il  mondo.  Padre  Gino  mi  ha  lasciato  il  segno,  il  marchio  indelebile  della  sequela  di  Gesù  Cristo.  Ecco  perché  lo  difendo  a  spada  tratta. Come  può  un  uomo,  innamorato  della  Madonna,  servo  fedele  di  Gesù,  aver  compiuto  quello,  di  cui  lo  si  accusa  e  proprio  negli  anni,  in  cui  io  frequentavo  il  Santuario. Se  i  frutti  erano  buoni,  come  poteva  l'albero  essere  di  cattiva  qualità ?

Sono  una  voce,  che  grida  nel  deserto,  c'è  qualcuno  che  mi  ascolta  e  che  crede  nell'innocenza  di  Padre  Gino  Burresi ?  Mi  scrivano  anche  i  suoi  detrattori,  dove  sono ? Vengano  fuori! Parliamone,  vi  prego!  Non  resisto,  mi  fate  soffrire  e  fate  soffrire  Adriana  Zarri,  che  non  mi  vuole  vedere  in  questo  stato  e  mi  vuole togliere  la  parola,  prima  che  il  dolore  mi  porti  al  delirio  della  sofferenza. Abbiate  pietà.  Se  crediamo  nell'innocenza  di Padre  Gino  Burresi,  gridiamolo  a  Benedetto  e  sono  sicuro  che  Benedetto  lo  libererà  e  sarà  Benedetto  nei  secoli.  Amen. 

 

Riccardo  Fontana

 

 

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11 febbraio 2011 5 11 /02 /febbraio /2011 17:50

Quando,  celeste  Mamma - vedo  aprirsi il  tuo  bel  manto  bianco,

io  ti  dico:  Sono  tuo  tutto  quanto.

 

Quando  vedo  il  tuo  dolce  piede,

dico: Seguir  voglio  il  mio  cammino- che  un  giorno  il  ciel  mi  diede.

 

Quando  vedo  le  tue  mani- congiungersi  in  preghiera,

tutti  a  te  ricordo  con  la  mia  preghiera.

 

Quando  vedo  il  tuo  bel viso,

dico:  Oggi  ho  contemplato  il  paradiso.

 

Quando  le  tue  labbra  lasciano  uscire  un  leggero  sorriso,

mi  sembra  che  tutto  il  cielo  sia  in  me,

e  da  questo  triste  mondo  mi  sento  diviso.

 

Quando  vedo  i  tuoi occhi-  che  di  luce  brillano,

in  me  la  tua  luce  si  schiude  e  vedo  più  chiaro  il  tuo  Divin  Figlio.

 

Quando  vedo  il  tuo  celestial  candore,  ti  dico:  Mamma,  abbracciami  il  cuore.

 

Quando  ti  vedo  così  tutta bella,  alla  fine  grido:  In  questo  mondo,  in  tuo  confronto,  è  brutta  anche  una  stella!

 

E  quando  da  me  vai  via, finché  ti  vedo  continuo  a  guardarti,  e  a  te  mi  abbandono  e  ti  saluto  con  l'Ave  Maria.

 

 

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11 febbraio 2011 5 11 /02 /febbraio /2011 11:56

 

 

 

Parabole

di Adriana Zarri

in “il manifesto” del 4 luglio 2008

 

 

 

 

Militarismo

La mia scarsa simpatia per i Legionari di Cristo incomincia dal nome; e, per quel poco che ne so, lo

spirito e l'azione dei legionari sopraddetti è in sintonia con quel nome e con una vena bellicosa e

militarista che percorre la storia della chiesa, da Lepanto in avanti fino a due inni cantati fino a

qualche anno fa e, in qualche parrocchia fuori mano, forse anche oggi. In uno si diceva (anzi si

cantava) «Cristus vivit, Cristus vincit, Cristus imperat» che pareva discendere, pari pari, dalla

visione di Costantino imperatore. Nel secondo, rivolgendosi al papa, si cantava: «Al tuo cenno e

alla tua voce un esercito all'altar».

Come si vede i Legionari marciavano e forse marciano ancora, non so se con il passo dell'oca o di

qualche altro animale più guerriero, magari con col passo del leone.

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11 febbraio 2011 5 11 /02 /febbraio /2011 11:52

 

 

 

Parabole

di Adriana Zarri

in “il manifesto” del 20 giugno 2008

 

 

Maturità

Mi è assai piaciuta l'affermazione di Prodi: «Io sono un cattolico adulto» che coniuga l'affermazione

di fede («sono un cattolico») con la rivendicata e fiera autonomia che non si prostra a tutte le sillabe

de l'Osservatore romano. Ma i miei gusti sono evidentemente assai diversi da quelli della gerarchia

vaticana che si è sentita offesa da quella frase «sono un cattolico adulto». Non l'avesse mai detta! I

suoi rapporti con l'oltre Tevere si sono assai deteriorati. Evidentemente la maturità disturba. Meglio

assai - secondo il Vaticano - uno stato infantile che non giudica e non assume iniziative autonome.

«Credere, obbedire, combattere» si diceva in un tempo non lontano da sedi non proprio religiose. E

se l'invito suona un po' troppo militaresco e bellicoso lo si può addomesticare: «Credere, obbedire e

assentire», con un assenso senza discussioni che certo non piace alla maturità di Prodi ma piace

all'autorità vaticana.

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11 febbraio 2011 5 11 /02 /febbraio /2011 11:44

  

 

 

Parabole

di Adriana Zarri

in “il manifesto” del 27 giugno 2008

 

 

Santi

Giovedì 25 corrente: festa di Escrivà De Balaguer. E io mi vergogno che la mia chiesa abbia osato

mettere nell'elenco dei santi un uomo che, ad una sua discepola colpevole di qualche piccolo

dissenso così la cacciava: «Vai via, puttana porca!» è questo forse il linguaggio e il sentire di un

santo?

E mi vergogno anche di un papa (lui pure ormai avviato verso la santità) che un tale uomo ha

canonizzato e che ha sempre avuto assai caro sia lui che la sua creatura: la chiacchieratissima Opus

Dei.

Papa mobile

Ormai è entrata nel linguaggio corrente il ridicolo termine «papa mobile»; non meno ridicolo della

gabbia di cristallo entro la quale viaggia il papa chiuso come in un ostensorio. Ormai ci abbiamo

fatto l'occhio e non ci stupiamo più di tanto.

Ma proviamo un momento ad immaginare un capo di stato o un altro personaggio di rilievo in tale

gabbia ed ostensione ed il ridicolo sarà evidente. Ragioni di sicurezza, si dirà. E tutti gli altri devono

essere meno sicuri?

Discenda perciò il papa da quel trono e viaggi in un auto normale come tutti, affrontando (se rischi

ci sono) i rischi di tutti. O si ritiene che quella parata di cristallo sia un privilegio ed un omaggio

dovuto al successore di Pietro che non aveva una papa mobile ma solo vesti da pescatore?

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11 febbraio 2011 5 11 /02 /febbraio /2011 04:41

 

Gino, dopo esser stato insultato,

il tuo volto si è ancor più illuminato.

Hanno perseguitato la tua onorabilità,

e trafitto con tanto rancore

il tuo nobile cuore

con una lancia.

Tu hai offerto

con signorilità

l'altra    guancia.

Le loro menzogne

ricadranno su di essi

come aspre rampogne.

Sul male che ti hanno arrecato

prevale il bene, da cui sarai circondato.

Le molte accuse millantate

hanno ormai le ore contate.

Il triste canto,

simigliante ad un pianto,

intonato al funerale

del condannato,

sarà sovrastato

da un corale trionfo,

soffocherà come un tonfo

la   nenia

e s'implorerà divina venia.

Sarò per te un nuovo Dante,

affrontando la furia tracotante

di qualche scellerato,

che, facendo buon viso

a cattivo gioco,

ingiustamente si è infiltrato

in Paradiso.

Fra molto poco,

entro quest'inverno,

verrà  posta  giusta fine al tuo inferno,

e tu sarai liberato

dalla tua pena,

anche Karol,  il nuovo beato,

ci metterà tutta la sua lena.

Davanti  al  Tabernacolo,

gli  è stato   chiesto,  come  riprova,

quest'altro  grande miracolo.

 

Riccardo Fontana

 

 

 

 

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  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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