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11 febbraio 2013 1 11 /02 /febbraio /2013 14:45
PADRE_GINO_LIBRO.jpg 
 
Tuesday 5 june 2012 2 05 /06 /Giu /2012 15:51
Wednesday 13 july 2011 3 13 /07 /Lug /2011 12:57

Adriana  Zarri 

 

 

La  teologa  eremita  Adriana  Zarri  mi  ha  detto  oggi  che  possiamo  aggiornare    il testo  della  Profezia   di  Malachia   con  gli  abbinamenti  ai  Pontefici,   aggiungendo  dopo  Benedetto  XVI   il  Papa  da  lei  identificato  con  Celestino  VI,   descritto  come  Petrus  Romanus.

Il  motto  è  da  collegare  al  giorno  della  ordinazione   episcopale  di  Mons.  Alberto  Silvani  a  vescovo  della  diocesi  di  Volterra,   avvenuta   il  29  giugno,  festa  dei  Santi  Apostoli  Pietro  e  Paolo,  i  patroni  di  Roma.

 

Riccardo

 

 

Lo stemma

Gaudium Domini fortitudo nostra

Il motto

La frase GAUDIUM DOMINI FORTITUDO NOSTRA è preso da Neemia 8,10 nella traduzione della Vulgata: “Gaudium enim Domini est fortitudo nostra”. Il significato è che la pace divina, riempiendo l’anima di gioia, è come una roccaforte contro le avversità della vita.

Interpretazione dei segni

Le cinque gemme rosse sulla croce ricordano le piaghe di Gesù, come i grani d’incenso del cero pasquale.

Il rosso è il colore intenso dell’amore e del sangue, della carità. L’amore estremo ha spinto il Padre ad inviare il Figlio che si è offerto per la nostra salvezza.

L’oro, il metallo più nobile, è il simbolo della prima Virtù, la Fede. Grazie alla Fede possiamo comprendere a fondo il valore del messaggio d’amore di Gesù, perpetuato nel mistero Eucaristico e tramandato a noi dagli Apostoli e dai loro successori, i Vescovi. La scelta del rosso e dell’oro costituisce un segno di filiale devozione al Santo Padre Benedetto XVI, che ha gli stessi colori nel proprio stemma. L’oro poi vuole anche ricordare il colore delle formazioni di calanchi, tipiche della zona di Volterra. La linea di partizione dello scudo, merlata, richiama il profilo panoramico della città di Volterra, i cui palazzi e mura abbondano di merlature.

Il “crescente” di luna, posto nel punto prioritario del capo dello scudo, è da sempre simbolo mariano (“Una donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi”,  Ap 12,1). In questo stemma assume un duplice significato: quello mariano per ricordare l’Assunta, cui sono dedicate la cattedrale di Volterra e la concattedrale di Pontremoli, e quello geografico della Lunigiana. È in argento, “smalto” che rappresenta la trasparenza, quindi la purezza della Beata Vergine. La forma del “crescente” di luna è quella esistente nella facciata della chiesa di Avenza.

Le chiavi decussate (in croce di Sant’Andrea), simbolo della potestà papale, ricordano il primo papa, San Lino, di Volterra, collaboratore degli apostoli (2Tm 4,21). Ricordano anche la liturgia del giorno della consacrazione episcopale di mons. Silvani, il 29 giugno (Mt 16,19).

Il libro aperto, pronto alla consultazione del lettore che si accinge ad apprendere, ricorda i 32 anni dedicati all’insegnamento da parte di mons. Silvani.

Lo stemma del Vescovo Alberto è agalmonico (o parlante), in quanto il bosco è un riferimento al cognome, Silvani, dal latino “silva”. Il castagno è pianta tipica della nostra regione. In araldica il castagno simboleggia sia le virtù nascoste, vissute nel silenzio e nella discrezione, in quanto il frutto è racchiuso dal riccio, sia la previdenza in quanto la castagna, tipico alimento delle popolazioni rurali, viene raccolta e conservata per la cruda stagione invernale. L’albero di castagno poi offre ombra e riparo d’estate, mentre d’inverno si spoglia per far passare la poca luce e non trattenere l’umidità. Infine il legno di castagno è duro da lavorare, ma se ben tornito produce mobili gentili e di lunghissima durata.

     

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dailymotion.com24 mar 2008 - 3 min
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11 febbraio 2013 1 11 /02 /febbraio /2013 13:40
File:Stemma alberto silvani.jpg
 
Sunday 17 july 2011 7 17 /07 /Lug /2011 08:02
Tuesday 5 july 2011 2 05 /07 /Lug /2011 11:55

MONSIGNOR ALBERTO SILVANI, VESCOVO DI VOLTERRA, SARA' IL CELESTINO VI DI ADRIANA ZARRI

Commenti

CHI ERA QUEL MONS. ENRICO BARTOLETTI, GRANDE AMICO DI PAPA PALO VI, MAESTRO, alla Conferenza Episcopale Italiana fino al 1976, DI MONS. ALBINO LUCINI poi diventato papa anche lui quasi certamente al posto dello stesso Bartoletti? L’Arcivescovo Bartoletti, che almeno una volta credo abbia rifiutato che Paolo VI che gli mettesse sulla testa lo zuccotto rosso cardinalizio per vari motivi gestionali e di opportunità politica, era amico dell’On.le ALDO MORO e un giorno, molto tempo prima, al mattino del 3 GIUGNO 1956 assai commosso, mi predisse che io avrei scoperto in futuro la data di Nascita di DANTE ALIGHIERI personaggio insieme, ovviamente, a tante altre cose su BEATRICE personaggio e sul Medioevo? I “media” non possono parlare del Bartoletti e nemmeno delle sue profezie poiché, alla fine, è stata vincente la linea pastorale e culturale che lui non condivideva e di cui anzi temeva. Oggi mi domando se forse esiste una interessata, sottile, e pervicace volontà di non far sapere nulla della “LINEA BARTOLETTI” che, dopo la morte di Luciani, aveva precedeuto la “LINEA RUINI” inaugurata da papa WOJTYLA. Se oggi potesse essere illustrata la “Linea Bartoletti”, della cui esistenza riferisce anche l’Enciclopedia WIKIPEDIA, il fatto sarebbe sconvolgente e, per me, da premiare, forse con il Nobel, poiché finirebbe per integrare, o anche smentire, tutta la plurisecolare ESEGESI DANTESCA TRADIZIONALE fedelmente e amorevolmente seguita con entusiasmo anche dal rivoluzionario ROBERTO BENIGNI. Con la “linea Bartoletti”, che è AUTENTICAMENTE ancorata al CONCILIO VATICANO II, verrebbero meglio inquadrati anche i motivi pastorali e culturali che condussero al crudele assassinio della neoplatonica IPAZIA DI ALESSANDRIA (415 d.C.), e anche i motivi del sorgere, dentro la Chiesa, di una mentalità INQUISIZIONALE tanto biasimata anche da Dante per motivi pastorali seguendo, ovviamente, la “LINEA DI SAN PIETRO APOSTOLO”.
Come incominciare il discorso? Rispondendo a Don Gino Burresi.

Caro Don GINO BURRESI, per me non è possibile soprassedere al pensiero, alla vita e alla vicenda di Mons. ENRICO BARTOLETTI, anche se fosse morto di morte naturale, poiché e con la fine della "LINEA BARTOLETTI" che poi si è potuta aprire la "LINEA RUINI". Lei mi sta parlando del dopo la "linea Ruini". Allora non potremmo che iniziare dal riconsiderare il Bartoletti: ecco perché ne parlo sempre. Ottima l'indicazione del nome di papa CELESTINO VI, meglio, come segnale, non si poteva trovare!!! Chi sa come ne rimarrà contento nell'aldilà CELESTINO V. Dunque il Bartoletti va sempre ricordato, non solo perché ad un certo punto stranamente, o sorprendentemente (?) si è aperta la Causa per la sua Beatificazione promossa sotto Ruini. Altra stranezza, però: il Promotore della Causa venuto da Roma, un frate, mi parve che a metà funzione, la sera della Domenica 11 Novembre 2007, ad un certo punto abbandonasse il rito, la cerimonia. Perché? Avrò preso lucciole per lanterne? Mons. Alblondi questo episodio me lo fece ripetere per ben due volte poiché lui alla Cerimonia fu assante, così mi disse, "per gravi motivi", poi si chetò. Può essere giusto riflettere sopra a tutto questo? Si volle allora anticipare un giudizio !!! Per me l'episodio sarebbe TERRIFICANTE, se non vidi male.
Leggo sul Blog del COMUNE DI CALENZANO, patria di don Lorenzo Milani e del Bartoletti, che faranno a Settembre 2011, quindi p.v., un Convegno su Mons.ENRICO BARTOLETTI guidato dall'On.le ROSA RUSSO IERVOLINO. L'idea è molto affascinante e politicamente centrata, buonissima, ma va in una direzione diversa da quella che lei si auspica che io intraprenda: dimenticare!!! Insomma il problema e che con la linea "Ruini", o ugualmente "Wojtyla", si è forse voluto cancellare a monte la figura del Bartoletti. Ha me è sembrato mettendo sotto controllo anche i "media" perché non ne parlassero. Tanto potere sui giornalisti esiste? L'una cosa ( quella bartolettiana) avrebbe finito per offuscare l'altra cosa (quella wojtiliana. Son matto? Mi sbaglio? Chiedo, appunto, lumi. Per me del Bartoletti meglio forse che non se ne sapesse nulla com'è affettivamente poi avvenuto? E' questo sembra essere nell'interesse anche della parte zoppicante, sia del PD che del PDL, eccetera, poiché il Bartoletti intervenne anche sulla politica: e, per questo, si considerava già morto, per quanto io no lo afferrassi bene durante l'ultimo colloquio. Perché dimenticare?. Legga le lettere che lui mi inviò e che io ho messo su FACEBOOK, "FOTO",a mio nome, insieme alla Delibera dattiloscritta, di 5 pp., di La Pira, veramente terrificante sul piano politico-amministrativo e, quindi, della democrazia. Io dunque insito, mentre da una parte sono dell'idea che il fertile progetto che lei ha in mente, Caro Burresi, cioè di profondo cambiamento, sia importantissimo, portatore di piacere spirituale e che anzi abbia la possibilità anche di concretizzarsi, dall'altra, a stare alle lettere inviatemi dal Bartoletti, io avrei, attraverso di Lui stesso, forse anche partecipato al CONCILIO VATICANO II e, certamente, all'interpretazione successiva che poi lui ne dette in tutta Italia (IL TRAGHETTATORE; colui che era contro i "MALI DI ROMA". Dunque insisto con questo mio intervento politico-autobiografico. Per me, al punto in cui è arrivata la CENTRALIZZAZIONE VATICANA, voluta con energica fede da WOJTYLA, l'unica strada per uscirne EVANGELICAMENTE sarebbe la seguente. Che quei vescovi che se la sentono di assumersene le responsabilità, consacrassero allora in segreto VESCOVO un sacerdote, o anche un laico (per il Bartoletti non vi era differenza sostanziale), e poi lo indicassero, con una lettera autografa sigillata e consegnata ad un notaio, quale degno successore, in base al loro stesso giudizio, della loro stessa Diocesi. Mons. Alberto Silvani potrebbe condividere? Ovviamente non volglio saperlo!!! Il nuovo Papa che lei pare abbia già individuato e che, probabilmente, credo degnissimo, per me dovrebbe poi anche arrivare a codificare quanto qui le ho imprudentemente rivelato, o auspicato. Ecco comunque il mio nuovo e palloso intervento autobiografico.

Mi è dispiaciuto molto aver visto pubblicate nell'anno 1994 da MASSIMO TOSCHI le due lettere inviate da Don Lorenzo Milani (da ex san Donato alla parrocchia di Barbiana) a Mons. Enrico Bartoletti (di ex Carraia ad Ausiliare dell'Arcivescovo di Lucca e poi a Roma alla CEI). Le due lettere sono quelle in data 10 settembre 1958 e 1° ottobre 1958. Il dispiacere? Poiché il mio amico Don Alessandro Campani di Sommaia, in esse stesse più volte ricordato dal Milani, non vi faceva una bella figura, mentre lui era ancor vivo e vegeto; da aggiungere che anche il Bartoletti, nel modo in cui il Milani l'aveva trattato, appariva tutt'altra persona da quello che era effettivamente, specialmente in quel momento e che poi fu ancor più meravigliosamente. Dunque io dovetti avvisare telefonicamente il Campani della pubblicazione anche perché queste due lettere non erano esaltanti, appunto, nemmeno per la persona di Mons. Enrico Bartoletti. Mi fece piacere sentirmi poi dire da mons. Alberto Ablondi, vescovo Emerito di Livorno, che non solo avevo fatto bene a telefonare al Campani, ma anzi, che così telefonando, avevo dimostrato di essere un pochetto anche il Segretario in pectore dello stesso Bartoletti, come una volta il Bartoletti stesso si era fatto sfuggire di bocca, chi sa perché.
ADESSO AGGIUNGO.
Della Politica? Un po’ se ne interessano anche la C.E.I., il Vaticano e il Sommo Pontefice.
Come…?
Si legge su l’ENCICLOPEDIA Wikipedia alla voce
Mons. Enrico Bartoletti
Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Enrico Bartoletti (San Donato di Calenzano, 1916 – 5 marzo 1976) è stato un arcivescovo cattolico italiano.
Nel 1958 fu nominato vescovo ausiliare di Lucca. Fu consacrato vescovo nella basilica fiorentina dell'Annunziata, in quanto non appartenente al capitolo della cattedrale. Chiamato (da papa Montini) a ricoprire l’incarico di Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana nel 1972, sotto il pontificato di Paolo VI, dimessosi da arcivescovo di Lucca (o da Amministratore Apostolico, sede plena, dell’Arcidiocesi di Lucca resta ancora da chiarire [?]) nel 1973, si trasferì a Roma ove rimase fino alla sua improvvisa morte per malattia ( avvenuta il 5 marzo 1976 in ospedale dove però sembra stesse piuttosto benino).
Mons. Bartoletti propose di far leva sulla Parola di Dio (cioè sullo spirito del Vangelo improntato alla più ampia libertà di scelta). Il primo piano pastorale della CEI fu battezzato "linea Bartoletti" tanto era dominato dal suo orientamento pastorale. (Un sacerdote mi confidò che in alcuni ambienti del Vaticano, anche dopo diversi anni dalla sua scomparsa, alla parola “Bartoletti”, tremavano ancora per la profonda idea che lui aveva della LIBERTA’). I documenti figli del piano pastorale “linea Bartoletti”, si muoveranno nell’ottica bartolettiana centrata sull’annuncio del Vangelo. Egli si prodigò affinché le indicazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II venissero recepite ed attuate dalle diocesi e dalle parrocchie. La linea Bartoletti” ha guidato le scelte della conferenza episcopale italiana fino all'arrivo in Cei della linea Ruini. Nel novembre del 2007 , (nella Cattedrale di san Martino la Domenica 11 Novembre 2007) è stata aperta a Lucca la fase diocesana della causa per la sua beatificazione. Ma com’è che passiamo, appunto, dalla linea Bartoletti alla linea Ruini? Dalla linea Bartoletti che puntava, fra le altre cose, sull’onorevole Aldo Moro, alla linea Ruini che invece puntava sull’onorevole Silvio Berlusconi? Il Vescovo Emerito di Livorno, Mons. Alberto Ablondi, che durante il sequestro Moro si voleva sostituire a lui nella carcere delle Brigate Rosse
Commento n°1 inviato da Giovangualberto Ceri oggi alle 01h00

Grazie Giovangualberto. Allora non sono pazzo !

Anch'Ella, esperto di astrologia dantesca, vede,  fra gli astri, il lunigiano incamminarsi verso la Città Eterna.

Forse  può anche indicarci la datazione esatta  del viaggio di solo  andata di Mons. Alberto Silvani verso  Piazza  San  Pietro ?

Riccardo  

Sunday 17 july 2011 7 17 /07 /Lug /2011 11:03

Enrico Bartoletti - Vescovo del Concilio – Testimone di speranza

Commenti

L'On.le ALDO MORO, Mons. ALBINO LUCIANI, il Card. Poma e tutta la CEI di allora seguivano la LINEA BARTOLETTI contro la corruzione e le tangenti approvata pienamente da PAOLO VI. Però, dopo, oggi, tutti zitti. Questo silenzio lascia supporre che diversi di loro morirono per liberare l'Italia da questo flagello.
Dopo che mons. Enrico Bartoletti mi aveva rivelato (confessato) questo indirizzo politico-culturale del direttivo della C.E.I. di allora aggiunse. "Non mi tradire anche questa volta se no non mi rivedrai più!". Io invece, purtroppo e anche se solo in confidenza, lo rivelai. E fu così che io, Lui, non lo rividi più.
Se il VATICANO e la C.E.I. (card.li BAGNASCO + RUINI), seguendo la famosa LINEA RUINI che è lentamente iniziata dopo la morte di papa ALBINO LUCIANI, hanno indicato adesso (dicembre 2012) di "preferire" MONTI per il futuro governo, perché lo ritengono il legittimo prosecutore della valida politica (per loro) di BERLUSCONI, ebbene il PARTITO DEMOCRATICO non può rimanere a guardare, inerte, silenzioso, o fare il timido. In seno al PD ci sono anche i cattolici !!!
Orbene esisteva prima di papa K. WOYTJLA e di RATZINGER, la famosa LINEA BARTOLETTI, adesso caduta nel dimenticatoio ma che è durata fino al delitto ALDO MORO e al pontificato di LUCIANI il quale, perfettamente, l’avrebbe voluta applicare. A mio giudizio anzi, per quello che ne so io, l'ON.LE ALDO MORO, amico dell’On.le MARIA ELETTA MARTINI di Lucca e stimatore di PADRE BARTOLOMEO SORGE, di GIUSEPPE LAZZATI ecc., potrebbe addirittura essere stato ucciso anche perché, silenziosamente, seguiva la "linea Bartoletti". Tale linea prevedeva: a) l'applicazione integrale del VANGELO che vuole che nessuno entri in PARADISO per il contributo coercitivo delle leggi, cioè di “Cesare”; b) una lotta senza deroghe alla CORRUZIONE e alle TANGENTI anche perché queste rendono impossibile la LIBERTA’ e quindi i valori evangelici oltre a quelli della Resistenza; c) lo schieramento dei cattolici a difesa della legge 1/12/1970, n. 898 sul Divorzio coniugale. Nel complesso una linea che però dava un po’ noia, per motivi diversi, a quasi tutti i Partiti politici di allora anche per confessione, fatta a me, dallo stesso Bartoletti. Adesso questa linea Bartoletti il PD la dovrebbe poter rispolverare. Lo so anch’io che è una cosa tremenda, faticosissima, pericolosissima ed apparentemente autolesionista, ma non esiste alternativa. Adesso CHIARISCO meglio.
Mi diceva don DANO STEFANINI, parroco di San Donato a Lucarno, che lui, quand'era ancora in Seminario, era stato buttato fuori dal Bartoletti poiché non lo riteneva adatto a fare il prete. Poi, ovviamente, il Bartoletti si ricredette e lui poté ritornare finalmente in Seminario. Questo per arrivare a dire che il grande ed amato don Stefanini, che io avrei fatto Vescovo come ebbi a dirgli nel 1993, sul Bartoletti, morto nel 1976, non aveva motivo di fare sconti, di dirne troppo bene. Orbene così mi disse Don Stefanini nel 1993 confortando le mie idee. “In VATICANO, del Bartoletti, c’è ancora chi ha paura a ricordarne perfino il nome: tremano ancora alla sola parola “Bartoletti”, toccandosi subito dopo il portafoglio, se non le palle. E non solo per il suo Convegno su “MALI DI ROMA”, o perché lui si era fatto nominare da PAOLO VI controllore di “Comunione e Liberazione” poiché qualcosa lì non andava. Tremano ancora perché si sono ripromessi di cancellarne perfino il ricordo per una serie di ragioni e dunque sarebbe vietato perfino nominarlo. Chi è poi costretto a dire bene per motivi d’Ufficio, non di rado si attiene, sempre per i ricordati motivi, ad una certa parsimonia: insomma va giù col contagocce. Si legge comunque, e il cardinale CARLO MARIA MARTINI era di questa stessa idea: “ Monsignor ENRICO BARTOLETTI, il grande amico di papa PAOLO VI, “il suo Alter Ego”, “il Traghettatore della Chiesa in Italia dopo il Concilio Vaticano II”, …. “il vero interlocutore di Paolo VI nella stagione della contestazione (1972 – 1976)” ecc. ecc.” Letto ciò e dopo averne preso atto, adesso io ho qui sotto gli occhi anche i volumi di PINO CASAMASSIMA dal titolo “Il libro nero delle Brigate Rosse” (Newton Compton, 2012), quello di RICCARDO CHIABERGE dal titolo “Lo Scisma” – Cattolici senza papa – (Longanesi, Milano, 2009), e quello di GIANLUIGI NUZZI dal titolo “Vaticano S.p.A.” (Milano, Chiare lettere, 2009) in cui si ricordano, nel primo circa novecento nomi di personalità di quel periodo, nel secondo circa trecento, e nel terzo circa quattrocento nomi però, di Mons. ENRICO BARTOLETTI, nemmeno l’ombra, nemmeno uno starnuto. Nel volume di Nuzzi la figura di Paolo VI, di Montini Giovanni Battista, viene addirittura ricordata quattordici volte circa. Stupefacente !!! Ma sarà per caso ??? Avrà avuto allora ragione don Dano Stefanini a dire che del Bartoletti stanno tentando di cancellarne perfino il nome, da tanta paura che, in Vaticano, ne hanno avuta? La storia che adesso vogliono farlo santo credo che sia anch’essa una reazione, se pur debole, al tentativo di cancellazione totale. Evidentemente non tutti ci sono stati. Ma andiamo avanti concludendo.
Ritengo quindi difficoltoso che il PARTITO DEMOCRATICO possa oggi opporre alla LINEA RUINI favorevole a Berlusconi e a Monti, la LINEA BARTOLETTI pienamente favorevole ad un autentico e libero laicato, nonché dichiaratamente contro la corruzione e le tangenti. Però non ci sono alternative. Se la C.E.I. si è schierata per una parte politica, stimolando me ad intervenire, la parte opposta non può stare a guardare. Cosa ne pensa il grande stratega Bersani? Io quello che dovevo ricordare l’ho ricordato. - F.to GIOVANGUALBERTO CERI
Commento n°2 inviato da Giovangualberto Ceri 2 giorni fa alle 16h34
Tuesday 5 july 2011 2 05 /07 /Lug /2011 11:55
Monday 4 july 2011 1 04 /07 /Jul /2011 21:02

LETTERA AL VESCOVO DI VOLTERRA, S. ECC. MONSIGNOR ALBERTO SILVANI

Commenti

No, no, no! Io non conosco Mons. Alberto Silvani. A parte il Bartoletti, di cui con il silenzio dei "media" si è deciso di oscurarne la figura, io non sono stato amico di altri vescovi. Di Mons. Bartoletti ero invece il suo primo e più grande amico, così penso. E non solo perché lui mi disse una volta che "i suoi veri amici si contavano solo sulle dita delle mani e, forse (aggiunse), di una mano sola", ma inoltre anche perché credo di essere stato, in pectore, anche il suo intimo Segretario, per quanto sbagliato, o sballato, e dichiaratomi anzi lui anche "traditore". Da tale accusa credo però di essermi riscattato telefonando a don Alessandro Campani della pubblicazione delle lettere di don Milani allo stesso Bartoletti datate 10 settembre 1958 e 1 ottobre 1958, a cura di Massimo Toschi (1994). Ho poi conosciuto solo l'Agresti e l'Ablondi. Io, gli altri vescovi, li conosco solo per sentito dire. Quando però venne per Natale a Firenze Paolo VI, nei 1966 ai tempi dell'alluvione e io ero già da allora schierato e incazzato per gli APPALTI e la CORRUZIONE e le TANGENTI sul Dazio a Firenze e a Palermo, papa Montini, uscito dopo le funzioni dalla Basilica di Santa Croce, in piedi sulla macchina quando mi vide da lontano fece fermare l'auto per parlarmi. Mi trovavo a sinistra guardando la facciata e all'altezza del monumento di Dante che, allora, si trovava al centro della piazza, con tutti i riflettori addosso che ancor oggi mi accecano. Rifiutai recisamente il dialogo col Pontefice per una serie di motivi complicati, però mi rafforzai nell'idea che, in seguito, avrei fatto importanti scoperte su Dante e sul medioevo, che il Bartoletti sarebbe stato il suo grande amico, e che quell'eroico rompipalle di don Lorenzo Milani, proprio a causa di quel silenzioso momento, avrebbe finalmente avuto il successo che lui stesso si aspettava. Come vede, Caro don Gino Burresi, è chiaro che sto delirando. Tuttavia mi piace, anche perché mi giunse dalla Germania (TV) una lettera in cui un amico aveva notato il tentativo di Montini di parlare con me. Quando andai a Roma, nel 1974, a trovare il Bartoletti, mi volle anche ricordare che la mia previsione scritta, che lui sarebbe diventato grande amico di Paolo VI, si era avverata, ma poi cambiò subito discorso, fortunatamente. Una volta mi risposte assai cordialmente anche il Card. Martini e un'altra il Card. Biffi: per me stanno bene insieme tutti e due, anche se qualcuno ne sottolinea troppo le differenze. Io li credo ancor oggi entrambi attratti dalla "linea bartoletti" alla C.E.I.
In seguito all'invio dei miei volumi mi hanno risposto, mandandomi la loro amata Benedizione Apostolica, anche il Sommo Pontefice Karl Wojtyla e J. Ratzinger, però non hanno avuto il tempo, così credo, di dire, o di fare appurare, che io, su Dante e sul Medioevo, ho pienamente ragione. Non credo sia stato perché pensano che non convenga alla Chiesa sottolineare questa verità poiché la VERITA', secondo il Vangelo, ad Essa conviene sempre, alla fine.
Sono invece in questi giorni rimasto molto dispiaciuto che il degnissimo e stimatissimo Cardinale DIONIGI TETTAMANZI di Milano abbia accettato di passare fra gli Emeriti insieme a Martini, senza esigere di NOMINARE LUI STESSO DI PERSONA IL SUO SUCCESSORE. Pare arrivi a Milano il Patriarca di Venezia SCOLA. Speriamo che lui abbia ancora in mente l'impostazione culturale del Bartoletti quando il Bartoletti stesso si fece nominare da Paolo VI a seguire COMUNIONE E LIBERAZIONE, al fine che non deviasse. Questa associazione non avrebbe dovuto essere infatti, per me, quella che è oggi. Secondo la mia personale sensibilità, quale partecipante, con molti forse e per interposta persona (il Bartoletti) al CONCILIO VATICANO II, l'amatissimo e stimatissimo Cardinale TETTAMANZI, data la situazione attuale, avrebbe dovuto prendere il sacerdote, o il laico, per lui più adatto e degno a succedergli e, in segreto, avrebbe dovuto consacrarlo vescovo, e poi mettere nella sua corrispondenza privata una sua dichiarazione notarile dell'avvenuto e della sua personale volontà: così sarebbe stato rispettato lo spirito del CONCILIO VATICANO SECONDO, almeno secondo il mia personalissima opinione.
Ho detto cose sbagliate, o inopportune? Ma tanto presto noi del 1937 siamo morti e tutto verrà sepolto.
Firenze, 5 Luglio 2011
GIOVANGUALBERTO CERI
Commento n°1 inviato da Giovangualberto Ceri oggi alle 11h17

Caro Giovangualberto, Lei non dice mai, a mio avviso, cose sbagliate o inopportune. Lei dice  solo quello che pensa, perché è sincero e un giorno la Sua sincerità sarà premiata. Se Lei non ha tanta fretta di morire, lo vedrà coi propri occhi, non appena Padre Gino Burresi verrà riabilitato.

Riguardo a Mons. Alberto Silvani, mi azzardo adesso io a fare una previsione scritta, che io  diventerò grande amico di un futuro Papa, l'attuale  Mons. Alberto Silvani, che sceglierà il  nome  di Celestino VI quando salirà sul Soglio Petrino e sarà il Papa,  che la teologa Adriana Zarri  ha sempre sognato. Spero che anche Lei, Giovangualberto, sia presente in Piazza San Pietro quel giorno e piangeremo insieme dalla commozione.

 

Riccardo

 

www.youtube.com/watch?v=Iv5vb0THWxM
21/ott/2009 - Caricato da 19shed72
 

 

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11 febbraio 2013 1 11 /02 /febbraio /2013 03:02
Pozzo con donna - Cod. PQ01

 

GLI ANGELI DI PADRE GINO BURRESI....

Commenti

mia nonna d 84 anni ha conosciuto padre gino burresi tanti anni fa ora esprime il desiderio d parlare cn lui, ma nn riesco a trovare informazioni su dove vive ora, e soprattutto se si trova ancora in italia...potete aiutarmi? grazie
Commento n°1 inviato da daniela ieri alle 19h27

Cara Daniela, io vorrei tanto aiutarti, ma come saprai, a Padre Gino Burresi è stato vietato da Papa Ratzinger ogni contatto con i fedeli.

Solo gli " infedeli " hanno avuto l'ardire di porgere al sovrano assoluto del Vaticano, cioè a Papa Benedetto XVI,  la preghiera di riabilitare Padre Gino Burresi.

Molti altri stanno a guardare o se la fanno sotto dalla paura, servi del cuore immacolato di maria e loro simpatizzanti compresi.

Padre Gino Burresi gode di poca simpatia ma guarda caso tutti vorrebbero qualche aiuto da lui.

Come succedeva a San Vittorino, da una parte lo sfruttavano e dall'altra lo denigravano.

E quando alla fine lui è inciampato, nessuno lo ha raccolto.

Lo hanno continuato a sfruttare, ordinandogli persino di fondare un nuovo ordine, quello dei servi del cuore immacolato di maria, perché così portava soldi al Vaticano.

Poi quando allo stesso Vaticano è piaciuto ed è convenuto, lo hanno definitivamente affossato in occasione degli scandali sulla pedofilia, perché il suo nome era altisonante.

Per non parlare di quelli che mi mettono, anche in maniera subdola, il bastone fra le ruote e cercano con ogni mezzo o mezzuccio di fare naufragare la petizione da me creata per chiedere al Vicario di cui sopra di liberare Padre Gino Burresi.

Questi potenti signorotti, papa e cardinali, hanno già ottenuto quel che volevano : fare svergognare Padre Gino Burresi dinanzi al mondo intero.

Ma questo a loro non basta : vogliono l'accanimento terapeutico e non concedono a Padre Gino Burresi l'eutanasia dai suoi peccati.

E poi ci presentano un Dio misericordioso.....

Eppure nonostante la guerriglia che mi oppongono i falsari dello spirito, la petizione pro Padre Gino Burresi va avanti.

Anche un solo firmatario in più significa la sconfitta per il caro Papa Ratzinger, che deve solo incassare, e questa volta, purtroppo per lui, non si tratta di denaro ma di anime misericordiose che possono impartirgli una lezione evangelica sul perdono disinteressato.

 

Quindi cara Daniela, dì a tua nonna che se vuole conferire con Padre Gino Burresi ha due possibilità:

 

servirsi di questo mio blog per inviare una lettera aperta a Padre Gino Burresi, che io pubblicherò, dedicandole un articolo speciale

 

oppure

 

firmare la succitata petizione per accelerare la  riabilitazione di Padre Gino Burresi.

 

Riccardo Fontana

 

► 4:31► 4:31
youtube.com22 lug 2011 - 5 min - Caricato da Sleepdriver1984

 

   

 

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10 febbraio 2013 7 10 /02 /febbraio /2013 19:38

 

 

http://www.pmua.it/download/[ebook].Piccolo.manuale.di.Umanesimo.ateo.-.Il.perche.e.il.percome.di.una.vita.senza.dei_2012.pdf

 

 

matematica-neuroscienza-operazioni-scimm

 

 

Alcuni credenti arriccerebbero ora il naso in disapprovazione: se tali argomenti

hanno occupato migliaia di libri nei secoli, e richiesero giorni e giorni solo per

essere formulati da così tanti arguti filosofi e teologi sopraffini, due paginette di

obiezioni non vanno forse liquidate per superficialità? E' questa, invece,

un’obiezione superficiale: la forza di ogni argomento va valutata in se stessa, non

per quanto ha coinvolto o sconvolto l’altrui pensiero.

2 Solo questo dev’essere il

criterio di giudizio, perchè il tema può essere di fatto più semplice, essere stato

mal analizzato nonostante fiumi di inchiostro, o semplicemente essere vecchio e

sorpassato. Non passiamo più un istante a meditare sul modello geocentrico del

sistema solare, visto che la Terra non è al centro di nulla dal ’500… La massima

parte dei discorsi teologici sono dello stesso stampo. In particolare, quegli autori

cominciano da metà strada, avendo cioè dato per scontata l'esistenza di dio, e

anzi del loro Dio; così, se pure ne sono uscite pagine di grande bellezza e profondità,

persino di grande appeal intellettuale, esse non fanno che rinfrancare lo

spirito di chi già vi crede. Inaccurate e astratte, esse dimostrano soltanto quanto

può fuorviare la forza di una fede che venga prima dei fatti.

La Cappella Sistina non prova alcunchè. La fede vince in romanticismo, ma

perde in verità e realismo.

E' molto piu facile oggi – in tempi di libero pensiero e democrazia – demolire certe

trovate un tempo maestose, da parte di scienza, logica e sensibilità moderne.

Se questi contro-argomenti sono da respingere, lo si faccia mostrandone

l’errore, non li si eviti a priori solo perché sviluppati in meno di un’enciclopedia.

Ora fatti un favore: riflettici. Qui pure si va in profondità. Ma per prima cosa in

direzione della verità e dell’uomo, non della fede, nè di Dio.

Instancabile, il prete (o chi per lui) che ancora non si lasciasse sfiorare dal minimo

dubbio e non rinunciasse ad ‘illuminarci’, potrebbe ricorrere ad imbarazzanti

argomenti-patacca. Esempi:

Minimizzare: ≪L’ateismo, che banalità≫… E perché?

Elucubrare: ≪In realtà tu senti dio ma non lo vuoi ammettere≫. Eeeh??

Mischiare le carte in tavola: ≪Dio è Bene, si fa il bene solo in lui≫. Beh,

forse Dio è Bene, ma Bene non è solo Dio. Senza, infatti, fare Bene si

può eccome.

Molle opportunismo: ≪Credici, che se c’e t’e convenuto≫. Reversibile: se non c’e, tutta la nostra sola vita cosi? Se poi c’e, non sarà felice che abbiamo cercato e ragionato da soli?

Fraintese mancanze: ≪Beh, l’alternativa atea cosa offre di valido?≫. Il meglio

della religione senza il peggio della religione, più qualche altra buona

cosa, umana originale doc.

Sconcertare: ≪Sai che umiliazione derivare dalle scimmie? Sai quanto

più affascinante è l’idea di un dio nel mondo?≫. Umiliante no, ora siamo

umani! Affascinante sì, ma… vero?

Prendere per i fondelli: ≪Sei troppo piccolo/a per questi discorsi≫. Detto

da uno che ci ha battezzato a pochi mesi.

Sottovalutare: ≪Cosa ne sai tu della fede…≫. Già, questa materia oscura…

Infine, probabilmente indispettito dalla nostra ‘testardaggine’, il povero prete

potrebbe rilanciare con la mitica frase: ≪Non c’è bisogno di prove per credere in

Dio, basta la fede≫ …E grazie! In fondo, sono convinto, neanche lui crede che

‘basta la fede’. Infatti usa la ragione in ogni momento – pianificare una spesa, affrontare

un viaggio, aiutare un parrocchiano, curarsi se sta male, … – solo che

non può applicarla alle basi del suo credo, che crollerebbe d’un botto.

Avere fede senza prove è una cosa ad alto rischio. ≪Ragazzi, Dio è una carota! Lo

so per fede!≫. Fa ridere. Una prova fa la differenza fra la verità e una balla colossale,

fra i fatti e le superstizioni, fra la migliore approssimazione della realtà e le

false certezze di un’illusione.

Basta credere? Allora credete che io sia un dio. Tra un paio di secoli, se saremo

stati bravi, avremo proseliti in tutte le galassie!

Ragionare sulle cose, raccogliere prove e scoprire la verità sui fatti che ci riguardano

è impegnativo, ma molto più funzionale. E libera una felicità di qualità più

pregiata del cullarsi in credenze prive di evidenza, o del diventare i pupazzetti di

qualcuno che sulla svendita di quelle credenze ci campa.

~∞~

D’accordo che uno crede in quel che gli piace, ma meglio qualcosa che dia una

certa garanzia di esistere, no?

~∞~

≪Però tu non puoi provare che Dio NON esiste≫. E' vero. E allora?

Non è un problema che l’affermazione sia ‘al negativo’, ma la sua vastità. Ad esempio,

si può benissimo provare che in una scatola di cerini non ci sia un ippopotamo.

La apri, non c’e. La cosa cambia quando si tratta di provare la non esistenza di una entità mistica residente oltre natura.

Per essere formalmente certi che qualcosa non esiste, dovremmo prima guardare

in tutto l’universo, in ogni tempo, e questo… è un po’ difficile! Va bene, allora,

dimostrino i credenti che i draghi sputafuoco, gli unicorni viola, le superformiche,

il Dio-coniglio e Zeus NON esistono. Come, non si può? O bella!

E' possibile dimostrare la non-esistenza di qualcosa di cui non si ha traccia concreta?

E per non crederci, siamo forse obbligati a dimostrare la non-esistenza di

ogni personaggio incorporeo o clandestino dai poteri irrintracciabili? Di ogni

singola fantasia?

Andar dietro a questo tipo di idee per ‘provarle false’ sarebbe un immane lavoro,

in realtà senza fine, e in larga parte chiaramente inutile, un vero spreco di risorse

e di tempo. Chi vuole si accomodi, ma è la strada sbagliata, e la scienza lo sa. Meglio

fare il contrario: provarle vere, definirle, capirle, nel momento in cui in

qualche modo si manifestano.

Ora, di fatto, di qualsiasi cosa è vero che scientificamente ‘non sappiamo’, non

proprio tutto almeno. Non essere certi è la condizione di base, per noi. Ma ci sono

cose che conosciamo meglio, indubbiamente. Avendole osservate e sperimentate,

con risultati costanti, malgrado il fatto che potremmo sbagliarci e sempre

aperti a nuovi indizi, di esse diciamo che esistono e che funzionano in un

certo modo. Altre invece ci sono completamente oscure. Quali e quante sono,

come e se sono, sappiamo zero. E allora con lo stesso criterio – cioè malgrado il

fatto che potremmo sbagliarci e sempre aperti a nuovi indizi – NON avendole potute

osservare NE' sperimentare con risultati costanti, NON potendo essere attribuite

con sufficiente certezza ad alcun fenomeno misterioso e NON essendo

strettamente necessarie alle teorie che già spiegano quelli conosciuti – queste,

ancora non esistono per noi!

Per ritenerle vere, reali, presenti, e almeno probabili, ragionevoli o anche solo un

filo… plausibili, abbiamo bisogno di buoni motivi, di conferme. Prima. Altrimenti,

l’assenza di prove è prova di assenza. Quella cosa può esistere, ma finchè

assente, come crederla presente? Non è ovvio per i centauri e i licantropi? Perdono

tempo, i credenti, con gli altri dei? Allo stesso modo, perchè non accantonare

il proprio, ma insistere a vederlo alla luce del buio?

La cosa è semplice: o abbiamo prove sufficienti e ragioni consistenti per convenire che

una cosa esista e sia fatta in un certo modo, oppure no. Se non ne abbiamo, ritenere

che non esistano è l’unica conseguenza logica e funzionale, non un dogma nè

una prova in senso assoluto, ma lo stato di partenza. Inesistente fino a prova

contraria: l’evidenza deriva dallo studio dei fatti, non può esserci (e non puo essere

richiesta) prima o a prescindere, checchè ne dica una fede. Non conta non

poter provare ciò che non ha luogo, ma verificare e conoscere ciò che lo fa. Esiste

ciò che si manifesta, il resto è ancora un’idea.

Il dato di fatto è che guardi e dio non c’e: in questo senso sì, possiamo dire eccome che ‘Dio non esiste’, come facciamo per tutta la miriade di esseri divini, di

miti e forze magiche impalpabili partorite e rimaste nella nostra fantasia, con la

tranquillità di un giudizio legato ai fenomeni e non eterno. L’argomento iniziale

dunque non ha alcun senso, nè forza di prova diretta o indiretta, e citarlo dimostra

piuttosto una certa ingenuità. E' interessante infatti che il credente non scelga

alcuno degli altri dei in base ad esso; ma improvvisamente, per il proprio, vale.

Facciamo luce quindi su un altro errore, tanto banale quanto diffuso: il fatto che

la scienza ancora non spieghi certe cose, non rende una alternativa qualsiasi automaticamente

vera. Non è abbastanza per ritenerla vera. “Non sappiamo cosa

causa il fenomeno X, dunque la causa Y che io sostengo è vera!” -> ragionamento errato.

Si può certo sempre credere con fede, uscendo appunto di razionalità. Perchè

hai presente quando non trovi piu un calzino, o sparisce l’accendino, o il

numero di forchette in casa non torna più? Un classico, a chi non è successo?

Beh, c’è chi dice infatti che nelle nostre case vivano dei buffi omettini minuscoli

che amano farne collezione… Li vedresti, se avessi gli occhiali di farfalla, ma il

calzino sparito è la prova che esistono…

L’assenza di prove può al massimo rendere reale una possibilità di esistenza, il che

non giustifica la sicurezza sull’esistenza che la fede cerca di sfoggiare. E' una possibilità

solo teorica – che non si nega a nessuno – e c’è anche quella che non esista…

Possiamo immaginare infinite cose con una possibilità di esistenza, ma invisibili

e non provate, e allora? Facciamo già che sono vere? Tutte? “Siccome è possibile

che sia vera, allora lo è!” -> ragionamento errato. Si può certo credere con

fede… Magari sull’Everest c’è uno che vende windsurf, ci credi?

Dire che una cosa è possibile non ci aiuta in niente, dato che tutto è ‘possibile’.

Diamo un angolo di universo ad ogni mistero e possibilità teorica, e avremo una

buona scusa per tutto, dalle divinità ai vampiri.

Basterebbe chiamarle ipotesi. Ipotesi ufo, ipotesi folletti, ipotesi piccoli uomini

minuscoli che vivono nascosti in casa mangiano briciole e escono quando dormiamo,

ipotesi uomonero, ipotesi reincarnazione, ipotesi… Dio. Qual è il problema

a non pretendere che sia già una verità? Facciamolo, e siamo ancora nel

campo del razionale. E' nel balzo dall’ipotesi alla certezza che si entra nell’affollato

e onnistupefacente pianeta della fede.

Per la scienza infatti sarebbero al massimo dei punti di partenza, non di arrivo.

Ma poi ancora: davvero sono ipotesi di lavoro valide? La cosa va vista in questa

luce: considerate le ambiguità di base, le ragioni alternative, le prove contro, gli

errori, i dubbi, i misteri, le singolarità, i trucchi e i falsi allarmi della teologia, e il

fatto che idee del genere – per definizione sopra-naturali – non sono direttamente

osservabili nè testabili (qualità necessarie di una buona ipotesi) nè falsificabili

(ovvero: per ogni caso irrisolto o esperimento fallito c’è una scusa che dice che

esistono lo stesso. Qualsiasi verifica dunque non ha più valore) e poichè sono

totalmente imprevedibili e poste a causa di un fatto senza la minima connessione

sicura con esso (altre 2 condizioni necessarie) oltre che, nel caso di dio, vaghe

immodificabili e sovrabbondanti (in scienza si va per la parsimonia: perchè aggiungere

un dio se una teoria funziona anche senza?)… considerato tutto ciò, è

sbagliato dare a questo tipo di ipotesi lo stesso peso e la stessa forza di quelle che

ne sono l’opposto. Esse non hanno alcuna proprietà scientifica, nè, ad ora, alcun

ruolo necessario o significativo secondo il metodo razionale. Perchè proprio

questo metodo? Perchè è il più attendibile: di fronte all’ignoto e al sorprendente,

osservazione, ipotesi e verifica consentono teorie coerenti, previsioni affidabili e

correzioni incessanti. Non si può dire lo stesso di dogmi e preghiere. Idee del genere

sono del tutto inutili alla scienza. Questo è il pane della fede.

Nondimeno, gli dei potrebbero esistere. Ma abbiamo modo di saperlo, finchè

vorranno giocare a nascondino, i birbanti? Semplicemente, finchè non si faranno

vivi… finchè non si faranno collegare ai fatti con certezza… dobbiamo pensare

che tutti questi esseri non esistono. Quando succederà, se succederà, sarà un

piacere cambiare idea. E magari intanto cercare, con forza e perseveranza, la verità,

scrostando via il falso, sulla base delle ipotesi più probabili e attendibili. ‘Dio’,

idea generica, non è fra quelle, così com’è costruito su attributi tanto vaghi.

Qualcuno sa com’è una cosa ‘perfetta’? E una ‘trascendente’? Bah!

≪Appunto, noi umani siamo così limitati, non possiamo escludere Dio solo perchè

non possiamo capirlo!≫. Al contrario: proprio perché così inarrivabile possiamo

escluderlo! Che senso avrebbe? E un’idea vuota, incolmabile di vero significato.

Domanda: se appunto non possiamo capirlo, se è misterioso e inconoscibile

per definizione, come fanno i credenti ad esserne tanto sicuri? Dio è questo,

ha fatto quello, pensa, vuole, chiede, dice, promette… Ma di cosa parliamo?

In realtà il credente non intende un’idea di dio in generale, ma quella del suo dio,

di cui pretende di sapere eccome. Beh, a parte quest’ovvio paradosso – che dovrebbe

da solo bastare – meglio ancora: così è possibile una critica diretta. Se si

comincia a definirlo bene, c’è un modo sicuro di vedere se quel dio non esiste:

basta capire se per caso alcune di queste sue qualità non siano… contraddittorie.

La prima cosa allora è chiederne una definizione precisa: ≪Scusa, che cosa intendi

tu per ‘Dio’, esattamente?≫. E' necessario cominciare da lì, dal momento che di

idee di dio ce ne sono molte, e da atei non possiamo dare per scontato quale preferisca

la persona che abbiamo davanti. Chiarito di quale dio si tratta, possiamo

finalmente intenderci, quindi esprimere un parere. E se le qualità che ha, messe

insieme, lo rendessero impossibile come cosa reale? Per quello cristiano ad esempio

è cosi, e ci stiamo giusto arrivando.

Infine: è una regola lampante che è chi fa l’affermazione a doverla dimostrare.

Chiunque può parlare, e parlare è facile; verificare invece richiede tempo, impegno,

meticolosità, e spostare lo sforzo di provare delle straordinaaaaarie idee personali

sulle spalle di chi è lì per essere convinto è troppo comodo… e scorretto.

Gettare un nuovo personaggio sul tabellone del Grande Gioco della Vita, è una

responsabilità di chi per primo ce lo infila: dire che una cosa nuova esiste impegna

chi lo dice a provarla. Chi ascolta invece ha il diritto di non fare nulla, di aspettare

spiegazioni, e di essere scettico/a fino al momento in cui ne verranno

date di convincenti. Non dovrebbe essere difficile, basta rendere chiari i motivi

per cui si è così certi di quanto si afferma…

E ci si spieghi cercando di essere precisi su questa storia del soprannaturale, perché

quello che si vede è invece molto naturale. La storia infatti ci racconta di

uomini che hanno da sempre prestato la voce ai loro dei… Che da primitivi e ignoranti

spiegavano con essi ogni cosa sconosciuta, e che poi, contraddetti dalla

realtà, ne hanno visti sempre meno, o hanno creduto in un solo dio ben nascosto,

padre e padrone solo di quanto ancora la scienza non ha spiegato e l’etica si

lascia scippare via. Questo è successo di sicuro, lo sappiamo!

E sappiamo anche che le persone, per loro natura, cercano sollievo dalla paura

dell’ignoto e della morte, consolazione per la perdita dei cari e un desiderio

a volte insostenibile di riabbracciarli, speranza per il futuro, la giustizia e il

benessere che gli mancano, e tutto l’amore, la stima e l’aiuto di cui hanno

profondamente bisogno… E che in queste delicatissime circostanze è quanto

mai facile sbagliarsi e volersi sbagliare, illudersi, e volersi illudere.

…Sappiamo che la fede è buona per sostenere l’esistenza di qualsiasi dio, e infatti

ogni religione e setta se ne serve per trovare il proprio; e che la gente per

essa ha abboccato ad ogni genere di cose assurde, dalla guerra alla fine del

mondo… Sappiamo che spesso non la si lascia scegliere, la fede, ma la si suscita

portando i più piccoli a credere alla fede dei grandi. E che proprio assorbendola

da piccoli è poi piu difficile staccarsene e più facile tramandarla. Anche

questo è sicuro.

…Sappiamo quale potente catena a una fede possano essere il senso di colpa

e di dovere, l’idea di dover ‘essere perdonati’, l’idea di ‘Salvezza’ da un mondo

corrotto… Sappiamo che un ‘Dio buono’ è un’ottima razionalizzazione di

errori educativi, capace di salvare nel nostro cuore chi ce li fece subire, e garantire

(pur rimosso dalla terra al cielo) l’esistenza del padre ideale, che con

noi non sbaglia mai e ci ama come siamo. Anche questo succede, è sicuro.

…Sappiamo che ci esalta sempre unirci sotto un ideale, credo, bandiera,

leader o progetto finalizzato a qualcosa di alto e più grande di noi… E sappiamo

che l’esaltazione si trasforma presto in idealizzazione, se ci chiudiamo

al mondo, e questa in un ego parrocchiale teso a difendere se stesso e il suo

posto sul podio.

…Sappiamo quanto è importante il senso di appartenenza a un gruppo,

quanta pressione psicologica possa intenzionalmente (ancorchè implicitamente)

esercitare sui singoli membri, e cosa ci si può spingere a fare pur di

sentirsene parte.

…Sappiamo che certe persone preferiscono adagiarsi e andare con la corrente,

o osannare chi si piglia la responsabilità piuttosto che fare da soli. E anche

che possono sbagliare a sceglierlo, soprattutto quando si fidano senza ricontrollare

e quando interpretano testimonianze fatti e sensazioni secondo

quanto già credono; e che la sicurezza che ricavano facendo di flebili deduzioni

delle verità profonde spesso basta a convincere e coinvolgere altri ancora.

Anche questo è sicuro.

…Sappiamo che gli dei e i loro alti rappresentanti, come i leader di culti minori,

hanno – e non per caso – ‘poteri’ la cui azione non è verificabile… ≪Non

testabili, nè falsificabili≫, direbbe uno scienziato che esperimenti ne fa ogni

giorno. E che a molti basta soltanto sentire la parola miracolo per esserne immediatamente

certi…

…E sappiamo che concedere felicità a fronte di obbedienza (e terribili castighi

viceversa) è l’eterna promessa del pre-potente sul debole, entrambi magari

convinti che sia così che deve andare. La religione infatti è storicamente (anche)

comodo strumento di potere, di un gruppetto che – arrogandosi privilegi

e poteri ‘divini’, ‘intoccabili’ e ‘indiscutibili’ – in ogni epoca e fino ad oggi

ha tentato e spesso ottenuto d’imporre le proprie regole al resto del popolo,

sottomettendolo non solo economicamente, ma fisicamente e psicologicamente.

Anche questo è sicuro.

E sappiamo pure che, al contrario, all’aumentare di libertà benessere sapere e

rispetto scende il bisogno di sperarli in un aldilà, e sale la voglia e la capacità

di non dipendere da intricate e indimostrabili tesi da sciamano del villaggio.

Quando una fede nasce e si diffonde per motivi come questi – potenti, ma esclusivamente

umani – o ne è intrisa al punto da non riuscire a distinguerli, non ce

n’è abbastanza per dedurre che ‘Dio’ è una comoda idea, un’utile creazione umana,

un perfetto appiglio sagomato a ciccio? Una soluzione tattica veloce ma

inaccurata? Stando così i fatti, allora: da 1 a 10, quanto c’è da stare in campana

quando ci viene richiesta pura fede? E quando la si afferma con logica sgangherata?

E quando la si sostiene nonostante i difetti del credo tutto intero?

Uhm, bah… coloro che credono in un dio dovranno decidersi a mostrarlo, questo

dio, altrimenti la loro verità non sarà distinguibile da quella di un’altra religione…

nè da interessanti ipotesi, nè da rozze invenzioni, da frottole, fantasie o

totali imposture. Fino a quell’istante, come fidarsi?

~∞~

Yumm… Era un punto importante. Cosa ne pensi?

Fraintendere la storia e usare impropriamente la scienza è purtroppo un difetto

ricorrente nel ragionare della fede. Capita così di avere l’impressione che esse

spieghino, difendano o almeno suggeriscano l’esistenza di un qualcosa chiamato

Dio, e inoltre di essere del tutto razionali nel proprio credere. Quando si fanno

errori del genere, invece, pur senza volerlo si dimostra esattamente il contrario.

Una informazione accurata e l’abitudine a una logica corretta permettono di

non perseverare, di insegnare bene, e di sostenere le proprie opinioni in modo

inappuntabile. Perchè no, anche la propria fede: in quanto fede, e nulla più.

~∞~

Se un dio esistesse come esistono il Monte Bianco e Vienna, non staremmo a discuterne:

gli atei non esisterebbero, e vi sarebbe al mondo una religione sola.

 

► 3:27► 3:27
youtube.com26 giu 2009 - 3 min - Caricato da minafan51

 

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10 febbraio 2013 7 10 /02 /febbraio /2013 13:23

 

 

http://www.pmua.it/download/[ebook].Piccolo.manuale.di.Umanesimo.ateo.-.Il.perche.e.il.percome.di.una.vita.senza.dei_2012.pdf

 

 

149148_121596197903750_8118879_n.jpg

 

 

 

2. Quali prove abbiamo

che esiste un dio?

In generale le persone piu grandi, famose o raffinate, paiono subito ‘esperti’.

Spesso diamo per scontato che abbiano più esperienza e cultura, che siano dei

gran saggi, affidabili e nel giusto. Ma – detto semplicemente – non è affatto sicuro

che abbiano sempre ragione, su ogni argomento.

E in fondo è ovvio, nessuno sa tutto di tutto. Per esempio, si potrebbe parlare di

cose in un campo che non si conosce bene, avere un’esperienza insufficiente o

convinzioni ormai antiquate.

Perciò quando uno scienziato, un giornalista, un capo religioso, un leader politico,

o un genitore, un vicino anziano, un professore, ecc. dice una cosa che ci pare

assurda, ridicola, ‘strana’ o fenomenale faremmo bene a non accettarla in automatico,

pensando solo che ‘se lo dice lui/lei’… Piuttosto, cerchiamo conferme

sicure, altre fonti di rilievo, e se è possibile chiediamogli/le di spiegarsi meglio e

aspettiamo con gentile curiosità una prova che chiarisca e confermi ciò che dice:

se quello che afferma è bizzarro ma vero, avrà zero difficoltà a farcela avere.

Non intendo di essere cinici, snob e increduli a oltranza – sarebbe l’estremo opposto

della fede – ma proprio di lasciare un punto di domanda, di dubitare, almeno,

in attesa della necessaria dimostrazione. Corretto, no?

Quando si parla di fede e di dogmi, i credenti in effetti dicono spesso cose che

non possono provare: Dio esiste, dopo la morte vai in Paradiso, la Madonnina

piange se fai il cattivo, eccetera. Dicono che ci si deve credere ‘per fede’, a occhi

chiusi, cioè senza pensarci, oppure offrono prove da poco, personali interpretazioni

e spiegazioni teologiche degne di letteratura fantasy. L’Inferno, ad esempio: secondo la Chiesa, sarebbe un posto orribile dove finisce una persona che

durante la vita ha commesso gravi crimini, o meglio dei gravi peccati (non è la

stessa cosa) e non se ne è pentito nemmeno in punto di morte. In questo luogo

infuocato, l’assenza di Dio la fa soffrire in modo terribile per tutta l’eternità.

Niente di meno!

Vita dopo la morte? Fuoco? Punizione eterna? E magari qualche diavoletto col

forcone? Tu l’Inferno l’hai mai visto? Forse qualcuno te lo ha descritto per benino

(e magari ti ha pure messo paura), ma quel qualcuno, neanche lui lo ha mai

visto, nè sa dov’è. L’inferno, il paradiso, il purgatorio, non esiste niente… Finora

non ce n’è traccia se non nei racconti appassionati di alcuni che ancora vogliono

crederci, dopo che a loro volta li hanno sentiti raccontare, da chi prima di loro li

sentì raccontare, da chi a sua volta li sentì, ci credette e raccontò. Ah, la Bibbia…

Nella terza parte vedremo un bel po’ delle sue fantasie.

Quello che possiamo osservare con certezza, riguardo a cosa succede dopo la

morte, è… un bel niente. Nessuno, dopotutto, è mai tornato per raccontarci come

vanno le cose, e non c’è certezza che una parte di noi se ne vada in un posto

chiamato ‘inferno’. A soffrire per sempre poi! Che sia una panzana per farci stare

buoni? E una scusa per battute d’effetto al cinema, tipo: ≪Ehi tu, vai

all’inferno!≫.

Allora, la domanda era: quali prove abbiamo per credere in Dio?

Perché, si è mai fatto vedere? Vedere così, con esattezza, con semplicità, scusa ci

sei? Sì, eccomi qua!

No. In effetti no. Mai…

~∞~

Il solito prete, o un appassionato credente, invece, ti direbbe che le prove del suo

dio ci sono, e comincerebbe: la tradizione, la bibbia, i miracoli, la storia, la logica,

la scienza, l’esperienza … e persino l’etica.

Ok, vediamo:

«In 2000 anni di storia, milioni di persone ci hanno creduto, in tanti non possono sbagliare!». E invece sì, se tutti hanno creduto alla stessa illusione iniziale. E poi,

nella lunga storia dell’Uomo, altri milioni di fedeli hanno creduto a un sacco di

altri dei. Tutti veri?

«La Bibbia afferma che Dio esiste, ed essendo parola di Dio non si sbaglia». Pensaci.

Riesci a vedere l’errore? La risposta è fra i TdC alla fine del libro.

-«Vedi come quella donna si è salvata? E quell’uomo guarito? Questi sono miracoli di

Dio!». Ma questa deduzione è campata per aria, potrebbe essere stato il caso, o

un altro dio (non cattolico), o l’energia universale… E… si può proprio dire che

sia guarito in modo miracoloso? Prima, accertiamolo.

«Dio è per definizione migliore di qualsiasi essere concepibile. Dunque esiste, perché se

gli mancasse l’esistenza non sarebbe il migliore». La famosa ‘prova ontologica’

sembra efficace, ma lascia come un senso di dubbio, di qualcosa che non torna

(tanto che è usata quasi niente). E'  perchè non funziona, e ora vediamone i motivi.

Cioè, siccome ho l’idea di un essere perfetto che deve esistere, allora esiste.

O anche: siccome immagino un dio, e presuppongo sia il migliore in tutto, allora

deve esistere. Ferrea logica? No, un simpatico esercizio mentale: un’idea

creata a misura ancora non si trasforma in realtà. Un’idea è un’idea. Ed è possibile che esista una cosa tanto infinitamente migliore? Qualsiasi cosa sia, se non

può, allora è vano attribuirgli l’esistenza per via concettuale. Prima quindi,

l’osservazione di dio. Poi il concetto.

Ancora: la premessa ‘non c’è niente di meglio’ è arbitraria, relativa, vaga e problematica

(migliore di piccolo e infinitamente piccolo… migliore di malvagio e infinitamente malvagio… che però è anche infinitamente buono… ??). Che esistere

sia meglio, per un’idea, è discutibile, non solo perchè il corrispettivo reale in

genere ne è una brutta copia, ma perchè è variabile e corruttibile. E se esiste,

dov’e?

Ancora: il concetto di Fiat Punto verde di mio cugino è identico sia che quella

macchina esista sia che sia stata rottamata e non esista più. L’idea di un dio che

esiste, il quale esista, è identico all’idea di un dio che esiste, il quale non esista. Esistere,

dunque, non aggiunge niente a un concetto. In altre parole, esistere

non è una sua qualità. Ancora: se fosse solo appena ‘migliore’ di chi esiste, non

sarebbe il dio delle religioni, che invece è proprio ‘perfetto’. Se poi il confronto

è con ciò che è solo immaginabile, non ha alcun senso…

I limiti del ragionamento sono anche evidenti quando costruiamo esempi equivalenti:

se immagino il giocatore di baseball perfetto – uno che gioca sempre

da dio, non si rompe mai, sarà per sempre il migliore, ecc. – allora, essendo perfetto

per definizione, necessariamente esiste? Un dio che creasse il mondo senza

essere onnipotente e migliore di uno onnipotente, per il quale sarebbe impresa

banale. Dunque dio non è onnipotente? Possiamo anche immaginare 2

dei, uno l’opposto dell’altro, ciascuno nella sua metà migliore di qualsiasi essere

concepibile… Infine: molti dei sono creduti perfetti, ma nel loro piccolo sono

molto diversi (che ironia)… dunque ammesso che ‘sta perfezione esista, di quale dio parliamo?

«Vedi che perfezione l’universo? È fatto a misura d’uomo, ed egli stesso non può essere

uscito fuori per caso!». Perfezione? Ne riparliamo al prossimo terremoto? Guarda

poi che è il contrario, prima c’è l’universo, poi l’uomo vi si adatta per sopravviverci. E non ‘per caso’: si è evoluto per selezione naturale in qualche miliarduccio

di anni. Che gran fico!

«Come l’orologio denota un orologiaio, così la natura il suo architetto». Ma l’orologio

è un insieme di parti preesistenti, mentre la natura sarebbe creata dal nulla…

L’orologiaio ha delle mani, degli strumenti di precisione, a 10 anni non sa costruire

e a 100 morirà. E Dio? Ah, di orologi ce ne sono tanti, anche di universi?

A dire il vero, vengono costruiti pure grattacieli sottomarini e computer: fanno

un sacco di architetti, no? Ecco, la connessione è solo superficiale, ignora

ipotesi naturali e pone all’inizio un’incognita più grande: Dio. Il quale, al contrario dell’orologiaio, è un inarrivabile mistero. Ops, ma questo rende vana la

similitudine… Come mai accettare la (maggiore) complessità di Dio non è un

problema? Questa relazione orologio-orologiaio si osserva in natura: con che

logica può essere usata per provarne una di tipo soprannaturale? Perchè per

spiegare il cosmo, ne usciamo letteralmente fuori? Che cosa sappiamo di cosa

c’e oltre, e di quali leggi vi governino?

«Chi vuoi che abbia creato l’universo?». E chi dice che è stato creato?

E' un eventuale creatore e anche giudice? Magari non ci si fila proprio. E perchè

dev’essere onni-potente? Magari invece è solo molto-potente. Metti allora che

esista un creatore, ma che al di sopra egli abbia un altro dio, un padre e una

madre, un datore di lavoro… E se questo non fosse che l’esperimento di fisica

di un piccolo extraterrestre al concorso di scienze della scuola, in un sistema

galattico ancora più grande?

E… chi ha creato Dio? La domanda è legittima, scorre diretta dalle premesse (se

“tutto ha una causa”… E anche lui mostra un ‘disegno intelligente’), perciò la

risposta non è ovvia. Se ammettiamo un dio increato, non potrebbe esserlo invece

l’universo, nella sua essenza? Si fa anche prima… Dopotutto, non ha senso

pretendere che esista un creatore fuori dalla natura solo perchè ne esistono

in natura, nè definire l’universo una cosa fra le altre, perche è tutto ciò che c’è,

per definizione. Eterno, perfetto, increato e creatore… sono qualità fantasiose

di un essere del quale per logica è incomprensibile la necessità e in scienza non

si sente il bisogno. Ma per alcuni lo diventa. Perchè? Perchè fingere di arrovellarsi

sull’universo, di procedere razionalmente, di volere risposte reali, se poi

basta la parola ‘Dio’ e qualche aggettivo assegnatogli a priori per gongolare tutti

soddisfatti? Il cosmo è infinitamente più ricco e sofisticato in sè di quanto

l’idea di ‘creato’ possa mai suggerire.

«L’universo non può mica essere sbucato dal nulla!». E infatti chi lo dice? Proprio il

credente, che non ha difficoltà ad accettarlo… a patto che ci abbia pensato un

dio. Ma affermarlo è arbitrario, e se è già difficile studiare le leggi che hanno

governato il lontanissimo inizio dell’universo conosciuto, perchè complicare le

cose implicando persino un essere al di là di esse? Perchè porre un dio dietro a

eventi ancora ignoti? Perché tanta fretta? Ci sentiamo in ansia, per il non sapere

tutte queste cose? Di fronte all’immensità e al mistero, è comprensibile. E

perché invece non curiosi e affascinati! Cercare una spiegazione è una magnifica

e vitale spinta tipicamente umana, anche la scienza nasce da lì! Però poi non

ha fretta, non si accontenta, e non complica pur di semplificare.

«Come può la vita essere nata da ciò che non era vivo?». Sebbene non manchino interessanti

esperimenti a supporto della sua generazione spontanea (abiogenesi),

non sappiamo con certezza com’è apparsa la vita sulla Terra. Sempre liberi

di credere che sia stato Dio, o un dio, o l’ingegneria genetica di una razza aliena proveniente da Vega7, ma non confondiamo ‘risposta’ con ‘ipotesi’ o ‘preferenza’.

Se non sapessimo come sboccia un fiore, avrebbe senso credere alla

magia di una fata? Romantico, ma non scientifico.

«Ma c'era una possibilità su un quinquiliardo che la Terra stesse a questa esatta distanza dal Sole, e che la vita vi si formasse!». Ma dai? E come si calcola tale percentuale?

E perché insistere a vederlo come un privilegio per noi, come se ne fossimo

lo scopo? Questa sorta di visione teo-antropocentrica (l’uomo come fine ultimo

di Dio) è cara alla fede per pregiudizio: come credere che un universo così

vasto possa essere stato creato per degli esserini sperduti su un pianeta ai suoi

margini? Come non accorgersi che siamo il frutto di una evoluzione fra tante,

nella lunghissima storia della Terra? Se l'universo si fosse disposto diversamente,

piuttosto, è probabile che ci sarebbe stato un altro equilibrio, con altre

leggi e altre costanti fisico-chimiche, e forme di vita tutte diverse. Se invece

questo nostro fosse l'unico stato possibile, appunto vorrebbe dire che la natura

fisica dell'universo doveva essere questa, esclusivamente di suo, per proprietà

intrinseche. La verità è che non sappiamo cosa sarebbe accaduto, ed è un errore

contare a ritroso le possibilità che questa mano di carte uscisse, dopo che è

uscita… Il vincitore di una lotteria non è l’oggetto di un piano a sua misura, ma

un partecipante come gli altri, tutti con le stesse probabilità. Qualcuno doveva

pur vincere, n’est pas?

Supponi ora che esistano tanti universi. O che il nostro non sia affatto il migliore,

tecnicamente. E considera i miliardi di pianeti che sono sparsi in miliardi

galassie, dove è del tutto possibile esistano altri esseri viventi. Come suona

rispetto all’idea della nostra unicità? Infine: solo sul nostro pianeta, fino alla

prima microscopica forma di vita adatta a resisterci e replicarsi, l’attività chimica

fra elementi compatibili è stata frenetica per centinaia di milioni di anni…

come mille e mille lotterie contemporanee! La possibilità di vincerne una sola,

per quanto bassa, non fu così inverosimile. E invece, quanto è più incredibile

quella di un dio onni-tutto, increato, immateriale, giudice, trinità, esistente da

prima del… tempo? Certe conclusioni di fede soffrono di un bel problema di

metodo, come vedremo. La fede offre spiegazioni, ma non conoscenza.

Di fronte a questo spettacolare, gigantesco, antichissimo e pressochè inesplorato

spazio stellare, presumere di averne decifrato l’enigma senza averlo studiato

è pura illusione.

«Cristo, risorto da una vita di miracoli, ne è la prova». Storicamente infondato (le

ragioni al cap. 10). Basta crederci?

«La bellezza della Natura ci parla di Dio». Dov’e la connessione? O tutto può voler

dire tutto? Se si crede a un Dio dal senso artistico, tutto fa quadro. La Natura

va gustata per se stessa, non guardata pensando tutto il tempo all’‘autore… a

rischio di perdersi la vera magia dell’attimo presente.

«Io sento Dio dentro di me». Eh, ma lo senti tu dentro di te, mica io dentro di me.

E poi, i credenti di un sacco di religioni sentono il loro dio… la differenza?

L’emozione di una presenza, la sensazione di un contatto, la percezione di un

messaggio, un’esperienza mistica, una visione… non è possibile che siano soltanto

interpretazioni? Dopotutto, non hanno nè mittente, nè timbri, nè istruzioni

per l’uso, nè garanzie. Sono anonime per natura, vaghe quanto a contenuti,

e le ragioni per pilotarne il senso – magari involontariamente – sono forti

e numerose. E' l’incontro che crea emozione e fede, o sono l’emozione e la fede

che creano l’incontro? Sarà meglio sincerarsene.

«Le regole morali, perché siano affidabili, devono provenire da una autorità assoluta:

Dio». Già… in fondo gli umani sono imperfetti, deboli e peccatori, da soli si autodistruggerebbero,

e se si danno una regola morale sarà stupida o comunque

carente e instabile. Che immagine ridicola dell’uomo! Davvero limitante: più

lo si crede incapace e cattivo, più lo si obbliga semplicemente a obbedire, meno

gli si insegnerà a essere grande e a imparare dai suoi errori. Così resterà incapace

e cattivo… Ma al mondo tutte le regole vengono dagli uomini, anche le migliori

e le più durature: crederle assolute, e persino divine, non prova alcunchè.

La biologia insegna un sacco di cose sulla tendenza naturale delle specie

all’altruismo, l’antropologia spiega il suo evolversi in etica, e la complessa psicologia

delle relazioni umane completa la scena. Se questo a qualcuno non appare

sufficiente è solo perché non intende fare a meno del proprio dio, e di

rendere a lui invece che a noi questo merito immenso. Logica bucata e senso

d’inferiorità, amen.

«Allora provami che Dio NON esiste!». Lo farò, non appena proverai tu a me che la

gallina dalle uova d’oro NON esiste. Lo so che non puoi farlo, e per questo che

io ci credo! O no?

«L’albero di Dio si riconosce dai suoi frutti». Eh. I buoni frutti, come dire che vengano

da Dio? C’è un collegamento reale, o è solo il pregiudizio di una fede? I frutti cattivi, come dire che non vengano da Dio, quando ad esso si ispirano?

Solo il pregiudizio di un’altra fede? Riconosci in ciò l’albero dell’uomo?

«Dio si fa trovare da chi lo cerca». Apparentemente semplice ed efficace, no? Ma

invano un ateo offrirà a Dio di mostrarsi, pur chiedendolo col cuore in mano e

mente pronta, per mille e mille volte. Non ci saranno segni inoppugnabili e definitivi,

nessun miracolo certamente suo, nessuna parola, nessun abbraccio,

nessun incontro diretto. Dio si mostra solo a chi già crede, o credere vuole.

«Dio non ci forza a credergli, ci dà segni che sta a noi accettare come prove». Appunto.

Eccetera.

In conclusione, queste ‘prove’ non provano un bel niente: sono una giocosa interpretazione

della realtà, troppo approssimativa per avere un peso senza fede.

 

 

  Gianni Morandi- Che cosa dirò - YouTube

www.youtube.com/watch?v=6cRNme-or3w
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10 febbraio 2013 7 10 /02 /febbraio /2013 10:15

 

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sciarelli2-150x150.jpg

 

 

Prima parte

Un leggerissimo

cambiamento

 

Da Dio

all’Umanesimo

ateo

 

In questa prima parte vediamo che cosa si intende per ‘Dio’. Scopriamo

così che ogni religione ha un dio diverso, e tutte credono sia quello giusto.

In realta Dio è un’idea, al limite un’ipotesi. Non avendo prove, non

dovremmo crederci alla cieca: torniamo sulla Terra, e concentriamoci

sulla capacità di migliorare le cose, che abbiamo noi Esseri Umani!

 

A L L O R A , C H I  E'  D I O ?

 

1. Allora, chi è Dio?

La parola ‘dio’, con la lettera minuscola, e che al plurale fa ‘dei’, ha origini antiche

e significa ‘luminoso, splendente’. Nei secoli sono nate centinaia di religioni

diverse, ognuna col suo dio o i suoi dei… Si adorava di tutto: il Serpente, il Toro,

l’Uccello, il Tuono, il Sole, la Luna, Madre Terra, una infinità di ‘esseri soprannaturali’

dai più vari poteri… Dio, con la lettera maiuscola, invece è proprio il

nome con cui alcune religioni (come quella cattolica) chiamano il loro dio. Il

nome comune diventa nome proprio, perciò basta dire ‘dio’ che si pensa subito a

‘Dio’.

Credendo in un dio soltanto, queste religioni sono dette monoteiste. La religione

cattolica è monoteista, ma il suo dio è una Trinità, e inoltre venera e prega

santi, papi, reliquie, ostie consacrate, immagini sacre e madonne di luoghi diversi.

Gli antichi Greci e i Romani erano veri ‘politeisti’, cioè credevano apertamente

in molti dei; ne avevano immaginati parecchi, ognuno era una specie di ministro

che presiedeva e rappresentava una data attività umana o un fenomeno della

natura, e alla loro testa c’era Zeus (Giove).

Ciascuna fede sostiene che le sue divinità sono uniche, o le più potenti, e certamente

vere. I credenti incentrano così la loro vita su quello che ritengono il loro

dio voglia o no, interpretando in modo tutto particolare gli eventi naturali e

quelli più misteriosi.

La maggior parte di esse ora sono sparite, e quelle divinità, tanto venerate un

tempo, sono ora dimenticate o snobbate come miti e superstizioni.

Chi non crede in alcun dio, è chiamato ateo (in greco theos è ‘dio’: atheos=senza

dio). Nel definire l'ateismo è bene essere chiari: sono convinto che intenderci

sui significati è essenziale, per evitare di perdere tempo intorno a preconcetti.

Nella sua forma più elementare esso è assenza di fede in qualsiasi divinità. Il che libera

subito il campo da 3 di quei preconcetti: l'ateismo non è fede ma assenza di

fede, l'ateismo non è rifiuto di un dato di fatto, l'ateismo non è opposto al cristianesimo

in particolare. Per affermare che una cosa che non si conosce/

vede/misura esiste, c'e un gran bisogno di fede. Senza, quella cosa appunto

non esiste, fino a prova contraria.

Niente di strano, usiamo questo criterio in qualsiasi altro contesto. E lo fanno i

credenti con tutti gli altri dei chiedendo prove – in assenza delle quali rimangono

col proprio (atei rispetto ai primi), mentre senza fede anche l'ultimo scompare.

E' quello che viene chiamato ateismo ‘debole’, nel senso che non afferma nulla,

si limita a dissociarsi da un credo, a non abbracciarlo.

Il senso del termine viene fuori meglio se si considera che esiste anche un ateismo

‘forte'. Questo secondo modo di non credere una tesi esplicita ce l'ha, ed è

quella secondo cui effettivamente nessun dio esiste.

Ad essa perviene per una serie di considerazioni che in questo libro saranno

ampiamente spiegate, quali: l’osservazione diretta e assente, l'ipotesi ‘Dio’ è finora

inutile alla scienza, tutti gli argomenti a favore di un dio sono insufficienti,

la fede per natura non porta dritti alla verità, le dottrine religiose stridono internamente

e fra di loro; il comportamento morale di taluni grandi esponenti della

fede è stato tale da negare qualsiasi ispirazione divina, gli dei sono prevedibilmente

simili agli esseri umani nelle idee e nei rapporti con essi, la fede si sostiene

per comprensibili motivi terreni; il male che gli innocenti soffrono nullifica l'idea

di un dio buono interessato a noi, tutto quello che di buono si può fare avendo

fede in un dio si può fare senza, non esiste luogo che ‘trascenda' la natura

e – almeno nel caso del dio cristiano – le qualità specifiche di Dio si contraddicono.

Rispetto agli dei delle religioni, gli argomenti sono tali e tanti che il caso è

da considerarsi chiuso.

Naturalmente, un qualsiasi essere invisibile, intangibile, o in altro modo nascosto

e ancora sconosciuto potrebbe comunque esistere, e dunque in questi termini

generalissimi non si può andare oltre una vigorosa e ben ragionata opinione.

La tesi forte dell'ateismo non possiede – di fatto – il senso assoluto e dogmatico

tipico delle religioni, è invece una considerazione relativa alle conoscenze

attuali che l’ateo/a si prende la libertà di fare apertamente, riguardo agli dei come

su ogni altro fenomeno o creatura privi della stessa evidenza: ≪Per quanto ne

sappiamo e fino a prova contraria, nessun dio o drago esiste, e non lo crederò

per sola fede≫. Quella che taluni rinfacciano agli atei è in realta un maggior grado

di onestà e obiettività rispetto ai fatti, un preciso rigore nella ricerca del vero, e la

ferma volontà di non darsi via per belle fantasie.

Il confine fra ateismo forte e debole è in realta assai sfumato: si può dire infatti

sia che l'uno sottintende l'altro, sia che riguardano due campi diversi, il primo la

fede in qualcosa, il secondo l’esistenza effettiva di qualcosa. In questa sede per

ateismo intenderemo indifferentemente entrambi. Chiarito questo, va aggiunto

che un'altra qualità essenziale dell'ateismo di cui parliamo è l'essere frutto di una

scelta. Voglio dire, che senso avrebbe scrivere un libro per sostenere le ragioni di

una condizione involontaria? Atei si nasce, l'ateismo potrebbe essere imposto o

inculcato, ma il bello è diventarlo da soli e consapevolmente, per averci riflettuto.

No, gli atei non odiano dio, non se lo negano, non sono cattivi, nè satanisti, nè

posseduti, nè ‘stolti’, nè ignoranti. Qualcuno che lo è ci sarà, ma la maggioranza

no. E sì: esistono

A un livello di consapevolezza piu profondo, gli atei sono scettici su ogni credenza

teo-magico-panormale-oltremondana senza prove, e su ogni tesi che per

fede si ritenga al di sopra di analisi e sospetto. Lo scetticismo (skeptikos=dedito

all’indagine critica) è l’approccio razionale di chi, davanti a un fenomeno nuovo

o a semplici affermazioni, non si ferma a spiegazioni che vanno allegramente

‘credute, ed è l’anticamera del metodo scientifico.

E chi non si è ancora fatto un’idea precisa? E' detto agnostico, che ‘non conosce’.

L’agnostico/a pensa di non avere sufficienti prove per sapere se esiste o non esiste

un dio, e preferisce sospendere il giudizio. Dice: ≪Io (ancora) non so≫, e alcuni

persino ≪Non posso sapere≫, (che però rischia di diventare un limite autoimposto).

Spesso allora essere agnostici passa per una posizione in qualche modo

più rispettabile dell’ateismo, perchè si sarebbe più disponibili e aperti, più

‘possibilisti… A-ah! In realtà non è vero: infatti non solo l’ateismo è altrettanto

aperto a conoscere (o sarebbe ateismo… per fede), ma quando l’agnostico dichiara

di non conoscere alcun dio e quindi non crede, allora pure lui è ateo, e infatti

si comporta come tale.

Beh, in teoria come agnostici si potrebbe anche essere credenti: c’e chi fa proprio

una virtù del credere per fede, e non per prove di ragione. ≪Io non so, ma ho fede

che sia come credo≫. Molto onesto, no? Ma è sul serio agnosticismo? Il fatto è

che, per sua natura, la fede tende a mischiare i due piani e affermare che un dio

esiste e si conosce. Saltando di fede in conoscenza si nega però il senso proprio

dell’agnosticismo. Questo tema del mischiare i due piani è grave, e lo riprenderemo.

Naturalmente poi, oltre a non credere in dio, gli atei e gli agnostici come i credenti

hanno pure una certa visione della vita – verità, regole, valori, finalità – e

proprio in base a come essa e gli uni e gli altri saranno persone più profonde, amichevoli

generose oneste attive felici… che no. E' qui che finalmente si può parlare

di Umanesimo: gli atei e agnostici anche umanisti sostengono l’autonomia,

la responsabilità e la piena capacità dell’uomo per un mondo migliore. E anche

di questo dopo parleremo per bene.

~∞~

Ti avranno detto che Dio è un tizio che sta in cielo, che è ‘il creatore del cielo e

della terra’, che può fare tutto, che bla-bla-bla conosce i nostri cuori e bla-bla-bla

ci sorveglia e giudica e bla-bla-bla ci manda le cose buone e ci  aiuta sempre nei

momenti piu brutti. E' così? Beh, se un tizio avesse tutto questo potere su di noi,

meglio saperlo no?

Ma dimmi: hai mai avuto cose buone da Dio? Da Dio in persona, intendo. O almeno

da lui griffate, autografe, inconfondibilmente sue? Hai mai ricevuto aiuto direttamente

da Dio? Pensaci.

In realtà non è accaduto nulla di soprannaturale: nessun regalo è comparso dal

nulla, chi ti ha favorito e protetto – o afflitto e trascurato – non è stato/a mosso/a

da una volontà invisibile, nè una coincidenza favorevole è stata l'incontro di due

cose senza storia, spostate lì, soltanto per te. Dietro a ciascuno scenario c’è per

certo una catena naturale di eventi, e chiaramente lo zampino di persone che per

prime meriterebbero un bel grazie.

Ok, potremmo immaginare lo stesso che c’è Lui dietro la nostra vita, come una

sorta di regista occulto, vero; ma allo stesso modo (cioè senza prove) potremmo

dire che c’è il Tiracchio Penperon (l’ho appena inventato), o un altro dio, o le

stelle, o un incantesimo.

Che ne diresti se io affermassi: ≪Guarda che il mondo è stato creato da 30 minuti,

e Dio ci ha impiantato i ricordi di una vita≫, oppure: ≪Sai, quello che vediamo,

appena ci giriamo sparisce! E ricompare solo se riguardiamo…≫ Di congetture

non verificabili se ne possono fare un mucchio. Potremmo ipotizzare che ci sia

Dio dietro a tutto. Ma è appunto un’ipotesi: un’idea, una teoria, una supposizione,

una semplice possibilità, e più spesso un desiderio… Non una certezza.

~∞~

Ogni religione descrive un dio. Non lo mostra, lo disegna. Anche simile, a volte,

ma mai del tutto uguale agli altri in ciò che ‘dice’ e in ciò che ‘è’. Tra virgolette, sì

per forza: non solo ciascuna descrizione non è supportata da prove valide – introvabili

non solo per fede esisterebbero tanti dei quante sono le religioni –

impossibile – ma oltretutto queste stesse affermano – contraddicendosi – che il

proprio dio è comunque ‘un mistero’… Perciò insomma, sembrano avere le idee

chiare ma poi alle strette questa è la loro verità.

Motivo valido per affondarle tutte? In teoria no, una fra quelle potrebbe dire il vero…

Ma quale? E come deciderlo? Perché in realtà sono tutte tutte uguali nel non

dare prove, ma nel chiedere fede e obbedienza. Uguali nell’indottrinamento

precoce, nel sentimentalismo, e più spesso di quanto se ne abbia l’impressione,

di logica stentata e mal riposta. Tutte hanno una storia comprensibilissima in

termini umani. E tutte credono in un dio che dire invisibile è poco, e dire buono

a volte è troppo.

In pratica dunque? Nessuna sembra possedere la verità che dice di possedere.

Di più: che succede se Dio stesso si contraddice? Cioè se le qualità, le azioni e le

parole che gli si attribuiscono non sono coerenti e in armonia, ma si tradiscono e

smentiscono l’un l’altra?

Beh, non sarebbe pazzesco? Bene, allora vedremo di preciso com’è fatto e cosa

direbbe il dio della cristianità, così da scoprire se è reale. Se appartieni a un’altra

fede o sei nel dubbio, è lo stesso: applicando liberamente il metodo critico non ci

si mette molto a fare inaspettate scoperte. A quel punto, conoscendo le qualità

ma anche i limiti di ciò che crediamo, sarà più facile scegliere. O più difficile, forse,

per alcuni. Comunque, in tutta libertà e consapevolezza. E' ciò che conta, no?

Ogni religione ha libro sacro. In tutti si trovano grandi e grandissimi insegnamenti,

parole di pace tanto sensate da sembrare proprio ispirate… Questo prova

forse che tutti gli dei sono veri? O che ce n’è uno solo, pur nelle profonde differenze

fra religione e religione? O forse, piuttosto, la grandezza degli uomini che li

hanno scritti e sostenuti?

Inoltre, questi testi contengono una quantità di errori storici, di fatti non provati

e non più provabili, di episodi brutti e di insegnamenti non più adeguati ai tempi,

se non addirittura negativi… come ritenerli davvero ispirati? E su quali basi

preferire una descrizione di dio alle altre? Con… la fede? Ma tutti fanno riferimento

alla fede come strumento per conoscere il proprio dio…

Considera: identica fede è usata per credere e difendere un numero incredibile

di religioni (e ideologie, tradizioni, pregiudizi, modelli, modi di fare e fissazioni

varie), tutte in contrasto fra loro sugli stessi temi, e inconciliabili. Ciascun credente,

per motivare la bontà e verità del suo credo, non può che dire: «Io credo lo

sia»… Che è lo stesso identico ‘argomento’ con cui ogni altro credente motiverà il

suo. E risponderà: «No, io credo lo sia il mio»! Dunque, per cogliere la verità, la fede

di entrambi è irrilevante, e in assenza di ragioni autentiche fra i vari credo non

c'è alcuna reale differenza.

E allora: perché scegliere una fede o l'altra? In generale: cosa rende una certa dottrina

o un ideale preferibile? Come capire che un’idea è reale o un comportamento

è realmente migliore, se il semplice ≪Io credo lo sia≫ non serve veramente

a nulla? Si dice al discepolo: ≪Ecco il punto: se credi, Dio esiste≫. Eppure, se esistesse

non servirebbe la fede, come non serve fede per sapere di un albero o del

sole. Una cosa che esiste, esiste. Non sta alla fede partorirla e sostenerla. Senza la

fede (e qualcuno che la insegni), il sole resta il sole, l’albero l’albero, e Dio… diventa

un’idea come tante.

Se un fatto è andato di certo in un modo, avrebbe senso credere diversamente

per fede? Ecco. La fede si applica felicemente solo ai fatti ancora misteriosi, e tuttavia

non è decisiva per capirli davvero, ed è anzi un freno, perche dà a chi la usa

la falsa impressione di sapere già.

Poi però, quando la realtà avanza, è sempre la fede che fa un passo indietro. O,

per il nostro bene, almeno dovrebbe.

La fede non è un efficace strumento di conoscenza, visto che può convalidare

qualsiasi cosa si voglia credere.

~∞~

E allora? Questo Dio non fa niente, tace, non viene a trovarci, non appare da

nessuna parte… Chi l’ha visto mai? Passano raggi di luce attraverso le nubi e

pensiamo si manifesti in quel modo, ma non è Dio. E' il meraviglioso spettacolo

della Natura… E' lei che si merita gli applausi. Ci mettiamo a tavola e ringraziamo

Dio, ma non è che il cibo si è materializzato davanti a noi… sarebbe più giusto

ringraziare la mamma o il papà che ha cucinato, chi ha fatto la spesa, e poi il fornaio,

il macellaio e il contadino. Un incredibile colpo di fortuna, un delizioso periodo

positivo? Subito a sentirsi benedetti da un miracolo, quando fra quello e

Dio ciò che manca è una vera connessione. Accade qualcosa di strano e sconosciuto

e sorprendente… ma chi ci dice già chi o cosa c’è dietro?

Una cosa sconosciuta non si può rappresentare, se non inventandosela di sana

pianta, se non spilluzzicando parti delle nostre vite dandogli un secondo nome.

Le idee di Dio che senti in giro, quelle cose belle che i credenti amano chiamare

‘opera sua, o l’impressione di percepirlo dentro di sè, e tutte le fanta-qualità che

avrebbe, sono il frutto del volerci credere.

Chi crede ciecamente mischia la realtà con la fantasia, confonde la vita vera con

una vita che non c’è… E vive come un animaletto che non si fa mai domande, un

robot che sta sempre seduto composto, una marionetta legata a dei fili che un altro

gli muove nell’ombra. Magari fa del bene, ma perchè crede sia la volontà di

un dio: dov’e la sua coscienza?

In effetti, per ‘credere’ non c’e bisogno di avere un’anima libera, nè senso morale, nè una testa che pensa. Perché sprecarsi a ragionare? Conosciamo già tutte le

risposte… Perchè meditare su ciò che è bene? Basta attenersi alla dottrina…

Perchè succede così? Lo vuole Dio. Perchè facciamo cosa? Per Dio. E cosù? Dio!

Per credere – e far credere – , il pensare con la propria testa, la libertà di scelta, il

benessere fisico e la serenità, la maturità interiore, l’informazione, persino la storia

e la scienza sono un serio pericolo, perchè attraverso di esse ci si rende indipendenti

dal bisogno degli dei, e si capisce molto più facilmente che sono immense

fantasie, metafore affascinanti e inesatte, simboli dell’umano, tradizioni

del tempo che fu, nemmeno tanto belle. In luogo di quello, di cui si mantengono

solo le apparenze, è piuttosto frequente il colpo basso – come la molestia morale,

i trucchi della comunicazione e il catechismo già da bambini – perchè così ci si

confonde dentro, si indebolisce la nostra indipendenza emotiva, la curiosità e la

voglia di capire, la capacità e la libertà di critica, il piacere e persino il desiderio di

una vita piena, se non in dio. Certo, ci sono credenti di cultura e intelligenza fina,

eppure di prove di Dio c’è una spaventosa assenza, l’etica che si dice sua ha

dei buchi neri neri, e l’abitudine alla fede impedisce loro di accorgersene e accettarlo,

pur con tutta la loro sapienza.

Se questo è vero, ma quant’è grave? Ecco, ne parleremo molto.

~∞~

Insomma? Chi è Dio?

   

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10 febbraio 2013 7 10 /02 /febbraio /2013 09:52

 

 

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Sotto la lente c’è il Cattolicesimo (che in Italia va ancora per la maggiore, ci influenza

come persone, ci condiziona come cittadini) e il Cristianesimo in generale,

ma le stesse domande possiamo (dobbiamo?) farcele su tutte le religioni, ideologie

politiche, filosofie di vita. Ti propongo di attivare lo spirito critico e usare

un buon metodo di ricerca: quale che sia il credo, la convinzione, il consiglio

o la proposta – incluse, naturalmente, quelle che stai per leggere – passeranno

sotto il tuo capace scanner per scoprire quanto sono vere, giuste, buone e utili…

oppure no.

Del Cristianesimo si fa una critica severa, a volte molto dura, ma mai fine a se

stessa, anzi motivata e profonda. E che sebbene lo si creda senza macchia, in realtà

di difetti ne ha, a mio parere, e se un’immagine anche negativa ne esce, le prove

sono già nei suoi fondamenti. Chi da credente non si sentisse pronto, non

legga ora. Peraltro, interrompere la lettura è possibile in ogni momento. E nota

bene: anche se scoprissi che alcune cose che ti sono state dette sono false, non

vuol dire che chi te le ha insegnate fosse in cattiva fede, e non sia degno di fiducia

su altre cose.

Infine, una nota di stile: nella lingua italiana si parla quasi sempre al maschile per

indicare anche il femminile, ma a me non piace: maschi e femmine sono ugualmente

importanti. In mancanza di meglio, ho scelto di metterli alla pari scrivendo

sia la lettera del maschile che del femminile (esempio: libero/a per dire libero,

libera). Sembra una pignoleria, ma prova ad usare solo il femminile (al posto del

maschile) in una frase…

~∞~

Pensa, i piu grandi di ogni tempo hanno riflettuto su questi temi. Bene, ora tocca

a te. In questo libro non c’e tutto, ed è giusto che sia così. Che non sia per te una

fine, ma un nuovo, splendido inizio!

Buona lettura.

 

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10 febbraio 2013 7 10 /02 /febbraio /2013 09:05

 

 

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Gli argomenti che vedremo

 

Il libro è diviso in 3 parti. Nella prima, parliamo di Dio e della vita, e rispondiamo

alle domande: esiste un Dio? Ha senso fidarsi alla cieca? In cosa è meglio credere?

La seconda tratta in modo particolare del Cristianesimo e dei suoi insegnamenti.

Vedremo perché tante volte sono troppo invadenti e non così meritevoli.

La terza parte è dedicata ai fatti, e ci sono tre elenchi: bugie ed errori nella Bibbia,

credenze cristiane false ed episodi storici impressionanti di cui l’ispirata Chiesa è

stata protagonista.

Alla fine di ciascuna, 3 domande ti aiuteranno a raccogliere le idee.

Chiude il libro il capitolo ‘Help & Tips’, in cui vedremo alcuni trucchi della comunicazione:

astuzie retoriche, errori di logica e suggestioni emotive capaci di

ingannare e confondere senza usare su di noi la forza fisica. Come si dice? Se li

conosci li eviti.

Qualcosa prima d’iniziare

Nel Piccolo manuale di Umanesimo ateo raccolgo alcune mie idee. Idee che non

per forza rispecchiano alla lettera quelle di tutti gli altri atei e umanisti, e che

provengono da una ricerca personale sulla religione e intima sulla vita, in evoluzione.

Il ‘per ora, secondo me’ è sempre sottinteso.

Sono oro e argento (per ora, secondo me) ma non si danno arie da Verità: ad una

ad una puoi liberamente accoglierle, rigettarle o perfezionarle, secondo la tua esperienza

e il tuo modo di vedere. Ti chiedo di non accettarle a scatola chiusa,

ma di sentire se ti suonano dentro, se ti piacciono, se le trovi giuste, di rifletterci

e di verificarle: se dopo questo esame una o l’altra è ancora in piedi, sarà tua, e tu

sarai cresciuto/a ancora.

Questo libro è da sempre dedicato ai giovani (seniors welcome!). Se il catechismo

comincia molto prima, mi piace l’idea che ai giovani arrivi una storia diversa – se

è per questo anche una scienza, e una morale diversa – da quella cristianocattolica,

su cui possano piacevolmente riflettere. Spero allora che la lunghezza e

la densità che il Manuale ha raggiunto, anzichè scoraggiarvi, vi diano la carica.

Lo stile è divulgativo e informale, il tono è appassionato (ma non impulsivo),

l’esame è a tutto tondo, senza sconti nè mezze parole. Novelli esploratori e abili

veterani si godranno una sintesi dei migliori argomenti classici, alcuni meno noti,

e qualche bella sorpresa. Sul terreno libero e brullo lasciato dalla pars destru-

ens, alla filosofia dell’Umanesimo ateo e dato il compito essenziale – non facile e

non rinviabile – di costruire del nuovo. Atei e agnostici, non solo i credenti, vi

troveranno dunque una sfida.

 

www.youtube.com/watch?v=O4BLg8EYHcc
18/mar/2011 - Caricato da sorryskies
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10 febbraio 2013 7 10 /02 /febbraio /2013 08:09

 

 

http://www.pmua.it/download/[ebook].Piccolo.manuale.di.Umanesimo.ateo.-.Il.perche.e.il.percome.di.una.vita.senza.dei_2012.pdf

scrittura a mano con inchiostro e penna penna su sfondo bianco Archivio Fotografico - 4287957

 

 

Intro

Ciao!

Sono Andrea, un ateo umanista. Oh bella – dirà già qualcuno – che significa?

Giusto! Alla spiccia, gli atei umanisti sono persone che non credono in Dio, ma

in altre cose. Perchè? E cosa sostengono? Ho scritto questo libro proprio per

spiegarvelo.

Per scoprire come vivere bene, e cosa vuol dire vivere bene, esaminiamo qui l’idea

di Dio, il senso della fede, il valore della dottrina cristiana fra le altre religioni, e

una filosofia di vita tutta naturale: l’Umanesimo.

Vi dirò dunque perché ritengo che nessun dio esiste, perche la religione può essere

anche una prigione, e cosa si può scegliere di buono al suo posto…

Un libro del genere potrà sembrare una cattiva idea, un ‘peccato’, o una specie

di catechismo al contrario. E' così? Vi assicuro di no. In queste pagine ho scritto

degli stessi argomenti che vengono insegnati con zelo e riportati un po’ ovunque,

ma aggiungendo notizie di solito taciute o ignorate, strumenti utili per capire

e scegliere, e riflessioni e idee da un altro punto di vista. Che é pur sempre il

mio, siamo d’accordo, ma è un secondo parere, e almeno altrettanto onesto. Perciò,

al contrario, è un libro che aiuta a conoscere meglio temi così importanti, in

modo che possiate farvi un’idea più precisa, e tutta vostra, se vi va.

Il mio scopo, con il Piccolo manuale di Umanesimo ateo, è questo: non darvi

un’idea da credere, ma informarvi e incoraggiarvi a pensare da voi. Se vi interessa,

allora questo è il libro giusto.

E se invece non garba? Buone notizie: siete liberi… Al massimo propongo una

cosa: prima di abbandonare il Piccolo manuale, chi vuole si legga solo un paio di

paragrafetti: uno dall’ultima parte ‘I fatti’, e uno di quelli in cui c’è la parola ‘umanesimo’.

Due a caso, anche brevi.

L’importante è che cogliate 2 idee per alcuni forse nuove:

a) Ci sono buoni motivi per criticare la religione,

e

b) Fuori di essa la vita può essere molto gustosa.

Per cominciare a vederci chiaro, basterà.

 

www.youtube.com/watch?v=g950v2uRSJc
10/ago/2011 - Caricato da mminlovewithflo
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9 febbraio 2013 6 09 /02 /febbraio /2013 10:37

 

 

http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8641317

 

 

Pausa di riflessione

 

 

Sospeso di risposte dalla vita 
che lascia che ti accorgi quando manca,
indosso il mio cappotto d'altri tempi
con dubbi e verità dentro le tasche.

Ristagno di emozioni, il cuore senza ritmo,
le armate dell'angoscia in terraferma,
pensieri nel letargo, attesa di segnali nella nebbia,
respiro affaticato di ricordi, cassetti semiaperti,
discorsi e iniziative che non trovano pace.

Di fuori sfilano gli amici, intinti e colorati dalla storia.
Vicino i tuoi fratelli e la famiglia qualcuno con i semi di futuro
e intorno il vento caldo che t'invita a riappacificarti con il mondo,
dimenticando diavoli e fantasmi danzanti e radicati nel passato.

Mattina storta ?
Fai i conti della spesa,
la sveglia con la suoneria esaurita.

La mano di cerone
e su il sipario

applausi, sta iniziando il nuovo atto.

 

Gifford

 

 

► 3:24► 3:24
youtube.com28 dic 2011 - 3 min - Caricato da minafan51
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Présentation

  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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