La piadina romagnola è sicuramente la più classica delle specialità romagnole e forse ha acquisito tanta popolarità in quanto è un alimento sano e genuino, tanto da essere definito "il pane dei romagnoli". Questo "pane" di vecchissima tradizione (preparato fin dai tempi dei Romani), come ogni antica specialità che si rispetti, ha una sua storia personale fra cultura popolare e ricette di cucina. In origine, la piadina era chiamata "Pane Azzimo" (farina-acqua-sale), cioè pane senza aggiunta di lievito, e la si trovava unicamente nelle tavole delle famiglie contadine al posto del pane quando la povertà si faceva maggiormente sentire, essendo preparata con un tipo di impasto che dava una maggiore sensazione di sazietà; poi, negli anni, l'evoluzione nella preparazione della piadina ha fatto si che venisse modificata la ricetta originaria in base alle tradizioni ed alla cultura di ogni città della Romagna inserendosi nella cucina tradizionale romagnola fra i prodotti gastronomici tipici ed acquistando una fama non solo nazionale ma anche internazionale. Ieri cibo dei poveri, oggi apprezzata anche dai palati più raffinati, la piadina (con differenti denominazioni dialettali a seconda del posto: a Ravenna, Faenza e Forlì si dice "pje", nella sola Ravenna anche "pjì" e "pjida", a Cesena e Rimini "pida", a Rimini città come in Valmarecchia "pièda"), è stata ispiratrice poetica di personaggi divenuti famosi, noti e meno noti, come Giovanni Pascoli, Marino Moretti, Aldo Spallicci, Aldo Zama, che tutti possiamo leggere e apprezzare, per ricordare e sentire il profumo (e prufóm) di questo alimento "antico" quasi quanto l’uomo. E chi meglio di PASCOLI, nato in terra di Romagna, poteva tessere l’elogio del pane e della piadina? Nel 1900 il noto poeta romagnolo scriveva (testo integrale di "LA PIADA"): "Io la giro, e le attizzo con le molle il fuoco sotto, finché stride invasa dal color mite e si rigonfia in bolle; e l’odor di pane empie la casa…" ALDO SPALLICCI canta l’amore struggente del soldato per la sua terra e la sua casa lontana, allorchè, nella trincea, gli giunge la piada che la madre gli manda avvolta in un candido tovagliolo di bucato: Oh Dio, la piê ! Udor da ca’ Che riva iquà ! E e’ se(n)t chi ch’magna Ëria d’Rumagna. Oh Dio, la piê ! | Oh Dio, la piada ! Odore da casa che arriva fin qua ! E che lo sente chi mangia Aria di Romagna Oh Dio, la piada! | Quanta nostalgia ma quanta verità nei versi di ALDO ZAMA: "E la tëvla l’è prô(n)ta, zà parciëda cun la tvàja cl’è d’cânva o d’téla bia(n)ca, cla sa d’udòr da cà, cl’è profumëda e è pâ(n) l’è in abundâ(n)za e màj l’amâ(n)ca parchè la màtra l’è pìna d’mirôn e, s’in bastèss, e fior l’è zà valë e l’alvadùr l’è prô(n)t e int e’ cassô(n) uj è la téggia par cusar la pië." | "E la tavola è pronta, già apparecchiata con la tovaglia che è di canapa o di tela bianca che sa di odor di casa, che è profumata e il pane è in abbondanza e non manca mai perché la madia è piena di mirôn (1) e, se non bastasse, la farina è già setacciata e il lievito è pronto nel cassone c’è il testo per cuocere la piadina." 1.mirôn: pezzi di pane locale | E con quanta dovizia di particolari ci racconta la minuziosa preparazione della piadina il poeta MARINO MORETTI, da parte di una donna antica, un'azdora della tradizione (testo integrale di "LA PIE' (Il pane dei poveri)"): "Ella era una donna antica, un'azdora (la massaia) della tradizione e si mostrava contrarissima alle azdore giovani che facevano della piada una pizza, un dolce qualsiasi, adoperando - le schizzinose - il puro fior di farina, gramolando e impastando col latte, lo strutto e la chiara d'uovo, aggiungendo perfino alla miscela appiccicosa quell'altra porcheriola del bicarbonato! La piada era la piada: era pane... Prima d'impastare, pensò al fuoco. Per cuocere la piada occorre la fiamma, la bella fiamma caduca, la vampata, il falò. Il grande testo rotondo, grande quanto lo staccio, deve riscaldarsi così prima che vi si adagi la pasta." www.youtube.com/watch?v=857oASboubY 22/ago/2012 - Caricato da LiberoSantoGraal3 |