Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
11 agosto 2012 6 11 /08 /agosto /2012 12:35

    

"...BRUCANDO I TUOI BACI "

  www.poesieracconti.it/poesie/opera-70484   

Poesia

di

Emanuele Melissa

    

" LARVA "

  

Piccola larva di uomo qual sono


forse un minuto, forse sessanta,

 

nel mentre dei baci sentirmi



 dischiuso.

 

Visualizza i firmatari | FIRMA questa Petizione



 

► 5:16► 5:16
www.youtube.com/watch?v=MFBWg8uEXwo19 mar 2010 - 5 min - Caricato da tarasAlex



 

 



Condividi post
Repost0
11 agosto 2012 6 11 /08 /agosto /2012 06:58

  

IL TAGLIO DEL NASTRO

  

 

www.paroledelcuore.it

 

  Poesia

di

 Paolo Francesco BERTOLOTTI



Ginnasta col nastro

 

 

 

Eri nel tuo vortice incantato
al culmine della piroetta
la prima volta che t'ho incontrato
ed il mio cuore, con una stretta,
è collassato per rinascere
splendente ancor più della stella
che per noi brilla tutte le sere
come agli albori della nostra storiella
 

  

► 4:42► 4:42
www.youtube.com/watch?v=dMq16_8NYhI11 ago 2009 - 5 min - Caricato da EriKuccyna888

 



   
Condividi post
Repost0
11 agosto 2012 6 11 /08 /agosto /2012 06:02

 

 

MA NON TRAMANO VENDETTA

 

www.ilsussidiario.net/News/Calcio-e-altri-Sport/ 

  

OLIMPIADI LONDRA 2012/

           Ginnastica ritmica, Italia in finale

nell'all around con il secondo punteggio

 

OLIMPIADI LONDRA 2012/ Ginnastica ritmica, Italia in finale nell'all around con il secondo punteggio 

La nazionale italiana di ginnastica ritmica (Infophoto)

 

 

OLIMPIADI LONDRA 2012, GINNASTICA RITMICA, FARFALLE IN FINALE - Le Farfalle sono in finale. Domenica nell'all around a squadre la squadra italiana di ginnastica ritmica proverà a vendicarsi di quanto successo a Pechino 2008: aveva il sogno della medaglia e di fatto l'aveva vinta, ma una giuria "confusa" (diciamo così, usando un eufemismo) nelle sue decisioni premiò Cina e Russia a scapito delle nostre ragazze, che furono soltanto medaglia di legno (penalizzata la Bielorussia, che però sul podio ci arrivò comunque). Fu uno scandalo che le Farfalle presero ovviamente malissimo, ma adesso non bisogna pensarci: Londra non è Pechino, e le nostre ragazze (Elisa Santoni, Elisa Blanchi, Andreea Stefanescu. Marta Pagnini, Romina Laurito e Anzhelika Savrayuk) nei due turni di rotazione hanno dimostrato di essere in linea con le loro grandi avversarie, cioè proprio la Russia: è questa la nazione contro la quale, probabilmente, andremo a giocarci la medaglia d'oro, pur se bisognerà guardarci da altre formazioni che sicuramente hanno la stoffa per metterci in difficoltà: Bielorussia e Bulgaria su tutte, ma oggi abbiamo visto anche un'ottima Spagna. Insomma, dalla ginnastica ritmica può arrivare quella medaglia che non siamo riusciti a prendere con Vanessa Ferrari, quarta per un regolamente controverso. In realtà, non c'è tutto questo rapporto tra le due realtà al femminile: le Farfalle ieri hanno espresso tutta la loro solidarietà per la medaglia di legno di Busnari, ma non hanno minimamente fatto il nome della Ferrari, "rea" di aver sbottato qualche tempo fa contro la ritmica, definendola uno sport inutile e non meritevole di essere presente ai Giochi. Sia come sia, l'Italia oggi si è nuovamente fatta valere: l'obiettivo era semplicemente quello di capire se potessimo competere ai livelli della Russia dopo essere stati loro vicino con l'esercizio delle cinque palle. La pedana ci ha confermato che è così: la giuria è rimasta leggermente più bassa nelle valutazioni rispetto a ieri, ma anche con nastri e cerchi abbiamo capito che l'oro è possibile. Le russe hanno eseguito molto bene dal punto di vista artistico, hanno peccato lievemente nell'esecuzione e infatti si sono prese un 9.100 in questo parametro. 28.000 il loro punteggio totale. Noi, sostanzialmente certe di timbrare la presenza domenica, ci siamo avvicinate: in avvio subito un'imprecisione con un cerchio che, lanciato sulla pancia e poi ripreso, è volato leggermente più basso del dovuto. Poi, sulle note del Guglielmo Tell di Rossini, le Farfalle hanno messo in mostra un esercizio fatto di difficoltà in crescendo, fino al grande finale. Mezzo decimo in meno delle russe nella parte artistica, la differenza (per noi 27.700) l'ha fatta il coefficiente di difficoltà, che premiava le russe. Attenzione: 

il regolamento, in caso di parità, premia l'esecuzione rispetto al coefficiente di difficoltà, Vanessa Ferrari ha perso la medaglia proprio per questo. Comunque, l'Italia raggiunge la finale con il secondo punteggio, davanti a Bielorussia, Bulgaria, Spagna, Ucraina, Israele e Giappone (Grecia e Germania sono le riserve). Domenica non conterà: si riparte da zero, bisognerà essere perfette per la medaglia d'oro. Per quello che abbiamo visto fino a qui, assolutamente alla portata.



► 4:10► 4:10
youtube.com31 ago 2008 - 4 min - Caricato da oldetabeta



Condividi post
Repost0
10 agosto 2012 5 10 /08 /agosto /2012 10:21

 

 

Gesù ci dice: Prendete  il   largo e calate le reti per la pesca

 

 

http://la1.rsi.ch/segnideitempi/welcome.cfm?idg=0&ids=3095&idc=17008

 

Protestantesimo

 

Anche Dio gioca a pallone    ?

 

La religione del calcio e la fede dei tifosi 

 

  La febbre dei Mondiali

 

Anche Dio gioca a pallone?: A pochi giorni dal Mondiale tedesco,

notizie, fatti e commenti intorno alla religione del calcio e alla fede

dei tifosi e dei giocatori. Ma lo sapevate che il gioco del calcio è nato

nelle chiese? E che molti calciatori sono evangelici pentecostali?

 

Bibliografia: Dirk Schümer, Gott ist rund. Die Kultur des Fussballs,

Suhrkamp, Berlin 1998; C. Möller u. H.-G. Ulrichs (Hg.), Fussball u. Kirche.

Wunderliche Wechselwirkungen, Vandenhoeck, Göttingen 1997

 

► 4:32► 4:32
youtube.com5 lug 2008 - 5 min - Caricato da ClarkKentTube

 

Condividi post
Repost0
10 agosto 2012 5 10 /08 /agosto /2012 08:24

  PALLONI SCOMPARSI

    http://www.pasolini.net/saggistica_ppp-e-il-calcioAM. 

 

Pier Paolo Pasolini: "Il calcio «è» un linguaggio

 con i suoi poeti e prosatori"

di Angela Molteni

 

 

[L'immagine qui sotto è la riproduzione di un particolare da un dipinto di Renato Guttuso].

.

.
.
«I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara
(giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente: ala destra, allora, e i miei amici,
qualche anno dopo, mi avrebbero chiamato lo "Stukas": ricordo dolce bieco)
sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola,
se ci penso. Allora, il Bologna era il Bologna più potente della sua storia:
quello di Biavati e Sansone, di Reguzzoni e Andreolo (il re del campo),
di Marchesi, di Fedullo e Pagotto. Non ho mai visto niente di più bello
degli scambi tra Biavati e Sansone (Reguzzoni è stato un po' ripreso da Pascutti).
Che domeniche allo stadio Comunale!».

Pier Paolo Pasolini

Il gioco del calcio è lo sport nazionale per eccellenza non solo in Italia; l'unico che unisce in un comune sentimento di entusiasmo e partecipazione tutte le fasce sociali e che riesce a tenere desta l'attenzione ben prima e ben dopo l'ora e mezza di durata della partita. Che sia il mezzo televisivo o la visione diretta a comunicare le immagini del gioco, l'eccitazione del pubblico si mantiene sempre a un livello molto alto e la tensione quasi mai si acquieta con la fine del gioco ma lo trascende e ha modo di scaricarsi nelle strade cittadine, coinvolgendo anche chi l'incontro agonistico non l'ha seguito. È un gioco che, proiettato oltre gli stadi ufficiali, si reinventa quotidianamente nelle migliaia di campi sportivi più o meno improvvisati, nelle scuole e nei cortili delle case, ovunque si ritrovino un gruppo di ragazzi intorno a un pallone.

Registrare questo fenomeno, con spirito di partecipazione, con la serena ottica dell'interesse culturale, con l'acuta indagine della curiosità è la sfida che hanno lanciato, nel tempo, giornalisti, fotografi, sociologi, filosofi, pittori, scultori e anche letterati. 
 

  

Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare?
Un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l'eros, per me il football è uno dei grandi piaceri.

Enzo Biagi intervista Pier Paolo Pasolini,
«La Stampa», 4 gennaio 1973

Gli scrittori e il calcio

Il calcio è una metafora della vita, sentenzia Jean-Paul Sartre. La vita è una metafora del calcio, corregge il filosofo Sergio Givone. Di certo, calcio e letteratura vanno a braccetto, in una simbiosi ormai consolidata. 

Eugenio Montale si occupò di calcio, ipotizzando un campionato senza reti: «Sogno che un giorno nessuno farà più gol in tutto il mondo». 

Giacomo LeopardiUn caso rilevante è quello di Giacomo Leopardi, con la sua canzone A un vincitore nel pallone, datata 1821. Leopardi, in questa canzone in cinque strofe, si riferisce a un ben preciso personaggio, il giovane Carlo Didini di Treia, e lo acclama come campione, elogiandolo per l'energia espressa nell'azione sportiva. Dietro questa profonda ammirazione si cela anzitutto una punta di invidia per una vigoria di corpo che il poeta non possedette mai. Ma, cosa ben più importante, si intravede la visione leopardiana della vita, che va presa come un gioco, come il calcio quindi, e come tale va giocata, cercando quindi di passare dall'ignavia all'azione; e non è necessario stare attenti allo scopo dell'azione, purché azione sia. Infatti "nostra vita a che val? Solo a spregiarla" è momento conclusivo della composizione. E allora Leopardi, oltre a elogiare il ragazzo, lo incita a continuare così e, anzi, a fare ancora di più, per non cadere nel suo stesso errore, del quale si è accorto troppo tardi per poter porvi rimedio. 

Umberto SabaPiù aderenti al tema calcistico sono le 5 poesie sul gioco del calcio di Umberto Saba, che si avvicina al calcio casualmente, entra la prima volta allo stadio solo per accompagnarvi la figlia desiderosa di vedere la squadra di casa, la Triestina. Fino a quel momento il poeta non aveva mai dato molto peso al calcio, anzi tutti quei tifosi che deliravano o si disperavano seguendo le evoluzioni di una sfera di cuoio lo irritavano; non riusciva a capirne il senso; ma da quel giorno per lui tutto cambiò, dentro quello stadio Saba si sentì perduto, avvolto dal calore della folla.

Quel primo incontro col calcio è narrato in Squadra paesana; il poeta era ormai rapito da quello spettacolo che gli permetteva, fra l'altro, di riconoscersi nella massa, bisogno da lui sempre inseguito, e continuò a scrivere liriche sull'argomento, prendendo spunto ogni volta da alcuni momenti che lo avevano colpito maggiormente; così, mentre nella prima composizione aveva espresso lo stupore personale, nella seconda, Tre momenti, descrive la gioia e la felicità dei tifosi, la cui brevità è compensata dall'immensità, e inoltre gli istanti che precedono il fischio d'inizio e il comportamento del portiere, che si rilassa quando i suoi compagni hanno il controllo del gioco, ma che diventa guardingo appena lo perdono. Ancora il comportamento dei tifosi è il tema della Tredicesima partita scritta in occasione di uno incontro disputato a Padova del quale il poeta fu spettatore insieme a sua figlia. Dopo aver capito che la coppia, nonostante non parli il dialetto locale, tifa per la squadra di casa, i tifosi con un atto di galanteria regalano un mazzetto di fiori alla ragazza (il clima non era quello di oggi, non si lanciavano motorini giù dalle gradinate...); Saba per ringraziarli dedica loro quella poesia, nonostante non fossero tifosi della sua Triestina, facendo leva sul sentimento di unità che lega gli spettatori. Emblematico è invece il quarto capitolo della raccolta: è l'unico momento in cui Saba mostra una sorta di disprezzo per il calcio, anzi, piuttosto per i calciatori, che "odiosi di tanto eran superbi passavan là sotto" e "tutto vedevano, e non quegli acerbi"; gli acerbi sarebbero i ragazzini e, infatti, specialmente a loro è dedicata la poesia Fanciulli allo stadio, perché nelle loro speranze, puntualmente deluse, Saba crede di rivivere la propria infanzia. Infine c'è Goal, probabilmente la più famosa fra queste poesie di Saba a soggetto calcistico. Tema di questa lirica sono i sentimenti contrastanti dei due portieri nel momento di un goal, appunto: il vinto, che si dispera e "contro terra cela la faccia", come a voler scomparire, e l'altro, che, obbligato a rimanere nei pali, lascia libera di vagare almeno la sua anima, alla ricerca della felicità insieme ai suoi compagni.

In un suo saggio pubblicato dal quotidiano Liberazione con il titolo La filosofia politica del pallonetto, Darwin Pastorin scrive tra l'altro: 

Eduardo Galeano«[...] Per Thomas Stearnes Eliot "il calcio è un elemento fondamentale della cultura contemporanea". Per me, che arrivo dal Sudamerica, dal Brasile, il pallone rappresenta un'utopia, un riscatto, una opposizione al potere. Basta leggere Eduardo Galeano: "Per quanto i tecnocrati lo programmino perfino nei minimi dettagli, per quanto i potenti lo manipolino, il calcio continua a voler essere l'arte dell'imprevisto". 
Da bambino, orgoglioso figli di emigranti veronesi, al quartiere Cambuci di San Paolo del Brasile, giocavo a calcio con i miei coetanei, mulatti ebrei giapponesi polacchi. E quella palla di stracci e speranza rappresentava la nostra lingua in comune. Il nostro modo per stare insieme, per sognare, per capire e farci capire. Già, che tempi. Quando eravamo noi "gli altri".

Il calcio è tuttora in grado di opporsi al pallone geneticamente modificato, di riportare l'uomo al centro del football, eludendo schemi, strategie, marketing. Il calcio dei funamboli, dei poeti estremi del prato verde, di una rinnovata immaginazione al potere. Il calcio del dribbling, del pallonetto. Ha detto Adriano Sofri: "Se avessi il materiale disponibile, e mi sentissi all'altezza, proverei a scrivere una storia del mondo sotto la specie del pallonetto". Mi pare che questa idea del pallonetto sia la più promettente idea post-moderna, per tutte le strategie compresa la strategia politica.

[...] Il calcio, dunque, come movimento letterario e politico, come momento di rifiuto della normalità, del conformismo. E penso all'idolo della mia infanzia, l'ala destra brasiliana Mané Garrincha, citata dal presidente Lula come suo modello di riferimento sociale e culturale. Garrincha, l'analfabeta soprannominato "allegria della gente", l'angelo dalle gambe storte, venne così descritto dal grande poeta Carlos Drummond De Andrade: "Fu un povero e semplice mortale che aiutò un paese intero a sublimare le sue tristezze. La cosa peggiore è che le tristezze ritornano e non c'è un altro Garrincha disponibile. Ne occorre un altro che continui ad alimentarci il sogno". 

Ma la sintesi di questo mio intervento può essere racchiuso nella frase-manifesto dello scrittore Edilberto Coutinho: "Perché lo scrittore scrive sempre delle sue passioni. E l'uso che in certi casi le dittature fanno del calcio non invalida il gioco, la forza magica della sua bellezza e della sua emozione. Che continuano a prevalere. Perché il calcio, come la letteratura, se ben praticato, è forza di popolo. I dittatori passano. Passeranno sempre. Ma un gol di Garrincha è un momento eterno. Non lo dimentica nessuno"».

Nel libro Calcio. Una religione alla ricerca del suo dio (edizioni Frassinelli) - un libro scritto in occasione dei Campionati Mondiali di Francia - Manuel Vázquez Montalbán, tra un'osservazione tecnica sul campionato spagnolo e uno sberleffo agli odiati dirigenti, formula preziose osservazioni sul rapporto tra calcio e letteratura:
Manuel Vazquez Montalban«Sono stati soprattutto gli autori latino-americani a trasformare il calcio in una moderna forma di epica. E allo stesso modo in cui Paesi come il Brasile e l'Argentina esportano giocatori in tutto il mondo, l'epica calcistica di autori come Eduardo Galeano e Osvaldo Soriano è stata esportata in tutto il mondo. Questi scrittori hanno saputo presentare il calcio per quello che veramente è, ossia una forma d'arte popolare. In questi autori c'e una naturalezza, una semplicità che manca del tutto negli scrittori europei. Che infatti, nel loro intellettualismo, hanno sempre snobbato il calcio».

«Il calcio si sta trasformando in una religione sostitutiva di tipo laico, con una sua ritualità, i suoi simboli, le sue cattedrali, le sue sette. Finora il Mondiale di Francia è stato l'evento piú importante in questo processo di globalizzazione del calcio, uno sport che si trasforma in proposta di alienazione collettiva su scala planetaria, fondata sulla contrapposizione tra Nord e Sud del mondo, tra Paesi che importano giocatori e altri che li esportano. Anche se tutto questo, fortunatamente, ha un contrappeso molto positivo nel carattere multirazziale del calcio contemporaneo». [da un'intervista a Avvenire, 2 agosto 1998]


Il calcio secondo Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini, che è stato una fantasiosa ala destra, si spinge addirittura oltre ciò che hanno dichiarato gli altri scrittori sopra citati:

«Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro». 
Per la sua passione calcistica illimitata Pasolini assimila in modo alquanto originale il calcio a un vero e proprio linguaggio, coi suoi poeti e prosatori, e definisce il football un sistema di segni, cioè un linguaggio, che ha tutte le caratteristiche fondamentali di quello scritto-parlato:
«[...] Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio. Esso ha tutte le caratteristiche fondamentali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato. 

Infatti le "parole" del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato. Ora, come si formano queste ultime? Esse si formano attraverso la cosiddetta "doppia articolazione" ossia attraverso le infinite combinazioni dei "fonemi": che sono, in italiano, le 21 lettere dell'alfabeto. 

I "fonemi" sono dunque le "unità minime" della lingua scritto-parlata. Vogliamo divertirci a definire l'unità minima della lingua del calcio? Ecco: "Un uomo che usa i piedi per calciare un pallone è tale unità minima: tale "podema" (se vogliamo continuare a divertirci). Le infinite possibilità di combinazione dei "podemi" formano le "parole calcistiche": e l'insieme delle "parole calcistiche" forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche. 

I "podemi" sono ventidue (circa, dunque, come i fonemi): le "parole calcistiche" sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combinazione dei "podemi" (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella "partita", che è un vero e proprio discorso drammatico. 

I cifratori di questo linguaggio sono i giocatori, noi, sugli spalti, siamo i decifratori: in comune dunque possediamo un codice. 

Chi non conosce il codice del calcio non capisce il "significato" delle sue parole (i passaggi) né il senso del suo discorso (un insieme di passaggi). 

Non sono né Roland Barthes né Greimas, ma da dilettante, se volessi, potrei scrivere un saggio ben più convincente di questo accenno, sulla "lingua del calcio". Penso, inoltre, che si potrebbe anche scrivere un bel saggio intitolato Propp applicato al calcio: perché, naturalmente, come ogni lingua, il calcio ha il suo momento puramente "strumentale" rigidamente e astrattamente regolato dal codice, e il suo momento "espressivo". 

Ho detto infatti qui sopra come ogni lingua si articoli in varie sottolingue, in possesso ciascuna di un sottocodice. 

Ebbene, anche per la lingua del calcio si possono fare distinzioni del genere: anche il calcio possiede dei sottocodici, dal momento in cui, da puramente strumentale, diventa espressivo. 

Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico. 

Per spiegarmi, darò - anticipando le conclusioni - alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un "prosatore realista"; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un "poeta realista".

Corso gioca un calcio in poesia, ma non è un "poeta realista": è un poeta un po' maudit, extravagante. 

Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua è una prosa poetica, da "elzeviro". Anche Mazzola è un elzevirista, che potrebbe scrivere sul "Corriere della Sera": ma è più poeta di Rivera; ogni tanto egli interrompe la prosa, e inventa lì per lì due versi folgoranti. 

Si noti bene che tra la prosa e la poesia non faccio distinzione di valore; la mia è una distinzione puramente tecnica. 

Tuttavia intendiamoci: la letteratura italiana, specie recente, è la letteratura degli "elzeviri": essi sono eleganti e al limite estetizzanti: il loro fondo è quasi sempre conservatore e un po' provinciale... insomma, democristiano. Fra tutti i linguaggi che si parlano in un Paese, anche i più gergali e ostici, c'è un terreno comune: che è la "cultura" di quel Paese: la sua attualità storica. 

Così, proprio per ragioni di cultura e di storia, il calcio di alcuni popoli è fondamentalmente in prosa: prosa realistica o prosa estetizzante (quest'ultimo è il caso dell'Italia): mentre il calcio di altri popoli è fondamentalmente in poesia. 

Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del "goal". Ogni goal è sempre un'invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell'anno. In questo momento lo è Savoldi. Il calcio che esprime più goals è il calcio più poetico. 

Anche il "dribbling" è di per sé poetico (anche se non "sempre" come l'azione del goal). Infatti il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai. E un sogno (che ho visto realizzato solo nei Maghi del pallone da Franco Franchi, che, sia pure a livello brado, è riuscito a essere perfettamente onirico). 

Chi sono i migliori "dribblatori" del mondo e i migliori facitori di goals? I brasiliani. Dunque il loro calcio è un calcio di poesia: ed esso è infatti tutto impostato sul dribbling e sul goal. 

Il catenaccio e la triangolazione (che Brera chiama geometria) è un calcio di prosa: esso è infatti basato sulla sintassi, ossia sul gioco collettivo e organizzato: cioè sull'esecuzione ragionata del codice. Il suo solo momento poetico è il contropiede, con l'annesso "goal" (che, come abbiamo visto, non può che essere poetico). Insomma, il momento poetico del calcio sembra essere (come sempre) il momento individualistico (dribbling e goal; o passaggio ispirato).

Il calcio in prosa è quello del cosiddetto sistema (il calcio europeo): il suo schema è il seguente: 

il "goal", in questo schema, è affidato alla "conclusione", possibilmente di un "poeta realistico" come Riva, ma deve derivare da una organizzazione di gioco collettivo, fondato da una serie di passaggi "geometrici" eseguiti secondo le regole del codice (Rivera in questo è perfetto: a Brera non piace perché si tratta di una perfezione un po' estetizzante, e non realistica, come nei centrocampisti inglesi o tedeschi).

Il calcio in poesia è quello del calcio latino-americano: il suo schema è il seguente: 

schema che per essere realizzato deve richiedere una capacità mostruosa di dribblare (cosa che in Europa è snobbata in nome della "prosa collettiva"): e il goal può essere inventato da chiunque e da qualunque posizione. 

Se dribbling e goal sono i momenti individualistici-poetici del calcio, ecco quindi che il calcio brasiliano è un calcio di poesia. Senza far distinzione di valore, ma in senso puramente tecnico, in Messico [Olimpiadi 1968] è stata la prosa estetizzante italiana a essere battuta dalla poesia brasiliana.»

[Pier Paolo Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull'arte, Vol. II, Meridiani Mondadori, Milano 1999]


Pier Paolo Pasolini è stato poeta, regista, scrittore, pittore... e calciatore. La sua carriera calcistica non è l'eredità più grande che ci abbia lasciato. Tuttavia il suo amore per il calcio dice abbastanza circa la sua convinzione che la cultura popolare fosse un terreno di lotta politica per dare voce ai diseredati. 

Giocò a calcio dapprima a Casarsa, la sua città natale in Friuli, all'inizio degli anni Quaranta mentre cominciava a scrivere le prime poesie. È qui che diede il meglio di sé come centrocampista per la squadra locale. Come poi nella vita politica, gli anni da calciatore furono turbolenti, non certo privi di controversie, e hanno lasciato alla gente di Casarsa diversi ricordi. [Nella foto qui accanto, la squadra di calcio del Casarsa: Pasolini è il primo a sinistra, in piedi.]

L'amore di Pasolini per il gioco del calcio e la sua conoscenza tecnica di giocatori, schemi, stili e tattiche sono noti. Lui stesso si dedicò al calcio: ogni occasione era opportuna per praticare il suo gioco preferito, soprattutto sui campetti delle periferie romane e non, negli intervalli di lavorazione dei suoi film o appena aveva tempo disponibile. 

«In Italia c'è un'eredità nobile nel rapporto tra poesia, letteratura e calcio. Penso ad uno come Pasolini. Non c'è niente che spieghi Pasolini quanto il suo modo di giocare a pallone. Io l'ho conosciuto a Roma, a Porta Portese, su un campo il cui fondo era di carbon fossile». [Intervista di Lorenzo D'Alò ad Adriano Sofri.]

Ricordi e immagini

Daniele Serra, uno tra i primissimi visitatori di "Pagine corsare" ha così ricordato il "poeta-calciatore":

«[...] io l'ho conosciuto di persona quando insieme a Sergio e Franco Citti, a Ninetto Davoli e altri veniva nella borgata romana in cui sono cresciuto a giocare a calcio (sport da lui molto amato e praticato) contro la mia squadretta di allora e di lui ricordo la sua immensa gentilezza e il suo essere "normale" in mezzo a noi "pischelli de borgata". Nonostante fosse già allora un famoso regista e quindi, secondo i canoni dello star system avrebbe dovuto frequentare ben altri siti che non i campetti di periferia. Quando non vedeva qualcuno di noi sul campo, ricordandosi sempre il nome dell'assente, si preoccupava di sapere se il tale o il talatro avesse dei problemi e/o avesse bisogno di aiuto. Lui amava molto stare con noi e in un certo senso ci faceva sentire diversi da quello che eravamo, e quando parlava con noi (sebbene non dicesse mai cose semplici o tantomeno banali) lo faceva semplicemente, senza farci pesare la sua enorme cultura. Non posso esprimere alcun giudizio sulle sue poesie perché, devo ammetterlo, la poesia non è il mio forte né il mio genere preferito, però il giudizio che posso esprimere sui suoi film non può non essere che entusiastico. 

Quando rivedo film come Accattone o Uccellacci e uccellini, mi sembra di ritornare a quei tempi e rivivo le stesse emozioni che vivevo allora. Con la sua scomparsa è scomparso anche un pezzo del mio mondo [...]». 

Scrive Giovanni Santucci in Calcio e letteratura: lo sport di Pasolini [da un articolo sulla rivista Storie]:
«Una tra le più belle fotografie di Pasolini lo ritrae in strada. Dietro di lui un marciapiede non finito, solo un gradino di marmo e, oltre, un cumulo di erba e terra. Segni di quell'Italia dall'edilizia affaccendata e frettolosa, di una modernità sbrigativa e inconcludente. 

È una giornata di sole e Pasolini è vestito di tutto punto, indossa un abito scuro e le scarpe di cuoio, la cravatta e il pullover sotto la giacca. Nonostante l'abbigliamento, con l'interno del piede destro controlla un pallone, la gamba e il busto formano una sola linea assai inclinata, tutto il peso sull'altra gamba flessa e ben piantata a terra. I pugni sono stretti e le braccia larghe, tese come ali alla ricerca dell'equilibrio; lo sguardo fisso a terra sul suo gesto tecnico, concentratissimo come in una quantità di altre fotografie scattate sui campi da gioco. 

Dovrebbe esserci un'incongruenza tra quel vestito e l'impegno sportivo, tra quel vestito e il "gioco": sulle gambe i pantaloni si agitano in mille pieghe, sbalzati da cunei di ombra e luce, le code della giacca si aprono come un mantello e sventolano scomposte dietro la schiena. Invece tutto è naturale, in quella foto, la posa e lo sguardo, l'abito e la strada. 

È la fotografia più bella del Pasolini calciatore perché il calcio al pallone è in essa un gesto di libertà e di gioia. A indovinare dall'esterno, non si direbbe neppure una partita vera e propria, con tutta probabilità si trattava piuttosto di un incontro non prestabilito: una di quelle occasioni offerte dal caso in mezzo alla strada che lo scrittore aveva accolto di buon grado, unendosi, com'era solito fare, a quelle situazioni in cui non si contrasta e non si segnano dei goal, ma si fa semplicemente volare e correre il pallone, si prova qualche finezza, si urla e si ride mentre la palla l'hanno gli altri. Pasolini si prende la libertà di sporcarsi e di sudare quando non dovrebbe, di rovinare i suoi vestiti e magari di dimenticarsi di qualche appuntamento. 

Di sicuro quel mattino annodandosi la cravatta non prevedeva questa piccola occasione per scalmanarsi, ma quando essa si è presentata non ha avuto bisogno di prepararsi o cambiarsi, e neppure di togliersi la giacca. Ha chiamato, ha detto - passamela! - e via. È il modo di essere libero e tipico del bambino, che può correre senza remore dietro al pallone anche fuori della chiesa, dopo la prima comunione, con il vestito della festa e i mocassini, perché a vedere una palla che salta e rotola non si può star lì a guardare. Oltre i quindici o sedici anni, la vita attenta e pulita opprime, nega la possibilità di un simile divertimento, così estemporaneo e "anarchico", e vedere il poeta in cravatta che gioca per strada a trenta e a quarant'anni mette addosso una qualche malinconia. 

Altra foto [lo scatto è di Federico Garolla, per gentile concessione, ndr.]. Lo scrittore è col pallone tra i piedi sopra una pezza d'erba. Stavolta ha intorno parecchi ragazzi scamiciati. Ancora quella condizione libera, a profusione continua e quasi magmatica, del gioco del pallone, che nella periferia romana riempie le strade e i pomeriggi, tutti gli spiazzi i prati secchi e le comitive. 

Tra Pietralata e Monteverde imbattersi in una "partitella" doveva essere cosa abituale e Pasolini partecipava, secondo la testimonianza di Ninetto Davoli ["Ogni volta che sentivamo il rumore di un pallone ci fermavamo e cominciavamo a giocare"], sempre volentieri e con un'accensione di entusiasmo, una sorta di piacevole impellenza alla quale era ben facile arrendersi. In borgata il calcio è continua "improvvisazione", qualche passaggio e qualche corsa, strilli risate e parolacce. Chiunque arriva può aggregarsi. 

Schiamazzi e polverone sono un basso continuo, sonoro e figurativo; tra sterri e immondizie, nel paesaggio urbano in costruzione di "case non ancora finite e già in rovina" c'è sempre un circolo di giovani o uno sciame di ragazzini che si riversa negli spazi desolati rincorrendo una palla:

[...] quando i ragazzini s'erano ormai stufati di giocare, un sabato, alcuni giovanotti più anziani si misero sotto la porta col pallone tra i piedi. Formarono un cerchio e cominciarono a fare del palleggio, colpendo la palla col collo del piede, in modo da farla scorrere raso terra, senza effetto, con dei bei colpetti secchi. Dopo un po' erano tutti bagnati di sudore, ma non si volevano togliere le giacche della festa o i maglioni di lana azzurra con le strisce nere o gialle, a causa dell'aria tutta casuale e scherzosa con cui s'erano messi a giocare [...]

[...] Tra i passaggi e gli stop si facevano due chiacchiere. "Ammazzete quanto sei moscio oggi, Alvà!" gridò un moro, coi capelli infracicati di brillantina. ... "E donne", disse poi, facendo una rovesciata. "Vaffan...", gli rispose Alvaro, con la sua faccia piena d'ossa [...] Cercò di fare una finezza colpendo il pallone di tacco, ma fece un liscio, e il pallone rotolò lontano verso il Riccetto e gli altri che se ne stavano sbragati sull'erba zozza. Allora il roscetto si alzò e senza fretta rilanciò il pallone verso i giovanotti. [...]

[Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, ora in Pier Paolo Pasolini, Romanzi e Racconti, Vol. I, 1946-1961, Mondadori 1998.]»

 

► 4:07► 4:07
vimeo.com/3941595429 mar 2012 - 4 min
Condividi post
Repost0
10 agosto 2012 5 10 /08 /agosto /2012 04:22

 

PORTIERI DELLA NOTTE

 

 

 

 

http://www.gironi.it/poesia/saba.php

 

 

Poesie di Umberto Saba

 

Umberto Saba

 

Goal

 

 

Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

La folla- unita ebrezza - per trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.

Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere
- l’altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch’io son parte.

 

► 5:50► 5:50
youtube.com30 giu 2008 - 6 min - Caricato da 14robi06yeah92

 


 




Condividi post
Repost0
9 agosto 2012 4 09 /08 /agosto /2012 19:55

 

 

NOTTE DI SAN LORENZO

LORENZO.jpg

  

http://www.aldamerini.it/component/option,com_kunena/Itemid,96/catid,4/func,view/id,20280/

 

  NAVIGO LA NOTTE

Navigo la notte
nei chiarori lunari,
che s'adagian sull’acqua
di un mare che adoro.

Ora sai, io lo posso
soltanto immaginare,
come sogno in un sogno
chè ne sono lontano.

Ma son gli occhi del cuore
che ne vedono l’acqua
e gli effetti di luce
d’una languida luna.

Poi approdo alla riva
ed ascolto canzoni,
e chiudendo lo sguardo
mi abbandono ai ricordi.

   

► 4:34► 4:34
youtube.com27 mar 2012 - 5 min - Caricato da pacificogino




 

Condividi post
Repost0
9 agosto 2012 4 09 /08 /agosto /2012 18:14

 

 

JETZT  IST  ABER  SCHLUSS

 

 

http://www3.lastampa.it/sport/sezioni/olimpiadi-londra-2012/articolo/lstp/465158/

 

Canoa, Idem sfiora l'impresa:
"E' stato bello, ma adesso smetto"

  

 

L'azzurra, 47 anni, quinta nella finale del k1 500: «L'ultima gara della carriera. A Rio de Janeiro? Racconterò le gare degli altri»

Londra

Ha concluso la finale del K1 500 in quinta posizione, ma basta guardare alle attenzioni che la stampa di tutto il mondo le ha riservato al termine della gara per comprendere come quello di Josefa Idem, alle soglie dei 48 anni, sia un grandissimo risultato a prescindere dal verdetto. Letteralmente circondata da telecamere e microfoni, Josefa si è concessa anche un attimo di commozione nel momento in cui ha parlato con i giornalisti italiani, ringraziando per l'attenzione che le hanno riservato nel corso della sua lunghissima carriera: «Da oggi inizia una nuova pagina della mia vita -ha dichiarato la Idem- il mio sogno è quello di partecipare alle Olimpiadi di Rio come giornalista, per raccontare le storie degli atleti sconfitti, non solo quelli vincenti».

Rivolgendosi ai giornalisti ha continuato: «Il vostro supporto è uno dei motivi per cui sono particolarmente felice di essere diventata una cittadina italiana, avete sempre riposto una grande fiducia in me, nel bene e nel male». Alla sua ottava Olimpiade, unica donna ad aver raggiunto questo record, quella di oggi sarà ricordata come la gara che segna la fine delle gesta sportive di Josefa Idem, atleta immortale capace di portare a casa, negli anni, un oro, due argenti e due bronzi. A Rio, ha proseguito Idem, «mi piacerebbe dare allo sport un volto a 360 gradi; capisco bene lo sfogo di Schwazer, da noi ci si aspetta sempre la vittoria, anch'io a 24 anni volevo smettere, avevo un allenatore autoritario e mi era venuta la nausea della canoa. Poi ho incontrato mio marito Guglielmo Guerrini, ed è stato un matrimonio non solo sportivo». Da escludere, almeno al momento, che la Idem possa continuare la sua carriera con un ruolo tecnico: «Sono allergica alle poltrone -ha scherzato la Idem facendo riferimento anche alla sua esperienza in politica al Comune di Ravenna- piuttosto mi piacerebbe fare quello che ha fatto Steve Redgrave qui a Londra, vorrei poter essere un'ispirazione per gli atleti più giovani».

E ancora sul doping: «Nelle scuole i ragazzi hanno dei modelli sbagliati. Bisogna insegnare il valore della vita». E anche due battute su quella Italia che l'ha adottata, e che la Idem sogna adesso di scoprire più a fondo avendo, finalmente, più tempo libero: «È un paese bellissimo, c'è però bisogno di più rispetto delle regole e di obiettivi meglio definiti. Diciamo che ci vorrebbe un po' di disciplina». Arrivando invece agli aspetti tecnici della gara, la Idem era passata ai 250 metri in ultima posizione, riuscendo poi a risalire la china senza tuttavia piazzare l'affondo decisivo in prossimità del traguardo: «È sempre difficile indovinare tutto- ha detto la Idem- se non sono arrivata sul podio qualcosa è sicuramente mancato, sono comunque felicissima, abbiamo dovuto stringere i denti per essere qui, aver disputato la finale è già di suo un grandissimo risultato».

La medaglia d'oro è andata all'ungherese Danuta Kozak con il tempo di 1.51.456, medaglia d'argento all'ucraina Inna Osypenko-Radomska, campionessa olimpica uscente, medaglia di bronzo alla sudafricana Bridgitte Hartley, quinta Josefa Idem con il tempo finale di 1.53.223. «Ha interpretato la gara nel modo in cui andava interpretata» ha commentato il suo allenatore, nonché marito, Guglielmo Guerrini. Ed è proprio in famiglia che la Idem trascorrerà le sue prime ore da ex campionessa: «Oggi pomeriggio porterò i miei figli a comprare dei souvenir. Poi stasera con Guglielmo ci concederemo un bicchiere di vino. Per venirmi incontro ha seguito pure lui una dieta ferrea».

 

► 4:55► 4:55
youtube.com5 dic 2009 - 5 min - Caricato da r07600r7
Condividi post
Repost0
9 agosto 2012 4 09 /08 /agosto /2012 10:54

 

FROM THE   NORTH   SEA TO THE   RHINE

 

 

 

http://www.poesieracconti.it/poesie/opera-17331

 

Poesia di Nelida Ukmar

 

IN CANOA

 

Pagaiate leggere sul mare calmo  

all’alba di un intenso giorno di gioia  

sul livello dell’acqua fiorita  

segni di cerchi concentrici  

isole comunicanti della mia vita

compagni di viaggio gabbiani vocianti
e argentei latterini saltellanti a dritta
Klopp Castle
 
verso castelli di principi fucilati

principesse impazzite d’amore

e dame bianche annegate di disperazione

la vasca infinita di splendidi riflessi solari

mi riempie i polmoni d’amore salato

di castello in castello remando

tra collane di mitili appesi su botti galleggianti

m’infilo rigonfia d’immagini tridimensionali

a livello del mare attraverso rocce di calcare

e sullo sfondo ancora cime di montagne imbiancate
► 4:33► 4:33
dailymotion.com15 mar 2010 - 5 min
Condividi post
Repost0
9 agosto 2012 4 09 /08 /agosto /2012 07:30

 

ti amo così !

 

http://www.monasterodibose.it/content/view/3457/637/lang,it/

 

Sii tu Gesù la canoa

 

Sii tu, Gesù,
la canoa che mi tiene a galla nel mare della vita,
il timone che mi trattiene sulla giusta rotta,
il bilanciere che mi mantiene stabile nell’ora della tentazione.

Sia il tuo Spirito la vela che mi conduce giorno per giorno.
Conserva il mio corpo nella forza:
così remerò con energia nel viaggio della vita.

 

 

► 4:04► 4:04
www.dailymotion.com/.../x379pu_x-mango-ti-am...13 ott 2007 - 4 min

 

 

 

 

 

 

Condividi post
Repost0

Présentation

  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
  • Contatti

Recherche

Liens