CI VEDIAMO A CASA
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Poesia
di
Beppe Salvia (1954 –1985)
Adesso io ho una nuova casa
Adesso io ho una nuova casa, bella
anche adesso che non vi ho messo mano
ancora. Tutta grigia e malandata,
con tutte le finestre rotte, i vetri
infranti, il legno fradicio. Ma bella
per il sole che prende ed il terrazzo
ch’è ancora tutto ingombro di ferraglia,
e perché da qui si può vedere quasi
tutta la città. E la sera al tramonto
sembra una battaglia lontana la città.
Io amo la mia casa perché è bella
e silenziosa e forte. Sembra d’aver
qui nella casa un’altra casa, d’ombra,
e nella vita un’altra vita, eterna.
La poesia è tratta dalla raccolta Cuore (Cieli Celesti), pubblicata postuma nel 1988, dopo il suicidio dell’autore. La bellissima poesia è tutta costruita sul contrasto tra il dentro e il fuori, tra la comunione e la separazione, tra un io dilacerato e l’altro lontano. Si vede che, nonostante la dolcezza della poesia, il calore della letteratura, il ruolo unificante dell’arte, i conflitti interiori non sono stati risolti, anzi pare che le lettere abbiano accentuato la già profonda sensibilità spirituale del giovane poeta e lo abbiano accompagnato al gesto estremo.
La casa qui è l’immagine dell’io, dell’esistenza stessa. E’ definita bella, ma contemporaneamente grigia e malandata, con finestre rotte e vetri infranti. Già si nota la incapacità dell’io narrante di ripararsi nell’intimità del dentro: niente riesce a difenderlo dalle aggressioni del fuori, che è visto e percepito come una battaglia lontana. Poi di nuovo, dopo qualche verso, la casa riacquista forza e bellezza.
In questo andamento pendolare tra il segno più e il segno meno, tra il nero e il rosso del tramonto è imprigionata una giovane esistenza. E’ quasi superfluo sottolineare come il sentimento dell’inadeguatezza, della fragilità, dell’incertezza sia la condizione generale dell’adolescenza, che conosce i repentini cambiamenti umorali e passa nel giro di pochi istanti dall’ilarità alla malinconia. Chi di noi, da giovane, non ha vissuto un’esperienza simile?
Una voce verbale particolare svolge una funzione importante per comprendere l’universo di Beppe Salvia: il verbo sembrare. Con questo verbo il poeta crea due forti similitudini: città/battaglia e casa terrena/casa eterna. Il poeta è tutto teso a costruirsi un mondo alternativo a quello effettuale, al mondo fenomenologico, che gli è foriero di dolore. Il ricorso alle similitudini e alle varie metafore mi sembra il tentativo di trovare un’ancora di salvezza nel mondo dello spirito, oltre i confini del reale.
Con un ritmo elegante, quasi classico, con un registro linguistico mutuato dal parlato, con una costruzione sintattica lineare e paratattica, il poeta è riuscito a scrivere una pregiata perla artistica, che risplende nella sua luce con il passare degli anni e lontana anche dal suo autore. Se questi avesse avuto la forza di continuare avremmo avuto di certo altre perle; ma la sua ricchezza interiore lo ha portato dentro l’altra casa, d’ombra, nell’altra vita, eterna.
Giuseppe Rotoli
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| www.dailymotion.com/.../xoq3pa_dolcenera-ci-v...15 feb 2012 - 4 min |
Io conduco un sito scientifico :
http://www.photomazza.com/?-Enciclopedia-&lang=it
anche nel mondo della sistematica mancano delle vocazioni ... oggi fanno solo biologia molecoloare perché lo studio degli animali e delle piante non rende ...
Ho appena discusso con un prete francese medioevale che non ha capito nulla sull'evoluzione ... ed in Europa i nuovi preti vengono dal terzo mondo ...
Ho un antenato papa e sono credente.
Bisogna essere positivi nonostante tutto ... altrimenti c'è solo disperazione.