Mal di voce
Nucci A. Rota
Aracne editrice S.r.l.
Cap 9 |
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Le testimonianze
Negli ultimi giorni del corso e già verso sera, arrivarono delle persone per portare la loro testimonianza. Vittoria ricorda una ragazza non più giovanissima il cui abbigliamento poteva ricordare una maestrina di provincia con una fluenza verbale vera-mente notevole, ma soprattutto una dizione perfetta. Lei raccontò di essere stata una bambina ed una giovane ragazza molto balbuziente ma di essere riuscita a sconfiggere il suo difetto frequentando più di un corso, uguale a quello che stavamo seguendo noi.
Dal gruppo ci fu chi le fece parecchie domande e tra queste le venne chiesto se aveva frequentato dei corsi di dizione. Era proprio la domanda che avrebbe voluto farle anche Vittoria, ma lei rispose di no. Solo il metodo, cioè la musicalità, almeno lei diceva, non solo sconfigge la balbuzie ma può anche far perdere l’accento nel proprio linguaggio.
Una sera con un’aria molto trafelata arrivò un signore di mezza età, con occhiali spessi e capelli piuttosto spettinati. Ci disse di essere un giornalista di un noto quotidiano, anche lui ci parlò a lungo dei disagi e sofferenze che gli aveva procurato la sua balbuzie, soprattutto durante l’adolescenza. Disse che i suoi genitori tentarono molte strade dalla psicoterapia, all’agopuntura ma poi il suo linguaggio migliorò sensibilmente dopo la frequenza ad un corso come il nostro. Questo gli permise di essere un brillante studente universitario (cosa che non era stato prima), ed intraprendere poi la professione di giornalista. Ci confidò di essere più a suo agio comunque con la parola scritta, anche perché questa gli aveva dato parecchie soddisfazioni nella vita. Per Natale sarebbe anche uscito il suo primo romanzo.
L’ultima sera, quella che si sarebbe chiusa con una cena in pizzeria, arrivò un ragazzo poco più che trentenne molto alto e piuttosto simpatico. Si rivolgeva sia al professore. che alla dottoressa con estrema confidenza, quasi si conoscessero da una vita. Riccardo, questo il suo nome, ci parlò a lungo della sua esperienza, si soffermò soprattutto sulla solitudine che accompagnava la sua vita di ragazzino balbuziente in un piccolo paese dell’hinterland milanese. Ci fece molti esempi delle sue piccole strategie per evitare le balbettate, si era già accorto, anche prima del corso, della facilità sulle vocali per cui era diventato abilissimo nell’usare i sinonimi. Le sue prove al bar dell’oratorio chiedendo sempre bevande che iniziavano con la vocale, tipo aranciata e mai chinotto come gli sarebbe piaciuto. Ci raccontò delle sue fantasie circa il cambiarsi il nome che iniziava con una consonante e gli sarebbe tanto piaciuto chiamarsi Andrea, come sarebbe stato facile presentarsi alle ragazze con un nome che iniziava con una vocale!
Andrea del nostro gruppo si sentì in dovere di intervenire dicendo che per quanto lo riguardava il suo nome non l’aveva mai aiutato, soprattutto con l’altro sesso.
Riccardo fu l’unico tra gli ex corsisti che osò parlare dei rapporti con l’altro sesso in modo così diretto ed esplicito e su questo argomento ci fece ridere parecchio, anche se i vissuti, quando era balbuziente, erano parecchio tristi, ma Riccardo aveva il grande dono dell’ironia che riusciva a stemperare l’amarezza di alcune situazioni.
Vittoria si accorse, e forse per la prima volta nella sua vita, di come fosse una grande risorsa l’umorismo, il sapere usare l’ironia soprattutto su di sé e mentre ci si racconta agli altri è una dote che ti può far “leggere la vita” in modo più leggero, ma per quanto la riguardava era una dote che doveva ancora apprendere.
Anche Riccardo naturalmente ci raccontò di come la sua vita cambiò dopo aver frequentato un corso come il nostro ma di come fosse necessario ancor oggi, dopo parecchi anni, un costante allenamento.
Il gruppo fece molte domande a Riccardo e lui con molto entusiasmo rispondeva, aveva senza dubbio il dono dell’empatia e fu naturale chiedergli se sarebbe stato con noi per la pizza. Lui accettò immediatamente.
Vittoria ha un gran bel ricordo di quei giorni, tenne i contatti con il gruppo per parecchio tempo andando periodicamente agli incontri che si tenevano nella stessa sede. Lucilla fu la prima ad abbandonare, abitava lontano e gli impegni di famiglia erano aumentati, gli altri lei compresa, si videro puntualmente almeno una volta al mese per circa un anno.