http://www.pmua.it/download/[ebook].Piccolo.manuale.di.Umanesimo.ateo.-.Il.perche.e.il.percome.di.una.vita.senza.dei_2012.pdf
Alcuni credenti arriccerebbero ora il naso in disapprovazione: se tali argomenti
hanno occupato migliaia di libri nei secoli, e richiesero giorni e giorni solo per
essere formulati da così tanti arguti filosofi e teologi sopraffini, due paginette di
obiezioni non vanno forse liquidate per superficialità? E' questa, invece,
un’obiezione superficiale: la forza di ogni argomento va valutata in se stessa, non
per quanto ha coinvolto o sconvolto l’altrui pensiero.
2 Solo questo dev’essere il
criterio di giudizio, perchè il tema può essere di fatto più semplice, essere stato
mal analizzato nonostante fiumi di inchiostro, o semplicemente essere vecchio e
sorpassato. Non passiamo più un istante a meditare sul modello geocentrico del
sistema solare, visto che la Terra non è al centro di nulla dal ’500… La massima
parte dei discorsi teologici sono dello stesso stampo. In particolare, quegli autori
cominciano da metà strada, avendo cioè dato per scontata l'esistenza di dio, e
anzi del loro Dio; così, se pure ne sono uscite pagine di grande bellezza e profondità,
persino di grande appeal intellettuale, esse non fanno che rinfrancare lo
spirito di chi già vi crede. Inaccurate e astratte, esse dimostrano soltanto quanto
può fuorviare la forza di una fede che venga prima dei fatti.
La Cappella Sistina non prova alcunchè. La fede vince in romanticismo, ma
perde in verità e realismo.
E' molto piu facile oggi – in tempi di libero pensiero e democrazia – demolire certe
trovate un tempo maestose, da parte di scienza, logica e sensibilità moderne.
Se questi contro-argomenti sono da respingere, lo si faccia mostrandone
l’errore, non li si eviti a priori solo perché sviluppati in meno di un’enciclopedia.
Ora fatti un favore: riflettici. Qui pure si va in profondità. Ma per prima cosa in
direzione della verità e dell’uomo, non della fede, nè di Dio.
Instancabile, il prete (o chi per lui) che ancora non si lasciasse sfiorare dal minimo
dubbio e non rinunciasse ad ‘illuminarci’, potrebbe ricorrere ad imbarazzanti
argomenti-patacca. Esempi:
Minimizzare: ≪L’ateismo, che banalità≫… E perché?
Elucubrare: ≪In realtà tu senti dio ma non lo vuoi ammettere≫. Eeeh??
Mischiare le carte in tavola: ≪Dio è Bene, si fa il bene solo in lui≫. Beh,
forse Dio è Bene, ma Bene non è solo Dio. Senza, infatti, fare Bene si
può eccome.
Molle opportunismo: ≪Credici, che se c’e t’e convenuto≫. Reversibile: se non c’e, tutta la nostra sola vita cosi? Se poi c’e, non sarà felice che abbiamo cercato e ragionato da soli?
Fraintese mancanze: ≪Beh, l’alternativa atea cosa offre di valido?≫. Il meglio
della religione senza il peggio della religione, più qualche altra buona
cosa, umana originale doc.
Sconcertare: ≪Sai che umiliazione derivare dalle scimmie? Sai quanto
più affascinante è l’idea di un dio nel mondo?≫. Umiliante no, ora siamo
umani! Affascinante sì, ma… vero?
Prendere per i fondelli: ≪Sei troppo piccolo/a per questi discorsi≫. Detto
da uno che ci ha battezzato a pochi mesi.
Sottovalutare: ≪Cosa ne sai tu della fede…≫. Già, questa materia oscura…
Infine, probabilmente indispettito dalla nostra ‘testardaggine’, il povero prete
potrebbe rilanciare con la mitica frase: ≪Non c’è bisogno di prove per credere in
Dio, basta la fede≫ …E grazie! In fondo, sono convinto, neanche lui crede che
‘basta la fede’. Infatti usa la ragione in ogni momento – pianificare una spesa, affrontare
un viaggio, aiutare un parrocchiano, curarsi se sta male, … – solo che
non può applicarla alle basi del suo credo, che crollerebbe d’un botto.
Avere fede senza prove è una cosa ad alto rischio. ≪Ragazzi, Dio è una carota! Lo
so per fede!≫. Fa ridere. Una prova fa la differenza fra la verità e una balla colossale,
fra i fatti e le superstizioni, fra la migliore approssimazione della realtà e le
false certezze di un’illusione.
Basta credere? Allora credete che io sia un dio. Tra un paio di secoli, se saremo
stati bravi, avremo proseliti in tutte le galassie!
Ragionare sulle cose, raccogliere prove e scoprire la verità sui fatti che ci riguardano
è impegnativo, ma molto più funzionale. E libera una felicità di qualità più
pregiata del cullarsi in credenze prive di evidenza, o del diventare i pupazzetti di
qualcuno che sulla svendita di quelle credenze ci campa.
~∞~
D’accordo che uno crede in quel che gli piace, ma meglio qualcosa che dia una
certa garanzia di esistere, no?
~∞~
≪Però tu non puoi provare che Dio NON esiste≫. E' vero. E allora?
Non è un problema che l’affermazione sia ‘al negativo’, ma la sua vastità. Ad esempio,
si può benissimo provare che in una scatola di cerini non ci sia un ippopotamo.
La apri, non c’e. La cosa cambia quando si tratta di provare la non esistenza di una entità mistica residente oltre natura.
Per essere formalmente certi che qualcosa non esiste, dovremmo prima guardare
in tutto l’universo, in ogni tempo, e questo… è un po’ difficile! Va bene, allora,
dimostrino i credenti che i draghi sputafuoco, gli unicorni viola, le superformiche,
il Dio-coniglio e Zeus NON esistono. Come, non si può? O bella!
E' possibile dimostrare la non-esistenza di qualcosa di cui non si ha traccia concreta?
E per non crederci, siamo forse obbligati a dimostrare la non-esistenza di
ogni personaggio incorporeo o clandestino dai poteri irrintracciabili? Di ogni
singola fantasia?
Andar dietro a questo tipo di idee per ‘provarle false’ sarebbe un immane lavoro,
in realtà senza fine, e in larga parte chiaramente inutile, un vero spreco di risorse
e di tempo. Chi vuole si accomodi, ma è la strada sbagliata, e la scienza lo sa. Meglio
fare il contrario: provarle vere, definirle, capirle, nel momento in cui in
qualche modo si manifestano.
Ora, di fatto, di qualsiasi cosa è vero che scientificamente ‘non sappiamo’, non
proprio tutto almeno. Non essere certi è la condizione di base, per noi. Ma ci sono
cose che conosciamo meglio, indubbiamente. Avendole osservate e sperimentate,
con risultati costanti, malgrado il fatto che potremmo sbagliarci e sempre
aperti a nuovi indizi, di esse diciamo che esistono e che funzionano in un
certo modo. Altre invece ci sono completamente oscure. Quali e quante sono,
come e se sono, sappiamo zero. E allora con lo stesso criterio – cioè malgrado il
fatto che potremmo sbagliarci e sempre aperti a nuovi indizi – NON avendole potute
osservare NE' sperimentare con risultati costanti, NON potendo essere attribuite
con sufficiente certezza ad alcun fenomeno misterioso e NON essendo
strettamente necessarie alle teorie che già spiegano quelli conosciuti – queste,
ancora non esistono per noi!
Per ritenerle vere, reali, presenti, e almeno probabili, ragionevoli o anche solo un
filo… plausibili, abbiamo bisogno di buoni motivi, di conferme. Prima. Altrimenti,
l’assenza di prove è prova di assenza. Quella cosa può esistere, ma finchè
assente, come crederla presente? Non è ovvio per i centauri e i licantropi? Perdono
tempo, i credenti, con gli altri dei? Allo stesso modo, perchè non accantonare
il proprio, ma insistere a vederlo alla luce del buio?
La cosa è semplice: o abbiamo prove sufficienti e ragioni consistenti per convenire che
una cosa esista e sia fatta in un certo modo, oppure no. Se non ne abbiamo, ritenere
che non esistano è l’unica conseguenza logica e funzionale, non un dogma nè
una prova in senso assoluto, ma lo stato di partenza. Inesistente fino a prova
contraria: l’evidenza deriva dallo studio dei fatti, non può esserci (e non puo essere
richiesta) prima o a prescindere, checchè ne dica una fede. Non conta non
poter provare ciò che non ha luogo, ma verificare e conoscere ciò che lo fa. Esiste
ciò che si manifesta, il resto è ancora un’idea.
Il dato di fatto è che guardi e dio non c’e: in questo senso sì, possiamo dire eccome che ‘Dio non esiste’, come facciamo per tutta la miriade di esseri divini, di
miti e forze magiche impalpabili partorite e rimaste nella nostra fantasia, con la
tranquillità di un giudizio legato ai fenomeni e non eterno. L’argomento iniziale
dunque non ha alcun senso, nè forza di prova diretta o indiretta, e citarlo dimostra
piuttosto una certa ingenuità. E' interessante infatti che il credente non scelga
alcuno degli altri dei in base ad esso; ma improvvisamente, per il proprio, vale.
Facciamo luce quindi su un altro errore, tanto banale quanto diffuso: il fatto che
la scienza ancora non spieghi certe cose, non rende una alternativa qualsiasi automaticamente
vera. Non è abbastanza per ritenerla vera. “Non sappiamo cosa
causa il fenomeno X, dunque la causa Y che io sostengo è vera!” -> ragionamento errato.
Si può certo sempre credere con fede, uscendo appunto di razionalità. Perchè
hai presente quando non trovi piu un calzino, o sparisce l’accendino, o il
numero di forchette in casa non torna più? Un classico, a chi non è successo?
Beh, c’è chi dice infatti che nelle nostre case vivano dei buffi omettini minuscoli
che amano farne collezione… Li vedresti, se avessi gli occhiali di farfalla, ma il
calzino sparito è la prova che esistono…
L’assenza di prove può al massimo rendere reale una possibilità di esistenza, il che
non giustifica la sicurezza sull’esistenza che la fede cerca di sfoggiare. E' una possibilità
solo teorica – che non si nega a nessuno – e c’è anche quella che non esista…
Possiamo immaginare infinite cose con una possibilità di esistenza, ma invisibili
e non provate, e allora? Facciamo già che sono vere? Tutte? “Siccome è possibile
che sia vera, allora lo è!” -> ragionamento errato. Si può certo credere con
fede… Magari sull’Everest c’è uno che vende windsurf, ci credi?
Dire che una cosa è possibile non ci aiuta in niente, dato che tutto è ‘possibile’.
Diamo un angolo di universo ad ogni mistero e possibilità teorica, e avremo una
buona scusa per tutto, dalle divinità ai vampiri.
Basterebbe chiamarle ipotesi. Ipotesi ufo, ipotesi folletti, ipotesi piccoli uomini
minuscoli che vivono nascosti in casa mangiano briciole e escono quando dormiamo,
ipotesi uomonero, ipotesi reincarnazione, ipotesi… Dio. Qual è il problema
a non pretendere che sia già una verità? Facciamolo, e siamo ancora nel
campo del razionale. E' nel balzo dall’ipotesi alla certezza che si entra nell’affollato
e onnistupefacente pianeta della fede.
Per la scienza infatti sarebbero al massimo dei punti di partenza, non di arrivo.
Ma poi ancora: davvero sono ipotesi di lavoro valide? La cosa va vista in questa
luce: considerate le ambiguità di base, le ragioni alternative, le prove contro, gli
errori, i dubbi, i misteri, le singolarità, i trucchi e i falsi allarmi della teologia, e il
fatto che idee del genere – per definizione sopra-naturali – non sono direttamente
osservabili nè testabili (qualità necessarie di una buona ipotesi) nè falsificabili
(ovvero: per ogni caso irrisolto o esperimento fallito c’è una scusa che dice che
esistono lo stesso. Qualsiasi verifica dunque non ha più valore) e poichè sono
totalmente imprevedibili e poste a causa di un fatto senza la minima connessione
sicura con esso (altre 2 condizioni necessarie) oltre che, nel caso di dio, vaghe
immodificabili e sovrabbondanti (in scienza si va per la parsimonia: perchè aggiungere
un dio se una teoria funziona anche senza?)… considerato tutto ciò, è
sbagliato dare a questo tipo di ipotesi lo stesso peso e la stessa forza di quelle che
ne sono l’opposto. Esse non hanno alcuna proprietà scientifica, nè, ad ora, alcun
ruolo necessario o significativo secondo il metodo razionale. Perchè proprio
questo metodo? Perchè è il più attendibile: di fronte all’ignoto e al sorprendente,
osservazione, ipotesi e verifica consentono teorie coerenti, previsioni affidabili e
correzioni incessanti. Non si può dire lo stesso di dogmi e preghiere. Idee del genere
sono del tutto inutili alla scienza. Questo è il pane della fede.
Nondimeno, gli dei potrebbero esistere. Ma abbiamo modo di saperlo, finchè
vorranno giocare a nascondino, i birbanti? Semplicemente, finchè non si faranno
vivi… finchè non si faranno collegare ai fatti con certezza… dobbiamo pensare
che tutti questi esseri non esistono. Quando succederà, se succederà, sarà un
piacere cambiare idea. E magari intanto cercare, con forza e perseveranza, la verità,
scrostando via il falso, sulla base delle ipotesi più probabili e attendibili. ‘Dio’,
idea generica, non è fra quelle, così com’è costruito su attributi tanto vaghi.
Qualcuno sa com’è una cosa ‘perfetta’? E una ‘trascendente’? Bah!
≪Appunto, noi umani siamo così limitati, non possiamo escludere Dio solo perchè
non possiamo capirlo!≫. Al contrario: proprio perché così inarrivabile possiamo
escluderlo! Che senso avrebbe? E un’idea vuota, incolmabile di vero significato.
Domanda: se appunto non possiamo capirlo, se è misterioso e inconoscibile
per definizione, come fanno i credenti ad esserne tanto sicuri? Dio è questo,
ha fatto quello, pensa, vuole, chiede, dice, promette… Ma di cosa parliamo?
In realtà il credente non intende un’idea di dio in generale, ma quella del suo dio,
di cui pretende di sapere eccome. Beh, a parte quest’ovvio paradosso – che dovrebbe
da solo bastare – meglio ancora: così è possibile una critica diretta. Se si
comincia a definirlo bene, c’è un modo sicuro di vedere se quel dio non esiste:
basta capire se per caso alcune di queste sue qualità non siano… contraddittorie.
La prima cosa allora è chiederne una definizione precisa: ≪Scusa, che cosa intendi
tu per ‘Dio’, esattamente?≫. E' necessario cominciare da lì, dal momento che di
idee di dio ce ne sono molte, e da atei non possiamo dare per scontato quale preferisca
la persona che abbiamo davanti. Chiarito di quale dio si tratta, possiamo
finalmente intenderci, quindi esprimere un parere. E se le qualità che ha, messe
insieme, lo rendessero impossibile come cosa reale? Per quello cristiano ad esempio
è cosi, e ci stiamo giusto arrivando.
Infine: è una regola lampante che è chi fa l’affermazione a doverla dimostrare.
Chiunque può parlare, e parlare è facile; verificare invece richiede tempo, impegno,
meticolosità, e spostare lo sforzo di provare delle straordinaaaaarie idee personali
sulle spalle di chi è lì per essere convinto è troppo comodo… e scorretto.
Gettare un nuovo personaggio sul tabellone del Grande Gioco della Vita, è una
responsabilità di chi per primo ce lo infila: dire che una cosa nuova esiste impegna
chi lo dice a provarla. Chi ascolta invece ha il diritto di non fare nulla, di aspettare
spiegazioni, e di essere scettico/a fino al momento in cui ne verranno
date di convincenti. Non dovrebbe essere difficile, basta rendere chiari i motivi
per cui si è così certi di quanto si afferma…
E ci si spieghi cercando di essere precisi su questa storia del soprannaturale, perché
quello che si vede è invece molto naturale. La storia infatti ci racconta di
uomini che hanno da sempre prestato la voce ai loro dei… Che da primitivi e ignoranti
spiegavano con essi ogni cosa sconosciuta, e che poi, contraddetti dalla
realtà, ne hanno visti sempre meno, o hanno creduto in un solo dio ben nascosto,
padre e padrone solo di quanto ancora la scienza non ha spiegato e l’etica si
lascia scippare via. Questo è successo di sicuro, lo sappiamo!
E sappiamo anche che le persone, per loro natura, cercano sollievo dalla paura
dell’ignoto e della morte, consolazione per la perdita dei cari e un desiderio
a volte insostenibile di riabbracciarli, speranza per il futuro, la giustizia e il
benessere che gli mancano, e tutto l’amore, la stima e l’aiuto di cui hanno
profondamente bisogno… E che in queste delicatissime circostanze è quanto
mai facile sbagliarsi e volersi sbagliare, illudersi, e volersi illudere.
…Sappiamo che la fede è buona per sostenere l’esistenza di qualsiasi dio, e infatti
ogni religione e setta se ne serve per trovare il proprio; e che la gente per
essa ha abboccato ad ogni genere di cose assurde, dalla guerra alla fine del
mondo… Sappiamo che spesso non la si lascia scegliere, la fede, ma la si suscita
portando i più piccoli a credere alla fede dei grandi. E che proprio assorbendola
da piccoli è poi piu difficile staccarsene e più facile tramandarla. Anche
questo è sicuro.
…Sappiamo quale potente catena a una fede possano essere il senso di colpa
e di dovere, l’idea di dover ‘essere perdonati’, l’idea di ‘Salvezza’ da un mondo
corrotto… Sappiamo che un ‘Dio buono’ è un’ottima razionalizzazione di
errori educativi, capace di salvare nel nostro cuore chi ce li fece subire, e garantire
(pur rimosso dalla terra al cielo) l’esistenza del padre ideale, che con
noi non sbaglia mai e ci ama come siamo. Anche questo succede, è sicuro.
…Sappiamo che ci esalta sempre unirci sotto un ideale, credo, bandiera,
leader o progetto finalizzato a qualcosa di alto e più grande di noi… E sappiamo
che l’esaltazione si trasforma presto in idealizzazione, se ci chiudiamo
al mondo, e questa in un ego parrocchiale teso a difendere se stesso e il suo
posto sul podio.
…Sappiamo quanto è importante il senso di appartenenza a un gruppo,
quanta pressione psicologica possa intenzionalmente (ancorchè implicitamente)
esercitare sui singoli membri, e cosa ci si può spingere a fare pur di
sentirsene parte.
…Sappiamo che certe persone preferiscono adagiarsi e andare con la corrente,
o osannare chi si piglia la responsabilità piuttosto che fare da soli. E anche
che possono sbagliare a sceglierlo, soprattutto quando si fidano senza ricontrollare
e quando interpretano testimonianze fatti e sensazioni secondo
quanto già credono; e che la sicurezza che ricavano facendo di flebili deduzioni
delle verità profonde spesso basta a convincere e coinvolgere altri ancora.
Anche questo è sicuro.
…Sappiamo che gli dei e i loro alti rappresentanti, come i leader di culti minori,
hanno – e non per caso – ‘poteri’ la cui azione non è verificabile… ≪Non
testabili, nè falsificabili≫, direbbe uno scienziato che esperimenti ne fa ogni
giorno. E che a molti basta soltanto sentire la parola miracolo per esserne immediatamente
certi…
…E sappiamo che concedere felicità a fronte di obbedienza (e terribili castighi
viceversa) è l’eterna promessa del pre-potente sul debole, entrambi magari
convinti che sia così che deve andare. La religione infatti è storicamente (anche)
comodo strumento di potere, di un gruppetto che – arrogandosi privilegi
e poteri ‘divini’, ‘intoccabili’ e ‘indiscutibili’ – in ogni epoca e fino ad oggi
ha tentato e spesso ottenuto d’imporre le proprie regole al resto del popolo,
sottomettendolo non solo economicamente, ma fisicamente e psicologicamente.
Anche questo è sicuro.
E sappiamo pure che, al contrario, all’aumentare di libertà benessere sapere e
rispetto scende il bisogno di sperarli in un aldilà, e sale la voglia e la capacità
di non dipendere da intricate e indimostrabili tesi da sciamano del villaggio.
…
Quando una fede nasce e si diffonde per motivi come questi – potenti, ma esclusivamente
umani – o ne è intrisa al punto da non riuscire a distinguerli, non ce
n’è abbastanza per dedurre che ‘Dio’ è una comoda idea, un’utile creazione umana,
un perfetto appiglio sagomato a ciccio? Una soluzione tattica veloce ma
inaccurata? Stando così i fatti, allora: da 1 a 10, quanto c’è da stare in campana
quando ci viene richiesta pura fede? E quando la si afferma con logica sgangherata?
E quando la si sostiene nonostante i difetti del credo tutto intero?
Uhm, bah… coloro che credono in un dio dovranno decidersi a mostrarlo, questo
dio, altrimenti la loro verità non sarà distinguibile da quella di un’altra religione…
nè da interessanti ipotesi, nè da rozze invenzioni, da frottole, fantasie o
totali imposture. Fino a quell’istante, come fidarsi?
~∞~
Yumm… Era un punto importante. Cosa ne pensi?
Fraintendere la storia e usare impropriamente la scienza è purtroppo un difetto
ricorrente nel ragionare della fede. Capita così di avere l’impressione che esse
spieghino, difendano o almeno suggeriscano l’esistenza di un qualcosa chiamato
Dio, e inoltre di essere del tutto razionali nel proprio credere. Quando si fanno
errori del genere, invece, pur senza volerlo si dimostra esattamente il contrario.
Una informazione accurata e l’abitudine a una logica corretta permettono di
non perseverare, di insegnare bene, e di sostenere le proprie opinioni in modo
inappuntabile. Perchè no, anche la propria fede: in quanto fede, e nulla più.
~∞~
Se un dio esistesse come esistono il Monte Bianco e Vienna, non staremmo a discuterne:
gli atei non esisterebbero, e vi sarebbe al mondo una religione sola.
| youtube.com26 giu 2009 - 3 min - Caricato da minafan51 |
Come incominciare il discorso? Rispondendo a Don Gino Burresi.
Caro Don GINO BURRESI, per me non è possibile soprassedere al pensiero, alla vita e alla vicenda di Mons. ENRICO BARTOLETTI, anche se fosse morto di morte naturale, poiché e con la fine della "LINEA BARTOLETTI" che poi si è potuta aprire la "LINEA RUINI". Lei mi sta parlando del dopo la "linea Ruini". Allora non potremmo che iniziare dal riconsiderare il Bartoletti: ecco perché ne parlo sempre. Ottima l'indicazione del nome di papa CELESTINO VI, meglio, come segnale, non si poteva trovare!!! Chi sa come ne rimarrà contento nell'aldilà CELESTINO V. Dunque il Bartoletti va sempre ricordato, non solo perché ad un certo punto stranamente, o sorprendentemente (?) si è aperta la Causa per la sua Beatificazione promossa sotto Ruini. Altra stranezza, però: il Promotore della Causa venuto da Roma, un frate, mi parve che a metà funzione, la sera della Domenica 11 Novembre 2007, ad un certo punto abbandonasse il rito, la cerimonia. Perché? Avrò preso lucciole per lanterne? Mons. Alblondi questo episodio me lo fece ripetere per ben due volte poiché lui alla Cerimonia fu assante, così mi disse, "per gravi motivi", poi si chetò. Può essere giusto riflettere sopra a tutto questo? Si volle allora anticipare un giudizio !!! Per me l'episodio sarebbe TERRIFICANTE, se non vidi male.
Leggo sul Blog del COMUNE DI CALENZANO, patria di don Lorenzo Milani e del Bartoletti, che faranno a Settembre 2011, quindi p.v., un Convegno su Mons.ENRICO BARTOLETTI guidato dall'On.le ROSA RUSSO IERVOLINO. L'idea è molto affascinante e politicamente centrata, buonissima, ma va in una direzione diversa da quella che lei si auspica che io intraprenda: dimenticare!!! Insomma il problema e che con la linea "Ruini", o ugualmente "Wojtyla", si è forse voluto cancellare a monte la figura del Bartoletti. Ha me è sembrato mettendo sotto controllo anche i "media" perché non ne parlassero. Tanto potere sui giornalisti esiste? L'una cosa ( quella bartolettiana) avrebbe finito per offuscare l'altra cosa (quella wojtiliana. Son matto? Mi sbaglio? Chiedo, appunto, lumi. Per me del Bartoletti meglio forse che non se ne sapesse nulla com'è affettivamente poi avvenuto? E' questo sembra essere nell'interesse anche della parte zoppicante, sia del PD che del PDL, eccetera, poiché il Bartoletti intervenne anche sulla politica: e, per questo, si considerava già morto, per quanto io no lo afferrassi bene durante l'ultimo colloquio. Perché dimenticare?. Legga le lettere che lui mi inviò e che io ho messo su FACEBOOK, "FOTO",a mio nome, insieme alla Delibera dattiloscritta, di 5 pp., di La Pira, veramente terrificante sul piano politico-amministrativo e, quindi, della democrazia. Io dunque insito, mentre da una parte sono dell'idea che il fertile progetto che lei ha in mente, Caro Burresi, cioè di profondo cambiamento, sia importantissimo, portatore di piacere spirituale e che anzi abbia la possibilità anche di concretizzarsi, dall'altra, a stare alle lettere inviatemi dal Bartoletti, io avrei, attraverso di Lui stesso, forse anche partecipato al CONCILIO VATICANO II e, certamente, all'interpretazione successiva che poi lui ne dette in tutta Italia (IL TRAGHETTATORE; colui che era contro i "MALI DI ROMA". Dunque insisto con questo mio intervento politico-autobiografico. Per me, al punto in cui è arrivata la CENTRALIZZAZIONE VATICANA, voluta con energica fede da WOJTYLA, l'unica strada per uscirne EVANGELICAMENTE sarebbe la seguente. Che quei vescovi che se la sentono di assumersene le responsabilità, consacrassero allora in segreto VESCOVO un sacerdote, o anche un laico (per il Bartoletti non vi era differenza sostanziale), e poi lo indicassero, con una lettera autografa sigillata e consegnata ad un notaio, quale degno successore, in base al loro stesso giudizio, della loro stessa Diocesi. Mons. Alberto Silvani potrebbe condividere? Ovviamente non volglio saperlo!!! Il nuovo Papa che lei pare abbia già individuato e che, probabilmente, credo degnissimo, per me dovrebbe poi anche arrivare a codificare quanto qui le ho imprudentemente rivelato, o auspicato. Ecco comunque il mio nuovo e palloso intervento autobiografico.
Mi è dispiaciuto molto aver visto pubblicate nell'anno 1994 da MASSIMO TOSCHI le due lettere inviate da Don Lorenzo Milani (da ex san Donato alla parrocchia di Barbiana) a Mons. Enrico Bartoletti (di ex Carraia ad Ausiliare dell'Arcivescovo di Lucca e poi a Roma alla CEI). Le due lettere sono quelle in data 10 settembre 1958 e 1° ottobre 1958. Il dispiacere? Poiché il mio amico Don Alessandro Campani di Sommaia, in esse stesse più volte ricordato dal Milani, non vi faceva una bella figura, mentre lui era ancor vivo e vegeto; da aggiungere che anche il Bartoletti, nel modo in cui il Milani l'aveva trattato, appariva tutt'altra persona da quello che era effettivamente, specialmente in quel momento e che poi fu ancor più meravigliosamente. Dunque io dovetti avvisare telefonicamente il Campani della pubblicazione anche perché queste due lettere non erano esaltanti, appunto, nemmeno per la persona di Mons. Enrico Bartoletti. Mi fece piacere sentirmi poi dire da mons. Alberto Ablondi, vescovo Emerito di Livorno, che non solo avevo fatto bene a telefonare al Campani, ma anzi, che così telefonando, avevo dimostrato di essere un pochetto anche il Segretario in pectore dello stesso Bartoletti, come una volta il Bartoletti stesso si era fatto sfuggire di bocca, chi sa perché.
ADESSO AGGIUNGO.
Della Politica? Un po’ se ne interessano anche la C.E.I., il Vaticano e il Sommo Pontefice.
Come…?
Si legge su l’ENCICLOPEDIA Wikipedia alla voce
Mons. Enrico Bartoletti
Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Enrico Bartoletti (San Donato di Calenzano, 1916 – 5 marzo 1976) è stato un arcivescovo cattolico italiano.
Nel 1958 fu nominato vescovo ausiliare di Lucca. Fu consacrato vescovo nella basilica fiorentina dell'Annunziata, in quanto non appartenente al capitolo della cattedrale. Chiamato (da papa Montini) a ricoprire l’incarico di Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana nel 1972, sotto il pontificato di Paolo VI, dimessosi da arcivescovo di Lucca (o da Amministratore Apostolico, sede plena, dell’Arcidiocesi di Lucca resta ancora da chiarire [?]) nel 1973, si trasferì a Roma ove rimase fino alla sua improvvisa morte per malattia ( avvenuta il 5 marzo 1976 in ospedale dove però sembra stesse piuttosto benino).
Mons. Bartoletti propose di far leva sulla Parola di Dio (cioè sullo spirito del Vangelo improntato alla più ampia libertà di scelta). Il primo piano pastorale della CEI fu battezzato "linea Bartoletti" tanto era dominato dal suo orientamento pastorale. (Un sacerdote mi confidò che in alcuni ambienti del Vaticano, anche dopo diversi anni dalla sua scomparsa, alla parola “Bartoletti”, tremavano ancora per la profonda idea che lui aveva della LIBERTA’). I documenti figli del piano pastorale “linea Bartoletti”, si muoveranno nell’ottica bartolettiana centrata sull’annuncio del Vangelo. Egli si prodigò affinché le indicazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II venissero recepite ed attuate dalle diocesi e dalle parrocchie. La linea Bartoletti” ha guidato le scelte della conferenza episcopale italiana fino all'arrivo in Cei della linea Ruini. Nel novembre del 2007 , (nella Cattedrale di san Martino la Domenica 11 Novembre 2007) è stata aperta a Lucca la fase diocesana della causa per la sua beatificazione. Ma com’è che passiamo, appunto, dalla linea Bartoletti alla linea Ruini? Dalla linea Bartoletti che puntava, fra le altre cose, sull’onorevole Aldo Moro, alla linea Ruini che invece puntava sull’onorevole Silvio Berlusconi? Il Vescovo Emerito di Livorno, Mons. Alberto Ablondi, che durante il sequestro Moro si voleva sostituire a lui nella carcere delle Brigate Rosse
Grazie Giovangualberto. Allora non sono pazzo !
Anch'Ella, esperto di astrologia dantesca, vede, fra gli astri, il lunigiano incamminarsi verso la Città Eterna.
Forse può anche indicarci la datazione esatta del viaggio di solo andata di Mons. Alberto Silvani verso Piazza San Pietro ?
Riccardo