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1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 14:29

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http://www.queerblog.it/post/22525/olimpiadi-limposizione-di-un-sesso

 

Olimpiadi. L'imposizione di un sesso

 

Pubblicato il 27 lug 2012 da Roberto Russo

 

Le Olimpiadi sono un trionfo dello sport e, per usare le parole di de Coubertin, un incontro con la storia. Sono anche un trionfo della fisicità e di muscoli guizzanti: oltre che di prodezze atletiche in questi giorni godremo di visioni di bellezze femminili e maschili che, chissà, faranno volare le fantasie.

Maschile e femminile, dicevamo: nei Giochi Olimpici, ma in tutte le discipline sportive, si tratta di una divisione ben netta. Su questa divisione si muove il bel saggio di Elisa Virgili dal titolo Olimpiadi. L’imposizione di un sesso, pubblicato dalla casa editrice Mimesis nella collana LGBT. Studi sull’identità di genere e l’orientamento sessuale diretta da Francesco Bilotta.

Virgili parte da un caso ben noto: la vicenda di Caster Semenya che, con un tempo incredibile, vinse l’oro ai Campionato Mondiali di Berlino del 2009. Ma l’interesse di tutti era sapere se Caster fosse maschio o femmina. Il saggio di Elisa Virgili, studiosa di Gender Studies e Filosofia Politica, si articola in due

sezioni, interessanti e allusive fin dal titolo: Vuoi vedere cosa c’è sotto? e Cosa c’è dietro.

Caster Semenya

Nella prima parte si analizza a fondo il caso di Caster Semenya. Il titolo è mutuato da una risposta della stessa atleta:

“Vuoi vedere cosa c’è qui sotto?” è la risposta di Caster Semenya al benzinaio di Città del Capo che vedendola entrare nel bagno delle donne aveva avuto qualcosa da ridire. Sembra una frase qualsiasi, una frase fatta. Ma proprio in quanto tale porta con sé una quantità di significati sottesi, rivelando un immaginario di riferimento per nulla neutro.

Dopo aver affrontato da più punti di vista la vicenda di Semenya, Elisa Virgili affronta quello che c’è a monte (o dietro, per riprendere il titolo della sezione): dalla nascita dei Gender Studies, alla Queer Theory; analizza la questione sex/gender per poi parlare di quello che c’è tra i due sessi o al di là di essi.

Come si può costruire un maschio, costruire una femmina? È un dato naturale che ci siano i maschi e ci siano le femmine, così dio li creò e così è per natura. Ma ci sono dei corpi, e non sono nemmeno così pochi, che evidentemente sfuggono al dettame divino e a quello naturale, sono i corpi intersessuati, corpi che hanno caratteristiche di entrambi i sessi. Queste persone però, invece di essere valorizzate nella loro particolarità, come nella mitologia che per prima le ha descritte, vengono ora costrette a essere femmine o maschi.

Oltre a Semenya, in Olimpiadi. L’imposizione di un sesso sono presenti altri esempi, come Herculin Barbin (1838-1868)

vittima di questo dispositivo biopolitico che impone di assumere uno dei due sessi. La chiesa, le medicina, la famiglia, il collegio, le hanno chiesto di scegliere di essere maschio o femmina, una scelta a cui lei non si è opposta, ma che l’ha portata al suicidio.

E conclude Virgili:

Si comincia a capire in modo più chiaro come anche il sesso possa essere costruito. Questo accade anche per chi ha un corpo da maschio o da femmina ma non si sente adatto al corpo in cui è nato e decide allora di ricostruirlo, come nel caso dei transessuali.

Un saggio veramente illuminante e ben condotto che vale la pena di leggere durante queste Olimpiadi.

Elisa Virgili

 

http://www.queerblog.it/post/22833/attivista-dei-diritti-gay-trovato-morto-in-tanzania

 

L'attivista gay Maurice Mjomba trovato morto in Tanzania

 

Pubblicato il 31 lug 2012 da alessandro condina

 

In Africa non è facile essere gay ed essere visibili, specialmente per chi si spende in prima persona a favore dei diritti e contro le discriminazioni. Un altro difensore dei diritti umani, infatti, è morto e sul suo decesso c’è l’ombra di un delitto.

Maurice Mjomba, della Tanzania, è stato trovato morto nella sua casa a Dar-es-Salaam: un vicino ha sentito cattivo odore e ha chiamato la polizia, il che farebbe pensare a una morte che risale a tempo fa.

 

Mjomba, che aveva solo 29 anni, faceva parte di uno dei più importanti gruppi della Tanzania impegnati nella difesa delle persone omosessuali, Stay Awake Network Activities (SANA) sin dal 2008, anzi era stato uno dei fondatori.

Il suo impegno era orientato in particolare nella lotta all’Hiv e nella diffusione di informazioni per la prevenzione. Secondo l’associazione di cui faceva parte l’uomo è stato strangolato.

 

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1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 13:15

 

 

RITO ROMANO  : L’ USO DELLA MAZZA

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Rito_romano

 

RITO ROMANO

 

Il rito romano è il rito liturgico della Chiesa cattolica più diffuso nel mondo.

 

Anticamente era uno dei tanti riti occidentali e conviveva accanto ad altri riti locali. Le maggiori chiese locali, infatti, esprimevano tutte un proprio rito particolare. Il rito romano è quello tramandato dalla Chiesa di Roma.

In seguito, data la grandissima importanza attribuita a Roma, luogo del martirio dei santi Pietro e Paolo e sede del papato, molti altri riti occidentali vennero soppressi. Il Concilio di Trento stabilì che rimanessero solo quelli che potessero vantare un'antichità di almeno duecento anni. Sopravvissero il rito ambrosiano, il rito mozarabico e il rito di Braga. Con queste poche eccezioni, il rito romano venne esteso all'intera Chiesa latina: perciò è spesso chiamato anche rito latino.

Oggi il rito romano è il maggiore in termini di diffusione e numero di aderenti, e per questo si tende spesso erroneamente a considerarlo l'unico e a farlo coincidere ipso facto con la Chiesa cattolica, dimenticando l'esistenza degli altri riti.

 

Altri riti

 

Particolari riti sono stati resi facoltativi o sono caduti in disuso.

Un rito pontificio con aspetti caduti in disuso è la constatazione della morte del papa.

Dopo l'accertamento medico del decesso del pontefice, il cardinale camerlengo assistito dall'Arcivescovo Vice-Camerlengo, dai Chierici e dal Notaio della Camera Apostolica, dal Maestro delle celebrazioni liturgiche e dai Cerimonieri Pontifici, firma l'atto ufficiale della constatazione ed eleva alcune preghiere in suffragio dell'anima del pontefice defunto. Successivamente si procede al sigillo degli appartamenti papali con la ceralacca e alla rottura dell'anello piscatorio una volta usato come sigillo per i brevi e la corrispondenza privata.

Tuttavia, anticamente il camerlengo batteva leggermente per tre volte con un piccolo martello sulla fronte del papa, chiamandolo con il suo nome di battesimo, ed infine pronunziava la frase "Vere Papa N. mortuus est". Questa parte del rito ha luogo per l'ultima volta con papa Benedetto XV nel 1922, poiché alla morte di papa Pio XI il camerlengo Card. Eugenio Pacelli non ritenne opportuno l'uso del martelletto, che da allora cadde in disuso. Il rito tuttavia continua ad avere luogo.[2]

 

Altri riti riguardano lo svolgimento dei pontificali. Uno di questi viene riferito come in uso fino a non molto tempo fa.[senza fonte] Il pane e il vino per la messa venivano portati solennemente dal dispensiere vescovile, ovvero dal funzionario che aveva le chiavi della dispensa. Portava un piccolo scrigno contenente due ostie. Il cerimoniere mescolava tra di loro le due ostie, in modo che il dispensiere non sapesse quale era la prescelta per la consacrazione. Alla fine una veniva consacrata e l'altra mangiata sull'istante dal dispensiere. Questo rito viene attribuito in modo del tutto verosimile ai tempi in cui i vescovi temevano l'avvelenamento[senza fonte].

 

Le cerimonie più vistosamente cadute in disuso sono le più fastose cerimonie pontificie, che negli ultimi decenni sono state drasticamente semplificate.

 

È caduta in disuso a partire da papa Giovanni Paolo I la cerimonia dell'incoronazione. Come detto nel paragrafo dedicato all'ordinazione, il papa non viene "consacrato papa", perché la sua ordinazione è quella vescovile. Ma veniva incoronato con una cerimonia che nell'arco dei secoli era divenuta qualcosa che riecheggiava i trionfi romani[senza fonte], mediati attraverso le processioni imperiali bizantine, sia nella gloria che nel contrappasso. Gli imperatori bizantini (che pare però procedessero a piedi) portavano in mano un sacchetto di seta contenente polvere di sepolcro, e durante la processione solenne lo baciavano più volte per ricordare la caducità della vita. Coloro cui era destinato il trionfo (imperatore o generale vittorioso) procedevano invece su un carro, e accanto avevano chi ricordava loro periodicamente di essere solo un essere umano. Il pontefice che entrava in San Pietro solennemente, in sedia gestatoria, con baldacchino e flabelli ornati di piume di struzzo bianche, prevedeva qualcosa di simile. Il cerimoniere lungo il tragitto fermava la solenne processione e diceva: "Beatissime pater, sic transit gloria mundi" (Beatissimo padre, così passa la gloria del mondo) e spegneva uno stoppino acceso in cima ad un'asta portata da un apposito ministro. Al che il papa scendeva dalla sedia gestatoria, e si inginocchiava qualche istante a meditare sulla caducità delle cose terrene. Poi il papa risaliva sulla sedia gestatoria, il corteo riprendeva, e così per tre volte dall'ingresso nella basilica fino ai gradini dell'altare della confessione. L'incoronazione avveniva sul sagrato, o ai piedi di questo altare, e il papa assumeva la tiara o triregno.

Molti altri aspetti delle cerimonie pontificie sono caduti in disuso.

 

Sono stati aboliti anche vari corpi militari che accompagnavano i pontificali pontifici. Tra questi la Guardia Nobile (i cui militari erano scelti tra la nobiltà romana), la Guardia Palatina ed altre figure legate all'antica Corte Pontificia. In origine (quando il percorso non era delimitato da transenne) essi avevano il compito di far largo al corteo pontificio menando colpi di mazza sulla folla, ma ben presto la mazza divenne una semplice insegna d'onore. I mazzieri e gli altri corpi sono stati presenti l'ultima volta per l'incoronazione di papa Giovanni XXIII.

 

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vimeo.com/3850729814 mar 2012 - 4 min

 

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1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 10:39

 
I temi del prossimo conclave
 

 

Tutti contro tutti. Documenti “segreti”, lettere anonime, guerriglie lessicali fanno da contraltare al magistero sereno di Benedetto XVI. Ma cosa sta succedendo all’interno della Chiesa cattolica? Coma mai l’autorità del papa, e dei suoi collaboratori a lui più vicini, pare sia messa ogni giorno in discussione? Dal caso di Darío Castrillon Hoyos e Paolo Romeo, i due porporati finiti tempo fa al centro delle prime pagine dei giornali, e originato dal resoconto anonimo di un colloquio tra Romeo e alcuni interlocutori cinesi dal quale costoro avrebbero ricavato la sensazione “che sia in programma un attentato contro il Santo Padre”, per finire al caso di monsignor Carlo Maria Viganò, il nunzio negli Stati Uniti del quale sono divenute pubbliche due lettere al papa e al cardinale Bertone piene d’accuse sulla gestione del Governatorato del Vaticano.
Già, cosa sta succedendo? Gli esperti di cose vaticane e gli storici fanno notare che gli “intrighi a corte” ci sono sempre stati in Vaticano, perché il Vaticano è anche una sede territoriale di uno Stato che ha una diplomazia propria e ranghi dirigenziali-istituzionali. Ne va da sé che realpolitik, appetiti e carrierismo, sono i compagni di viaggio di chi, invece, nel silenzio del tempio, vorrebbe solo ed esclusivamente occuparsi di Vangelo. Solo che prima i documenti non uscivano dai cassetti e i panni, secondo un ben noto detto popolare, venivano lavati in famiglia.
Non c’è più Wojtyla, questo è un dato di fatto. La forte leadership del papa polacco teneva a bada se non i litigi, almeno le loro scappatoie mediatiche. Oggi è più difficile. In un mondo che attraversa una crisi epocale in termini di etica comune e di individualismo sfrenato, la Chiesa cattolica pare in balia dei flutti del vento e delle scorribande di lobbies e sudditi poco intelligenti.

Più che uno sgomitarsi per posti in curia, l’attuale livello di guardia da clima da guerra che si è determinato “oltretevere”, sembra essere dovuto a un posizionarsi in vista di un eventuale conclave. In un momento di transizione e di crisi, più che interessarsi di come annunciare la Parola di Dio, emblematico in ciò è l’anno della fede indetto dal papa e il nuovo Pontifico Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, c’è chi non perde occasione per immettere nel circuito massmediatico elementi di insicurezza  e di tensione. Oltre che di obiettivo disgusto.

Ma sbaglia chi pensa che dietro questo lascito di polemiche incomba solo e univocamente gli appetiti personali o l’idea che si possa condizionare il conclave in un certo modo. Perché, in realtà, e su questo gli uomini che guidano la Chiesa lo sanno molto bene, le questioni che la Chiesa dovrà affrontare non più in un futuro lontano ma nel presente attuale, sono appunto dei temi che “scottano” rispetto alla storia e alla tradizione millenaria della Chiesa cattolica.
Al suo interno la Chiesa dovrà, prima o poi, porsi il problema del ministero petrino e della collegialità dei vescovi, così di come le donne potranno dare una spinta innovativa all’annuncio del Vangelo, e prima o poi bisognerà pur parlare del celibato dei preti, argomento spinosissimo ma ormai dibattuto serenamente da gran parte del popolo cattolico. Né di poco conto è all’ordine dei lavori una vera e riconosciuta presenza laicale all’interno delle decisioni più importanti che i pastori prendono. Al di là del solito ritornello “Concilio sì-Concilio no”, le questioni sul tappeto sono le solite, verrebbe da dire, di sempre. Quelle che, cinquanta anni fa, il Concilio Vaticano II aveva dibattuto con coraggio e lealtà. Mentre al suo esterno la Chiesa dovrà parlare in modo più schietto di ecumenismo e dialogo inter-religioso.
Insomma, le questioni ci sono e non sono questioni da poco. C’è di mezzo il futuro dell’annuncio del Vangelo del mondo. Forse, dicono i riformatori più convinti, anche il futuro di una Chiesa finalmente lontana dai suoi lacci con il potere temporale, che offusca, a volte, l’immagine della Chiesa sposa del Cristo.
Questioni forti che stanno producendo nelle comunità ecclesiali un altrettanto fermento ideale sul come uscirne fuori, ma non altrettanto, per esempio, nella teologia tradizionale, che ancora risente di un clima conservativo che ne limita libertà e profezia.
Qualcuno, per esempio un laico come Ernesto Galli della Loggia, propone attraverso le pagine del Corriere della Sera, che per uscire fuori dalla stagnazione attuale basti modificare l’elezione del papa in conclave, ampliando la possibilità di votare anche ai vescovi di tutto il mondo. Questo consentirà al papa prossimo di non sentirsi accerchiato dagli intrighi di curia, essendo eletto da un numero vastissimo di elettori che rappresentano, a loro volta, le comunità ecclesiali di residenza.
In realtà, e non da oggi, rispetto a soluzioni burocratiche e tecnicamente legate all’architettura della Chiesa, fa eco una serie di personalità e di idee, per lo più legate a esperienze di preghiera e di silenzio, che con coraggio e libertà indicano la via di un nuovo annuncio del Vangelo che passi per le “forche caudine” della radicalità evangelica. Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, lo predica da anni. I monaci camaldolesi, soprattutto oggi che il nuovo priore è il giovane dom Alessandro Barban, ne fanno un motivo di orgoglio e impegno da sempre. Il cardinale Gianfranco Ravasi ha saputo trovare un metodo esegetico e quindi “pastorale” che faccia dialogare mondo e cultura, fede e storia avendo davanti solo unicamente il Vangelo e sembra, oggi, l’unico ad aver preso il posto di un uomo e profeta della statura del cardinale Carlo Maria Martini.
È possibile, dunque, che la Chiesa ricominci a parlare di Gesù non nelle stanze ovattate del potere ma nel deserto del cuore degli uomini di oggi?
Non sono, queste, discussioni da teologi astratti. Sono, invece, il campo di battaglia del prossimo conclave. E il prossimo papa non potrà non tenerne conto.
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youtube.com6 feb 2009 - 5 min - Caricato da enzocnd89
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1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 06:48
LETTERE AGLI UOMINI

DI PAPA CELESTINO VI :

AL POPOLO CHE SI CHIAMA CRISTIANO 

 

 Miei fratelli, miei figlioli,

 

                non posso piu tacere. Ho atteso anche troppo. L'infinito dolore del mondo si raggruma e fermenta nella mia anima di padre, vuole che la mia voce sia la sua voce. Se non parla colui che rappresenta Cristo sulla terra, chi dunque   parlerà?

                Molti mormorano, sussurrano, gridano, contendono, sillogizzano e delirano ma da nessuna parte odo levarsi una parola che sfavilli dalla pura luce dello spirito, che sgorghi dal sangue caldo del cuore.

                Ho atteso anche troppo. Arrossisco di avere indugiato fino a questo giorno. Il peso della vecchiezza, il patema dell'angoscia, gl'intoppi della troppo umana prudenza, le remore di quella ragione che in tempi di Apocalisse è mera imbecillità agli occhi di Dio, il timore d'esser misinteso, non bastano a scusare il mio indugio. Ho sofferto e soffro, atrocemente ho patito e patisco dell'atroce passione degli uomini. Le mie notti non conoscono quasi più sonno, i miei giorni hanno dimenticato la fame, le mie labbra ignorano il sorriso. Nel silenzio del mio palazzo ho ascoltato fremendo i sospiri, i gemiti, i singulti, i singhiozzi, gli stridi e anche le bestemmie di tutti gl'infelici martoriati percossi e moribondi su tutte le terre e su tutti i mari. Ma che giovano ai dilaniati, agli amputati, ai dispogliati, agli avvelenati, ai disperati sopravvissuti le quotidiane lagrime del mio pianto solitario ?

                 L 'umanità tutta è sconvolta, travolta, dissolta, quasi capovolta e sepolta. E il viceré, benche indegno, di Colui che fu dissanguato per liberarla, dovrebbe tacere? Io non sono ormai che una povera macchina d'ossa ricoperta da scarsa carne e da vizza pelle, non ho altro patrimonio che un cuore sanguinante, non ho altre armi che il mio baculo fragile di pastore e la mia voce affiochita dagli anni e dagli affanni. Ma ho l'obbligo di parlare, ho il diritto di parlare e parlerò. Parlerò a voi, prima di tutto, a voi che vi chiamate e vi credete cristiani, ma parlerò anche a tutti gli uomini, anche a quelli che non riconoscono la mia dignità di Vicario di Cristo, anche a quelli che ignorano e negano il nostro Dio. Parlerò alto e forte come il il Padre m'ispira, come il Figlio m'insegna, come lo Spirito mi comanda, come la carità, la pietà, l'ansietà mi sforzeranno. Vorrei che le mie parole avessero la soavità della brezza mattinale di maggio ma, quando occorra, la potenza dei tuoni notturni tra le muraglie dei monti ; vorrei che scendessero nelle anime come dolci gocce resuscitanti, ma restassero incise nelle memorie con caratteri di fiamma.

                Come uomo non sono, lo so, che un debole uomo fra gli uomini; unito a Dio sarò un gigante capace di far sentire lo squillo della sua passione fino agli ultimi confini del pianeta.

                Voi sapete, cristiani, qual sia oggi lo strazio e il martirio dell'umana famiglia.

                Da lunghi anni la nostra specie è posseduta da rabidi accessi di furore suicida, con sbalzi alterni di forsennata distruzione e di accasciata disperazione. L'uomo sembra un titano muggente e fuggente ravvolto nella tunica fìammante del Centauro. Ha fatto un immenso e orrendo lavacro di sangue ma neppur questa rossa alluvione ha potuto spengere il fuoco che l'abbrucia.

                Guerre, rivoluzioni, disfatte, pestilenze, fame di dominio, di stragi e di pane hanno decimato l'umanità senza riuscire a guarirla. Più d'una volta, sulla strada sanguinosa e melmosa della storia, vi furono uomini che credettero sentire lo scalpitio dei cavalli dell' Apocalisse. Ma in nessun momento, io credo, la bocca del cavallo della morte fu così prossima a pascere l'erba pallida cresciuta sulle rovine. Dei tre diluvi necessari alla terra, manca soltanto l'ultimo. Il primo, del Padre, fu il diluvio dell'acqua castigante; il secondo, del Figlio, fu di sangue purificante; il terzo, dello Spirito Santo, sarà di fuoco. L' abbiamo già visto scender dal cielo il fuoco diroccante e consumante; attendiamo ora il fuoco dello Spirito salvante e sublimante. Ma  l'umanità, nell ' attesa, non è che un 'inferma esterrefatta e smaniosa, coperta dalle pustole della vergogna, dall'ulcera degli orrori, dal polverone delle catastrofi, dalle lividure dei supplizi, dal mantello mal rappezzato della       discordia.

                 Milioni di cadaveri si disfanno sotto il grassume dei campi di battaglia o negli invisibili ossari delle vallate marine; milioni di uccisi si stanno putrefacendo sotto le macerie o dentro improvvisate fosse; milioni di vittime della fame, delle torture, dei contagi sono scese anzi tempo a nutrire i vermi ; milioni di prigionieri son rinchiusi, come armenti senza nome, dentro recinti di pietra e di ferro; milioni di schiavi, lontani da tutto quello che amarono, pagano con le sforzate forze l' avaro pane straniero; milioni di fuggiaschi ramingano ancora, umiliati e incalzati, in cerca d'un tetto distrutto e d'un desco deserto; milioni di orfani, di vedove, di padri e di madri attendono invano coloro che mai torneranno; milioni di famelici combattono ogni giorno una loro avvilente battaglia, non sempre vittoriosa, contro la morte; milioni di violenti predaci approfittano dell'universale disordine per accrescere la miseria dei miseri e il terrore degli atterriti; milioni di donne si prostituiscono o si avviliscono nel supplizio dell'indigenza e dell'assenza; milioni di cuori si stemprano o s'impietrano sotto le percosse dell'angoscia e della nostalgia; milioni di anime sono avvelenate dal ruminio dell'odio, dallo stillicidio dei rancori, dagli impulsi della vendetta; milioni di anime sono intenebrate nello smarrimento dell'impossibile pace; milioni di anime hanno perduto o stanno perdendo ogni fede nella giustizia di Dio e nell'umanità degli uomini.

                Alle guerre guerreggiate dagli eserciti son seguite le guerre dei ribelli e dei disperati contro tutto e contro tutti, contro se stessi e contro il destino; le guerre civili fra figli d'una stessa patria; le guerre delle fazioni, delle parole, delle accuse, delle minacce.

                S'è dissipato il fumo delle battaglie ma per meglio scoprire il lugubre spettacolo delle rovine; s'è affievolita la furia del fuoco ma si levano ancora nel cielo i tronconi neri che furon morsi dagli incendi; tace, ormai il clangore e la romba dell'immane sterminio ma si odon più forti le voci della desolazione, della rivolta, della pazzia.

                Infinite case degli uomini son divenute sassaie e serpai; infinite ricchezze furono sperperate, disperse, sottratte, distrutte; città famose e villaggi remoti son mucchi di sfasciumi, di ceneri, di sozzure; le chiese furon ridotte a  macereti o a latrine; le scuole a carceri o caserme; monumenti gloriosi non sono ormai che reliquie mozze d'una sventratura barbarica. Un terzo almeno del genere umano è oggi senza ricovero sicuro e senza cibo bastante, senza amore e senza onore, senza forza e senza speranza.

                I flagelli nell ' ordine della materia, benché innumeri e tremendi, sono presso che nulla in confronto a quelli che scardinano l'ordine dello spirito.

                La fede nella Redenzione vacilla anche nei piu intrepidi; le moltitudini, dimenticando gli errori e i peccati di tutti, insorgono contro Dio che permette tante sciagure o percuote con tanti castighi; la carità vien meno in molti, sia che li spaventi la somma immensa dei mali, sia che restino interdetti dalla diaccezza caparbia dei cuori, sia che li raggeli la cresciuta ferocia degli animi. Perfin la ragione -vanto supremo dell 'uomo- sembra sopraffatta dai deliramenti delle febbri, infoscata dalle allucinazioni delle frenesie. Non più le menti dettano gli umani discorsi ma i visceri inferiori. Parlano, nei più, i borborigmi del ventre, le coliche del fegato, i furori dell'utero, i ribollimenti del sangue.

                Parlan soltanto le passioni e le brame della carne, gli interessi della classe e della casta, l'amor di parte e di razza. Il linguaggio pensato e pesato è divenuto eruttazione di manie, espettorazione di risentimenti. Gli uomini si uniscono soltanto nell'imprese dell'odio e nelle gesta della morte. In tutto il resto son divisi, separati, avversi, nemici; continente contro continente, fede contro fede, nazione contro nazione, tribù contro tribù, uomo contro uomo.

                Non v'è più freno di coscienza ne diga di legge. Chi ha la forza ruba, chi ha l'armi uccide, chi è sicuro dell'impunità ladroneggia e ammazza. Non v'è altra norma che il tornaconto, altro idolo che il denaro, altra morale che quella dei lupi, altro codice che quello degli avvoltoi.

                Anche nei paesi nostri che si dicon cristiani non regna ormai più, e da gran tempo, la dottrina dell'Evangelo, ma una dottrina luciferiana che nessuno ha osato esporre apertamente in dettami e comandamenti benché da tutti sia praticata con arrogante docilità. Tale religione occulta non ardisce dire il suo nome: sappiate che si chiama Arimanismo. Anch'essa possiede, come la nostra, una veneratissima trinità: Moloch, Mammona, Priapo. Alcuni vi aggiungono una quarta persona, Belfagor, il demonio della confusione intellettuale.

                Nonostante il suo incontestato trionfo l'Arimanismo non procura ai suoi fedeli la felicità. Per la sua stessa origine satanica si risolve in un paradosso che, attraverso la beffa, culmina in tragedia.

                Gli uomini desiderano godere e per più godere si fan guerra e le guerre, esteriori o intestine, accrescono indicibilmente il soffrire.

                Gli uomini vogliono arricchire e con la speranza di arricchire si fan guerra e nella guerra distruggono le ricchezze possedute e si condannano a più dura miseria.

                Gli uomini vogliono dominare e per la brama di maggior dominio si fanno guerra ma le necessità della guerra accrescono la schiavitù, già grave, di tutti i cittadini, la schiavitù dei vittoriosi non meno che quella dei vinti. 

                Dicono allora di voler la pace, la pace per tutti, la pace per sempre, ma i potenti, per imporre questa pace, altro non sanno fare che armarsi sempre più, non sanno che minacciare nuove e più orribili guerre.

                Tale è lo spaventoso contrappasso dell' Arimanismo, che trova mille conferme nella storia dei nostri giorni. I popoli che volevan più abbondanza di pasti son ridotti alla fame, i popoli che volevan primeggiare son ricacciati all'ultimo posto, i popoli che s'illudono di aver vinto scoprono d'esser meno liberi, meno ricchi, meno potenti di prima.

                L'ontoso e ruinoso fallimento dell' Arimanismo dimostra, al lume della verità dei fatti, qual sia la causa prima dell'agonia del genere umano: il rinnegamento e il tradimento dell'Evangelo. Non v'è bisogno di proclamare a suon di parole la superiorità del Cristianesimo, non è neppur necessario credere, come noi crediamo, alla sua origine divina. La storia, per tutti palmare e visibile, ha pronunziato il suo giudizio, ha fornito la più irrecusabile riprova. Gli uomini non hanno accettato i comandamenti di Cristo, hanno operato all'incontrario di quel che l'Evangelo insegna, hanno rifiutato la fraternità, l'umiltà e la carità. E così facendo son giunti alla distruzione, alla derelizione, all'esasperazione, alla disperazione. Ogni altra prova, per il momento, è superflua. La realtà, non la dogmatica, ha parlato e parla con lucidità perentoria. Più vi allontanate da Cristo e più vi approssimate all'abisso.

                L'uomo ama troppo sé e non ama abbastanza i suoi simili. Il Cristianesimo ha tentato di capovolgere l'umana natura, ha consigliato il disprezzo di sé e l'amore verso i nemici. Chiedeva troppo, forse, ma la divina sapienza sapeva che bisogna mirare alla vetta della più alta montagna per raggiungere almeno l'altipiano della collina. Sarebbe bastato diminuire, anche di poco, l'amore di sé; sarebbe bastato diminuire, anche di poco, l'odio verso i nemici: la vita avrebbe preso un altro aspetto, un altro senso, un altro colore. Se non la beatitudine dei santi gli uomini avrebbero raggiunto la pace degli amici. Il mondo non sarebbe ora tanto rosso di sangue, tanto nero di fumo, tanto piagato di rovine, tanto riarso di dolore, tanto sconvolto dal disordine, tanto infognato nella pazzia, tanto povero di speranza, tanto minacciato dal     dissolvimento e dall'annientamento. Il rifiuto di Cristo l'ha condotto al rifiuto della gioia, alle soglie della catastrofe. Non potrà salvarsi che andando a Cristo. I non cristiani debbono diventar cristiani; ma per far ciò è necessario che i cristiani divengano ciò che ora non sono, cioè veri cristiani. E allora soltanto avremo l'unità spirituale degli uomini, la concordia dei cuori, la pace del mondo.

                Trasformarsi per unirsi : questo, oggi, dev'essere il nostro motto e il nostro compito; questo, a dispetto di tutti gli errori, è il termine della mia speranza.

                Di questo abbandono dell'Evangelo chi ha colpa ? Di tutti è la colpa ma in particolar modo di coloro che si dicono e si credono cristiani. La responsabilità massima è la nostra, di quelli che si proclamarono seguaci di Cristo e si vantarono d'esser salvati dal suo battesimo d'acqua e di sangue.

                Miei fratelli, miei figlioli, io non vorrei essere ingiusto verso di voi. Dio conosce il mio affanno e il mio amore di padre. Ma è giunta l'ora di confessare il nostro peccato, la nostra insufficienza, la nostra diserzione. Noi viviamo troppo agiatamente placidi dietro le pareti di pietra della nostra Chiesa. Noi crediamo troppo volentieri  -per ignoranza ed accidia-  che basti ascoltare la messa, seguire la sacra liturgia, fare ogni tanto un simulacro di penitenza, posare un soldo sulla palma del povero, rispettare, per paura della carcere e dell'inferno, tre o quattro comandamenti.

               Vi dico, in verità, che Dio chiede a noi, a noi cristiani, molto di più, infinitamente di più. Vi ripeto che questo nostro Cristianesimo di forma, di abitudine e di convenienza non è il vero Cristianesimo ma un' ombra, una maschera, un feto e un aborto del Cristianesimo, un Cristianesimo di pusilli, d'infingardi, di tiepidi, d'ipocriti, di farisei battezzati.

                Dio vuol da noi assai di più. Vuol cristiano tutto il nostro cuore, cristiano ogni pensiero, cristiana tutta la vita. Il Cristianesimo non sarà valido e trionfante finché non avrà conquistato tutti i popoli, tutti gli uomini; finché non avrà fondato l'unità di tutti gli spiriti e di tutti i viventi. Noi abbiamo dimenticato che Cristo ci mandò alla conquista di tutte le genti, che il regno dei cieli non potrà trasformare la terra finché tutte le anime non riconosceranno la Sua verità, non praticheranno la Sua carità. Tutto il Cristianesimo dev'esser creduto, sentito, sofferto, vissuto da tutti gli uomini: Dio non tollera né spartizioni né tare. Siamo troppo pochi, nel mondo, e quei pochi sono, spesso, che crisalidi o contraffatture di cristiani. Il Cristianesimo, fin qui, fu predicato più che attuato, fu nome più che sostanza, facciata più che edificio, insegna più che vittoria. Per quanto Cristo sia stato ucciso da secoli noi siamo, in verità, i primi cristiani, abbozzi e apprendisti cristiani, cristiani di nome e di desiderio, cristiani inconvertiti, imbozzacchiti e inadempienti,

                Pensate, fratelli, che appena la quarta parte dell'umanità è ascritta -per censimento assai più che per sentimento-  al Cristianesimo e che neppur questa quarta parte è concorde sotto un solo pastore ma frantumata in più chiese, sette e comunioni.

                Siamo pochi e siamo divisi, siamo pochi e siamo neghittosi, siamo pochi e siamo pavidi. Viviamo come greggi stracchi negli ovili aggrigiati delle parrocchie, vegliate dai campanili domestici. Dio ci ordinò di portare a Lui tutti gli uomini e noi ci balocchiamo colle magre statistiche dei battezzati dove l'anime di fuoco son più rare che le perle nelle conchiglie dell'oceano.

                La Chiesa di Pietro, la Chiesa di Roma, la Chiesa da me governata, si chiama cattolica, cioè universale, ma conta forse la metà dei cristiani che vivono sulla terra. Noi abbiamo l'illusione d' essere un esercito vittorioso e in verità non siamo che una sparuta avanguardia accerchiata, dove abbondano i mutilati, gl'infermi, gl'inetti, i claudicanti, gli orbi, gli inutili. S'io scrutassi con occhio trafiggente fin dentro i vostri precordi quante anime troverei degne del nome di cristiane? Se domani si scatenasse contro di noi una persecuzione più crudele di quelle di Decio e Diocleziano, quanti di noi rimarrebbero al mio fianco, pronti a sottoscrivere col loro sangue la fede nel sangue del Redentore?

                Non crediate ch'io voglia addossare a voi tutti la colpa ch'ebbe ormai un principio di espiazione. Non avrei il diritto di rampognarvi se non prendessi anche sulle mie spalle di sacerdote e di pontefice la mia soma di pentimento, se non fossi pronto a riconoscere e confessare le carenze gravi della mia Chiesa. La Chiesa Romana, appunto perché l'unica legittima, avrebbe dovuto rivolgere ogni sua possa all'impossessamento e illuminamento totale degli uomini. L'ha tentato, soprattutto in certe felici stagioni della sua storia, ma non l'ha fatto abbastanza. S'è curata della sua esistenza temporale, dei suoi ordinamenti interni, della sua corazza teologica, della sicurtà dei suoi famuli, dell'obbedienza dei suoi fedeli: cure necessarie ma subordinate ad altre ancor più vitali. Troppo spesso fu irretita dai calcoli dei potenti invece di consacrarsi tutta al riscatto degli umili, al ridestamento dei torpidi, all'annessione dei separati, alla ralluminatura dei mal veggenti. Per difendersi   contro le potestà secolari, per proteggersi contro la protervia degli eretici, per mantenere la disciplina dei sudditi, per sostenere la sua  sovranità quasi cesarea ha rallentato il suo impulso, ha voluto innestare con la politica la sua missione tutta spirituale, parve ridotta spesso a un governo di comuni e monosteri, alla semplice somministrazione dei sacramenti, alla diligente manutenzione di un monumento di uffici popolato di scribi. La Chiesa s'è trasformata, un po' a causa dei suoi assaltatori, un po' per colpa dei suoi presidiatori, in un fortilizio dottrinale, disciplinare e liturgico. Era necessario che così avvenisse ma sarebbe pur necessario che fosse sempre, come Cristo voleva, anche un esercito di nomadi invasori e conquistatori. Ha innalzato una meravigliosa e gigantesca basilica, ammirata anche dai suoi nemici, ma di muraglie così spesse, di contrafforti così fitti, di guglie così esili e fragili, di labirinti così intricati che non sempre vi giunge il libero soffio dei venti, non sempre vi penetra il caldo messaggio del sole. Ha salvato, a forza di tanti palvesi e bastioni, la fiamma dell'Evangelo ma l'ha quasi celata in fondo alle sue cripte, e non tutti la vedono; non tutti ne sentono il calore, non tutti possono e vogliono esserne illuminati e incendiati. Dio aveva voluto che fosse un rogo in cima a un monte e noi l'abbiamo distribuita, quella fiamma divina, in tanti lucignoli che fumigano e scoppiettano in fondo alle solenni e vetuste navate dove i più non accorrono. La Chiesa racchiude, sì, Cristo e il suo verbo, ma poté sembrare, a quelli di fuori, che lo racchiuda come una pergamena aggrinzita conserva in caratteri sbiaditi le parole che dovrebbero invece splendere su tutte le cime e in tutte le menti.

                 Non dimentico le innumerevoli opere di carità corporale e spirituale che la nostra Chiesa conta e vanta. Ma la maggior parte di tali provvidenze e istituti ebber vita dalle ispirazioni dei Santi, dalla tenacia degli Ordini, dalla liberalità dei Laici. I capi della Chiesa le approvarono, quelle opere, ma non le crearono.

                 Neppur dimentico la protezione data agli studi e alle arti, che non disdice alla Chiesa perché tutto quel che nel mondo è vero e bello è, per naturale e divino diritto, cristiano. Ma la Chiesa, da secoli, non è più capace di associare a se le forze più vive dello spirito creatore, sia del pensiero sia dell'arte. Da troppo tempo si contenta di architetti, pittori, scultori e scrittori che posseggono tutto -buoni principi, buoni costumi, buoni diplomi-  tutto, fuor che il genio.

                Il principal vanto del Pontificato Romano non può ridursi all'allevamento dei mecenati, alla stesura delle bolle, al registro dei decreti. Questa Sede Apostolica è la più alta autorità spirituale che la terra abbia conosciuto ma tutta la sua forza consiste nella fedeltà al compito che Dio le affidò: condurre e far vivere tutti gli uomini nello spirito dell'Evangelo. Tutto il resto, per quanto possa sembrar laudabile ad occhi mondani, è fuorviamento e abbassamento. La politica e l'amministrazione possono essere, per contingenze di tempi e di genti, necessarie anche alla Chiesa ma in quel modo medesimo che all'uomo è necessario masticare il cibo o abbassar le palpebre nel sonno. Necessità ma necessità che umiliano chi vive per lo spirito. La grandezza dell'uomo non consiste nei pasti e nei sonni, tant'è vero che i santi riducono quant'è possibile gli uni e gli altri. Il sommo reggitore della Chiesa non dev'essere, se vuol imitare colui che rappresenta quaggiù, che un insonne pastore e conquistatore di anime.

                La più valida politica della Chiesa consiste nel far migliori gli uomini, cioè quelli stessi che si dedicano o soggiacciono alla politica. La storia esibisce, a chi la sa leggere, chiarissime conferme. Tutte le volte che la nave di Pietro s'è impelagata e impegolata più del bisogno nelle basse lagune della cosa pubblica poco ha giovato ai popoli e non poco ha nociuto alla coesione e alla fervenza dei fedeli. Tanto più grande sarà la sua influenza sulla politica quanto più saprà mantenersi al di fuori e al si sopra della politica.

                Vi furono tra i papi alcune delle più alte anime che il cristianesimo abbia acceso e nutrito ma ancor più numerosi furono quelli che non si mostrarono abbastanza consapevoli della soprannaturale destinazione della Chiesa. Troppe volte i Pontefici, invece che Vicari del Dio eternamente spirante ed ispiratore, furono i semplici continuatori di quel troppo umano Pietro che voleva rizar la tenda sul monte della Trasfigurazione, non di quel Pietro impetuoso e generoso che primo riconobbe nel profeta senza casa il Figlio di Dio, ma di quel Pietro che ebbe bisogna dello sguardo del catturato e del canto del gallo per ritrovare se stesso, di quel Pietro che non seppe vegliare l'ultima notte nell'Orto degli Ulivi e alzò l'inutile spada contro un attore in sottordine del dramma della Redenzione.

               Troppo spesso il papato fu schiavo: schiavo dei barbari, schiavo degli imperatori,  schiavo della ragion di Stato, ch'è somma pazzia nell'ordine spirituale, schiavo dell'ambizione terrena, della vanità del fasto, schiavo dei patrizi usurpatori o delle plebi mercantili, schiavo dei suoi protettori e dei suoi servitori, schiavo della diplomazia e della demagogia, schiavo insomma della sua umana interazione. I Papi avrebbero dovuto essere soltanto testimoni della Divinità,paziente, capitani ardimentosi per la conquista delle nazioni, difensori eroici dei poveri, dei perseguitati e dei piangenti; furono troppe volte sovrani ammantati di gelida maestà, sorveglianti nominali di congregazioni scrittorie, custodi gelosi della lettera più che martiri temerari dello spirito. Eran chiamati ad essere i viceré di Dio e si contentarono, talvolta , di essere i placidi padroni di un gregge ereditato e alla meglio addomesticato, guardiani prudenziali di un mediocre status quo . A voi, cristiani, chiedo perdono per loro.

                E anch'io debbo chiedervi, con umiltà verace, perdono. So d'essere il vostro capo e non ignoro la sovrumana altezza della mia dignità. Ma sono stato anch'io se non proprio servo disutile, servo tardo e timido dei disegni dell'Altissimo. S'Egli mi ha posto quassù in tempi così uraganosi per l'uomo e per la Cristianità, è segno che da me attendeva più che da tutti gli altri. Ma se ripercorro i lunghi anni del mio pontificato, tristezze e dubbiezze mi turbano. Ho molto pregato ma non ho saputo moltiplicare il popolo che mi fu confidato. Ho posto la mia causa nella sacra sapienza antica ma non ho saputo scegliere, tra i vivi, quelli che più ,silenziosamente e candidamente ardevano. Ho ricercato la santità nella solitudine ma non ho saputo abbandonar sempre le dolcezze della contemplazione per gli aspri spineti dell'azione. Ho patito dei patimenti degli uomini, ho sofferto, ho pianto, ho sanguinato dinanzi al diluvio di sventure che oggi sommerge il mondo ma non ho saputo trovare fino a questo giorno il pane che un Vicario di Cristo deve dare alla fame delle turbe vaganti nei deserti dell'aridezza e del dolore.

              Sono ormai vecchio cadente e consunto, ma non voglio cercare nelle umane debolezze l' alibi e l'assoluzione della mia porzione di colpa. Chiedo la vostra pietà non la vostra lode.

              Tutto non è ancora compiuto. Prima di presentarmi, col peso della mia miseria, al giudizio dell'ultimo Giudice, voglio fare un ultimo tentativo, compiere un ultimo dovere. Mi resta ancora un cuore che palpita per le sorti del genere umano, mi resta ancora una voce che ha il diritto di rammentare a tutti la verità, mi resta una disperata sete di giustizia, una bramosia infinita di amore. Dalle ceneri del mio strazio e del mio rimorso parlerò a tutti i viventi, ai prossimi e ai lontani, a chi desidera di ascoltarmi e a chi mi schernisce o mi sfugge.

               Non mi resta che il fuoco vivo della mia fede e il fuoco divorante del mio dolore. Cristo mi aiuterà perché il mio grido giunga alle anime che vorrei salvare con le mie parole e col mio sangue.

 

Celestino VI Papa , Servo dei  Servi in  Dio.

 

FINE

Giovanni Papini (Firenze, 9 gennaio 1881Firenze, 8 luglio 1956) è stato uno scrittore italiano.

 

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vimeo.com11 dic 2011 - 7 min

 

 

 

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1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 02:08

www.insmli.it/pubblicazioni/1/triangolo_rosa_chiappan.pdf

Hockey su prato, Londra 2012

 

IL TRIANGOLO ROSA : NAZISMO E OMOSESSUALITA'

 

Alessandra Chiappano*

 

Un problema poco studiato

 

È necessario tenere presente, prima di iniziare qualsiasi ipotesi sul rapporto tra omosessualità e
nazismo, che tale aspetto è stato pochissimo studiato e mentre soprattutto in questi ultimi decenni, il
nazismo è stato ampiamente analizzato nei suoi molteplici aspetti, sulla persecuzione nazista nei
confronti degli omosessuali i contributi storiografici, così come le testimonianze di sopravvissuti,
sono assai modesti.[1]

Il motivo di questa congiura del silenzio, che costringe chi si avventura su questo terreno a
formulare delle mere ipotesi, non senza fatica, è probabilmente dovuto al fatto che l'ostracismo nei
confronti degli omosessuali non finisce con il regime nazista, anzi il famoso articolo 175 che
permetteva la condanna del reato di omosessualità, è rimasto in vigore nella Germania Federale fino
al 1969, mentre nella Repubblica Democratica Tedesca il reato di omosessualità venne abolito nel
1949, anche se fino al 1988 gli atti omosessuali erano ritenuti leciti a partire dai 18 anni, mentre
quelli eterosessuali dai 14. Solo negli anni ottanta i perseguitati sulla base dell'articolo 175 hanno
ottenuto un risarcimento come vittime del regime nazista e si è trattato di un risarcimento esiguo.

Questa forte forma di ostracismo che si è protratta a lungo nel dopoguerra, tanto che spesso agli
omosessuali, che pure avevano perso tanti dei loro nei campi nazisti, era quasi impedito l'esercizio
della memoria, ed era vivo anche tra i reduci il sentimento che tendeva ad equiparare gli
omosessuali ai prigionieri rinchiusi nei campi perché delinquenti. Questo spiega, almeno in parte,
perché mentre sulla persecuzione degli ebrei, dei Sinti, dei Rom la letteratura sia ormai vastissima,
la bibliografia sul rapporto tra il nazismo, la sua Weltanschauung e l'omosessualità sia
estremamente ridotta. Del resto anche le testimonianze dirette sono molto scarse, come se la
comunità gay, ferita, avesse scelto il silenzio.

L'età moderna e contemporanea

La repubblica di Weimar

Mentre nel mondo antico l’omosessualità era un fenomeno largamente diffuso e socialmente
accettato, nel mondo ebraico e poi in quello cristiano si diffuse l’idea che si trattasse di un peccato,
di un comportamento che offendeva non solo la morale ma anche Dio. Tale concezione attraversò i
secoli e rimase intatta non solo nel Medioevo, ma anche in epoca moderna. L’omosessualità non
costituiva però soltanto un peccato per la religione, ma era condannata anche dal potere politico,
alla stregua di un qualsiasi reato.

Con l'avvento dell’illuminismo, e soprattutto a partire dall'Assemblea Costituente del 1791, le
leggi diventarono meno severe e nel 1794 Federico II abolì la pena di morte per i reati di sodomia;
nel 1810 con l'introduzione, in molti paesi d'Europa, del Codice Napoleonico, che aveva recepito
alcune delle istanze della Rivoluzione, soprattutto riguardo alla libertà personale, l’omosessualità
fra adulti consenzienti non fu più considerata un crimine.

Nel 1871 però quando fu creato l’impero tedesco dominato dalla Prussia, il codice penale del
Reich conteneva un paragrafo, il paragrafo 175, che classificava l'omosessualità come un reato,
passibile di essere punito con il carcere. Ecco il testo del paragrafo 175:

«1. L'individuo di sesso maschile che compie atti osceni con un altro uomo o che acconsente a prendervi parte , sarà
punito con la reclusione.

2. Se uno dei partecipanti all'atto ha meno di ventuno anni e se il reato non è grave , il tribunale può sospendere la
sentenza di incarcerazione».

Dato che non è facile stabilire se il reato sia grave o meno, durante l’epoca imperiale le condanne
furono circa 500 all’anno e pian piano soprattutto nelle grandi città si sviluppò una sottocultura
omosessuale e a Berlino, negli anni della prima guerra mondiale, c'erano numerosi bar e ritrovi
frequentati esclusivamente da omosessuali.

Bisogna notare però che la maggiore tolleranza nei confronti degli omosessuali riguardava
soltanto un limitato cerchio di intellettuali e non faceva parte della cultura politica, né di quella
popolare, che rimase ostile nei confronti degli omosessuali.

Una delle figure dominanti nell'ambito della difesa dei diritti politici degli omosessuali fu Magnus
Hirschfeld (1868-1935), che era un ebreo, omosessuale e social -democratico. Si occupò di studi di
sessuologia e definì gli omosessuali appartenenti ad un terzo sesso. Hirschfeld fondò
un'associazione chiamata “Comitato scientifico-umanitario” nel 1897 e si batté perché fosse
abrogato il paragrafo 175, nel 1919 lo stesso Hirschfeld fondò l'“Istituto di Scienze Sessuali” che
si occupava di problemi matrimoniali, aborto e omosessualità.

Negli anni della Repubblica di Weimar, soprattutto grazie ai deputati comunisti e social-
democratici, si aprì un dibattito sul paragrafo 175, che avrebbe dovuto portare alla sua abrogazione
e, in effetti, il 16 ottobre 1929 passò, 13 a 15, l'emendamento che legalizzava l'atto omosessuale fra
adulti consenzienti. Ma era troppo tardi, perché l'avvento del regime nazista vanificò il risultato.

Durante gli anni tormentati della Repubblica di Weimar, Hirschfeld e il suo istituto furono
costantemente attaccati dal regime nazista, che aveva tutti i motivi per detestare questo intellettuale:
era ebreo, omosessuale e socialista. Anche il successore dell’ormai anziano Hirschfeld, Kurt Hiller,
non ebbe vita facile: era anche lui ebreo, omosessuale e di sinistra. Nel Marzo 1933 fu arrestato dai
nazisti e rinchiuso per nove mesi nel campo di concentramento di Oranienburg, dove fu
brutalmente maltrattato.

Bisogna tenere presente però che, se da una parte, come si è visto, la sinistra appoggiò
l’abrogazione del paragrafo 175, nella sua lotta contro lo strapotere dei nazisti, spesse volte accusò
Röhm e le sue SA di essere omosessuali, praticando di fatto una politica in questo senso fortemente
ambigua. Negli anni della lotta fra una democrazia sempre più vacillante e l’esuberante forza dei
nazisti, i giornali di sinistra non persero l'occasione di criticare i nazisti accusandoli di essere un
manipolo di omosessuali e depravati.

Il Nazismo.

Nonostante il movimento nazista abbia a parole sempre condannato l'omosessualità, giudicata
come una deviazione dai comportamenti sessuali naturali, perché l'atto omosessuale non porta alla
riproduzione della specie, che invece nell’ottica nazista era un dovere fondamentale del cittadino,
che doveva preservare l' esistenza e accrescere il Volk , soprattutto nei primi anni e almeno fino al
1934, la politica nazista nei confronti degli omosessuali è stata incoerente e sicuramente
ondeggiante.

Infatti anche se alcune figure di intellettuali omosessuali come Hirschfeld e Hiller furono
immediatamente oggetto di intimidazioni, nei primi anni, Hitler difese i numerosi gerarchi nazisti
che erano chiaramente omosessuali e fra questi spicca senz'altro Ernst Röhm , capo delle SA e

amico intimo del Fuehrer, l'unico a cui Hitler si rivolgeva con il "tu". Röhm, uomo violento e senza
scrupoli, aveva aiutato Hitler a prendere il potere con la forza d'urto delle sue squadre d'assalto, ed
era omosessuale, frequentatore di bar e ritrovi per omosessuali.

Dal momento che Röhm gli era stato e gli era molto utile, Hitler nei primi tempi non prese
posizioni molto nette e arrivò persino a dichiarare: «Le loro vite private non mi interessano» e
ancora: «Perché dovrei occuparmi della vita privata dei miei seguaci? A parte quello che Röhm ha
saputo fare, so che posso fare completo affidamento su di lui». [2]

«Ho in orrore la pudicizia e la curiosità moralistica…Che cosa ha a che fare tutto ciò con la nostra battaglia? Queste
sono consunte nozioni buone solo per vecchie signore reazionarie come Hugenberg[3], che riesce a vedere il
rinnovamento nazionale solo in termini di costumi vigorosi e di austerità. “Lega della Virtù” e “Compagni di tavola
Cristiano Tedeschi”: rimpiazzano le perdite materiali della nazione con guadagni spirituali e con la “Forza dei suoi
lombi” (e tutto il resto di questo patriottico idolo grottesco -la nostra rivolta non ha nulla a che fare con le virtù
borghesi). Io non sarò un guastafeste per i miei uomini. Se da loro pretendo il massimo, posso anche lasciarli in pace a
divertirsi come credono, non come vorrebbero un mucchio di galline di chiesa…I miei ragazzi non sono angeli e
nessuno si aspetta che lo siano: Dio lo sa. Non amo i sentimentali e le “Leghe della Virtù”. Il partito non ha nulla a che
vedere con le conventicole o i vacui discorsi sul rinnovamento morale»[4].

Accuse di omosessualità coinvolgevano anche la formazione giovanile hitleriana, il che è
plausibile se si pensa al fatto che i giovani vivano praticamente separati dalle ragazze.

Comunque, almeno fino al 1931, le accuse di omosessualità vengono ignorate, anzi il 3 febbraio
1931 Hitler dichiarò:

«Il comando supremo delle SA ha preso in considerazione un certo numero di rapporti e di accuse mosse contro
ufficiali e truppa delle SA , molti dei quali riguardano la loro condotta personale. Dall'esame di tali fatti emerge che la
maggioranza di tali accuse cadono interamente al di fuori degli scopi del servizio prestato dalle SA . In parecchi casi
gli attacchi da parte di oppositori politici o personali sono stati presi in considerazione sulla base della fiducia. C'è
gente convinta che i comandanti delle SA debbano prendere decisioni su fatti del genere, che appartengono
esclusivamente al dominio privato. Io rigetto categoricamente e con tutta la forza del mio comando, questa
presunzione. A parte la perdita di tempo che potrebbe venir impiegato molto meglio nella lotta per la libertà, vi
dichiaro con convinzione che le SA sono un corpo di uomini formato per uno scopo specifico. Non è un istituto per
l'educazione morale di gentili signorine, ma una formazione di stagionati combattenti. L'unico scopo di ogni inchiesta
deve essere l'accertare se l'ufficiale o il soldato SA sta adempiendo ai suoi impegni nell'ambito delle SA. La sua vita
privata non può essere oggetto di controllo fintantoché non è in conflitto con i principi basilari del
nazionalsocialismo».[5]

In questo modo e fino al 1932 la posizione di Röhm e dei suoi uomini era assicurata.

Ma a partire dal 1933 il vento comincia a cambiare direzione e questo per molteplici motivi. Innanzi
tutto, Hitler, diventato cancelliere nel 1933, aveva bisogno di consolidare il suo potere portando
dalla sua parte anche la borghesia, l'alta finanza e soprattutto l'esercito. Nello stesso tempo gli
oppositori interni andavano ridotti all'impotenza. Subito dopo l'incendio del Parlamento, nel
Febbraio 1933, Hitler riesce a farsi dare dal Parlamento, ormai quasi interamente nazista, i pieni
poteri, e alla polizia viene data la possibilità di arrestare i cittadini anche senza bisogno di accuse
precise e in questa prima ondata di arresti, diretti soprattutto a spezzare l'opposizione, furono
incluse anche persone conosciute per la loro omosessualità. In questo stesso anno venne creato a
Dachau il primo campo di concentramento, che servirà poi come modello per i molti che
seguiranno.

Il 6 maggio 1933 gli studenti della scuola di Educazione Fisica di Berlino demolirono l'istituto di
Scienze Sessuali fondato da Hirschfeld e i 12.000 volumi della biblioteca furono bruciati, un busto
del dott. Hirschfeld, che era all'estero, fu impiccato e poi dato alle fiamme Ecco il racconto di un

testimone oculare:

«Il 6 maggio, alle 9,30, alcuni furgoni con a bordo un centinaio di studenti e una banda di ottoni comparve di fronte
all'Istituto. Si misero in formazione militare e poi, al suono della musica, si fecero strada a forza nell'edificio. Poiché
l'ufficio non era ancora aperto, non trovarono alcun impiegato, ma solo qualche donna delle pulizie e un uomo che
simpatizzava con il personale. Gli studenti chiesero di avere accesso a tutte le stanze; essendo alcune chiuse a chiave,
sfondarono le porte .Le stanze al pianterreno non parvero loro interessanti per cui salirono al primo piano, dove
rovesciarono calamai su incartamenti e tappeti per poi dedicarsi agli scaffali dei libri. Presero i libri sospetti in base alle
loro cosiddette liste nere […] Quasi tutti i quadri e le fotografie di uomini in vista furono strappati dalle pareti. Poi li
usarono per giocare a calcio , lasciando sul terreno vetri rotti e carte sgualcite. All'obiezione di uno studente che si
trattava di materiale medico , un altro rispose che era privo di importanza , che il loro compito non era confiscare
qualche libro e quadro, ma distruggere l'Istituto […]Alle tre del pomeriggio arrivò un'altra squadra e questa seconda
perquisì tutto l'edificio e, servendosi di una grossa cesta caricò due camion di libri e manoscritti di grande valore.[…] A
più riprese chiesero quando il dottor Hirschfeld fosse atteso.[…] quando seppero che era all'estero per curarsi la
malaria commentarono “Allora speriamo che tiri le cuoia per conto suo; così ci risparmieremo di appenderlo ad un
cappio e pestarlo a morte”»[6].

Più di centomila libri della biblioteca furono distrutti .Gli studenti portarono in corteo alla luce di
torce un busto del dottor Magnus Hirschfeld e poi lo diedero alle fiamme.

La politica di Hitler frattanto si orienta sempre più verso la normalizzazione e l'integrazione nel
sistema dei valori borghesi; per fare questo ed ottenere il consenso della vecchia classe dirigente
prussiana il dittatore doveva prendere le distanze dalla sinistra del movimento nazionalsocialista,
cioè da Röhm e dalle SA che reclamavano a gran voce che si passasse alla“ seconda rivoluzione”
che prevedeva l'eliminazione dei capitalisti e che avrebbe dovuto sostituire il vecchio esercito con le
SA.

E' in questo clima agitato e confuso che matura il massacro passato alla storia come la “notte dei
lunghi coltelli”.

La notte dei lunghi coltelli.

Come si è detto, Hitler subito dopo la sua nomina al cancellierato eliminò i suoi oppositori,
rimanevano però due centri di potere che non era facile allineare: uno era rappresentato dalle
Chiese, tanto Cattolica quanto Luterana,[7] l'altro era rappresentato dall'esercito, i cui ufficiali
palesavano un atteggiamento di profondo disprezzo nei confronti del caporale giunto al potere. Ma,
per governare e soprattutto per realizzare i suoi sogni di espansione territoriale, Hitler aveva
bisogno di conquistarsi le simpatie dell'esercito. Oltre a questo il vecchio presidente del Reich,
Hindenburg, era vecchio e malato e Hitler ambiva a succedergli, ma per arrivare a questo doveva
fornire assicurazioni all'esercito, che era molto allarmato dalle pretese delle SA. Se il dittatore non
fosse riuscito ad avere l'appoggio dell'esercito, quest’ ultimo avrebbe potuto, alla morte di
Hindenburg, appoggiare una dittatura militare o la restaurazione della monarchia. Entrambe le
soluzioni avrebbero inevitabilmente condotto alla esautorazione di Hitler e del suo governo.

D'altra parte Hitler aveva perfettamente compreso che la rivoluzione era finita, e che occorreva
ora governare creando un ambiente politico e sociale più disteso, più vicino ai valori di quella
borghesia, che a parole Hitler disprezzava, ma di cui aveva bisogno, Röhm era invece di tutt'altro
avviso, per lui la rivoluzione era appena iniziata e voleva per sé e i suoi uomini un ruolo di primo
piano nel Terzo Reich.

A partire dall'inizio del 1934 i rapporti tra esercito regolare e SA erano diventati sempre più
difficili e nell'entourage di Hitler alcuni uomini di rilievo si coalizzarono contro Röhm: Göring, e
Himmler, che desiderava che le sue SS, fino ad allora in secondo piano, prendessero il posto delle

SA.

Nel giugno del 1934 le cose precipitarono. Hindenburg era sempre più malato e il Generale
Blomberg fece capire a Hitler che l'esercito non avrebbe tollerato a lungo le violenze delle SA.

Hitler capì che era il momento di agire e la Gestapo iniziò a fabbricare rapporti falsi su un
presunto colpo di stato da parte delle SA.

In realtà sia Röhm che i vertici delle SA erano fedeli ad Hitler. Röhm ricevette l'ordine di
assicurare la presenza di tutti i comandanti delle SA ad un incontro con Hitler il 30 giugno in un
albergo di Bad Wiesse. Qui Hitler stesso si fece portare insieme ad un commando di SS, alle 6,30
del mattino e trovò Röhm e i suoi a letto a smaltire la sbornia della sera prima. In particolare
Heines, capo delle SA di Breslau, fu trovato a letto con un ragazzo e questo fatto fu abilmente
utilizzato da Goebbels, potentissimo ministro della propaganda, per tratteggiare un quadro
abominevole delle SA. I capi delle SA che si trovavano a Bad Wiesse furono fucilati e fu diramato
l'ordine di eseguire le uccisioni previste in tutto il paese, in pratica molti vennero eliminati anche se
in realtà nulla avevano a che fare con le SA , ma erano piuttosto potenziali oppositori, come il capo
dell'azione cattolica Klausener, come uno dei fondatori del Nsdap, Otto Strasser. Quanto a Röhm fu
condotto in carcere e pare che Hitler abbia esitato a lungo prima di farlo uccidere, ma sia Göring
che Himmler pretendevano la sua eliminazione. Nella carneficina del 30 giugno persero la vita fra
le 150 e le 200 persone. Hitler giustificò davanti al parlamento e all'opinione pubblica la sua azione,
sostenendo che Röhm era pronto a fare un colpo di stato e che aveva ricevuto finanziamenti da una
nazione straniera a questo scopo. La propaganda abilmente orchestrata da Goebbels non mancò di
fare riferimenti precisi ai comportamenti omosessuali di Roehm e di Heines , in questo modo Hitler
appariva anche come il restauratore dei sani principi morali, cari al popolo tedesco: il primo luglio
1934 , il «Koelnische Zeitung», scrisse che il Führer non poteva più tollerare che «milioni di persone
per bene fossero oppresse e compromesse dal peso di creature di tendenze anormali».[8]

Certo, anche dopo la notte dei lunghi coltelli la presenza di omosessuali ai vertici della Germania
nazista rimase massiccia, ad esempio il capo della Gioventù hitleriana, Baldur von Schirac, il
ministro della giustizia, poi governatore della Polonia, Hans Frank, ma il clima era cambiato, anche
perché eliminato Röhm e decimati gli effettivi delle SA, assunse sempre più una posizione di
rilievo Himmler, che come vedremo era fanaticamente ostile agli omosessuali.

Il paragrafo 175 a

A partire dall'affare Röhm, Himmler iniziò a schedare gli omosessuali.[9] E analogamente a
quanti reputano che Himmler sia stato l'architetto della soluzione finale del popolo ebraico,[10] si
può affermare che, sicuramente, la sua sinistra figura si cela dietro l’inasprimento del paragrafo
175 e dietro alle misure che portarono, nel 1936, ad una serie di arresti di omosessuali. Himmler
era di per sé una persona innocua e incapace di far del male a qualcuno personalmente e trovava
difficile anche solo assistere ad una esecuzione, nonostante ciò organizzò i campi di sterminio e
pianificò la morte di milioni di persone. La sua vita prima del nazismo era ordinaria, cattolico
bavarese, nutriva per gli stranieri e gli ebrei un odio convenzionale, che però una volta divenuto una
delle figure più importanti del regime, diventò paranoico. L’odio di Himmler nei confronti degli
omosessuali era pure enorme: ad essi egli rimproverava il fatto di privare la nazione di figli, che
erano invece necessari, se la Germania voleva dominare il mondo. Partendo da queste premesse, di
carattere ideologico e razziale, Himmler decise che gli omosessuali, al pari di ogni altro diverso,
andavano sterminati.

Per ottenere quel che si prefiggeva caldeggiò l 'inasprimento del paragrafo 175, a cui fu aggiunta
una postilla. Il nuovo articolo suonava ora così:

«Viene punito con la reclusione fino a dieci anni, in presenza di circostanze attenuanti, con la reclusione per non meno
di tre anni:

1. Ogni individuo di sesso maschile che con violenza o minaccia, e con pericolo di vita o danni alla persona, costringe
un altro uomo a compiere atti osceni o acconsente a prendere parte a detti atti;

2. Ogni individuo di sesso maschile che costringe un altro uomo a compiere con lui atti osceni, usando dello stato di
subordinazione dello stesso sul posto di lavoro o altrove, o che acconsente a prendere parte in detti atti;

3. Ogni individuo di sesso maschile che professionalmente e a fini di lucro commette atti osceni con altri uomini o
acconsente ad essere usato in tali atti o si offre per gli stessi».

Paragrafo 175 b

«Gli atti sessuali tra uomini e animali sono puniti con la reclusione; in aggiunta il tribunale può privare il soggetto dei
diritti civili».

In pratica, secondo quanto contenuto nell’articolo 175 a, costituivano reato e potevano essere
perseguibili baci, abbracci, carezze, parole affettuose, intenzioni, fantasie….

L’inasprimento del paragrafo 175 avvenne nel 1935, l'anno in cui furono emanate le leggi di
Norimberga: segno che il regime, ormai liberatosi dell'opposizione interna, si apprestava a ripulire
la Germania di tutte quelle categorie che non rispondevano ai requisiti del Volk, esattamente come
a Sparta, i bambini che presentavano anomalie, venivano gettati giù dal monte Taigeto.

Certo la Germania hitleriana si avvalse di strumenti molto più sofisticati, come l’eutanasia e le
uccisioni di massa….

Nel 1936 Himmler creò un Ufficio centrale del Reich per la lotta all’omosessualità e all’aborto,
diretto da Josef Meisinger, che in seguito morì per mano dei polacchi nel 1947.

Le SS si trovarono così in prima linea nella lotta contro gli omosessuali, così come in tutte le altre
forme di pulizia etnica compiute dal regime e conseguenza di questo fu che le imputazioni in base
all'articolo 175 aumentarono moltissimo: nel 1934 erano stati condannati e messi in carcere 766
uomini, nel 1936 4000, nel 1938 8000[11]…

Molti dopo aver superato la pena in carcere venivano mandati nei campi di concentramento e ciò
era reso possibile dal decreto di Himmler del 1937 sulla “prevenzione della delinquenza”.

Ecco come ricorda il cambiamento di clima un omosessuale di una cittadina nei pressi di
Amburgo:

«Tutto d'un colpo ha preso il via in città una ondata di arresti: Il mio amico , con il quale avevo una relazione da quando
avevo 23 anni, è stato tra i primi arrestati: Un bel giorno sono arrivati due della Gestapo e l'hanno portato via. Non
aveva senso informarsi dove fosse: facendolo si correva il rischio di venire arrestati come sospetti. Dopo l'arresto la
casa fu perquisita dalla Gestapo e i libri vennero portati via, agende e rubriche confiscate, vicini interrogati…Il peggio è
stata l'agenda con gli indirizzi: tutti quanti vi figuravano furono arrestati o convocati dalla Gestapo. È toccato anche a
me. Per un anno intero sono stato convocato dalla Gestapo e sottoposto ad interrogatorio ogni 15 giorni o 3
settimane[…]Dopo quattro settimane il mio amico fu rilasciato, ma gli effetti dell'arresto sono stati spaventosi. Era
diventato un altro. Dovevamo fare attenzione ad ogni contatto. Ho dovuto rompere con il mio amico. Per la strada ci
incrociavamo senza dar segno di riconoscerci per non correre rischi.[…]Vivevamo come bestie in una riserva , con i
cacciatori sempre alle calcagna».[12]

Molti bar e luoghi di ritrovo frequentati da omosessuali vennero distrutti e la polizia, grazie anche
alle confessioni degli arrestati, compilò elenchi di veri o presunti omosessuali.

L'affare Von Fritsch

Nonostante la stretta di Hitler sulla Germania fosse nel 1937-38 un fatto compiuto e nonostante il
fatto che dopo l'eliminazione delle SA l'esercito si fosse allineato ai voleri del dittatore, alcuni
grandi capi militari non sempre si mostravano del tutto condiscendenti con i piani megalomani di
Hitler, che era ormai lanciato nel suo piano di conquista dell'Europa.

Tra questi generali figurava Werner von Frisch, Comandante capo dell'esercito, il quale non
approvava i metodi brutali delle SS di Himmler e nemmeno era troppo favorevole ai grandiosi piani
di conquista di Hitler. Si rendeva perciò necessario eliminarlo e sostituirlo con qualche altro
generale più arrendevole. Dietro la defenestrazione di von Fritsch sta, ancora una volta, Himmler
che consegnò ad Hitler un documento in cui si affermava che von Fritsch si era reso colpevole ai
sensi dell'articolo 175 e che fin dal 1935 pagava un tale che lo ricattava. Hitler colse la palla al
balzo e convocò von Frisch che naturalmente si difese dicendo che nulla aveva a che vedere con
quell'accusa. Ma Himmler fece entrare nella sala dove si svolgeva l'incontro un tale Schmidt, figuro
losco, la cui specialità era ricattare gli omosessuali, il quale affermò di riconoscere nel generale
l'uomo che aveva sorpreso mentre si dava a pratiche omosessuali.

A questo punto von Fritsch per difendersi e di fronte a un Hitler furioso che esigeva di sapere
tutta la verità si mise ancor più nei guai menzionando un altro giovane, un operaio berlinese, a cui
aveva dato ospitalità nel 1933. Così fornì le prove a Hitler per liquidarlo e il dittatore approfittò
delle dimissioni del generale per avocare a sé ogni potere militare.

Quanto allo sfortunato generale, ottenne di essere giudicato da un tribunale militare che riuscì a
dimostrare che si trattava di una macchinazione della Gestapo, ma il potere di Himmler era troppo
grande perché si potesse pensare che venissero prese misure nei suoi confronti. Von Fritsch fu
riabilitato, ma non riottenne il comando dell'esercito, morì al comando del suo Reggimento a
Varsavia, il 22 settembre 1939.[13]

Ancora una volta l'accusa di omosessualità era servita ad eliminare un oppositore politico, come
nel caso di Röhm e delle SA. E' evidente come il regime giocasse su una accusa ritenuta infamante
anche dall'opinione pubblica per togliere di mezzo tutti coloro che potevano ostacolare i suoi piani.

Nel regno di Himmler: la persecuzione degli omosessuali.

Si è visto come la figura di Himmler sia centrale riguardo all'intensificazione della persecuzione
degli omosessuali e per capire la profondità del suo odio bisogna rifarsi ad un discorso tenuto dallo
stesso Himmler ai generali delle SS nel febbraio del 1937, in relazione ai pericoli razziali e
biologici dell'omosessualità :

«Se poi prendete in considerazione i fatti che non ho ancora menzionato e cioè che, a fronte di un numero stabile di
donne, abbiamo una carenza di due milioni di uomini in conseguenza dei caduti in guerra, vi renderete conto fin troppo
bene come questo squilibrio dipendente dai due milioni di caduti e due milioni di omosessuali, in altre parole la
mancanza di circa quattro milioni di uomini sessualmente attivi, abbia sconvolto il bilancio sessuale della Germania e
sia destinato ad avere conseguenze catastrofiche.

Vorrei approfondire un paio di idee in merito. Alcuni omosessuali hanno idee del tipo: quello che faccio è affare mio,
una questione puramente privata. Tuttavia, qualsiasi cosa accada nella sfera sessuale non è di competenza solo del
singolo individuo, ma riguarda la vita e la morte della nazione, significa dominio del mondo o regressione all'
"elvetizzazione". Il popolo che produce molti figli pone la propria candidatura al potere e al dominio mondiali. Un
popolo di razza sana con scarsa prole ha un biglietto dì sola andata per la tomba, per una situazione di irrilevanza entro
cinquanta o cento anni, per la sepoltura entro duecentocinquant' anni

Dobbiamo quindi mettere bene in chiaro che il continuare a portare questo fardello senza reagire significa la fine della
Germania e del mondo germanico. Purtroppo le cose non sono semplici come per i nostri padri. Gli omosessuali,
chiamati «Urning», venivano annegati negli stagni. Gli studiosi che scoprono i resti di cadaveri nelle torbiere,
probabilmente non si rendono conto che in novantanove casi su cento si trovano di fronte a un omosessuale, annegato
in uno stagno coi suoi vestiti e tutto. Non era una punizione, ma semplicemente l'estinzione di una vita anormale.
Bisognava estirparla come si estirpano le erbacce, se ne fa un mucchio e poi vi si dà fuoco. Non era sentimento di
vendetta, ma i segnati dovevano andarsene

Oggi, nel corpo delle SS, rileviamo ancora circa un caso di omosessualità al mese. In un anno, da otto a dieci casi in
tutto il corpo. Ho preso la seguente decisione: questi individui verranno pubblicamente degradati, espulsi e consegnati
all'autorità giudiziaria. Scontata la pena comminata dal tribunale, saranno inviati per mio ordine in un campo di
concentramento e, nel caso tentassero di evadere, verranno fucilati. Notificherò quanto sopra alle formazioni di
appartenenza degli interessati. Con questo, mi auguro di avere finalmente chiuso con tale gente nelle SS, in modo che
almeno il buon sangue che abbiamo nelle SS e il sangue sempre più sano che coltiviamo in Germania verrà preservato
puro. Questa tuttavia non è la soluzione per tutta la Germania Non dobbiamo farci illusioni. Quando trascino un
omosessuale in tribunale e lo faccio re dietro le sbarre, la questione non è risolta perché l'omosessuale esce di prigione
finocchio come prima. Quindi la questione resta aperta. L'unico vantaggio consiste nel fatto che abbiamo identificato il
problema, a differenza di quanto avveniva prima della presa del potere»[14].

Come si nota qui Himmler si riferisce alla necessità di estirpare il flagello omosessuale dalle fila
delle SS, dove il fenomeno era tutt'altro che trascurabile, ma nel corso della guerra la legislazione
antiomosessuale venne progressivamente estesa anche ai civili.

Alla fine del 1943, quando già la guerra cominciava ad andare male per la Germania, Himmler
emise la disposizione che se un omosessuale si fosse fatto castrare poteva essere rilasciato dal lager.
In realtà gli sventurati che accettavano di sottoporsi all'operazione venivano poi spediti in Russia.
Si sa comunque che vennero eseguite un certo numero di castrazioni, nei campi, senza che la
vittima desse il suo consenso[15]

Verso la fine della guerra gli omosessuali vennero effettivamente rilasciati dai lager per essere
impiegati al fronte, nella Formazione Dirlewanger [16], ad esempio, un certo numero di volontari
erano omosessuali.[17]

Gli omosessuali nei campi nazisti: la sorte dei triangoli rosa

Come per altre vittime anche per gli omosessuali è difficile sapere il numero esatto di persone che
perirono nei numerosissimi campi istituiti ovunque dai nazisti, perché essi furono abilissimi nel
distruggere tutte le prove. Riguardo alla persecuzione degli omosessuali si parla di un numero che
oscilla da 50.000 a 250.000, ma questo ha poca importanza perché non è il numero delle vittime che
rende più odioso il crimine. D'altro canto il fatto, come abbiamo visto, che il paragrafo 175 sia stato
abolito nella Repubblica Federale tedesca solo nel 1969 non ha contribuito a fare luce su questo
particolare aspetto della persecuzione nazista.

Per molto tempo anche la storiografia che si occupò degli stermini nazisti ignorò il problema. Uno
dei primi storici a parlare dell'esistenza all'interno dei campi dei triangoli rosa fu Kogon [18]nel
1951, il quale scrisse:

«Giustamente il loro destino nei campi di concentramento si può definire orribile. Spesso venivano segregati in speciali
baracche e particolari distaccamenti di lavoro. Una separazione del genere offriva la possibilità, a individui senza
scrupoli in posizione di potere, di ricatto ed estorsione. Fino all'autunno del 1938, gli omosessuali di Buchenwald
erano separati all'interno delle baracche occupate dai prigionieri politici, dove conducevano una vita piuttosto
inappariscente. Nell'ottobre di quell'anno vennero trasferiti tutti insieme in una compagnia penale, a logorarsi di
lavoro in una cava, assegnati così alla casta più infima del campo durante gli anni più difficili. Furono loro a fornire ai
campi di sterminio come Nordhausen, Natzweiler e Gross-rosen la quota più alta delle vittime, poiché il campo aveva
una comprensibile tendenza a liberarsi di tutti gli elementi di poco o nessun valore. Una delle possibilità di salvarsi la

pelle era quella di stabilire sordide relazioni all'interno del campo. Ma questo fatto poteva sia salvar loro la vita che
mettergliela in pericolo. La loro situazione era pericolosa e senza vie di scampo e virtualmente sono tutti morti»

Questa analisi di Kogon è confermata da altre fonti. Il fatto poi che gli omosessuali, per i quali i
nazisti avevano inventato il triangolo rosa come segno distintivo all'interno dei campi, si trovassero
molto in basso nella gerarchia dei prigionieri che vigeva all'interno di ogni campo è sottolineato
anche da Wolfang Sofsky. Infatti, i prigionieri tedeschi erano suddivisi secondo i criteri della
pericolosità politica (livello III) e della devianza sociale (livello IV ). Gli omosessuali si trovavano
alla distanza massima dal potere e perciò le loro possibilità di sopravvivenza erano minime ed erano
assimilati agli esseri inferiori (slavi, zingari, ebrei).[19]

In quali campi venivano inviati gli omosessuali ? Sicuramente nei cosiddetti Konzentrationslager,
come Dachau, Sachenhausen, Mauthausen. E' difficile pensare che siano finiti anche nei campi di
sterminio propriamente detti, a meno che non si sia trattato di omosessuali ebrei. Infatti, va detto
che per quanto orribile sia stata la persecuzione degli omosessuali ,non è mai stata sistematica e
totale come quella che ha coinvolto gli ebrei, in un qualche modo gli omosessuali hanno potuto
sopravvivere, e molti si sono salvati,magari scendendo in clandestinità, mentre per gli ebrei salvarsi
è stato quasi impossibile, come testimonia la cifra delle vittime.

Riguardo al trattamento degli omosessuali nei campi c'è una interessante testimonianza di Rudolf
Höss, che prima di diventare comandante ad Auschwitz aveva prestato servizio nel campo di
Sachenhausen:

«Già a Dachau gli omosessuali erano stati un problema per il campo, sebbene non fossero così numerosi come a
Sachsenhausen. Il comandante e lo Schutzhaftlagerführer erano dell'opinione che fosse molto più opportuno
suddividerli per tutte le camerate del campo, mentre io ero d'avviso contrario, avendoli conosciuti molto bene in
carcere. Non passò molto tempo che da tutti i blocchi cominciarono a giungere denunce di rapporti omosessuali, e le
punizioni non servirono a nulla, perché il contagio si diffondeva dovunque. Su mia proposta, tutti gli omosessuali
vennero allora messi insieme e isolati dagli altri, sotto la guida di un anziano che sapeva come trattarli. Anche sul
lavoro vennero separati dagli altri prigionieri, e adibiti per un lungo periodo a lavorare con i rulli compressori, insieme
ad altri prigionieri di altre categorie, affetti dal medesimo vizio.

Di colpo il contagio del loro vizio cessò, e anche se qua e là si verificarono questi rapporti contro natura, si trattò
sempre di casi sporadici. Del resto, costoro vennero sorvegliati rigorosamente nei loro alloggiamenti, in modo che non
potessero ricominciare.

A Sachsenhausen, fin dal principio gli omosessuali vennero posti in un blocco isolato, e ugualmente vennero isolati
dagli altri prigionieri durante il lavoro. Erano adibiti ad una cava di argilla di una grande fabbrica di mattonelle; era un
lavoro duro, e ciascuno doveva assolvere una determinata norma. Inoltre, erano esposti a tutte le intemperie, perché
ogni giorno doveva essere fornita una determinata quantità di materiale finito, e il processo di cottura non poteva essere
interrotto per mancanza di materia prima. Così, estate o inverno, erano costretti a lavorare con qualunque tempo.

L'effetto di quel duro lavoro, che avrebbe dovuto servire a riportarli alla « normalità », era differente a seconda delle
diverse categorie di omosessuali. I risultati migliori si ottenevano con i cosiddetti «Strichjungen». Nel dialetto berlinese
erano chiamati così quei giovani dediti alla prostituzione, che intendevano per tal via guadagnarsi facilmente da vivere,
rifiutando di compiere qualunque lavoro, sia pure leggero. Costoro non potevano assolutamente essere considerati dei
veri omosessuali, poiché il vizio era per essi soltanto un mestiere, e quindi la dura vita del campo e il lavoro faticoso
furono per essi di grande utilità. Infatti, nella maggioranza, lavoravano con diligenza e cercavano con ogni cura di non
ricadere nell' antico mestiere, poiché speravano così di essere rilasciati al più presto. Arrivavano al punto di evitare
addirittura la vicinanza dei veri viziosi, volendo in tal modo dimostrare che non avevano nulla a che fare con gli
omosessuali. Molti di questi giovani così rieducati vennero rilasciati senza che si verificassero delle ricadute; la scuola
che avevano fatto al campo era stata abbastanza efficace, tanto più che si trattava in maggioranza di ragazzi molto
giovani.

Anche una parte di coloro che erano diventati omosessuali per una certa inclinazione - coloro che, saturi di provare il
piacere con le donne, andavano in cerca di nuovi eccitamenti, nella loro vita da parassiti - poté essere rieducata e
liberata dal vizio. Non così quelli ormai troppo incancreniti nel vizio, cui si erano volti per inclinazione. Questi
ormai non potevano più essere distinti dagli omosessuali per disposizione naturale, che in realtà erano pochi. Per questi

non servì né il lavoro, per quanto duro, né la sorveglianza più rigorosa: alla minima occasione erano subito uno nelle
braccia dell'altro e anche se fisicamente
erano ormai mal ridotti, perseveravano nel loro vizio. Del resto, era
facile riconoscerli. Per la leziosità femminile, per la civetteria, per l'espressione sdolcinata e per la gentilezza eccessiva
verso i loro affini, si distinguevano assai bene da coloro che avevano voltato le spalle al vizio, che volevano liberarsene,
e la cui guarigione, ad una attenta osservazione, si poteva seguire passo passo.

Mentre quelli che intendevano realmente guarire, che lo volevano fortemente, sopportavano anche i lavori più duri,
gli altri decadevano fisicamente giorno per giorno, più o meno lentamente secondo la loro costituzione. Non
volendo,
o non potendo liberarsi del loro vizio, sapevano benissimo che non sarebbero più tornati in libertà, e
questo
pesante fardello psichico affrettava, in queste nature in genere anormalmente sensibili, la decadenza fisica.
Quando poi vi si aggiungeva la perdita

dell’ «amico», per una malattia o addirittura per la morte di questi, era facile prevedere l'esito finale; parecchi, infatti, si
uccisero. L’ «amico» era tutto per costoro, nel campo. Parecchie volte si verificò anche il doppio suicidio di due amici.
Nel 1944 l’ SS Reichsfuehrer fece compiere a Ravensbruck degli esami di «riabilitazione». Gli omosessuali della cui
guarigione non si era perfettamente convinti, vennero messi a lavorare, come per caso, insieme a prostitute, e tenuti
sotto osservazione. Le prostitute avevano il compito di avvicinarsi come per caso ad essi e di eccitarli sessualmente.
Quelli che erano realmente guariti approfittavano senz'altro dell'occasione, senza bisogno di essere stimolati, mentre gli
incurabili non guardavano neppure le donne. Anzi, se esse si avvicinavano loro in modo troppo evidente, si
allontanavano con manifesto disgusto. Secondo la procedura, a quelli che stavano per essere rilasciati venivano offerte
occasioni di stare con individui del loro sesso. Quasi tutti rifiutavano questa possibilità e respingevano energicamente
tutti i tentativi di avvicinamento dei veri omosessuali. Vi furono però anche dei casi limite, che accettarono e l'una e
l'altra occasione. Non so se costoro potrebbero essere definiti dei bisessuali. In ogni caso, fu molto istruttivo per me
poter studiare la vita e gli stimoli degli omosessuali di ogni genere e osservare le loro reazioni psichiche in relazione
alla prigionia»[20].

La descrizione della vita degli omosessuali nei campi collima perfettamente con il racconto di
Hans Heger[21], che fino ad oggi resta la più accurata testimonianza sulla vita dei triangoli rosa
all'interno dei campi.

Heger,austriaco, figlio di una famiglia cattolica in vista, aveva 22 anni ed era studente quando nel
1939 gli fu ordinato di presentarsi alla Gestapo, che era venuta in possesso di una sua foto con una
dedica fatta ad amico, figlio di un funzionario nazista. La scritta diceva "Al mio amico Fred con
eterno amore e grande affetto" Sulla scorta dell'articolo 175 venne rinchiuso prima in prigione e poi
trasferito in campo di concentramento prima a Sachenhausen e poi a Flossemburg, dove riuscì a
sopravvivere sei anni grazie alla sua capacità di adattamento e al fatto che diventò il "ragazzo " di
numerosi kapos che, in cambio dei suoi favori, lo protessero fino alla liberazione.

A proposito del fatto che le SS fossero ossessionate dalla possibilità che i triangoli rosa potessero
in qualche modo contagiare gli altri prigionieri, Heger ricorda:

«Ci veniva permesso di dormire solamente se coperti con una camicia da notte e con le mani sopra le coperte. A quel
tempo le finestre erano incrostate di ghiaccio spesso un dito. Chiunque fosse stato scoperto a dormire in mutande (vi
erano controlli quasi ogni sera), per punizione veniva trascinato fuori, gli si rovesciavano addosso parecchi secchi
d'acqua e veniva costretto a rimanere immobile in piedi per una ora o più»[22].

Sui maltrattamenti subiti:

«I portatori del triangolo rosa dovevano raccogliere con la carriola terra e argilla per erigere un tumolo artificiale che
formasse una barriera contro i proiettili del poligono di tiro. Dopo pochi giorni arrivarono le SS per esercitarsi al
poligono, mentre stavamo ancora ammucchiando la terra delle nostre carriole. Ovviamente, mentre si sparava, non
intendevamo continuare a trasportare terra al mucchio, col pericolo di prenderci una pallottola. Ma con minacce e
botte un kapo e SS ci costrinsero a continuare il lavoro.

Le pallottole fischiavano tra le nostre teste e molti miei compagni di sofferenza caddero, alcuni feriti, altri colpiti
mortalmente. Presto scoprimmo che più che a sparare contro i bersagli le SS si divertivano ad usare noi, piccolo
distaccamento di prigionieri schiavi, come bersaglio e a rincorrere i singoli che arrancavano di qua e di là spingendo le

carriole»[23].

I triangoli rosa e gli esperimenti nazisti.

Si è detto come Himmler sia stato, più di Hitler stesso,[24] l'ideatore dello sterminio degli
omosessuali, che cercò però anche di curare gli omosessuali sottoponendoli a terribili esperimenti,
nella convinzione che traspare tra l'altro anche nella già citata testimonianza di Hoss, che
l’omosessualità potesse essere curata al pari di ogni altra malattia. Questa concezione era peraltro
condivisa, in quegli anni, da un certo numero di medici.

Come riporta anche Höss nella sua testimonianza, Himmler fece allestire una sezione a
Ravensbrück, in cui fece incontrare prostitute ed omosessuali nella speranza di guarire questi ultimi.
Quando Himmler si rese conto dell'inefficacia di tale rimedio si affidò alla medicina e più
precisamente ad un medico danese di nome Vernaet che fin dagli anni trenta aveva eseguito
trapianti di ghiandole sui topi e in seguito cercò di vendere alle SS la sua teoria che cioè
l'omosessualità poteva essere guarita mediante un trapianto ormonale o mediante la castrazione.
Himmler gli mise a disposizione il campo di Buchenwald. Nel settembre 1944 Vernaet si recò a
Buchenwald e operò un certo numero di prigionieri, alcuni dei quali morirono a causa degli
esperimenti compiuti su di loro. Dopo Buchenwald Vernaet si trasferì nel campo di Neuengamme
dove continuò a castrare omosessuali e a riempirli di ormoni, ma senza risultato: i poveretti
morivano, ma non guarivano.

Ci è rimasto un rapporto di Vernaet su uno dei prigionieri operati, un prete cattolico che aveva
già scontato otto anni di prigione per i reati compresi nel paragrafo 175[25]. Questo rapporto, nella
sua terribile crudezza, permette di capire la follia dei medici al servizio dei nazisti, ma anche
l'estrema meticolosità con cui venivano registrati i miglioramenti del paziente.

«Paziente n. 1

N. 21686, S., Bernhard , nato nel 1899, teologo, appartenente a un Ordine religioso,

Anamnesi :

Malaticcio, piuttosto timido ma allegro e disponibile. Maturità sessuale a 18 anni. 1911-12, tentativi di avvicinarsi a
una ragazza, ma la paura gli ha impedito qualsiasi contatto sessuale, A scuola rendimento scarso per le cattive
condizioni famigliari, poi migliorato. 1924-28 Rapporti con un ragazzo, toccamenti delle cosce, nessun senso di paura.
1932-35 ancora con uomini ,poi rapporti con una donna, soddisfacenti. Ultima eiaculazione febbraio 1944.

1944. Otto anni di prigione, non è successo niente.

Innesto di ghiandola ormonale maschile artificiale il 19-6-1944 (dose 3a)

Dopo l’operazione:

16-9-44 Dolori, nessun sintomo neurologico

17-9-44 Nessun dolore

18-9-44 Erezione

19-9-44 Erezione completa il mattino presto

20-9-44 Di nuovo erezione completa

22-9-44 Altra erezione

22-9-44 Erezione, ma più debole. Nessun dolore

23-9-44 Erezione mattina e sera

24-9-44 Idem

26-9-44 Ferite chirurgiche completamente chiuse. Nessuna reazione all'innesto della ghiandola artificiale. Si sente
meglio e ha sognato donne.

Il suo aspetto è notevolmente migliorato. Sembra più giovane, i suoi lineamenti sono più distesi, oggi è venuto per la
visita felice e contento. Durante la prima visita si era mostrato taciturno, limitandosi a rispondere alle domande in
maniera indiretta; oggi parla liberamente e in dettaglio della sua vita e dei mutamenti provocatigli dall'innesto.

Conclusione:

Già pochi giorni dopo l'operazione dormiva meglio. Prima si sentiva stanco e depresso e i suoi pensieri si
concentravano incessantemente sulla vita del campo.

La depressione è scomparsa. Guarda con speranza al momento in cui verrà rilasciato e ha progetti per il futuro. E'
padrone di stesso anche psicologicamente, tutto va meglio, si sente più libero in ogni senso. Altri prigionieri gli hanno
detto che è cambiato, sembra più giovane e in buona salute. Anche il suo universo erotico è totalmente mutato Prima i
suoi pensieri e sogni si concentravano su giovani maschi, ora pensa solo a donne. Pensa che la vita del campo non sia
propizia, ha pensato alle donne del bordello, ma per motivi religiosi non può andarci»[26].

Conclusioni.

A conclusione di questa breve analisi si può formulare almeno in via provvisoria qualche ipotesi:

che il regime hitleriano non ebbe nei confronti dell'omosessualità una posizione sempre chiara e
coerente, certo fin dal suo apparire nella costellazione dei partiti tedeschi, la biasimò fermamente,
ma la pratica , come si è visto era diversa e almeno fino ad un certo punto Hitler non sembra dare
alla questione un grande peso: la situazione cambiò quando il potere si consolidò e Hitler decise di
eliminare le SA e il loro capo, noto omosessuale, e quando nel firmamento nazista crebbe la stella
di Himmler, vero architetto anche della soluzione finale degli omosessuali. In molti casi poi
l'accusa di omosessualità fu sapientemente usata dal regime per distruggere gli avversari politici.

Nonostante la persecuzione sia andata aumentando, man mano che si plasmava una società
sempre più indirizzata verso l'eliminazione di q

ualsiasi persona diversa, la persecuzione degli
omosessuali non è mai stata sistematica come quella degli ebrei. E' inoltre innegabile che a dispetto
del desiderio della gerarchia nazista di eliminare gli omosessuali, visti soprattutto come degenerati
incapaci di procreare per il bene della nazione, la società tedesca sotto il nazismo sia stata una
maennerbund [27]nel senso che era una società di uomini da cui le donne erano escluse e soprattutto
fra le SS questo sentimento di appartenenza e di casta era molto forte e da questo punto di vista non
sorprende che, nonostante le direttive di Himmler, i casi di omosessualità fra le SS fossero
numerosi. Tutto questo avvalora l'ipotesi di un rapporto per certi aspetti ambivalente fra
omosessualità e regime, questo senza nulla togliere alla gravità della persecuzione.

Anzi va riconosciuto che all'interno del sistema concentrazionario nazista i triangoli rosa subirono
una condizione assai dolorosa, privati molto spesso anche della solidarietà dei loro stessi compagni
di sventura.

Va poi sottolineato che i nazisti, a differenza di quel che fecero per gli ebrei, non setacciarono
l’Europa intera a caccia di omosessuali. Anche se in parte la persecuzione venne estesa a certi
territori, come l'Olanda e l'Alsazia Lorena, considerati parte integrante del Reich. Va però anche
ricordato che molti omosessuali presero parte alla Resistenza nei vari paesi occupati e quindi
finirono nei campi nazisti come prigionieri politici.

Il numero di vittime non è ipotizzabile con sufficiente chiarezza, quello che più amareggia è che
la storia della persecuzione nazista nei confronti degli omosessuali sia ancora, dopo
cinquantacinque anni dalla fine della guerra un argomento considerato di poco momento e del tutto
ignorato.

* Responsabile sezione didattica dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in
Italia nonché della Fondazione Memoria della Deportazione, Milano. Il presente contributo è stato
pubblicato in «Agorà» V, 2001, pp. 583-606 e in Aa. Vv. Germania pallida madre, L’orecchio di
Van Gogh, 2001. La versione qui riproposta è stata rivista e aggiornata per questo volume.

[1] Uno dei contributi più recenti è contenuto nel volume di Claudio Vercelli, Tanti olocausti, La

Giuntina, Firenze 2005.

[2] Walter Langer, Psicanalisi di Hitler, Garzanti, Milano 1973, pg. 115.

[3] Alfred Hugenberg era un anziano miliardario che dirigeva il Partito Nazionalista, fu usato da

Hitler e poi tolto di mezzo.

[4] Henry Bleuel in Sex and Society in Nazi Germany, riportato da Frank Rector, The Nazi

Extermination of Homoxesuals,, Stain and Day, New York, 1981, pg.68.

[5] Geoffrey Infield Hitler's secret life, Stein and Day, New York 1979, pg. 195.

[6] In Michael Burleigh, Wolfang Wppermann, Lo stato razziale. Germania 1933-45, Rizzoli,

Milano 1992, pp. 168-169.

[7] E di fatti Hitler scatenò una dura lotta contro le Chiese e spesso, come nel caso degli oppositori

politici, utilizzò nei confronti di preti e frati l'accusa di omosessualità. Cfr. Richard Plant, The nazi
war against homoxesuals, Holt and company, New York 1986.

[8] In Michael Burleigh-Wolfang Wippermann, op.cit., pg. 168

[9] Direttiva segreta di Himmler del 10 ottobre 1936 sulla necessità di combattere l’aborto e

l’omosessualità. La direttiva era indirizzata alla polizia,sia all'Ufficio centrale di Berlino sia agli
uffici periferici. In essa Himmler sostiene che: «l'attività omosessuale di una non piccola parte della
popolazione è molto pericolosa soprattutto per i giovani, si ritiene quindi necessario combattere in
modo molto più effettivo queste forme di devianza,che sono un flagello». Himmler ricorda anche,
sempre nella direttiva, che le offese che riguardano l’aborto e l'omosessualità sono di competenza
della polizia. Cfr,Günter Grau, Hidden Holocaust? Fitzroy Dearbon, Chicago, London 1997, pp. 86-
90

[10] Cfr. Richard Breitman, The architet of genocide,Himmler and the final solution, Brandeis

University Press, Hanover 1991; trad. it Himmler l’architetto dello sterminio, Mondadori, Milano
1992.

[11] In Michael Burleigh - Wolfang Wippermann, op.cit.. , pg. 170.

[12] In Michael Burleigh- Wolfang Wippermann, op.cit. ,p. 172.

[13] Cfr. William Shirer Storia del terzo Reich, Einaudi, Torino 1990 e Ian Kershaw Hitler,

Bompiani Milano 1999.

[14] In Michael Burleigh - Wolfang Wippermann, op.cit. ,pg. 171-2.

[15] Gunter Grau, Hidden Holocaust?, Fitzroy Dearbon, Chicago-London 1995, pp. 245

[16] Unità delle SS comandata da Oskar Dilewanger: era un'unità particolare composta da ladri,

assassini e quant'altro, tutte persone che in questo modo cercavano di evitare il lager. La disciplina
era ferrea e Dirlewanger seminò il terrore ovunque si passato con la sua unità. Gli omosessuali
,come ricorda anche Hans Heger nella sua testimonianza (Hans Heger Gli uomini con il triangolo
rosa, Sonda, Torino 1991), cercavano in tutti i modi di venire distaccati a tale unità. Dirlewanger
fu ucciso nel 1945.

[17] Massimo Consoli, Homocaust, Kaos Edizioni, Milano 1991, pp. 130-131.

[18] Eugen Kogon, The theory and practise of hell, New York, 1951, citato da Frank Rector The

nazi extermination,of Homoxexuals ,Stein and Day,New York, 1981, pp.141.

[19] Wwolfang Sofsky, L'ordine del terrore, Laterza, Roma-Bari 1993 pp.178-179.

[20] Rudolf Hoss, Comandante ad Auschwitz, Einaudi, Torino, 1997, pp.74-76.

[21] Hans Heger, The man with the pink triangle, Alyson, Boston, 1980; trad. it. Gli uomini con il

triangolo rosa Torino, Sonda 1991.

[22] Hans Heger, The man with the pink triangle, Alyson, Boston, 1980; trad. it. Gli uomini con il

triangolo rosa, Sonda, Torino 1991, pp.34-35.

[23] Hans Heger, The man with the pink triangle, Alyson, Boston, 1980; trad. it. Gli uomini con il

triangolo rosa, Sonda, Torino 1991, pg. 61.

[24] Alludo qui al fatto che il potere nazista era tutt’altro che monolitico e che molti gerarchi che

facevano parte della cerchia dei favoriti di Hitler lottavano spesso fra di loro per «realizzare i
desideri del führer». Hitler era probabilmente ben consapevole di questa furiosa lotta, che tra l'altro
rispondeva alla sua concezione darwinista del potere.. Questo «andare incontro ai voleri del Führer»
significava anche estremizzare e radicalizzare i desideri del dittatore. Questo però non significa che
tutte le decisioni importanti non siano state prese da Hitler stesso, che anzi era geloso del suo
potere. Sulla struttura del potere hitleriano cfr. Ian Kershaw, Il mito di Hitler, Bollati Boringhieri,
Torino 1998; Ian Kershaw Che cos'è il nazismo, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Ian Kershaw
Hitler e l'enigma del consenso, Laterza Roma-Bari,1991, Ian Kershaw, Hitler 2 volumi Bompiani
Milano 1999-2000.

[25] Cfr. Michael Burleigh- Wolfang Wippermann, op. cit., pp. 173-175.

[26] Michael Burleigh- Wolfang Wippermann, op. cit., pg. 173-175.

[27] Harry Osterhwiss, Medicine, male bond and homoxesuality, «Journal of Contemporary

history»,London 1997, n.2, pp.187-205.

 

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31 luglio 2012 2 31 /07 /luglio /2012 18:36

UN 'ANIMA DIVISA IN DUE

 

 

 

http://www.bellezza.it/donne/est/vivben/destvsfe.html

 

La sofferenza influenza il sesso?

 

La perdita di una persona cara è spesso causa di sintomi depressivi, ansia e disturbi vari come rabbia, nervosismo e insonnia.
Questi disturbi possono seriamente influenzare in modo negativo la vita affettiva e sessuale di una coppia.
Per alcuni soggetti il sesso diventa un rifugio dalla sofferenza, un conforto, per altre persone il dolore provato è incompatibile con l'attività erotica.
L'eccesso di attività sessuale e la sua assenza sono facce della stessa medaglia: due strategie inconsce per affrontare il dolore.
I ricercatori Prati e Pietrantoni spiegano che "alcuni possono interpretare il sesso come un modo per sentirsi più vicini all’altro, cercare intimità e affetto, per altri, invece, il sesso potrebbe generare sensi di colpa perché non si vuole provare nessun tipo di piacere in una situazione così triste. Bassa autostima, sensi di colpa, infelicità possono interferire inevitabilmente con il desiderio sessuale. La perdita di una persona cara potrebbe poi portare ad una re-interpretazione della relazione di coppia, dove l’erotismo non trova la collocazione che aveva prima” (intervento tratto dalla Rivista di Sessuologia del CIS).
Il conforto sociale (affettivo e materiale) degli amici, dei parenti e dei colleghi e l’aiuto specifico di gruppi di sostegno sono strumenti essenziali che servono a ritrovare un po' di entusiasmo.
Problemi relativi alla sfera sessuale possono emergere anche in seguito all’insorgenza di una malattia seria, in modo particolare quando essa investe l’identità sessuale. Le donne operate di tumore, ad esempio, necessitano di aiuto per riconquistare la loro femminilità.
Per questo nasce l’iniziativa “Io vado avanti”, realizzata da Astra Zeneca: una serie di opuscoli-guida sviluppati per supportare il lavoro dell’oncologo e sostenere la "rinascita" delle donne operate di tumore al seno.
Daniela Ferriani, psicoterapeuta, invita la donne a parlare apertamente dei propri pensieri ed emozioni. Il tumore è un’esperienza che mette a dura prova la coppia; sia chi si ammala che chi si prende cura della persona ammalata subisce gli effetti emotivi della malattia ed è essenziale costruire strategie di conforto reciproco per la sopravvivenza della coppia.
“Esprimendo le proprie paure – anche quelle di perdere gli affetti e di non piacere - l’altro si sente coinvolto, più vicino e utile a ricostruire un nuovo equilibrio dopo un evento stressante. Il silenzio è un male per la relazione di coppia. L’uomo, sicuramente turbato, può temere le eventuali reazioni di negazione del sesso della donna e ritrarsi prima ancora di avvicinarsi: le interpretazioni soggettive sono spesso peggiori della realtà”.
Fondamentale in questo periodo è anche l’attenzione al proprio aspetto e alla propria femminilità. Per non perdere di vista la propria personalità è importante curare mente e corpo, dedicando attenzione anche all'estetica, perchè sentirsi più belli aiuta a reagire.

Dott.ssa Chiara Bettelli Lelio, esperta in sessuologia.

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www.youtube.com/watch?v=2u-m6onzI6c7 feb 2011 - 3 min - Caricato da rom111076
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31 luglio 2012 2 31 /07 /luglio /2012 02:04

 

La carne e l'anima

 

 

 

http://www.filmtv.it/film/3892/leon-morin-prete-la-carne-e-l-anima/opinioni/631215/

 

Opinione di Peppe Comune su Léon Morin, prete - La carne e l'anima

 

Sul film

 

Nella piccola provincia francese di Besancon vive Barny (Emmanuelle Riva), una giovane vedova di origine ebrea e militante comunista che ad un tratto decide di entrare in una chiesa con lo scopo preciso di confessare al primo prete che le capita a tiro il suo aperto ateismo, così, come se si trattasse di una mera provocazione. Ma si imbatte in Leon Morin (Jean Paul Belmondo), un prete colto ed intelligente che si esprime con un linguaggio semplice e comprensivo, capace di rendere credibile l’utilità del suo magistero e ragionevole l’adesione incondizionata ad una professione di fede. Sullo sfondo dell’occupazione tedesca della Francia e delle dispute politiche tra collaborazionisti e resistenti,  Barny ha modo di frequentare sempre di più il prete, di leggere i libri che le dà in prestito e di instaurare un fruttuoso incontro intellettuale, di conoscere la fede e di riaprirsi alla vita. Sono almeno due gli elementi di curiosità che emergono prepotenti sin dal primo approccio con “Leon Morin, prete”, uno è il fatto che un indiscusso punto di riferimento del polar francese (e non solo) come Jean Pierre Melville si sia cimentato col tema forte della religione cattolica con un taglio decisamente intellettuale, l’altro deriva dalla presenza di un Jean Paul Belmondo nella veste “insolita” di un prete tutto preso in serrate dispute dottrinarie quanto si è abituati a vederlo nelle calzanti caratterizzazioni di simpatiche canaglie o giù di lì. L’esito complessivo direi che è buono, soprattutto se si considera che, dato il soggetto del film e vista la caratterizzazione fatta dei personaggi, un pericolo poteva essere quello di guardare al linguaggio cinematografico di Robert Bresson e rischiarne un cattivo utilizzo se solo si considera che alla sua poetica male si associa l’uso eccessivo del parlato che permea questo film. Invece, rimane un film di Jean Pierre Melville, nonostante le prime apparenze (del resto, qui come altrove, rimaniamo nel ventre problematico dell’esistenzialismo). La verbosità che caratterizza “Leon Morin,prete” si risolve in una messinscena che tende a far scorgere i moti dell’animo attraverso l’uso delle parole (l’esatto opposto di quanto avviene con Robert Bresson), dove la gravità esistenziale dei personaggi è controbilanciata dalla chiarezza espositiva delle rispettive posizioni e dove le debolezze in essere della carne vengono superate da una dialettica dello spirito in continuo divenire. Azzardo a dire che Melville architetta un dramma di matrice religiosa utilizzando gli ingredienti tipici della sua poetica, prima appuntando l’attenzione sulla presunta riconoscibilità di ogni ruolo sociale (la presunzione di Barny di trovarsi di fronte la figura canonica di prete affatto aperto alle vicende del mondo come la lotta in armi tra gli agenti del crimine che presumono sempre di sapere come si comporterà l’avversario) e poi scompaginando il carattere di ognuno facendo leva sull’imprescindibile (onni)presenza del caso e sulla natura imprevedibile delle pulsioni umane più intime (il rigore morale di Leon Morin come in rispetto di un proprio codice d’onore dei vari Maurice, Silien, Gu Minda, Frank Costello e i “senza nome). Barny crede di poter giocare coi fatti della fede allo stesso modo in cui crede di gestire senza problemi i propri impulsi sessuali, a suo piacimento e a suo totale favore, che siano per una donna o per un prete. Ma a Barny capita di imbattersi in una figura di prete totalmente inaudita che, non solo le sconvolge un' idea di partenza, ma la costringe anche a passare al vaglio la sua intera esistenza (“Ha l’aspetto e i modi di un militante. Cittadino prete, compagno reverendo, forse si atteggia così per sconcertarmi”, dice Barny al suo primo incontro con il prete). In effetti, Leon Morin è il tipo di prete che è “interessato più alla chiesa invisibile che a quella visibile”, più all’umanità composita bisognosa di farsi delle domande che all’ufficialità di un' istituzione che dispensa risposte imparate a memoria. Dal loro incontro ne scaturisce un serrato confronto tra laicismo e fede e, tra i tranelli della carne che fortificano il rigore di determinate scelte morali e gli esiti intellettuali che tendono a giustificare un certo percorso di fede senza però apparire dogmatici, l’ idea che si ricava è che al cospetto di un rinnovato umanesimo c’è spazio a sufficienza per ogni proficua istanza intellettuale (“Sei la persona più vicina a Dio che io conosca”, dice Leon Morin all’atea Barny). Jean Pierre Melville (di origine ebrea ma educato al cattolicesimo) tratta la questione con delicata sensibilità, dando l’idea di voler parlare più dell’ uomo che partorisce un' idea che dell’idea che ne permea profondamente il percorso intellettuale. Non ci sono picchi cinematografici (la miglior sequenza è senza dubbio quella che ritrae le poche cose in possesso del prete) e neanche gratuiti moralismi. Non certamente il miglior Melville, ma un suo film io mi sento sempre di consigliarlo.

► 6:16► 6:16
youtube.com5 mar 2011 - 6 min - Caricato da chuchochicles04


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30 luglio 2012 1 30 /07 /luglio /2012 20:17

 

FORSE M' ATTENDI INVANO, NON SO SE VENGO

 

4


http://forum.giovani.it/frasi-damore/85821-poesia-pornografica-dannata.html


Amo i tuoi occhi che mi dicono che non puoi essere

verso di me indifferente, ammiro la tua delicata

immagine, per questa ragione ho deciso di volerti

chiaramente parlare per dirti di tutto l’amore che posso

provare! Vorrei che tu aprissi le tue meravigliose e

colorate labbra per dirmi di sì, per sollevarmi dalle

angosce, per infondermi delicatamente nella tua splendida

figura, nel tuo cuore, come una persona che giammai

fugga!!! Abbi la gentilezza di dirmi che sei davvero

impegnata; e se la tua bellezza è già stata

conquistata, in tal caso mi farei da parte dopo aver sfogato

cumulo di amarezze che mi rende infelice e sgomentato,

solo allora mi accontenterei di porre le mie labbra sulle tue

magnifiche labbra sotto il cielo splendente di mille

fiammelle, mentre le tue delicate mani accarezzano le mie pallide guance,

mi sembra di vivere un istante bello ed ideale !!!
 Voglio sperare che tu, adesso, mi faccia una

seria dichiarazione dei tuoi sentimenti perchè dubbio non

giunga!!! Solo allora la mia soddisfazione sarà grande!!!!

 

► 3:28► 3:28
youtube.com10 nov 2011 - 3 min - Caricato da mangott

 

 



 

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30 luglio 2012 1 30 /07 /luglio /2012 19:47

UN NUDO DA ACCAREZZARE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

http://www.poesieracconti.it/poesie/a/antonia-pozzi/canto-della-mia-nudita

 

Poesia di Antonia Pozzi

 

Canto della mia nudità

 

Guardami: sono nuda. Dall'inquieto
Languore della mia capigliatura
Alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
Palpito azzurrino sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
È la curva dei fianchi, ma i ginocchi
E le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m'inarco nuda, nel nitore
Del bagno bianco e m'inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.
 
► 3:47► 3:47
www.youtube.com/watch?v=jSSRGFX1tZ89 nov 2009 - 4 min - massi975
 
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30 luglio 2012 1 30 /07 /luglio /2012 17:56


“Offro i miei genitali maschili (pene, testicoli, scroto) come pasto per 1000 euro. Li preparerò e cucinerò seguendo le richieste del compratore”

 

http://www.noncipossocredere.com//offro-i-miei-genitali-maschili-pene-testicoli-scroto-come-pasto-per-1000-euro-li-preparero-e-cucinero-seguendo-le-richieste-del-compratore/

 

 

TOKYO - «Per favore rispondi. Offro i miei genitali maschili (pene, testicoli, scroto) come pasto per 100.000 yen (circa 1.000 euro, ndr).. Li preparerò e cucinerò seguendo le richieste del compratore». Un tweet postato il 13 aprile da Mao Sugiyama, un artista giapponese di 22 anni che ama descriversi 'asessuatò, sembrava uno scherzo o, al massimo, una provocazione. Invece, si trattava di un'offerta incredibilmente seria, tanto che il 13 maggio la cena speciale è stata servita a 5 estimatori vincitori, a base di funghi champignon e prezzemolo, nell'ambito dell'appuntamento che ha riempito una sala a Tokyo, nel quartiere di Suginami, con circa 70 persone allo scopo di accontentare i numerosi curiosi. Pochi giorni dopo il suo 22esimo compleanno, Sugiyama si è sottoposto a un intervento chirurgico per l'asportazione dei genitali, conservandoli poi nel freezer per due mesi. L'artista ha assicurato che tutto «era stato rimosso correttamente da un medico e che i suoi organi genitali erano privi di infezioni». Il piatto è stato preparato sotto la supervisione di un cuoco professionista, con tanto di foto e spiegazioni a corredo, mentre i clienti hanno dovuto firmare un certificato di consumo consapevole di carne umana.

IL MENÙ Di più: Sugiyama si è scusato perchè voleva includere nel menù anche i suoi capezzoli, ma il tentativo di bruciarli con idrossido di sodio non ha prodotto pezzì commestibili. In un tweet del 18 maggio, l'artista ha voluto rassicurare ulteriormente spiegando di aver preso ogni precauzione nel rispetto della legge, compresi il divieto di vendita di organi, il trattamento dei rifiuti medici e le norme sanitarie. Sugiyama, secondo quanto riferito dalla stampa locale, aveva pensato inizialmente di consumare «da solo» la cena e di aver deciso poi di «metterla in vendita» per far fronte ad alcuni costi, anche chirurgici. La polizia di Tokyo, viste le proteste anche feroci nate sul web, ha dichiarato di essere a conoscenza dell'accaduto, ma che nulla poteva essere contestato in quanto «le leggi erano state rispettate. Non vi è alcun motivo di avviare procedure di controllo o di tipo penale». Ebbene: il cannibalismo non è illegale in Giappone, patria ideale, a questo punto, di Hannibal Lecter.

► 7:10► 7:10
youtube.com3 apr 2010 - 7 min - Caricato da RZvoyeur



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Présentation

  • : RIABILITAZIONE POST MORTEM DI PADRE GINO BURRESI
  • : Riabilitazione post mortem di Padre Gino Burresi Firma la Petizione https://petizionepubblica.it/pview.aspx?pi=IT85976 "Sono dentro, donna o uomo che vive li nel seno di questa chiesa. Da me amata, desiderata e capita... Sono dentro. Mi manca aria, Aspetto l'alba, Vedo tramonto. La chiesa dei cardinali madri per gioielli, matrigne per l'amore. Ho inciampato e la chiesa non mi sta raccogliendo. Solitudine a me dona, a lei che avevo chiesto Maternità. E l'anima mia, Povera, Riconosce lo sbaglio di aver scelto il dentro e, Vorrei uscire ma dentro dovrò stare, per la madre che non accetta, Il bene del vero che ho scoperto per l'anima mia. Chiesa, Antica e poco nuova, Barca in alto mare, Getta le reti Su chi ti chiede maternità. Madre o matrigna, per me oggi barca in alto mare che teme solo di Affondare! Matrigna." Commento n°1 inviato da Giò il 2/04/2011 alle 14h27sul post: http://nelsegnodizarri.over-blog.org/article-la-chiesa-di-oggi-ci-e-madre-o-matrigna-67251291
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