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28 luglio 2012 6 28 /07 /luglio /2012 05:58

 

Tour de force per il Papa nell'Anno della Fede: parteciperà a 21 appuntamenti (Izzo)

 

Madre e padre, seduto sulla spiaggia di sera, sotto l'ombrello e tenere la figlia sulle mani Archivio Fotografico - 12511785

http://paparatzinger5blograffaella.blogspot.it/2012/06/tour-de-force-per-il-papa-nellanno.html

 

giovedì 21 giugno 2012

 

Tour de force per il Papa nell'Anno della Fede: parteciperà a 21 appuntamenti (Izzo)

 

PAPA: TOUR DE FORCE PER ANNO FEDE, PARTECIPERA' A 21 APPUNTAMENTI


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 21 giu.


L'Anno della fede che ha indetto per celebrare i 50 anni del Concilio Vaticano II e i 20 del Catechismo della Chiesa Cattolica, vedrà Benedetto XVI impegnato in 21 impegnativi appuntamenti pubblici. L'elenco degli impegni che prevedono la partecipazione dell'ottantacinquenne Pontefice è stato reso noto oggi in una conferenza stampa tenuta dall'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione.
"La Solenne Apertura dell'Anno della fede - ha annunciato - avverrà in piazza San Pietro il prossimo giovedi' 11 ottobre, ricorrenza del cinquantesimo anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II. Vi sarà una solenne celebrazione eucaristica concelebrata da tutti i Padri Sinodali, dai presidenti delle Conferenze Episcopali del mondo e dai Padri conciliari ancora viventi". E dieci giorni dopo, domenica 21 ottobre, nella stessa piazza il Papa presiederà la canonizzazione di 6 martiri e confessori della fede che, ha detto Fisichella, "con l'eroismo della loro vita vengono posti dalla Chiesa come esempi di fede vissut: Jacques Barthieu sacerdote gesuita, martire missionario in Madagascar (1896); Pietro Calungsod laico catechista, martire nelle Filippine (1672); Giovanni Battista Piamarta, sacerdote testimone della fede nell'educazione alla gioventù (1913); Madre Marianne (Barbara Cope) testimone della fede nel lebbrosario di Molokai (1918); Maria del Monte Carmelo, religiosa in Spagna (1911), Caterina Tekakwitha, laica indiana convertita alla fede cattolica (1680), e Anna Schaffer, laica bavarese, testimone dell'amore di Cristo dal letto di sofferenza (1925)".
Il 25 gennaio 2013 la tradizionale celebrazione ecumenica nella Basilica di San Paolo fuori le Mura avrà, nel contesto dell'Anno della Fede, quello che Fisichella ha definito "un carattere ecumenico più solenne e pregheremo insieme perché attraverso la comune professione del Simbolo i cristiani che hanno ricevuto lo stesso battesimo non dimentichino la via dell'unità come segno visibile da offrire al mondo". Sabato 2 febbraio la celebrazione per tutte le persone che hanno consacrato la loro vita al Signore con la professione religiosa potranno ritrovarsi nella Basilica di San Pietro per una preghiera comune a testimonianza che la fede richiede anche segni concreti che orientano a mantenere viva l'attesa del Signore che ritorna. La Domenica delle Palme, il 24 marzo sarà come sempre dedicata ai giovani che si preparano alla Giornata Mondiale della Gioventù. E domenica 28 aprile sarà dedicata a tutti i ragazzi e ragazze che hanno ricevuto il sacramento della Confermazione".
"Il Santo Padre - ha rivelato il capodicastero - conferirà la Cresima a un piccolo gruppo di giovani come testimonianza della professione pubblica della fede a conferma di quella battesimale".
Domenica 5 maggio sarà dedicata alla celebrazione della fede che trova nella pietà popolare una sua espressione iniziale e che nel corso dei secoli si è trasmessa come forma peculiare di fede di popolo attraverso la vita delle Confraternite. Mentre la vigilia di Pentecoste, il 18 maggio, sarà dedicata a tutti i Movimenti: "chiederemo al Signore - ha anticipato ancora il presule - di inviare ancora con tanta abbondanza il suo Spirito perchè si rinnovino i prodigi come ai primi tempi della Chiesa nascente". Alla festa del Corpus Domini, domenica 2 giugno, il Pontefice guiderà la tradizionale processione eucaristica che sarà seguita da una Solenne Adorazione in piazza Santa Maria Maggiore, che avrà luogo mentre in contemporanea in tutto il mondo si adorerà l'Eucaristia a livello locale. Così, ha affermato monsignor Fisichella, "nella cattedrale di ogni diocesi e in ogni chiesa dove sarà possibile alla stessa ora si realizzerà il silenzio della contemplazione a testimonianza della fede che contempla il mistero del Dio vivo e presente in mezzo a noi con il suo Corpo e il suo Sangue". Domenica 16 giugno sarà dedicata alla testimonianza del Vangelo della vita che da sempre ha visto la Chiesa come promotrice della vita umana e a difesa della dignità della persona dal primo istante fino al suo ultimo momento naturale. Domenica 7 luglio Benedetto XVI sarà ancora in piazza San Pietro la conclusione del pellegrinaggio che i seminaristi, le novizie, i novizi e quanti sono in cammino vocazionale compiranno per rendere pubblica la gioia della loro scelta di seguire il Signore nel servizio alla sua Chiesa. Ben tre grandi celebrazioni impegneranno Papa Ratzinger in Brasile, dal 23 al 28 luglio, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro. Rientrato a Roma, il 29 settembre presiederà invece una celebrazione speciale per i Catechisti, "per rendere più evidente - ha sottolineato Fisichella - l'importanza della catechesi nella crescita della fede e l'intelligenza intelligente e sistematica della fede in rapporto alla vita personale e della crescita comunitaria. Sarà un'occasione per ricordare anche il ventesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica". Domenica 13 ottobre vedrà poi la presenza di tutte le realtà mariane per indicare come la Vergine Maria, Madre di Dio, sia icona della fede di ogni credente che nel suo affidarsi obbedienziale alla volontà del Padre può compiere autentiche meraviglie. E domenica 24 novembre, infine, sarà presieduta dal Papa la giornata conclusiva dell'Anno della Fede. 
 

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youtube.com30 dic 2007 - 3 min - Caricato da Silmidney
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28 luglio 2012 6 28 /07 /luglio /2012 04:39

http://www.gay.it/channel/attualit/33827/Ratzinger-e-gay-una-donna-mancata.html

 

"Ratzinger è gay, una donna mancata"
 
Martedì 19 Giugno 2012

 

  Gay.it -
 
Il papa sarebbe gay secondo il parere di un'autorevole intellettuale nonché figlia di un ex presidente della Repubblica. A riprova ci sarebbero le foto che lo ritraggono in posa da "donna mancata".

 

Gay.it - Joseph Ratzinger gay? Non sarebbe la prima volta che qualcuno fa avanti questa ipotesi. Questa volta però a sostenerla è Uta-Ranke Heinemann, un'autorevole intellettuale tedesca nonché figlia di Gustav Heinemann, ex presidente della repubblica della Spd. La Heinemann, prima teologa cattolica della storia, è stata scomunicata nel 1987, ben 20 anni fa, quando negò l'immacolata concezione, ovvero l'impossibilità biologica per una donna vergine di concepire un bambino.

Gay.it - La Heinemann è stata anche compagna di Ratzinger all'università e sarebbe proprio da allora che avrebbe iniziato ad osservare i suoi comportamenti e giungere alla conclusione che il papa sarebbe, appunto, gay. In un'intervista al settimanale tedesco Vice ha spiegato che «Quando eravamo insieme all'università negli anni cinquanta Ratzinger era l'ideale compagno di studi per una donna».

Gay.it - «Dava l'impressione di essere completamente asessuato, il partner perfetto per studiare in sale vuote e con poca luce. Durante gli anni però è cambiato molto, i suoi sguardi verso altri cardinali, come con Tarcisio Bertone, lasciano trasparire un guizzo negli occhi verso i corpi maschili che prima non aveva. Da tempo raccolgo sue fotografie, e secondo me dalle immagini traspare il suo orientamento omosessuale».

 

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youtube.com29 dic 2008 - 4 min - Caricato da daniloffa
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28 luglio 2012 6 28 /07 /luglio /2012 03:44

http://www.repubblica.it/politica/2012/05/27/news/scalfari-35992713/

 

 

 L'EDITORIALE

 

Da Pacelli a Ratzinger
la lunga crisi della Chiesa

 

di EUGENIO SCALFARI

Da Pacelli a Ratzinger la lunga crisi della Chiesa

La vecchia Italia affondò durante una giornata gonfia di tempesta e di presagi, nell'autunno del 1958: Papa Pio XII moriva in mezzo a una corte disfatta di cardinali decrepiti, di astuti procacciatori d'affari, di monache fanatiche, di nipoti parassiti. Nel palazzo papale di Castel Gandolfo, mentre il temporale gonfiava le acque del lago e lo scirocco spalancava le imposte e si ingolfava tra le tende e nei corridoi, dignitari laici ed ecclesiastici si preparavano a sgombrare. Ciascuno cercava di portar via, anche fisicamente, quanto più poteva; ma soprattutto ciascuno brigava per conservare qualche beneficio; una carica lucrosa, una fetta, per piccola che fosse, di quel potere che fino a quel momento da oltre dieci anni era stato amministrato senza scrupoli e senza concorrenze. L'affanno era visibile dovunque, nelle sale di ricevimento, nelle anticamere e fino intorno al letto del moribondo che, già in agonia, veniva impudicamente fotografato dal suo medico e dalla sua suora assistente, con la cannula dell'ossigeno in bocca, e i tratti del volto devastati dalle ombre della morte. Non era l'affanno della pietà; era l'affanno della cupidigia e della paura perché tutti sapevano, entro il palazzo, che non moriva un Papa ma finiva un regno.

Nel salotto privato del Papa, circondato dai porporati più anziani e potenti, dai capi del Sant'Uffizio, delle Missioni, del Tesoro, dei Seminari, il Camerlengo della Chiesa rappresentava l'ultimo anello d'una continuità che stava per spezzarsi definitivamente. Aveva, come sempre, un

volto assolutamente inespressivo; non era un uomo ma una carica, una funzione, una pausa del cerimoniale. Ma intorno a quella carica e all'uomo che ci stava dentro si andava tessendo proprio in quelle ore e in quel luogo la trama del conclave. Aloisi Masella, il Camerlengo, fu il primo e forse decisivo mediatore insieme ad Agagianian, il prefetto di propaganda Fide, tra il gruppo dei cardinali stranieri e i curiali. Cominciò di lì la ricerca che si sarebbe conclusa qualche settimana dopo sotto le volte della Sistina con un risultato che avrebbe sconvolto tutti i programmi, di un terzo uomo, un Papa che avrebbe dovuto essere al tempo stesso abbastanza pastorale per assorbire le irrequietezze della cattolicità, abbastanza diplomatico per non dimenticare le leggi del potere, abbastanza umile per restituire al Collegio e agli Episcopati le prerogative che Pacelli aveva confiscato. E abbastanza vecchio per non durare troppo a lungo.

Quando in quell'alba di tuoni e di vento il medico del Papa, Galeazzi Lisi, ne ebbe dichiarato la morte clinica, dignitari, curiali, camerieri segreti, banchieri, politici, fuggirono verso Roma su grandi automobili nere per preparare l'incerto avvenire. Uno stuolo di corvi abbandonava le strutture corrose d'un luogo dal quale una monarchia assoluta aveva governato un paese.

* * *
Il brano che avete letto è tratto da un mio libro intitolato L'autunno della Repubblica del 1969, nel pieno del movimento studentesco. Il capitolo qui citato s'intitola "La fine d'un regno" e racconta appunto la morte di Papa Pacelli, Pio XII, che impersonò per lunghi anni la Chiesa trionfante e combattente che conteneva però fin da allora quella crisi sistemica di cui parla il cattolico Alberto Melloni, uno degli storici della Chiesa più accreditati in questa materia.
Gli avvenimenti in corso segnano il momento culminate di questa crisi: la destituzione di Gotti Tedeschi dalla guida dello Ior, l'arresto del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, la sorda lotta in corso tra le diverse fazioni curiali e anticuriali, la posizione sempre più traballante del Segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Infine, la disperazione di Papa Ratzinger, chiuso nelle sue stanze e manifestamente incapace di tener ferma la barra in un mondo pervaso da cupidigie, ambizioni, complotti e contrastanti visioni della Chiesa futura.
Non mi occuperò tuttavia delle inchieste in corso, che il nostro giornale ha già ampiamente trattato in questi giorni e ancora oggi con tutti gli aggiornamenti di cronaca. Mi interessa invece - e spero interessi i nostri lettori - di dare un'occhiata di insieme ai pontificati che si sono susseguiti da Pacelli a Ratzinger. Sono stati attraversati tutti dal filo rosso del confronto tra la Chiesa e la modernità. Perciò questi pontificati meritano una speciale attenzione per capire quale sia l'essenza di questa crisi sistemica che avviene sotto i nostri occhi.

* * *
Il conclave che elesse Giovanni XXIII venne dopo la monarchia assoluta ma molto avveduta di Pio XII, un diplomatico per eccellenza che governò la Chiesa in tempi durissimi, con la guerra in corso e poi a guerra finita con la ricostruzione della democrazia e il governo della Dc degasperiana.
Pacelli ebbe tutti i difetti e tutte le qualità dei grandi pontefici. Abbiamo detto che eccelse nelle capacità diplomatiche e lo dimostrò ampiamente, soprattutto nel tormentatissimo periodo dell'occupazione nazista di Roma. Ma non mancava di pastoralità e neppure di grandi capacità sceniche. È ancora negli occhi di tutti i suoi contemporanei la sua visita al quartiere di San Lorenzo in Roma distrutto dal bombardamento americano, dove la sua veste bianca fu macchiata di sangue quando s'inoltrò tra le rovine per benedire i morti e soccorrere i feriti ancora distesi nelle strade devastate.

Il partito conservatore era anche allora asserragliato in Curia. Il Papa si guardò bene dal disperderlo, anzi lo rafforzò purché si sottomettesse. Decideva lui quando era il caso di farlo emergere o di farlo tacere. Del resto chi parlava per lui era il gesuita padre Lombardi, detto "il microfono di Dio" che combatteva i socialcomunisti a spada sguainata. Un'altra spada era nelle mani di Gedda e dei comitati civici che sconfessavano addirittura la politica di De Gasperi che non fu più ricevuto in Vaticano in udienza privata.

Ma Pacelli era anche nepotista nel senso classico e familista del termine. Era un principe e come tale si comportò e come tutti i principi indulse anche al populismo: riceveva ogni sorta di categorie della società civile: medici, avvocati, giornalisti cattolici, ciclisti e calciatori, casalinghe, poliziotti e militari, attori e operai, imprenditori e barbieri. Il populismo di Berlusconi fa ridere rispetto a quello di Pio XII che ora è in predicato di santità.

* * *
Papa Giovanni fu l'esatto contrario sia pure con alcuni condizionamenti. Fu eletto con una condizione: che restituisse alla Curia la sua indipendenza funzionale. A questo mandato si tenne fedele ma i curiali non avevano messo in conto che il Papa era comunque in grado di procedere a nuove nomine quando la morte avesse aperto vuoti nella gerarchia. C'era bisogno d'un Papa soprattutto pastorale e lo ebbero nel senso più pieno della parola. Giovanni fu molto più pastore che Romano Pontefice. Il fisico lo aiutava e l'eloquio anche ma soprattutto lo aiutò l'anima sua o se volete lo Spirito Santo. Amava i bimbi, le mamme, la famiglia, i poveri, gli esclusi.

Richiamò Montini alla Segreteria di Stato e convocò il Concilio Vaticano II dove affluirono i vescovi di tutto il mondo cattolico. Era passato un secolo dal Vaticano I che si radunò a poca distanza di tempo dalla fine del potere temporale dei Papi. Lì fu proclamato il Papa-Re, infallibile quando parla dalla cattedra, e fu elevata a dogma la verginità di Maria.

Il Vaticano II proclamò invece la necessità che la Chiesa si confrontasse con la modernità. Fu una rivoluzione, avviata ma ovviamente non compiuta. Fu la scelta d'un tema che doveva essere portato avanti a cominciare dalla modernizzazione della Chiesa, lo sconvolgimento della liturgia, la messa recitata nelle lingue correnti e non più in latino, col sacerdote rivolto ai fedeli e non più di spalle; l'apertura del dibattito sul ruolo dei laici e delle donne. Infine, il disinteresse del Vaticano nei confronti della politica italiana e quindi l'autonomia dei cattolici impegnati.
Ma su un punto i curiali avevano visto giusto: nel suo quarto anno di pontificato il Papa si ammalò, nel quinto anno morì.

Ricordo ancora i funerali: una folla immensa che dalla piazza arrivava al Tevere ed oltre, tutte le vie gremite da piazza Cavour e da Villa Pamphili, tutto Borgo Pio. Un Papa come lui non si era visto da gran tempo e non s'è più visto da allora.

* * *
Poi venne Montini. Di dire che ebbe qualità pastorali sarebbe dir troppo. Diplomatico, certo. Di populismo neppure l'ombra. Fu un politico, forse fin troppo. Ma non conservatore.
Il confronto con la modernità non lo portò avanti ma impedì che ci fossero ulteriori arretramenti. Fu un pontificato con fasi drammatiche in quegli anni di piombo culminati con l'assassinio di Aldo Moro, del quale officiò la messa funebre in Laterano.
Fu un Papa di interregno.

Forse Papa Luciani aveva con Papa Giovanni qualche lontana somiglianza ma morì dopo appena un mese. Dopo di lui salì in cattedra un cavallo di razza, un grande, grandissimo attore. Non so se la Chiesa avesse bisogno d'un attore, ma lui lo fu dalla testa ai piedi, nel momento dell'elezione, nel momento dell'attentato, nel momento della rivoluzione in Polonia, nel momento della caduta del Muro, nei suoi viaggi continui intorno al globo, nel Giubileo del 2000 e nella lunga fase della malattia e poi della morte.

Quando il Camerlengo pronunciò il suo nome dopo la fumata bianca dal camino della Sistina, tutta la piazza pensò che avessero eletto un Papa africano. Solo quando si affacciò si capì che era un bianco ma non italiano. "Se mi sbaglio mi corrigerete" ricevette un'ovazione da stadio e così cominciò.
Fino a Solidarnosc e poi alla caduta del Muro di Berlino, Wojtyla fu il Papa della libertà religiosa contro il totalitarismo comunista. In Occidente ebbe l'appoggio dei conservatori, dei liberali, dei democratici. Caduto il comunismo accentuò la sua critica verso il capitalismo ma contemporaneamente represse la "nuova teologia" e l'esperienza dei preti operai. L'indifferenza nei confronti dell'assassinio del vescovo Romero mentre officiava la messa in Salvador fu una delle pagine sgradevoli del suo pontificato, compensata tuttavia dalla sua peregrinazione ininterrotta in tutti gli angoli del mondo dove gli fu possibile arrivare.

Tentò d'avviare la riunificazione delle Chiese cristiane senza tuttavia compiere passi avanti significativi. Riconobbe le colpe storiche della Chiesa a cominciare dall'accusa di deicidio contro gli ebrei e dalla condanna di Galileo e di Giordano Bruno.

L'agonia fu molto lunga e scenicamente grandiosa. Non certo per calcolo ma per autentica vocazione. "Santo subito" fu l'invocazione della folla immensa che anche per lui occupò mezza città.
Un bilancio? I problemi della Chiesa alla sua morte erano gli stessi: potere della gerarchia, emarginazione del popolo di Dio, crisi delle vocazioni, crisi della fede in tutto l'Occidente, nessuna modernizzazione all'interno della Chiesa. Ma una modifica sì, si era nel frattempo verificata: il messaggio del Vaticano II non solo non aveva fatto passi avanti, ma li aveva fatti all'indietro. Non a caso al Conclave i martiniani furono marginalizzati fin dalla prima votazione e dalla seconda emerse Ratzinger mentre Ruini era pronto a intervenire se Ratzinger fosse stato battuto.

* * *
Benedetto XVI non è un grande Papa anche se l'ingegno e la dottrina non gli mancano. Non è un attore, anzi è il suo contrario. Wojtyla aveva un guardaroba grandioso perché tutto era grandioso in lui. Il guardaroba di Ratzinger è invece lezioso perché è il Papa stesso ad esser lezioso, come si veste, come parla, come cammina. Scrive bene, questo sì, i suoi libri sul Cristo si fanno leggere, le sue encicliche non sono prive di aperture ed anche alcuni suoi discorsi. La sua rivalutazione di Lutero ha suscitato sorpresa e qualche speranza di progresso verso la modernità, contraddetto però dalle sue scelte operative, dalla conferma di Sodano in segreteria e poi all'avvicendamento con Bertone: dal mediocre al peggio. Bertone: un Ruini senza l'intelligenza e la duttilità dell'ex vicario ed ex presidente della Cei. La gerarchia è ridiventata onnipotente ma spaccata in molti pezzi. L'ecumenismo è ormai  un fiore appassito anzitempo.

Benedetto XVI ha riesumato in pieno la tomistica di Tommaso d'Aquino con tanti saluti ad Origene, Anselmo d'Aosta e Bernardo. Agostino sembrava uno degli ispiratori di Ratzinger, ma quale Agostino? Il manicheo, il coadiutore di Ambrogio o l'autore delle Confessioni?  Agostino fu molte cose insieme arrivando fino a Calvino, a Giansenio e a Pascal. Se volesse dire qualche cosa di veramente attuale Papa Ratzinger dovrebbe dare inizio alla beatificazione di Pascal ma mi rendo conto che nel mondo dei Bertone, della Curia romana e delle attuali Congregazioni, questo sì, sarebbe un gesto radicale verso la modernità. Non lo faranno mai.

Il pontificato lezioso andrà avanti finché potrà, poi non ci sarà il diluvio ma una pioggia da palude piena di rane, zanzare e qualche anitra selvatica. Quanto di peggio per tutti. 
 

(27 maggio 2012)

► 2:00► 2:00
www.youtube.com/watch?v=OBl91jTDZxU13 apr 2011 - 2 min - Caricato da MAPerKeSnME

 

 

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27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 20:05

  http://norational.wordpress.com/

 

Locandina del film The Hunt

 

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Pedofilia, il prete che sconfessò la Chiesa

Posted: 27 luglio 2012

Dino Cinel all’età di 11 anni

Una ficcante inchiesta che per la prima volta arriva fin dentro le Mura leonine. Dino Cinel fu abusato a 12 anni dal suo educatore. Dopo 60 anni narra in un libro la propria vicenda

di Federico Tulli su Cronache Laiche

Violentato dall’età di 12 anni dal suo educatore, Dino Cinel oggi ha 71 anni. All’epoca degli abusi era un novello seminarista. L’aguzzino? Un sacerdote, anzi più che un sacerdote. Tale era il rettore del seminario di Bassano, “Istituto Scalabrini”: padre Francesco Tirandola della congregazione dei Missionari di san Carlo. Gli stupri di Tirandola durano quattro anni, le violenze psicologiche proseguono per altri tre. Fino all’età di 46 anni Cinel blinda il dramma dentro di sé, ricacciandolo nei meandri della memoria. Nel corso di alcune sedute di psicoterapia, la devastazione subita emerge in tutta la sua reale dimensione. Inizia così un lungo e doloroso percorso di elaborazione e ricerca personale che nel 2012 si è materializzato in un libro autobiografico. Atto di accusa circostanziato e reso inattaccabile da una logica ineccepibile – oltre che da documenti e testimonianze inconfutabili – Un prete sconfessa la Chiesa (Albatros) è una complessa opera che fonde insieme la testimonianza di una vita, la denuncia e l’indignazione di un uomo e l’analisi storico-sociale di un docente universitario (Cinel è stato ordinario di storia americana in diversi atenei statunitensi) sulla conflittuale tematica dell’eros nel mondo ecclesiastico. Lasciare la Chiesa e il sacerdozio sono stati atti fondamentali per ricostruirsi una vita in tutte le sue dimensioni, ma insufficienti a cancellare i residui della violenza subita. Cinel decide quindi di intraprendere la via della denuncia diretta verso la Chiesa.

Forte anche della profonda conoscenza di certi meccanismi interni alla Santa Sede, vuole confrontarsi di persona con le istituzioni che rappresentano la giustizia vaticana richiamandole alle loro responsabilità e rivendicando i propri diritti. Ma, come l’autore documenta con la precisione dello storico di professione, sono proprio le alte sfere – quelle che spesso sentiamo annunciare sui media italiani il massimo impegno nei confronti delle vittime e la tolleranza zero verso i carnefici in tonaca – a mostrare agghiaccianti ipocrisie e incoerenze, evidenziando un malato “narcisismo” istituzionale che nega la devastazione interiore subita dalle vittime, mirando a renderle invisibili annullandone la stessa esistenza. Spicca in questo senso, dalle pagine del libro, la figura del promotore di giustizia monsignor Charles Scicluna, il braccio della legge vaticano. È dopo il suo incontro dagli esiti sconcertanti che, come lo stesso Cinel racconta a Cronache Laiche, l’idea di raccontare tutto in un libro che lo ha accompagnato per una vita non può più rimanere tale. E in meno di sei mesi Cinel confeziona il suo “j’accuse!”. Insieme con Sua santità (Chiarelettere) di Gianluigi Nuzzi, Un prete sconfessa la Chiesa chiude il cerchio e mette definitivamente a nudo la vera natura di un pensiero e di una cultura strumentali alla salvaguardia del potere politico ed economico della Chiesa cattolica e apostolica romana.

Mons. Charles Scicluna

«Non potevo elaborare un giudizio sulla Chiesa senza aver affrontato di persona chi ne muove le fila» spiega Cinel. «Avrei voluto parlare con il successore di Joseph Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede, monsignor Levada, ma alla richiesta di un appuntamento lui mi rispose di scrivere una relazione. Lo avevo già fatto senza ottenere mai una risposta. La sua politica era quella di sperare che prima o poi mi sarei stancato di sbattere contro il muro del silenzio. Ho scritto anche a Benedetto XVI, stesso risultato». Alla fine Cinel è riuscito a incontrare Scicluna. Erano i primi mesi del 2011. In generale sono due i cardini su cui l’autore si è basato per arrivare a formulare un giudizio assolutamente negativo sull’operato della Chiesa riguardo il tema della pedofilia ecclesiastica. Il primo è la totale indifferenza nei confronti di una verifica storica: «Quando sono riuscito a raccontare a Scicluna cosa è successo, con tanto di prove, testimonianze e relazioni mediche, la risposta (offensiva) è stata che il mio violentatore oggi è considerato un santo, un sacerdote degno di tutti gli onori. Io non mi so capacitare come una società di persone si renda talmente spregevole da non voler guardare nemmeno in faccia la realtà storica».

Il secondo mattoncino è l’assoluta mancanza di rispetto per le competenze professionali “straniere”. «Io ho portato in Città del Vaticano i referti di tre medici che spiegano quali ferite mi ha provocato la violenza subita. La risposta da me ricevuta è che queste diagnosi sono scientificamente inattendibili. Punto. Non dicono che devono farmi visitare da un altro medico di loro fiducia come normalmente si usa in questi casi per verificare. Non ci pensano nemmeno. Per loro quello che “produce” la società laica non ha nessun valore». Ma la faccia che la Chiesa mostra in pubblico, specie con le vittime, è del tutto diversa. Almeno a prima vista. Cinel è un fiume in piena: «Benedetto XVI ha pronunciato parole talmente offensive che nemmeno una persona di modesta intelligenza se le può permettere. Lui dice che le vittime di sacerdoti pedofili sono i nuovi martiri. Come si può essere tanto cinici? Come si può pensare di cooptare all’interno della Chiesa delle persone che proprio dalla Chiesa stessa hanno avuto la vita distrutta?».

Secondo l’ex sacerdote questo atteggiamento è studiato dalle gerarchie ecclesiastiche in ogni minimo particolare. «Questo papa è cosciente che il problema della pedofilia clericale è gigantesco. Ma non ha alcuna intenzione di risolverlo. Piangere davanti alle vittime, dichiarare davanti a loro che la Chiesa si assume le proprie responsabilità, invocare la tolleranza zero, è tutta una messa in scena. I fatti concreti stanno a zero. La realtà è che Benedetto XVI si è circondato di un gruppo di persone che faranno con lui quello che lui ha fatto col papa precedente. Due o tre anni dopo la sua morte lo beatificheranno e via verso la santificazione». Così tutti dimenticheranno cosa è successo durante il pontificato di Benedetto XVI e durante i 25 anni in cui Joseph Ratzingher è stato prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. «Magari diventerà, in cielo, il santo protettore delle vittime di preti pedofili. Così in Vaticano riusciranno a spillare un bel po’ di denaro ai pellegrini in adorazione. Un modo molto pratico, il solito, per non assolvere le proprie responsabilità qui in terra».

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youtube.com3 feb 2008 - 6 min - Caricato da slon20
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27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 17:29

http://www.sullasoglia.it/articoli-casati/settembre-2007.htm

 

      Un volto fragile lo accarezzi

 

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"Lentamente" mi sto dicendo.
È una critica dovuta. Al mio passo affrettato. Al passo concitato di questa mia città. Il passo affrettato, concitato, svela in noi, nascosto, inconfessato, uno sfregio. Uno sfregio di onnipotenza. La pretesa di essere tutto. Di avere tutto. Quasi fossimo un assoluto. Quasi ci fossero cose baciate dal crisma dell'assoluto. E noi percorsi da un delirio di onnipotenza. In perenne ossessiva agitazione. Quasi che il problema fosse fare qualcosa in più. Dimenticando che, come dice Antonietta Potente, la teologa domenicana che ora vive in Bolivia, "l'es-senziale non è certo fare di più, è fare ciò che ci serve per vivere".

Come se fossimo in perenne lotta con la nostra precarietà e la volessimo nascondere, a noi stessi e agli altri, truccandoci con maschere più o meno seducenti. Ma i trucchi sul viso si sciolgono in righe sciupate di nero ogni volta che al volto bussi un rigo di pioggia.
Come sono più veri i volti non consumati dal mito di essere diversi, dall'ansia di apparire assoluti: ti si danno nella loro verità e fragilità. Un volto potente lo temi, un volto fragile lo accarezzi.

Ci sono occhi - mi son detto giorni fa - in cui abita senza veli, senza accecamenti, il mistero tenero della nostra fragilità.

Mi erano rimasti nel cuore gli occhi di una giovane donna, impotenti a trattenere il pianto. Non era della nostra città. Nella nostra era venuta ad assistere il marito per un trapianto. Strappata in quei giorni a una figlia, a sua volta devastata da un male che la rende a volte fuori ogni controllo.

E nel mio cuore rimormoravano le parole del padre del vangelo, il padre del ragazzo, che si gettava nell'acqua e nel fuoco. E d'improvviso mi sentii, né più né meno, come quei discepoli, impotenti davanti al male. Ci volle il Maestro. Ci volle la fede e la non fede di quel padre. Ci volle il grido. Alla parola apparentemente assurda di Gesù: "tutto è possibile a chi crede", quel padre subito, gridando, disse: "Credo. Aiuta la mia non fede" (cfr. Mc 9,23-24). Confessione, a ben vedere, di una fede, ma anche di un'assenza di fede. Confessione di una fragilità. Riconosciuta. E fu miracolo.

Non ci sarà miracolo per la giovane donna. Si asciugava gli occhi. E quando se ne andò ancora se li stava asciugando. Se c'era un velo, un brivido di consolazione, e forse c'era sul suo volto, non era certo "per grazia ricevuta", ma solo per il suo resistere, nonostante tutto. Nella fede e nella non fede. Come il padre innominato del vangelo.

Ti dirò che non mi ritrovo invece - mi lasciano molto disgusto - nelle storie che fanno le cronache dei soliti noti, i numerosi vip dell'estate. Sento la stanchezza dei fuochi fatui, i fuochi della falsità. E mi chiedo come e perché si spendano tempo e righe a raccontarle. E a inseguirle. E come si possa esserne abbagliati. Odori il vuoto e l'insensatezza. E vorrei chiedere per me, e non solo per me, la capacità di resistere nell'arte di un inossidabile disincanto.

Il vangelo la chiama stupidità. Una voce risuona, dall'alto - o dal di dentro? - e la chiama stoltezza: "Stolto! Questa notte stessa ti sarà richiesta l'anima… e quello che hai accumulato di chi sarà? " (Lc 12, 20). Una voce che ha il rimbombo della notte. È Dio che mette in guardia dalla stoltezza, dalla stupidità. Un servizio prezioso, il suo, all'intelligenza. Alla nostra intelligenza.
Stoltezza, secondo la Bibbia, è dimenticare che la nostra vita è un soffio, dimenticare la condizione di caducità, di precarietà, di fragilità che connota la vita di ciascuno di noi. Nella voce della notte, che chiama stolto l'uomo che perde la testa dietro i magazzini, solo preoccupato di costruirne di più grandi, mi sembra di cogliere, non so se sbaglio, un sottile velo di ironia. La sottile ironia di Gesù su questo considerarci dei "padri eterni".

Una sana, benedetta ironia che forse qualcuno di noi ha ritrovato nelle cosiddette "danze macabre", le danze della morte negli affreschi di alcune chiese antiche. Dove, nella danza macabra, venivano raffigurati, insieme ai poveracci - direi, bersagliati più di loro! - i cosiddetti grandi, papi, vescovi, principi e le loro vanterie. Che cosa resiste? Che cosa ne è della loro autosufficienza?

Non è forse anche questo l'insegnamento del libro del Qoelet? Qualcuno è giunto a chiedersi che ci stia a fare un libro simile nella Bibbia, con il suo realismo lucido, con il suo timbro laico, con il suo assoluto disincanto. "Tutto è spreco" dice il Qoelet "alla fatica non corrisponde nessun frutto, ciò che l'uomo raccoglie svanisce, svaniscono i beni, svanisce la scienza, se ne va la vita".

Sembra di riudire le parole del salmo 90:
Finiscono i nostri anni come un soffio
gli anni della nostra vita sono settanta
ottanta per i più robusti
ma quasi tutti sono fatica e dolore
passano presto e noi ci dileguiamo.

Ma chi scrive queste parole - sarebbe uno sbaglio pensarlo - non vuole lasciare pessimismo nel cuore, vuole solo salvarci dalla cecità, la cecità dell'uomo della parabola, l'uomo stolto, l'uomo, se stiamo alla parola greca, "senza intelligenza": ha i magazzini pieni, ma la vita vuota, l'anima vuota.

Chi infatti vive unicamente per produrre, unicamente per possedere, unicamente per esibire, si illude che questo sia vivere, in verità insegue fantasmi.

Per questo, lo confesso, a volte ti sembra di vivere un tempo abitato da fantasmi. La società li va celebrando, ma sono fantasmi. Beati noi se saremo trovati, dice il vangelo, vigilanti. Vorrei tradurre, mi si perdoni, se saremo trovati non ipnotizzati, non narcotizzati, non ammaliati, ma con gli occhi aperti sulla vita, la vita vera.

E confessiamoci fortunati, raggiunti da una grazia, quando incrociamo persone vere, quando incrociamo creature che semplicemente vivono, che si danno a noi senza rinnegare la loro misura, senza nascondere il loro limite. Ti ricordano che cos'è vivere. Ti salvano dal pericolo di vivere in sospensione. In sospensione di vita. Ti fanno toccare la vita così com'è. Perché sì, la vita è da toccare. Nelle sue gioie e nelle sue tristezze, nella sua dolcezza e nella sua fragilità. Penso alla giovane donna, ai suoi occhi di pianto. Sei ricondotto alla vita.
Potrà sembrare un paradosso, ma proprio chi riconosce senza amarezza la fragilità, che segna le cose e la vita, ne sa veramente godere, sa godere quel poco o tanto, di luce e di grazia, che le abita. Non ne fa un assoluto. Per questo ne può godere, ne gode come di un dono che già oggi gli è dato, ne gode non chiudendo i magazzini, ma facendone partecipi gli altri.

Proprio dal libro del Qoelet viene questo invito che sposa sorprendentemente la coscienza della caducità della vita alla miracolosa capacità di goderne:

Va', mangia con gioia il tuo pane,
bevi il tuo vino con cuore lieto,
perché Dio ha già gradito le tue opere.
In ogni tempo le tue vesti siano bianche,
e il profumo non manchi sul tuo capo.
Godi la vita con la donna che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole
(Qo 9,7-9).

 

Non sa goderne chi cede a questo ritmo ossessivo asfissiante che ci sta consumando. Consumo di umanità.
"Lentamente" mi dico. E non sempre ascolto. Ti sta sfiorando, mi dico, una grazia. Ora. E forse sei via. A inseguire il nulla. Rifiuta la stupidità. E godi della grazia che abita le cose.
Con te, con tutti coloro che in questi giorni riprendono un impegno, vorrei condividere un augurio.
È custodito nelle parole di uno scrittore amico, Erri De Luca (Opere sull'acqua e altre poesie, Einaudi, To, 2002):

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi. Provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

Ti auguro, mi auguro, di poterli conoscere.

Don Angelo

► 3:19► 3:19
www.youtube.com/watch?v=OZPA8wpcoro12 lug 2007 - 3 min - Caricato da pazzapaganese

 

 




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27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 15:33

 http://www.blitzquotidiano.it/societa/sbattezzo-cristiani-battesimo-religione-ateismo-

 

 

   

Crolla la fede in Europa, aumentano gli sbattezzati

 

LONDRA – Il sentimento anti-cristiano cresce in Europa, e con questo sentimento conoscono un’impennata gli sbattezzi, ovvero gli abbandoni formali di una religione che prevede il battesimo come sacramento di adesione.

I siti web che offrono lo sbattezzo si sono moltiplicati per venire incontro alle crescenti richieste da parte di persone che volevano formalmente essere rimosse dai registri battesimali.

Il declino dei fedeli che frequentano la chiesa e dei nuovi battezzati è diminuito nell’ultimo secolo, bollato

semplicemente come “crisi della fede” da alcuni leader religiosi. Ma adesso sono migliaia le persone che cercano lo sbattezzo.  

L’idea di vedere il proprio nome tolto dal registro battesimale è relativamente nuova, ma all’interno della Chiesa cattolica viene presa molto seriamente.

Il movimento è stato fondato dieci anni fa da Terry Sanderson, leader della Società Secolare Nazionale della Gran Bretagna. L’atto fondativo fu quando Sanderson postò un certificato ufficioso di sbattezzo sul sito della società, più per gioco che altro. Ma da allora quel certificato è stato scaricato oltre centomila volte.

“Era partito tutto come un gioco, ha raccontato Sanderson a Voice of America, il servizio radiofonico del governo americano, ma adesso ha acquistato un nuovo significato perché ci sono sempre più persone desiderose di lasciare la Chiesa, che spesso, invece, non soddisfa questo loro bisogno”.

Il movimento di Sanderson non è una sorpresa, considerato che il declino della partecipazione religiosa nei cittadini europei negli ultimi decenni è cresciuto notevolmente. Per esempio, solo un terzo dei bambini francesi è battezzato, contro il 90 per cento di cinquant’anni fa.

► 3:13► 3:13
www.youtube.com/watch?v=QhlRi8xMo8I23 dic 2011 - 3 min - Caricato da TheSaifamChannel
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27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 05:51

http://www.ilvostro.it/sport/lamore-ai-tempi-del-villaggio-olimpico-avventure-matrimoni-e-sesso-libero/49045/

 

 

L’amore ai tempi del villaggio olimpico
Avventure, matrimoni e sesso libero

 

Ai Giochi non sono infrequenti i flirt tra atleti. Qualche volta sbocciano unioni durevoli (è il caso di Federer), qualche altra la passione è momentanea. Nel 1960 Wilma Rudolph ebbe due liaison: con Livio Berruti e Cassius Clay. Hope Solo, portiera del calcio Usa: «Certe emozioni si vivono una volta soltanto»

Antonietta Paradiso  

Atketi nel villaggio olimpico di Pechino Atleti nel villaggio olimpico di Pechino

 

 

Per Paolo e Francesca «galeotto fu il libro e chi lo scrisse», per Romeo e Giulietta un ballo in maschera. Tanti i modi per trovare l’amore. Che – nell’anno dei Giochi – per gli atleti è figlio del villaggio olimpico e di chi vi risiede. E se per Hope Solo, portiere della nazionale di calcio statunitense, «in quelle strutture si fa un sacco di sesso, d’altronde certe emozioni si vivono una volta sola in carriera e, per questo, si desidera conservare dei ricordi», c’è chi, tra un giro di lenzuola e l’altro, è riuscito anche a trovare l’amore.

 

L’AMORE A SIDNEY – Tra i protagonisti più attesi delle prossime Olimpiadi londinesi c’è il tennista Roger Federer che, sull’erba di Wimbledon, cercherà di ripetere le gesta del recente Championships. Parlare di Giochi, però, per Fed Express, significa ricordare anche l’amore della sua vita, Miroslava Vavrinec, conosciuta alle Olimpiadi di Sydney 2000. Da lei, all’epoca tennista, attualmente manager e moglie dello stesso giocatore, ha avuto due gemelle (Myla e Charlenne), nate nel 2009.

 

MILA E SHIRO – No, non siamo a Seul, rimaniamo ancora una volta in Australia, perché qui è nata la storia d’amore tra due rappresentanti dello stesso sport: la pallavolo. Lui è l’attaccante mancino della nazionale cubana (divenuto italiano proprio per amore), lei invece è la schiacciatrice della formazione azzurra (per la prima volta ai Giochi). Angel Dennis e Simona Rinieri, dopo quell’incontro, hanno sancito la loro unione con il matrimonio a Ravenna nel 2002. Il rapporto si è poi concluso nel 2007.

 

TRA VOLLEY E GINNASTICA – Rimaniamo nella pallavolo e questa volta sì, ci catapultiamo a Seul. Proprio alle Olimpiadi del 1988, Andrea Zorzi ha conosciuto la sua lei: l’azzurra di ginnastica ritmica Giulia Staccioli. I due, tra l’altro, hanno collaborato anche nel lavoro, fondando la compagnia Kataklò. Attualmente sono separati e hanno un figlio.

 

UN PROIETTILE CHIAMATO CUPIDO – Affascinante è la storia di due campioni del tiro a segno: lo statunitense Matthew Emmons e la ceca Katerina Kurkova, che ha preso poi il cognome del marito dopo il matrimonio avvenuto nel 2007. I due si sono conosciuti ad Atene nel 2004, un’edizione in cui l’atleta a stelle e strisce vinse la prova della carabina a terra 50 metri con un fucile prestatogli in poligono, dopo essersi accorto che il suo era stato sabotato, chiudendo poi ottavo per un errore nell’ultima serie di tiro (era in testa sino a quel momento) la prova nella carabina da 50 metri su tre posizioni. Proprio da questa sconfitta però sboccerà l’amore, quando, poco dopo la gara, verrà consolato da Katerina in un bar.

La campionessa ceca, divenuta nel frattempo commentatrice per la tv del suo Paese, lo rincuorerà anche a Pechino, dove in questa stessa gara, Matthew Emmons finirà quarto, dopo aver conquistato l’argento nella carabina 50 metri a terra.

Londra è dietro l’angolo e il campione statunitense, con la sua compagna a fianco, cercherà di sfatare questa maledizione nei poligoni inglesi.

 

IL TRIANGOLO NO – L’amore ai Giochi però può seguire anche strade tortuose. Nell’unica edizione delle Olimpiadi estive ospitata in Italia (Roma 1960) a impazzare è la bellezza di Wilma Rudolph, l’atleta statunitense che vincerà 100, 200 e staffetta 4×100. A lei, nel villaggio olimpico, sono attribuite due liaison: una con il collega sprinter azzurro Livio Berruti (impostosi sui 200), l’altra nientemeno che con Cassius Clay (poi Muhammad Alì) vincitore, nell’Urbe, del torneo tra i mediomassimi nel pugilato.

 

SENTIMENTO IN GABBIA – Nell’atletica, a finire sotto i riflettori è la storia d’amore tra Olga Fikotova, la cecoslovacca oro a Melbourne 1956 nel disco, e lo statunitense Harold Connolly, primo, sempre in quell’edizione dei Giochi, nel martello. I due si conobbero proprio nella rassegna australiana e successivamente si sposarono, separandosi poi nel 1973. Olga Fikotova, tra l’altro, sino ai Giochi del 1972 gareggerà, da naturalizzata, per gli Stati Uniti.

 

FIORI D’ARANCIO A CINQUE CERCHI – Oltre a offrire la scintilla per delle storie d’amore, i Giochi sono stati anche occasioni di nozze. Come quelle celebrate tra la ginnasta ceca Vera Caslavska e il connazionale (e mezzofondista) Joseph Odlozil. I due si sposarono nel 1968 nell’edizione di Città del Messico con tanto di affollato ricevimento nel villaggio olimpico prima della luna di miele a Capri. In quest’edizione però a circa 20 mila extracomunitari sarà vietato sposarsi, siglare un’unione civile o frequentare un corso di studi. Tutto questo per il timore che qualcuno possa sfruttare i Giochi per reclamare poi la residenza nel Regno Unito.

 

OLIMPIADI REALI – L’evento sportivo per eccellenza ha influenzato anche il destino di una monarchia europea. L’infanta Cristina ha conosciuto il marito Urdangarin ai giochi di Atlanta in cui la nazionale spagnola di pallamano conquistò il bronzo. La loro relazione è andata man mano crescendo sino al matrimonio celebrato il 4 ottobre del 1997.

AMORI… SPRINT – Una tortuosa vicenda sportiva e umana è quella di Marion Jones. Tre i suoi compagni. Il primo (e storico) è il pesista CJ Hunter, da cui si separerà nel 2001, dopo la positività al nandrolone del lanciatore. Il secondo è lo sprinter Tim Montgomery, con cui avrà anche un figlio e che lascerà quando quest’ultimo sarà investito dalla vicenda Balco. Il terzo, infine, è nel 2007 il velocista delle Barbados, Obadele Thompson, da cui ha avuto due figli.

 

LESSONS IN LOVE – E dopo le dichiarazioni di Hope Solo, Londra 2012 promette gineprai nel villaggio Olimpico, che in tanti altri casi potrebbe portare alla nascita di veri e propri amori. Molti dei quali, però, destinati a rimanere nel silenzio di un discreto (e complice) anonimato.

► 3:29► 3:29
youtube.com6 ago 2010 - 3 min - Caricato da sergiovenegas100
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27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 04:40

http://diocesianticocattolica.blogspot.it/p/su-di-noi.html

 

 

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Il profeta Osea, il perdono come specchio della tenerezza di Dio

 

di Padre Mario Metodio Cirigliano

RITIRO SPIRITUALE
TORINO 18 Marzo 2012
Osea, in ebraico Hoseah (VIII secolo a.C.?, ...), fu il primo dei cosiddetti profeti minori ed è l'autore dell'omonimo Libro del Vecchio Testamento.
Osea, il cui nome significa «il Signore salva» o «il Signore viene in aiuto»[1], visse nel regno d'Israele nell'VIII secolo a.C.[2]
Il profeta Osea apre nella Bibbia la serie cosiddetta dei profeti minori. Il suo scritto, attraverso il suo dramma personale, vuole descrivere fondamentalmente la fedeltà di Dio verso gli uomini. Nell'omonimo libro il profeta narra, l'immensa fedeltà del Dio di Israele verso il suo popolo; tutto questo viene descritto anche attraverso la sua triste vicenda matrimoniale, contrassegnata dal tradimento e dall'abbandono di sua moglie, che provoca nel profeta ferite e dolore, ma non la rassegnazione nel continuare ad amarla, fino a giungere a perdonarla riaccettandola in casa. È evidente in tutto questo il parallelismo del rapporto tra Dio ed il popolo di Israele.
Nella sua predicazione, il profeta tuona contro la classe dirigente israelita, macchiata da scelte ingiuste e contro la classe sacerdotale che agendo con infedeltà religiosa nei confronti delle leggi di Dio, porterà nel popolo smarrimento, ingiustizie e violenze.
È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione del libro è avvenuta nel Regno di Israele attorno al 750-725 a.C.
È composto da 14 capitoli e descrive vari oracoli del profeta Osea focalizzati in particolare sull'amore di Dio per Israele, che però è infedele con l'idolatria, e annunciano il castigo per Efraim-Samaria (conquista assira del 722).
Il tema fondamentale del libro è l'amore di Dio per il suo popolo. Tutti i suoi castighi sono stati inflitti per amore ed il ristabilimento d'Israele sarà frutto del suo amore[1]. Per contrasto egli mostra il tradimento e l'infedeltà d'Israele. Nondimeno Dio stesso annuncia la redenzione finale d'Israele[2].
In tutto il libro la vita privata del profeta è specchio della relazione di Dio con Israele. Sottolineando che non è l'osservanza rigorosa di una religione fatta di formalismo che conta nella relazione con Dio, ma la fiducia nella sua misericordia. Nello stesso tempo Dio si manifesta come un Dio geloso, che insiste fino alla violenza per essere l'unico Dio di Israele, ricordando continuamente come l'infedeltà del popolo abbia sempre portato alla rovina mentre la fedeltà alla salvezza e alla gloria.
Il libro di Osea è il primo caso nella Bibbia in cui il rapporto tra Dio e il popolo di Israele viene associato ad un matrimonio, immagine ripresa poi da Geremia e più tardi ricorrente in tutto il Nuovo Testamento.
All'inizio del libro il profeta Osea riceve da Dio l'ordine di sposare una prostituta: questo matrimonio illustra l'infedeltà d'Israele verso Dio. La donna rappresenta la nazione d'Israele che praticava l'idolatria e la prostituzione spirituale con la ricerca insensata di alleanze politiche con le nazioni nemiche come l'Egitto e l'Assiria invece di contare su Dio per essere al sicuro. Il risultato sarà la devastazione del paese e la riduzione in schiavitù in terra di Assiria dei sopravvissuti.
Il popolo è esortato a pentirsi per ottenere il perdono di Dio e a non più cercare la protezione di una alleanza militare. Così come la moglie di Osea ha potuto riabilitarsi, così se il popolo si pente otterrà la guarigione e Dio l'amerà senza mezze misure ed Israele prospererà grazie alla sua benedizione
Concordanze                                                                                                          
Questo libro menziona degli avvenimenti raccontati in altre parti dell'Antico Testamento: ci parla ad esempio di Giacobbe, dell'esodo del popolo, dell'idolatria al dio Baal.
Gli apostoli Paolo e Pietro riprendono pensieri di Osea nella lettera ai Romani, nella prima lettera ai Corinti e nella prima lettera di Pietro.
Il libro di Osea è un momento chiave nella rivelazione della misericordia di Dio nell’Antico Testamento. Merita che ci soffermiamo in modo particolare. Gesù stesso citerà, nel vg di Mt, per due volte (Mt 9,13; 12,7) un testo chiave di Osea: "Misericordia io voglio e non sacrificio" (Os 6,6)
Come lo Sposo e la sposa
Osea è il primo dei profeti che ha avuto l’ardire di fare dell’amore umano, che esiste tra lo sposo e la sposa, il simbolo dell’amore di Dio verso Israele, suo popolo; e ha avuto l’audacia di concepire il patto tra Dio e Israele come un’alleanza nuziale, uno sposalizio d’amore, con tutto ciò che in fatto di intimità e di tensione questo possa comportare.
E questa interpretazione si riflette nel suo linguaggio, ricco di tutta una terminologia d’amore, tipica dell’amore sponsale. Così ad esempio egli parla di cuore, di fidanzamento, di fedeltà, di seduzione, di gelosia, di adulterio, di prostituzione.
Come Osea è arrivato ad applicare un così audace simbolismo? Vi è pervenuto, non inventando una parabola a scopo didattico, ma partendo dalla sua esperienza personale di vita, quella di un matrimonio infelice, di un amore tradito:
Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse:
"Va’, prenditi in moglie una prostituta
e abbi figli di prostituzione,
poiché il paese non fa che prostituirsi
allontanandosi dal Signore" (Os 1,2)
Il Signore mi disse ancora: "Va’, ama una donna che è amata da un altro ed è adultera; come il Signore ama gli Israeliti ed essi si rivolgono ad altri dei" (Os 3,1).
È riflettendo su questa esperienza drammatica della sua vita matrimoniale che Osea arriva a cogliere il significato simbolico che vi è insito, e comprendere la missione che Dio gli affida: essere cantore e interprete dell’amore nuziale tra Dio e Israele.
Il libro di Osea è tutto un alternarsi continuo di manifestazioni di amore appassionato, di minacce, di gelosia, di rimproveri e denunce contro l’infedeltà, di espressioni piene di tenerezza e di annunci di terribili castighi, infine di promessa restaurazione finale. Da notare che in Osea, come in tutti i profeti, l’ultima parola è sempre una parola di speranza, anche nelle situazioni più drammatiche, perché l’amore del Signore è più forte di tutte le infedeltà dell’uomo.
Nonostante tutto, Dio continua ad amare Israele, a rimanere fedele: non abbandonerà al suo destino la sposa infedele, ma, mosso a compassione (è un capovolgimento), progetta di sedurla nuovamente, di riconquistarne il cuore:
Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore (Os 2,16).
È in questo tentativo di recupero dell’amore della sposa che si inserisce il tema importante del deserto, come via di ripensamento.
Il deserto è visto da Osea come il tempo della giovinezza di Israele, un tempo in cui, tra le privazioni e l’insicurezza quotidiana, ha vissuto con purezza la sua fede, il suo abbandono in Dio, il tempo in cui ha riconosciuto in Lui l’unico suo Sposo.
Quindi Osea ci vuole mostrare che all’origine del cammino di conversione e di fede c’è l’amore tenero e misericordioso di Dio, che è perennemente, instancabilmente fedele.

Osea è vissuto nel regno del Nord nella seconda metà del secolo VIII. La situazione politica era molto simile a quella che abbiamo incontrato per Amos che precede solo di poco Osea. Una situazione che appariva positiva, ma che portava in sé l'annuncio della fine.
Osea si trova in una situazione di corruzione morale e religiosamente molto indebolita per la presenza di una idolatria diffusa nel popolo. Il tema degli idoli non è nuovo, ma è nuova la situazione del popolo che non avverte più la esclusività del rapporto con il Dio dei propri padri.
La tentazione è quella del compromesso, un rapporto religioso dove gli opposti si incontrano, dove non si sceglie mai. Pensiamo a questa gente che viveva in mezzo a popoli che avevano un modo diverso di pensare la vita, un modo per certi versi anche più pratico, meno problematico; e possiamo anche comprendere il desiderio di garantirsi quella ricetta che rendeva semplice la vita: l'idolatria appunto.
Idoli: una tentazione di sempre
La mentalità idolatra tende a rendere assoluto ciò che è solamente un mezzo, molto semplicemente si divinizza tutto quello che immediatamente ci porta un vantaggio o anche un danno. È tutto molto semplice, in questo senso, perché siamo esonerati dal guardare più in là del nostro naso, e possiamo costruirci un mondo  che non ci pone problemi, e non perché questi non ci siano, ma solamente perché ci rende incapaci di vederli. La Bibbia infatti parlando degli idoli dice: "hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono… sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida".
Il popolo vorrebbe vivere questo rapporto con il Dio di Mosé, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, in un rapporto molto formale senza tante conseguenze e che salvi le apparenze.
È una tentazione di sempre, la tentazione che coglie spesso anche noi, quando pensiamo alla religione come ad un correttivo sociale, ad una cosa che può essere utile, ma che non merita un coinvolgimento serio. Sono altre le cose serie, sono altre le cose che fanno girare il mondo e che quindi devono far girare anche la nostra vita: gli idoli appunto.
La logica dell'amore.
 
Il profeta Osea è chiamato a dire la verità alla sua gente, e lo deve fare sposando una prostituta. Con la sua vita deve mostrare quello che pensa e che prova Dio davanti al comportamento del popolo: "và, prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore" (1,2).
La vita di Osea diventa una presenza vivente del dolore di un amore offeso, e una passione che consuma, segno reale della passione che Dio sente per l'uomo. Non può esistere un rapporto di comodo con il Signore, perché Lui si è impegnato totalmente, come uno sposo si impegna con la sua sposa. Non è questione di idee diverse, ma di un tradimento che ferisce e che, soprattutto, non ha senso.
Il capitolo 2 è una delle pagine più belle della Bibbia ed è un canto pieno di dolore e di speranza; il canto di Dio per l'uomo che, in ogni tempo, perde l'orientamento e la speranza. Vi è la descrizione dei pensieri che nascono davanti al tradimento e le soluzioni che vengono in mente per recuperare un amore al quale non si vuole rinunciare.
"Accusate vostra madre, accusatela perché essa non è più mia moglie ed io non sono più suo marito. Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni, e i segni del suo adulterio dal suo petto" (2,4). Descrivendo poi il tradimento: "la loro madre si è prostituita, la loro genitrice si è coperta di vergogna. Essa ha detto: "seguirò i miei amanti che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana ed il mio lino,il mio olio e le mie bevande" (2,7).
Il tradimento è proprio questo: le cose che lei andava cercando era quanto in un matrimonio il marito doveva garantire. Tradire non è cercare qualcosa che non trova da chi dovrei; ma non accorgermi che l'amore che vado cercando, i beni dei quali sento il bisogno sono a mia disposizione.  Cercare il significato della nostra vita in mille angoli, rifiutando di prenderlo da Dio, questo è il tradimento. Allora… lo sposo offeso cerca varie soluzioni del tipo: "gliela farò vedere io!", ed abbiamo un quadro della vita dell'uomo qualora Dio si allontanasse da lui (vv. 8-15), è un quadro di disperazione; ma non è la soluzione. Dio rifiuta ogni logica che non sia quella dell'amore, è questa la consapevolezza che ci rende sicuri  e capaci di fidarci di Lui. E infatti è la strada dell'amore che viene scelta per ritrovare la sposa infedele:
"Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. E avverrà in quel giorno, oracolo del Signore, mi chiamerai marito mio e non mi chiamerai più mio padrone. Le toglierò dalla bocca i nomi dei baal che non saranno più ricordati" (vv. 14-17).
È una strada perdente? È LA STRADA DI DIO. È l'unica strada. Capita spesso che le esperienze che ci appaiono più certe di questa, più remunerative ci si presentino con un conto salato, ed è inevitabile, perché chi non ama e chi non ti ama non cerca l'altro, ma solo se stesso. È solo l'amore che cerca e ti cerca per farti "sposa", per trasformare le tue lacrime (questo è uno dei significati della parola Acor), in porta di speranza. Evito, per non cadere in un moralismo da poco, di fare applicazioni; ma Osea ci dice delle cose che devono farci pensare. Vorrei finire con un brano di san Paolo (Rm 5,6-8), proposto dalla Bibbia TOB a commento del messaggio di Osea: "Sì, quando noi eravamo ancora senza forza, Cristo, nel tempo stabilito, è morto per gli empi. Difficilmente si trova qualcuno che accetterebbe di morire per un giusto: forse per un uomo buono uno accetterebbe di morire. Ma in questo Dio prova il suo amore verso di noi: Cristo è morto per noi quando noi eravamo ancora peccatori".

Il termine che, nelle Bibbie italiane, traduciamo con fedeltà [in ebraico è אמת ('emeth) = verità]' è un termine usato anche per le costruzioni in riferimento a ciò che è stabile, sicuro, certo, ciò che rimane uguale a sé stesso, e perciò anche ciò che è vero.
Dio è fedele perché non muta e la Sua bontà non viene meno: "Il SIGNORE! il SIGNORE! il Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà" (Esodo 34:6). Proprio nel Patto Egli manifesta la Sua costante volontà di salvezza, che rimane tale anche quando il Suo popolo diventa infedele. Nel linguaggio dei Salmi, perciò, la fedeltà è uno dei costanti attributi di Dio che si prende cura del credente e non lo abbandona (Salmo 89:2; 119:90; 146:6).
Dal canto suo, anche la creatura umana deve essere fedele a Dio. La sua fedeltà si manifesta nella sua costanza e certezza con cui riceve le promesse di Dio, cioè nella sua fede. Fedele è sinonimo di credente, sia nel linguaggio dei Salmi sia nel Nuovo Testamento, dove un solo termine, πιστός (pistòs) indica colui o colei che crede, e chi si mantiene costante nella propria fiducia in Dio (Matteo 25:21; 2 Corinzi 6:15; Apocalisse 2:10).

In lingua italiana corrente, si applica il termine di fedele a colui che aderisce anche esteriormente, ad esempio frequentandone i riti, a una confessione religiosa, che può essere quella cattolica o altra cristiana o anche di religioni non cristiane.
Lo stesso termine πιστός (pistòs) rende anche nel Nuovo Testamento il concetto biblico della fedeltà di Dio (1 Corinzi 10:13; 2 Corinzi :18; 2 Tessalonicesi 3:3)).
La fedeltà di Dio è particolarmente connessa con la Sua chiamata (1 Corinzi 1:9; 1 Tessalonicesi 5:24) con le Sue promesse (Ebrei 10:23; 11:11), o con la remissione dei peccati (1 Giovanni 1:9).
La fedeltà del credente è il riflesso e la risposta all'indefettibile costanza dell'amore di Dio per lui, manifestatagli nella vocazione che ha ricevuto.
Amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia ed adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto, un ideale. Oppure, può venire definito sotto un altro punto di vista (scientifico), un impulso dei nostri sensi che ci spinge verso una determinata persona.
In italiano
L'amore "romantico" ha un significato, o almeno un significato preciso; quando l'amore fra due esseri umani assume caratteristiche riconducibili al romanticismo (struggimento, comunione, affetto, passione anche fisica), questo viene definito amore romantico, per distinguerlo dal sentimento d'affetto verso i membri di una famiglia o verso altri esseri umani, o anche tra esseri umani e animali domestici. Il termine amore viene anche utilizzato per definire l'intensa passione per qualcosa (un'attività, un oggetto), o come forma di dedizione totalizzante a un ideale, per es. spirituale o religioso.
Innamorati
Il gesto della condivisione disinteressata di qualcosa di proprio con un altro, è solitamente inteso come un gesto d'amore.
Il dibattito sul significato di amore nella lingua italiana è ampio, il termine racchiuderebbe comunemente le seguenti sfaccettature:
  • amore familiare verso i familiari o i parenti
  • amore per gli amici
  • amore per se stessi
  • amore romantico
  • amore sessuale (considerato da alcuni più un istinto che una vera e propria forma d'amore)
altre lingue
Nel greco antico i termini utilizzati per definire i vari sensi con cui attualmente si usa la parola "amore" sono in maggior numero e perciò più precisi, rispetto alle molte lingue moderne.
  • Agape (αγάπη) è amore di ragione, incondizionato, anche non ricambiato, spesso con riferimenti religiosi: è la parola usata nei vangeli.
  • Philia (φιλία) è l'amore di affetto e piacere, di cui ci si aspetta un ritorno, ad esempio tra amici.
  • Eros (έρως) definisce l'amore sessuale.
  • Anteros (αντέρως) è l'amore corrisposto.
  • Himeros è la passione del momento, il desiderio fisico presente ed immediato che chiede di essere soddisfatto.
  • Pothos è il desiderio verso cui tendiamo, ciò che sogniamo.
  • Stοrge (στοργή) è l'amore d’appartenenza, ad esempio tra parenti e consanguinei.
  • Thelema (θέλημα) è il piacere di fare qualcosa, il desiderio voler fare.
Anche nel greco antico non è comunque possibile tenere i vari sensi ben separati e così troviamo agape talvolta con lo stesso significato di eros, e il verbo agapao con lo stesso significato di phileo (come nell'antico testo greco della Bibbia).
L'ebraico contiene la parola ahava per "affetto" e "favore", ma la più importante è la parola khesed che combina i concetti di "affetto" e "compassione" e viene talvolta tradotta con "tenerezza".
Molti teologi cristiani[senza fonte] ritengono che l'amore degli uomini per le altre creature (e per Dio stesso) sia derivato direttamente da quello di Dio e che da esso derivi inoltre l'amore per tutto il creato. Secondo il Vangelo di Giovanni gli uomini amano il prossimo in Dio e Dio nel prossimo. In ogni essere umano c'è la presenza viva di Dio (in quanto creato a Sua immagine) che spinge chi Lo ama ad amare inevitabilmente ogni uomo. Nel Vangelo di Matteo (Parabola del Giudizio Universale 25,31-46), Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, afferma che tutto ciò che è stato fatto o che non è stato fatto ad un fratello più "piccolo" (cioè ad un essere umano) è stato o non è stato fatto a lui. Gesù afferma anche che l'impulso l'amore del prossimo debbono essere universali, senza discriminazioni tra persone buone e cattive (5,38-48, 6,27-35), pur nella difficoltà che ciò può richiedere (10,16-18. Per Tommaso d'Aquino l'amore è dono, gratuità e fedeltà.
Amore,fedelta   

Non coerenza.

Vista nella luce biblica anche la coerenza umana riceve una luce e una prospettiva che si riesce ad accettare. La coerenza allora può essere vista come la grande virtù di oggi. In questo mondo ancora assetato di amore; in questo mondo "pasticciato, nell’amore ancora balbettato". La coerenza, così intesa, può essere la bussola per non perdere il cammino; può essere la musa ispiratrice per tutto, anche della politica o del lavoro; può essere la marcia in più che tante volte manca o il sale che da sapore al quotidiano e fa delle piccole cose di ogni giorno un’opera grande e "nuova". Anche la nostra coerenza, come tutto nella vita degli uomini, deve convertirsi a Lui che è Verità infinita; questo, mi sembra, siamo chiamati ad annunciare (cfr. 2 Cor. 11).
► 4:12► 4:12
www.youtube.com/watch?v=Zun8ccHgWgQ3 set 2007 - 4 min - Caricato da Babysimonino
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26 luglio 2012 4 26 /07 /luglio /2012 20:31

http://www.lettera43.it/cronaca/7924/il-calendario-piselli-toscani-va-a-ruba.htm

 

Firenze

 

Il calendario "Piselli toscani" va a ruba

 

Fatto in risposta a quello di Toscani sui pubi femminili.

Calendario 2011 ''Piselli toscani'' in risposta a quello di Oliviero Toscani sui pubi femminili.

 

 

Oltre 150 copie in mezz'ora: sono quelle vendute la sera del 4 febbraio da "Piselli toscani", il calendario contenente foto di 12 diversi organi genitali maschili, realizzato "in risposta" a quello dedicato da Oliviero Toscani a ritratti di pubI femminili. Una grande folla ha assistito alla presentazione presso Ub, il negozio di carta da parati del centro di Firenze, per una notte trasformato in locale che ha ospitato l'evento. E al momento delle vendite c'è stata la ressa: venduto a 10 euro per una tiratura limitata a 500 esemplari, il calendario è stato letteralmente preso d'assalto.
Soddisfatto il suo creatore, fino ad oggi celato sotto lo pseudonimo, non casuale, di Uliviero Toscano: vero nome, Gianni Frati, professione proiezionista in un cinema del fiorentino, «girapellicole», come dice lui, «da dicembre, purtroppo, in mobilità», spiega. Da allora è tornato alla sua antica passione, la fotografia, e l'idea del calendario di «piselli» ha funzionato, oltretutto senza nemmeno suscitare la scia di polemiche che si è tirato dietro quello di Toscani.
«Me l'aveva augurato lui stesso di non averne quante il suo, dalle colonne dei quotidiani locali», scherza Frati, «evidentemente mi ha portato fortuna». Tutti in bianco e nero, altra differenza con i pubi del celebre fotografo, i "piselli" di Frati: e questo perché, spiega lui scherzando ancora, «dopo averli ripresi, mi sono reso conto che a colori proprio non si potevano guardare». Appartengono a uomini comuni: «tra loro c'é un commerciante, un artigiano, un orefice, due musicisti, persino un giornalista; e sono tutti qui stasera», dice, senza però svelarne l'identità.
L'idea, «messa a punto e realizzata in una settimana», aggiunge «é nata per scherzo, ma anche per cercare di riequilibrare un po' la parità dei sessi sui giornali: in queste settimane non si parla d'altro che di f...; con questo calendario, magari solo per qualche attimo, restituiremo finalmente un po' di attenzione al c...».

Venerdì, 04 Febbraio 2011

* * *

www.gravidanzaonline.it/news/breviNotizie/news.asp=nel-calendario-pirelli-2013-nessun-nudo-e-una-donna-incinta

 

Nel calendario Pirelli 2013 nessun nudo e una donna incinta

 

Nel calendario Pirelli 2013 nessun nudo e una donna incinta

Il Calendario Pirelli 2013 farà di sicuro molto parlare di sè e forse troverà anche la disapprovazione di buona fetta del pubblico maschile, abituato negli anni a splendide ragazze seminude, in posa davanti a maestri della fotografia quali Richard Avedon e Patrick Demarchelier.

Quest’anno, infatti, per la prima volta non ci sarà nessuna modella nuda, ma anzi, ci sarà una donna incinta all'ottavo mese, la bellissima top model brasiliana Adriana Lima. È dunque giunto il tempo delle responsabilità e di una femminilità più consapevole e genuina.

Rio de Janeiro e i suoi quartieri storici, da Santa Teresa alle favelas, dove vivono quasi un milione e mezzo di persone, alla natura selvaggia che invade l’habitat di una città simbolo del Brasile, faranno da sfondo alla quarantesima edizione del Pirelli, che così facendo intende trasformarsi da massima celebrazione dell’erotismo a calendario dell’anima.

Un cambio di rotta sorprendente, a partire dalla scelta del fotografo Steve McCurry, un maestro del reportage, impegnato negli anni nei più pericolosi fronti di guerra, dall’Iraq alla Cambogia, e divenuto famoso grazie alla foto della ragazza afghana dagli occhi verdi, fotografata in un campo profughi del Pakistan sulla copertina del National Geographic nel 1985.

Un cast di undici modelle d’eccezione, tutte super top, ma anche donne impegnate a sostenere fondazioni e ONG, a partire da Petra Nemcova, scampata allo tsunami nel 2004 e fondatore di Happy Heart Fund per aiutare i bambini vittime di disastri naturali, Isabeli Fontana, sostenitrice dell’Amfar nella lotta contro l’AIDS e Elisa Sednaoui, realizzatrice di un documentario sulla condizione araba.

Sorprendente anche la scelta di Adriana Lima, la quarta top model più pagata al mondo, ritratta con il pancione di otto mesi ben in mostra alla Scuola delle Belle Arti di Rio de Janeiro. In attesa del secondo figlio (suo marito è il cestista serbo Marko Jarić), la modella posa per la seconda volta per Pirelli: “Non mi dimentico delle mie origini umili, come della mia timidezza agli inizi. Non mi sento un granché come celebrity. Ma oggi sono in grado di affrontare una sfilata a New York, o una sfida come questo calendario”.

Nel 2004 c'era già stato un precedente di una tiop model incinta, ma quella volta non ci fu alcuna pancia in bella mostra.

Il calendario Pirelli dimostra dunque di non tramontare mai, con la sua voglia di sorprendere, in modo da evitare l’effetto assuefazione.

► 3:41► 3:41
youtube.com27 nov 2010 - 4 min - Caricato da Marianit22
 

 



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26 luglio 2012 4 26 /07 /luglio /2012 18:35

Redatto da Pjmanc http:/ ilfattaccio

Fonte: Ansa – http://www.cadoinpiedi.it

 

 

  PROPRIO COME SUCCEDE NEL NOSTRO SISTEMA

Pianeti che ruotano attorno alla loro stella con un’orbita allineata all’equatore. Il sosia del sistema solare

 

26 lug

 


E’ stato scoperto un sosia del Sistema Solare, i cui pianeti ruotano intorno alla loro stella con una configurazione simile a quella del nostro sistema planetario. Descritti sulla rivista Nature, i pianeti orbitano intorno alla stella chiamata Kepler-30 simile al Sole. La scoperta si deve a un gruppo di ricerca statunitense coordinato da Roberto Sanchis-Ojeda, del Massachusetts Institute of Technology (Mit) ed è stata possibile grazie al telescopio spaziale Kepler della Nasa, che ha scoperto i tre mondi extrasolari mentre transitavano davanti alla loro stella. E’ la prima volta che viene scoperto un sistema planetario di questo tipo e il risultato potrà aiutare a far luce sulle condizioni che determinano l’architettura di un sistema planetario. I pianeti sono stati chiamati Kepler-30b, Kepler-30c, Kepler-30d e sono tutti più grandi della Terra: hanno un raggio superiore di circa 4 volte, 13 e 10 volte quello del nostro pianeta. Come accade nel Sistema Solare, i pianeti hanno un’orbita allineata all’equatore solare, presumibilmente, spiegano gli esperti, per la loro formazione da un unico disco gassoso. In molti sistemi extrasolari, invece, i pianeti non hanno questa disposizione e presentano orbite non allineate con l’equatore stellare probabilmente a causa di caotiche interazioni dei pianeti durante la loro formazione o a causa di influenze dovute a stelle vicine. Un esempio per tutti sono i cosiddetti ‘Giove caldi’, pianeti giganti che orbitano vicino alle loro stelle, spesso disallineati con l’equatore stellare e alcuni con orbite retrograde, ossia che ruotano in senso opposto alla loro stella. Il fatto che alcune orbite planetarie possono essere perfettamente allineate con il piano dell’equatore della loro stella, mentre altre sono allineate ‘selvaggiamente’ dimostra, secondo gli autori della ricerca, che abbiamo ancora molto da imparare circa la formazione e l’evoluzione delle orbite dei pianeti.

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www.youtube.com/watch?v=5gajWcb3eLY19 dic 2010 - 4 min - Sandangel169
Album: Che Fantastica Storia E la Vita (2003)

 

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  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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